Chi ha sete venga a me
Hanno abbandonato me, sorgente di
acqua viva, per scavarsi cisterne, cisterne screpolate che non tengono l’acqua
(Ger 2, 13).
Il
dramma più grave dell’aggiornamento
ecclesiale è che la maggioranza dei credenti ha perso la cognizione oggettiva
di Dio, sulla quale si fonda una relazione reale con Lui, e l’ha sostituita con
un po’ di attivismo e “buone idee” modellate su quelle del mondo. Il dono
incommensurabile di Dio, assolutamente immeritato quanto alla Sua iniziativa,
esige poi una corrispondenza adeguata (resa possibile dalla grazia
santificante) che permetta all’uomo di meritare il Paradiso; in altre parole,
quella sublime amicizia e filiazione, che in nessun’altra religione è nemmeno
pensabile, se presa sul serio e vissuta con impegno conduce infallibilmente
alla santità.
Nel
cristianesimo geneticamente modificato in nuovo
umanesimo, invece, la divinità – ammesso che ne persista ancora la nozione
– si riduce a proiezione dell’io, rimanendo così prigioniera di pensieri,
emozioni, velleità e sentimenti soggettivi; sulla realtà trionfa l’immaginario,
plasmato oltretutto da miti mediatici e tecnologici. Tale situazione conduce il
cristiano in senso radicalmente opposto a quello della santificazione. Nel
migliore dei casi, infatti, egli travisa i Comandamenti divini in base
all’opