Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 30 luglio 2016


Libertà e martirio


Una libertà selvaggia, priva di un orientamento dettato dalla verità oggettiva, che l’intelletto ha il compito di indagare e accogliere; una fratellanza velleitaria, priva di un contenuto basato sulla legge naturale, che la coscienza porta inscritta in sé; un’uguaglianza ideologica, priva di un fondamento metafisico immutabile, che la ragione è in grado di riconoscere a prescindere dalle mode culturali. Aggiungete a questo l’influsso del protestantesimo – esaltato dalla nouvelle théologie e considerato equivalente al cattolicesimo – con il suo sola Scriptura (interpretata mediante lettura privata, in chiave esistenziale e individualistica, fuori del solco di Tradizione e Magistero), il suo sola gratia (compresa come favore arbitrario ed estrinseco, anziché come comunicazione soprannaturale di Dio che richiede la cooperazione umana) e il suo sola fides (concepita come fatto meramente soggettivo, piuttosto che come adesione ragionevole alla verità rivelata, resa possibile dalla corrispondente virtù teologale)… e otterrete il disastro in cui siamo coinvolti.

Nella patria delle idee chiare e distinte, della dea ragione e della rivoluzione permanente prosegue una lotta senza quartiere al cristianesimo e alla Chiesa. Dopo averle alienato milioni di lavoratori con l’assurda ideologia marxista, ora usa l’Islam, accolto a braccia aperte sul suo suolo. Stupidità, impotenza, miopia? No, ma strategia studiata dai poteri occulti che tirano i fili ai burattini della politica, come il primo ministro della République che ha minacciato la guerra civile nel caso in cui la “destra xenofoba” avesse vinto le elezioni. Oibò! La democrazia può essere soltanto di sinistra? Ma non si accorgono della propria ridicolaggine? Oppure sono così succubi dei loro consulenti di immagine da ripetere a pappagallo qualsiasi suggerimento? Probabilmente l’una e l’altra cosa. Il problema è che la realtà sul terreno è ben più drammatica. L’effetto-emulazione può infatti spingere migliaia di giovani musulmani frustrati o depressi, manipolati dalla propaganda terroristica che dilaga impunemente sulla Rete, ad atti di violenza che è praticamente impossibile prevenire.

Vien da pensare che i francesi stiano raccogliendo i frutti dei loro stessi princìpi, ovvero di quel laicismo estremo che penalizza severamente i cattolici, ma che ai seguaci di Maometto non fa neanche un baffo. Preti e vescovi, però, non sono stati da meno, con la loro ostentata amicizia per gli islamici e l’irrazionale senso di colpa per la storia e la cultura cristiane. Dall’altro lato, in realtà, non hanno la minima intenzione di fare amicizia con noi: hanno ordine da Allah di sottometterci tutti – con le buone o con le cattive – e questo è esattamente quel che da quattordici secoli si industriano a fare con grande impegno. I più aperti e disponibili, fra loro, sono generalmente i meno osservanti; se i loro capi vengono ai nostri incontri interreligiosi, credete ci sia da fidarsi di chi considera non solo lecito, ma perfino virtuoso ingannare gli infedeli? Ma le idee contano più della realtà dei fatti – e più dei dogmi della fede, se in nome dell’accoglienza si arriva a dare ai musulmani anche la santa Comunione.

Il martirio in terra gallica comincerà ora ad aprire gli occhi delle menti e a dissipare la nebbia dei buoni pensieri o fornirà ulteriore conferma all’ideologia del dialogo a oltranza? Una certa visione autolesionista della vita cristiana, oggi purtroppo dominante, impone di spalancare le braccia a chi ti viene incontro con un coltello puntato. Gesù – sostengono – avrebbe fatto e insegnato questo: per mandarci tutti al macello? o per riconciliarci con il Padre mediante il Suo sacrificio redentore? Se è vero che la Sua Sposa deve seguirlo sulla stessa via e che la Passione deve compiersi nel Suo Corpo mistico, a questo hanno sempre alacremente provveduto i suoi nemici, senza bisogno di andarsela a cercare. Oltretutto c’è una differenza sostanziale tra l’autoannientamento e l’offerta riparatrice di sé, ma la seconda opzione è ormai incomprensibile alla mentalità del cattolico medio. La carità virile che tutto sopporta in vista della conversione del peccatore e dell’errante (ma che non per questo gli si immola senza scopo) è stata rimpiazzata da un’imbelle acquiescenza al male e a chi lo opera. Sarebbe questo l’insegnamento di Cristo? Via, almeno un po’ di rispetto per il Figlio di Dio e nostro crocifisso Salvatore.

Ma come possono i musulmani – ammesso e non concesso che lo vogliano – rispettare la nostra religione, se noi siamo i primi a disprezzarla, se non altro presentandola come qualcosa di ridicolo e degno di biasimo? Il semplice fatto che li rincorriamo con tanto affanno è per loro una prova della superiorità della loro credenza e un invito a sottometterci. Dopo aver respinto per secoli reiterate e sanguinose invasioni, ora andiamo a prenderli in mare e li riforniamo di vitto, alloggio, telefono e paga perché bivacchino nelle nostre piazze, rompendo ogni tanto la noia con una lite, uno stupro o – magari – uno sgozzamento in chiesa… Una volta consumato il primo, la strada è aperta. Non è questione di politica, ma di buon senso. Abbiamo la virilità e il coraggio di opporci al suicidio dell’Europa, manifestando pubblicamente la nostra fede con processioni riparatrici che impetrino protezione dal Cielo, visto che sulla terra non ci difende nessuno?

San Pio V, san Lorenzo da Brindisi, i beati Innocenzo XI, Marco d’Aviano e Charles de Foucauld (che previde le conseguenze nefaste della mancata cristianizzazione del Maghreb) siano nostri intercessori e ispiratori; ci ottengano guide politiche e spirituali capaci di fermare l’invasione e di restituirci la libertà che, in nome della libertà, ci è stata tolta. O dobbiamo aspettare l’occupazione da Oriente? Potrebbe essere risolutiva, ma non certo indolore. Tenendo conto del nazionalismo russo, più che acceso anche a livello religioso, non ci sarebbe da divertirsi; ma almeno – se non se ne va da sé prima che arrivino – potrebbero sloggiare l’intruso che, con l’aria di uno scolaretto, continua a ripetere la baggianata che tutte le religioni vogliono la pace, mentre sono i soldi e il potere ad alimentare la violenza. Par di sentire un vetero-marxista; se almeno desse un nome ai poteri occulti che stanno usando l’estremismo islamico per provocare il caos… ma non può permetterselo, è anche lui sul loro libro-paga.

«Sono anni che noi vescovi del Medio Oriente mettiamo in guardia quei poteri occidentali che, pur di perseguire i propri interessi, non esitano ad appoggiare i gruppi di invasati che perseguono l’ideologia jihadista» (mons. Georges Abou Khazen, vicario apostolico di Aleppo per i cattolici di rito latino, alla Radio Vaticana, 27 luglio 2016).

«Ma perché gli uomini responsabili non vedono l’invasione dell’Islam in Europa? Qual è il fine di queste invasioni? Non si ricordano più di Lepanto? Oppure hanno dimenticato l’assedio di Vienna? Non si può vedere un’invasione pacifica quando uccidono nel loro Paese islamico coloro che si dichiarano cristiani o si convertono a Cristo». «Si sta preparando qualcosa di grave contro coloro che seguono Cristo: altro che olocausto, saranno schiacciati e scacciati per colpa di coloro che hanno occhi e non vedono, orecchie e non sentono, bocca e non parlano e lasciano fare al male di fare il male» (Bruno Cornacchiola, 17 febbraio 1999; 16 dicembre 1995).

sabato 23 luglio 2016


Chi ha sete venga a me

 
Hanno abbandonato me, sorgente di acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate che non tengono l’acqua (Ger 2, 13).

Il dramma più grave dell’aggiornamento ecclesiale è che la maggioranza dei credenti ha perso la cognizione oggettiva di Dio, sulla quale si fonda una relazione reale con Lui, e l’ha sostituita con un po’ di attivismo e “buone idee” modellate su quelle del mondo. Il dono incommensurabile di Dio, assolutamente immeritato quanto alla Sua iniziativa, esige poi una corrispondenza adeguata (resa possibile dalla grazia santificante) che permetta all’uomo di meritare il Paradiso; in altre parole, quella sublime amicizia e filiazione, che in nessun’altra religione è nemmeno pensabile, se presa sul serio e vissuta con impegno conduce infallibilmente alla santità.

Nel cristianesimo geneticamente modificato in nuovo umanesimo, invece, la divinità – ammesso che ne persista ancora la nozione – si riduce a proiezione dell’io, rimanendo così prigioniera di pensieri, emozioni, velleità e sentimenti soggettivi; sulla realtà trionfa l’immaginario, plasmato oltretutto da miti mediatici e tecnologici. Tale situazione conduce il cristiano in senso radicalmente opposto a quello della santificazione. Nel migliore dei casi, infatti, egli travisa i Comandamenti divini in base all’opinione dominante e al politicamente corretto, come i bravi scout “cattolici” che si sono battuti per il riconoscimento legale degli accoppiamenti sodomitici o i vari preti di strada che combattono la mafia e al tempo stesso la incrementano incoraggiando l’uso di droghe leggere…

Il peggio, tuttavia, è che l’uomo, avendo un’innata tensione verso l’infinito e l’assoluto, qualora sia defraudato del vero Infinito e del vero Assoluto, sorgente personale e trascendente di beatitudine e di pace, ripiega sulla frenetica ricerca di qualcosa che gli fornisca almeno l’illusione di un effimero istante di liberazione dai limiti terreni. È per questo che nelle società nichiliste dilaga l’erotismo, di cui l’ideologia del gender non è altro che l’ancella: dato che ogni attività egoistica, prima o poi, produce assuefazione, si ha bisogno di spingersi continuamente verso “nuove frontiere” e provare ogni volta sensazioni inedite, infrangendo sistematicamente tutti i tabù ed escogitando trasgressioni sempre più impensate, perverse e ripugnanti.

Visto che parlare di morale, anche in chiesa, è diventato un crimine, le povere pecorelle non hanno più gli anticorpi per sconfiggere le malattie dell’anima né sono in grado di evitarle o prevenirle. Ecco allora una soluzione insperata a costo zero: un concetto di misericordia divina che ignora la responsabilità umana e funziona come un’incessante amnistia generale. Peccato che anche questa non sia altro che un’idea – e neanche tanto originale, se è vero che risale a un eresiarca del XVI secolo: nonostante tutto, qualsiasi cosa io abbia fatto, il buon Dio mi considera giusto, purché io lo creda. È un circolo vizioso che fa dipendere tutto dall’autoconvincimento; ma siccome nessun teologo di tendenza fa più notare questo, cinque secoli dopo possiamo aggiornarlo così: qualsiasi cosa abbia fatto, io stesso mi considero giusto (e guai a chi osi negarlo). Poiché la divinità e la giustizia luterane, ancora una volta, sono solo un’idea nella piccola zucca del cristiano che pratica il libero esame delle Scritture, svincolato da Tradizione e Magistero, il processo innescato allora è ormai giunto al culmine: l’io ha preso il posto di Dio.

Con ciò non voglio certo sottintendere che non vi siano protestanti seri che, nonostante tutti i limiti e gli errori della loro confessione, amino sinceramente il Signore e si sforzino – come possono – di compierne la volontà. Molti di loro sono già vicini alla fede cattolica e vorrebbero rientrare nella Chiesa, ma da cinquant’anni lo proibiscono loro i superiori interessi del dialogo ecumenico (per non parlare di tanti ebrei e protestanti convertiti che ora si chiedono se non abbiano fatto un errore, avendo l’impressione di ritrovarsi alla casella di partenza). Alla cristianità di oggi si è imposto il diktat dell’unità nella diversità, la quale sembra consistere nella noia mortale di reiterati incontri interconfessionali in cui si sentono sempre le stesse assurdità e ci si scambia i soliti abbracci di protocollo; poi ognuno continua a credere e agire come meglio gli pare. Come unità non c’è male; la diversità rimane forse nelle fogge dei vestiti… Nella Catholica, in realtà, la vera unità nella diversità c’è sempre stata: varie sono le legittime tradizioni liturgiche e discipline canoniche, ma una sola è la fede.

Nella calura estiva si fa spesso sentire la sete; nulla di meglio di una sorsata d’acqua fresca e pura. Molte anime sono ormai disidratate e non si sa che fare per soccorrerle; curare lo spirito è ben più arduo che curare il corpo. Se poi rifiutano l’acqua buona perché assuefatte a bevande inquinate o artificiali, la situazione può apparire disperata. «Tutta colpa dei preti», si sarebbe tentati di ripetere, come ha fatto qualcuno a proposito della strage di Nizza. È vero che abbiamo la nostra buona parte di responsabilità, ma, sostanzialmente, siamo a nostra volta vittime: senza indulgere al vittimismo, non possiamo non rilevare l’indottrinamento impostoci nelle facoltà teologiche e l’inconsistenza della “formazione” ricevuta in seminario, del tutto sganciata dalla tradizione e dal buon senso, ma neppure la martellante propaganda di un regime che ora punisce chi di noi, sulla scorta della Sacra Scrittura, predica la sana dottrina su argomenti politicamente sensibili. E poi, chi si prende cura dei ministri di Dio in difficoltà? L’immane apparato burocratico di una gerarchia che pensa solo a sfornare programmi e documenti redatti a tavolino?

«Chi ha sete venga a me e beva» (Gv 7, 37). «Chi ha sete venga; chi vuole attinga gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22, 17). Signore Gesù Cristo, facci tornare a Te, sorgente di acqua viva, alla Tua verità immutabile, alla grazia dei Sacramenti ricevuti degnamente, con fede e in stato di grazia. Non lo meritiamo, perché troppo ci siamo compiaciuti dell’acqua salmastra delle cisterne scavate dall’umanesimo tinteggiato di cristiano, che ha ingabbiato nel ristagno del secolarismo l’acqua pura della Tua parola di vita eterna, contaminandola con le idee aberranti degli uomini. Sì, in nome dell’umanità le abbiamo chiuso il Regno dei Cieli; noi non vi siamo entrati e l’abbiamo impedito a quanti volevano farlo (cf. Mt 23, 13). Ma possiamo ancora contare sulla Tua misericordia. Non per continuare ad abusarne, ma per avere da Te la forza di ritornare al fiume sano della Tradizione, sinceramente pentiti e irrevocabilmente decisi a non abbandonarti più.

Sitivit anima mea ad Deum fortem, vivum. Fluminis impetus laetificat civitatem Dei (Sal 41, 3; 45, 5). Ego sitienti dabo de fonte aquae vitae, gratis. […] Et ostendit mihi fluvium aquae vitae, splendidum tamquam crystallum, procedentem de sede Dei et Agni (Ap 21, 6; 22, 1).

* Piccolo esercizio di lectio divina: cercate i versetti nella Bibbia italiana, poi memorizzateli in latino perché impregnino il vostro subcosciente. A forza di ripeterli, vi verrà una gran sete di Dio, di preghiera, di divina Parola e di verità eterne… e, con il crescere della sete, paradossalmente aumenterà la gioia, fino a straripare!
 

sabato 16 luglio 2016


Il Quarto Reich


La cosiddetta rivoluzione arancione di piazza Maidan a Kiev ha deflagrato dopo che dei cecchini americani avevano sparato su poliziotti ucraini. La Seconda Guerra Mondiale scoppiò perché alcuni soldati inglesi, travestiti da tedeschi, avevano sparato su soldati polacchi, innestando così una reazione a catena. I cecchini di Dallas (opportunamente neri come musulmani erano i dirottatori che non hanno abbattuto le Torri gemelle) potrebbero indurre il presidente degli Stati Uniti a dichiarare la legge marziale, così da poter rimandare le elezioni e prolungare il proprio mandato. Il Nuovo Ordine Mondiale preme alle porte e certe pedine possono ancora servire, se la rampante ex-first lady è troppo estremista e, forse, non riesce a piacere a chi conta (i vari Soros, Rotschild, Rockfeller e compagnia giudaica).

Il fatto è che la prima potenza mondiale è profondamente in crisi: le continue guerre promosse con il pretesto della tutela dei popoli e della diffusione della democrazia hanno dissanguato lo Stato, il cui debito pubblico è una voragine di dimensioni non immaginabili dai comuni mortali; se erano un mezzo per favorire produzione e sviluppo, non lo si può usare all’infinito e, in ogni caso, non sono certo un fattore di un’economia sana e virtuosa. L’egemonia del dollaro è ormai tramontata: non è un segreto per nessuno, nei salotti che contano, che le riserve auree statunitensi siano state sostituite da lingotti al tungsteno (che ha lo stesso peso specifico ma non lo stesso valore) e che i biglietti verdi siano di conseguenza carta straccia.

I Paesi arabi che non erano più disposti a regalare il petrolio in cambio di essa – e avevano quindi deciso di creare una zona autonoma di scambio con moneta propria – nel giro di una primavera, presto sfiorita, han dovuto cambiare regime: come già Saddam Hussein, quelli che fino allora erano stati fidati amici e luogotenenti sono diventati di colpo dittatori sanguinari e corrotti da rimuovere al più presto. Con altri, però, lo stesso giochetto risulta un po’ più difficile. Dopo aver ribaltato il governo filorusso dell’Ucraina e provato invano a fagocitarla nell’Alleanza Atlantica, l’Occidente si è trovato di fronte alla reazione della Russia, attaccata con sanzioni e con calunnie al suo presidente. Quest’ultimo, però, forte degli accordi militari ed economici con la Cina e dell’appoggio per niente trascurabile dell’Iran, ha ampiamente dimostrato di non aver nulla da temere.

La nuova zona eurasiatica di scambio che utilizza lo yuan è ormai una valida alternativa al sistema finanziario occidentale legato al dollaro e all’euro, tanto che la Gran Bretagna, dopo essersi decisa per l’uscita dall’Unione Europea, ha pure trasferito la direzione della seconda banca del Paese… a Hong Kong. In cambio di questa cessione di fatto ai cinesi, Londra ha acquisito la gestione dello yuan sulla propria piazza finanziaria, che è la prima al mondo per importanza. Non c’è più l’Impero britannico, ma il Commonwealth funziona ancora. Il voltafaccia al sistema euro-americano non potrebbe essere più completo sia sul piano politico che su quello economico, il che non incoraggia previsioni molto rosee nei suoi riguardi.

Ora, visto che gli yankees sono in crisi irreversibile e, con quasi la metà della popolazione composta di ispanici e afroamericani, rischiano la guerra civile, chi dovrebbe prendere il comando dell’impero occidentale in declino? Se alle stelle con le strisce si dovessero sostituire le stelle in campo blu, la situazione rischierebbe di complicarsi parecchio a causa della mancanza di unità politica, a meno che… non si riconoscesse la supremazia di fatto dell’unica potenza che non ha abolito la propria moneta con il varo dell’euro e, fino al recente sorpasso cinese, aveva il più alto tasso di sviluppo al mondo. Il marco tedesco, in realtà, esiste ancora sui listini, è stato solo sospeso; se l’euro crollasse, che problema ci sarebbe? Sarebbe anzi meglio per dominare gli altri Paesi.

Alla guida della Germania c’è un ex-agente della Stasi, ovvero di quell’immane e capillare apparato di controllo con cui il regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca soffocava la vita dei suoi cittadini e spiava migliaia di dirigenti esteri; nulla da invidiare alla famigerata Gestapo o al cugino KGB. La condotta politica della Walkiria, del resto, tradisce chiaramente la sua formazione giovanile e non lascia presagire granché di meglio per il futuro. Tuttavia, in una conversazione telefonica con il collega di Mosca, risalente alla fase più acuta della crisi ucraina (che prosegue cruenta nel silenzio generale), è stata da lui informata che il suo esercito è in grado di raggiungere il confine germanico in appena trentasei ore…

Su un altro fronte, le incursioni russe in Siria, certo, sono cessate (non prima di aver sensibilmente indebolito le orde islamiche create, addestrate, armate e finanziate da Israele, Stati Uniti e Arabia Saudita), ma la flotta incrocia ancora nel Mediterraneo orientale. In sintesi, ci sono tutte le premesse per una terza guerra mondiale. Non sarebbe questo il guaio più grosso, ma quello di trovarsi dalla parte sbagliata, sotto il Quarto Reich mondialista che si oppone al Regno di Dio. Dall’altra parte c’è un immenso Paese che, per ordine del suo coraggioso presidente, è stato sorvolato dalla Vergine di Kazan, liberatrice dal giogo mongolo, e, per volere di Giovanni Paolo II, consacrato in incognito al Cuore Immacolato di Maria da monsignor Hnilica sulla Piazza Rossa. È vero che il suo principale alleato è retto da un regime comunista apparentemente d’acciaio, ma la Regina delle Vittorie se ne ride, se è vero che quello sovietico cadde proprio l’8 dicembre del ‘91.

Il tallone d’Achille dell’impero cinese è una corruzione di proporzioni a dir poco fantasmagoriche. Per di più si sa che in punta di piedi, com’è nel temperamento nazionale, il cristianesimo si diffonde a macchia d’olio all’interno della Grande Muraglia. Visto che, dal Vaticano, il portavoce del Nuovo Ordine Mondiale ha rivolto complimenti sperticati al regime di Pechino, i cattolici da esso torchiati potrebbero non esserne tanto contenti e sentirsi spinti, di conseguenza, a guardare con speranza alla Terza Roma, il cui capo è stato accolto dai monaci dell’Athos con gli onori riservati agli antichi imperatori bizantini. In poche parole, la speranza viene da Oriente. Speriamo di non sbagliarci, ma pare proprio che i disegni del Cielo vadano in quella direzione. Poiché la fede non ha bisogno di certezze umane assolute, possiamo sentirci autorizzati, una volta di più, a pregare per la vittoria di quanti appaiono, oggi, come gli eletti di Dio [qui].

Ci vorrà tempo, ma sulla sterminata steppa russa sorgerà un’alba di grazia (profezia del beato Claudio Granzotto).
 

sabato 9 luglio 2016


La “nuova chiesa” tra terroristi e intellettuali


Anche senza volerlo e a sua insaputa, un papa può diventare fine del vecchio e inizio del nuovo. Che Benedetto XVI, rispondendo a una domanda di Peter Seewald, si sia definito così, in realtà non è documentabile se non dalla parola di un testimone, il suo segretario Georg Gänswein, unica fonte (quanto attendibile?) dell’episodio citato. E se invece, amplificando la sua rinuncia come una svolta storica che avrebbe aperto una nuova fase nella storia del papato, la si stesse sfruttando per varare l’idea – di stampo storicistico e gnostico – di un cambiamento epocale nella Chiesa, ovvero di una sua trasformazione verso un compimento “spirituale” ancora ignoto alle masse, ma conosciuto dagli iniziati? Se il vecchio di cui si celebra la fine è la Chiesa di sempre, che cos’è il nuovo annunciato? In quale realtà intendono traghettarci certi innominati, se non nel surrogato di una pseudo-chiesa secolarizzata i cui dirigenti, anche ai più alti livelli, a una certa età vanno in pensione, così che li si possa sostituire facilmente quando non servano più a determinati scopi?

La nuova età dello spirito sembra postulare una Chiesa mondanizzata che, priva di ogni carattere di sacralità e assolutezza (al contrario di quella di Sacra Scrittura e Tradizione), possa agevolmente incontrarsi e fondersi con tutte le confessioni, religioni, filosofie e dottrine. È questo l’innegabile intendimento di chi ha manipolato il Concilio Vaticano II e introdotto nei suoi testi i germi letali dell’autodissoluzione. Ora, dopo mezzo secolo di diffusione e maturazione, essi portano i frutti seminati allora. Per poter passare alla “soluzione finale”, però, era necessario creare artificialmente una situazione «che nella bimillenaria storia della Chiesa» fosse «senza precedenti» (Gänswein). Ed ecco che le dimissioni di papa Ratzinger ne offrono finalmente l’occasione. Il Pontefice, isolato, tradito e disatteso, si era reso conto che la cinghia di trasmissione si era spezzata: dalla sala-comandi i suoi ordini non giungevano più ad effetto, mentre nella Curia Romana le varie cordate (in primis quelle di sodomiti) facevano il bello e il cattivo tempo.

In questa situazione di totale ingovernabilità, l’unica soluzione praticabile gli pare allora quella di farsi da parte per godersi l’agognato riposo in qualità di un semplice Pater Benedikt. Ma non è così semplice come sembra: l’aspirante eremita – come già Pietro dal Morrone, imprigionato dal successore Bonifacio VIII – non può uscire dal Vaticano. Ci sarebbe una denuncia presso la Corte Penale Internazionale per la sua dichiarata “omofobia”, per non parlare di chissà quanti ecclesiastici assetati di vendetta per la sua tenace opera di bonifica del clero corrotto. E poi, un papa in più proprio accanto al nuovo può rendere un ottimo servizio per introdurre almeno de facto, se non de iure, l’idea di una mutazione del papato e, quindi, della Chiesa stessa. Siamo veramente sicuri che l’invenzione del papa emerito (con il mantenimento di nome, abito e stemma) sia attribuibile ad un teologo così rigoroso o che non gli sia stata imposta da altri? Non è affatto vero – come sostenuto dal bravo segretario – che sia stato lui a introdurre questa nuova istituzione nel discorso dell’11 febbraio 2013 rivolto ai cardinali; basta leggere il testo.

È fuori discussione che la teoria esposta da monsignor Gänswein il 20 maggio scorso riguardo a un ministero papale allargato (con un membro attivo e un membro contemplativo) è insostenibile dal punto di vista dottrinale, teologico e canonico, anche se la si afferma come un dato di fatto che, in quanto tale, non si potrebbe far altro che accettare. È esattamente il modo di procedere del papa sud-americano, che se ne infischia della teoria ed esalta la prassi. Perché sprecare tempo e fatica in interminabili discussioni, quando basta fare delle scelte e presentarle come normative? Pretendere però che Benedetto XVI, con la sua rinuncia, abbia realmente inteso trasformare il ministero papale in modo durevole e profondo è tutto da dimostrare. Non è sufficiente che ad affermarlo sia un suo stretto collaboratore (peraltro perfettamente inserito nel nuovo regime), perché non c’è modo di verificare se quanto da lui asserito corrisponde veramente al pensiero del Papa dimissionario, che in proposito non ha lasciato trapelare un bel nulla, se non per ribadire la validità delle sue dimissioni. Se poi ci si aggrappa a due o tre parole…

Nella raffica di affermazioni quanto meno sorprendenti del segretario-interprete, si rischia di passar sopra ad un dato singolare che, per un curiale, è semplicemente inammissibile: la rievocazione delle occulte dinamiche che, nel conclave del 2005, determinarono l’elezione del cardinal Ratzinger e che, in linea di principio, sarebbero coperte da giuramento sotto pena di scomunica. Fatto ancor più inaudito, i due partiti in drammatica lotta sono identificati con tanto di denominazioni e di liste dei capi-fila: una serie di cinque nomi e una di quattro; in entrambe gli ultimi due sono coordinati non con la congiunzione e (come sarebbe naturale), ma con un enigmatico o. È vero che si tratta di dati fondamentalmente risaputi, ma un conto è che trapelino per vie traverse, un conto è che li divulghi cotanto personaggio – e con disinvoltura estrema, come se parlasse della formazione della nazionale agli europei di calcio.

Ovviamente siamo troppo poco addentro agli arcani di certi giochi politici per coglierne le finezze, ma sembra chiaro che si tratti di un avvertimento in linguaggio cifrato. Il partito perdente nel 2005, poi vincitore nel 2013, sta probabilmente reclamando le riforme strutturali pretese come prezzo dell’elezione di Bergoglio. Ma Francesco non sopporta pressioni da parte di nessuno, nemmeno dei suoi elettori; al contrario, si diverte a tener tutti sulla corda, compresi i suoi stessi amici: egli non permette ad alcuno di loro di acquisire un potere tale da poterlo condizionare. Anche il cosiddetto Gruppo di San Gallo («che, di recente, lo stesso cardinal Danneels di Bruxelles, in modo divertito, ha definito come “una specie di mafia-club”») deve guardarsi dall’alzare troppo la testa, visto che proprio l’emerito primate belga – tanto per dirne una – ha coperto decine di preti pedofili e perfino un vescovo, poi rimosso dall’odiato Benedetto. Gli agguerriti “riformatori” (eccetto chi è già morto) hanno evidentemente di che temere che qualcuno apra i loro armadi…

Con questa sommaria analisi non si vuol certo affermare – sarebbe un sogno! – che sia un corso una lotta tra il partito progressista e un partito conservatore; se così fosse, uno che volesse attaccare il primo non proclamerebbe con tanta sicumera e senza pezze d’appoggio, in un contesto che non potrebbe avere maggior risonanza mediatica, che «il ministero papale non è più quello di prima», da quando Ratzinger avrebbe «integrato l’ufficio personale con una dimensione collegiale e sinodale». Fra gli artefici delle rivoluzioni ci sono due categorie di persone: i terroristi e gli intellettuali; il braccio e la mente. I primi le realizzano con la violenza, i secondi con le idee. Alla riuscita della rivoluzione sono necessari entrambi i gruppi, ma è evidente che l’ideologia debba avere la priorità. Oggi gli ideologi della mutazione ecclesiale stanno forse rivendicando il comando rispetto ai guerriglieri; se c’è uno scontro, è tutto intestino.

Da parte loro i “buoni” – si vocifera – preparano la successione (visto che l’attuale pontefice ha ventilato la possibilità che ci sia più di un papa emerito vivente), ma si mantengono in rigoroso silenzio. Nel frattempo, il gregge allo sbando si precipita su pascoli velenosi e acque inquinate. Noi, che per grazia di Dio e dell’Immacolata ci manteniamo sulla retta via, preghiamo con la divina Parola perché il Signore si degni di visitarci e di ripulire una buona volta la Sua aia (cf. Mt 3, 12); in fin dei conti è Sua.

Alza per sempre il tuo braccio contro la loro superbia: quanti mali ha commesso il nemico nel santuario! E coloro che ti odiano se ne vantarono nel luogo stesso delle tue solennità. […] E fino a quando, o Dio, insulterà il nemico e l’avversario bestemmierà continuamente il tuo nome? E perché ritiri la tua mano? Tira fuori dal tuo seno la tua destra una volta per sempre. […] Non consegnare alle bestie le anime che ti professano e non dimenticare per sempre le anime dei tuoi poveri. […] Sorgi, o Dio, giudica la tua causa: ricordati degli oltraggi fatti a te, di quelli che lo stolto ti rivolge tutto il giorno (Sal 73, 3-4.10-11.19.22 Vulg.).
 

sabato 2 luglio 2016


Comprati a caro prezzo


Sanguis Christi volenti est salus, nolenti supplicium (sant’Agostino).

Nella liturgia “rinnovata” la solennità del Preziosissimo Sangue, che nel calendario tradizionale è assegnata al 1° luglio, è semplicemente scomparsa. Unica traccia nel nuovo Messale, una Messa votiva il cui formulario – come tutte le celebrazioni facoltative – non è mai utilizzato. Gli inossidabili liturgisti vaticansecondisti, naturalmente, hanno messo una pezza “teologica” anche sull’ingiustificabile soppressione di una festa di tanta importanza: essa, in realtà, sarebbe stata associata a quella del Corpus Domini, trasformata così in solennità del Corpo e Sangue di nostro Signore Gesù Cristo. Dato che il sacramento dell’Eucaristia comprende l’uno e l’altro, sembra una scelta plausibile; il fatto è che quest’ultima festa ha per oggetto la Presenza reale e il Pane di vita eterna, mentre l’altra celebra il mezzo della Redenzione universale. I più esperti faranno notare che, nel nuovo lezionario, le letture dell’anno B presentano proprio il mistero del Sangue; ma chi ci fa più caso, una volta ogni tre anni, in questa nuova religione della natura e del benessere terreno? E quanti sacerdoti lo predicano ancora nel modo dovuto?

Non è una questione puramente liturgica: la posta in gioco è innanzitutto dottrinale. Per celebrare il Preziosissimo Sangue bisogna credere fermamente nell’assoluta necessità della Redenzione ai fini dell’umana salvezza. Se si è eliminata la relativa festa, molto probabilmente è perché non si voleva più parlare del peccato originale né del riscatto che Dio stesso, nella Sua infinita misericordia, ha procurato all’umanità irrimediabilmente perduta e schiava del demonio. «Gli uomini erano tenuti prigionieri sotto il potere del diavolo e servivano i demòni, ma sono stati riscattati dalla prigionia. Furono infatti in grado di vendersi, ma non di riscattarsi. Venne il Redentore e pagò il prezzo: effuse il proprio sangue e acquistò il mondo intero» (sant’Agostino, Enarrationes in Psalmos, 95, 5). Non è facile conciliare affermazioni di tal genere con la nuova visione (in realtà vecchia almeno quanto l’Illuminismo) della naturale bontà dell’uomo e con il proposito di esaltarne i valori prescindendo dalla Creazione e dalla Redenzione, in modo tale che nessuno – che sia non cattolico, non cristiano, ateo o agnostico – si senta escluso, pur non spostando una virgola nelle sue convinzioni e nella sua condotta.

Dopo le dichiarazioni Nostra aetate e Dignitatis humanae (scritte da rabbini ebrei e da chissà chi altri), evocare ancora il bisogno di redenzione di ogni uomo e il prezzo del necessario riscatto sarebbe stato altamente offensivo nei confronti di chi non ammette queste verità e, di conseguenza, ha sostituito il culto di Dio con il culto dell’uomo. Di fatto, quelle famose dichiarazioni sono prive del peso magisteriale che è stato indebitamente attribuito ad esse e – ciò che è ancor più grave – sono in netta contraddizione con almeno un secolo e mezzo di Magistero pontificio in materia: anche se in modo ambiguo e dissimulato, esse trasudano dei gravissimi errori condannati nell’enciclica Mirari vos di Gregorio XVI, nel Sillabo del beato Pio IX e nell’enciclica Pascendi dominici gregis di san Pio X, documenti che contengono un insegnamento irreformabile. A mezzo secolo di distanza, siamo in condizione di giudicarle non solo per il loro contenuto erroneo, che fu evidente fin dal principio, ma anche per i frutti che hanno portato, ossia per le conseguenze catastrofiche che hanno avuto sulla fede del popolo cristiano e sull’attività missionaria della Chiesa Cattolica.

Ormai chiunque è convinto di avere un diritto illimitato a pensare, dire e fare qualsiasi cosa; provare a renderlo consapevole dell’assurdità di simile pretesa equivale a rischiare il linciaggio. Non parliamo nemmeno del tentativo di convertire una persona appartenente ad altra confessione o religione: gli uomini sono tutti buoni e le credenze tutte ammissibili; è questione di diritti umani, di cui il proselitismo è un’ignobile violazione. Il problema è che la Sacra Scrittura non afferma questo, né così hanno insegnato i Padri della Chiesa, i Santi, i Dottori, i Papi e i Concili. Le nuove teorie sono la base ideologica di una strategia – purtroppo riuscita con gran parte dei cattolici – mirante a giudaizzare il Cristianesimo, processo partito con Lutero (se non già con i nominalisti) e culminato, grazie alla manipolazione del Vaticano II e ai suoi sviluppi, con il tanguero. Davvero un’ottima medicina per la Chiesa, se a dirlo è chi la sta liquidando.

Qui però il discorso si fa molto serio, perché è in gioco la salvezza eterna delle anime. Accogliere o rifiutare il prezzo della propria redenzione: da questo dipende l’Inferno o il Paradiso. «Il sangue del tuo Signore, se vuoi, è stato offerto per te; se non avrai voluto che lo sia, non è stato offerto per te» (sant’Agostino, Sermo 344, 4). Non diventa forse chiaro, così, perché Gesù abbia detto, nell’istituire la santissima Eucaristia: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, versato per molti» (Mt 26, 28)? Non lo ha versato per chi lo avrebbe rifiutato come indispensabile riscatto. Ovviamente non si tratta di professare un Dio assetato di sangue, proiettando sul Padre l’immagine degli dèi pagani (cioè dei demòni), che esigevano sacrifici umani. Bisogna porsi nella prospettiva, propria della Rivelazione, della necessaria riparazione di un patto d’amore violato per superbia e arroganza, un patto concesso per pura generosità da Chi ci ha creati senza alcun vantaggio per Sé, ma unicamente a nostro beneficio.

Se la prima prevaricazione è stata grave, quanto più lo saranno quelle di chi, pur essendo stato redento, persevera nell’errore e nel peccato? «Infatti, se pecchiamo volontariamente dopo aver ricevuto la conoscenza della verità, non rimane più alcun sacrificio per i peccati, ma soltanto una terribile attesa del giudizio e la vampa di un fuoco che sta per divorare i ribelli. Quando qualcuno ha violato la legge di Mosè, viene messo a morte senza pietà sulla parola di due o tre testimoni. Di quanto maggior castigo, allora, pensate che sarà ritenuto degno chi avrà calpestato il Figlio di Dio e considerato profano quel sangue dell’alleanza nel quale è stato santificato, oltraggiando lo Spirito della grazia?» (Eb 10, 26-29). Il sangue di cui parla la Bibbia, evidentemente, non è mero simbolo di stipulazione di un patto: esso ha pure efficacia redentiva, espiatoria e santificante. Come potrebbe infatti una creatura insozzata dal peccato fare alleanza con il Dio tre volte santo, senza essere prima riscattata, lavata e rinnovata? È l’intervento gratuito dell’amore divino, realizzatosi pienamente con l’effusione del Sangue del Dio umanato, che opera tutto questo, purché l’uomo vi corrisponda con la sua libera scelta, mossa dallo Spirito Santo. Quello stesso Sangue è salvezza per chi vuol essere salvato, ma sarà supplizio per chi non vuole.

A Colui che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il Suo Sangue, che ha fatto di noi un regno di sacerdoti per il Suo Dio e Padre, a Lui la gloria e la potenza nei secoli dei secoli. Amen (Ap 1, 5-6).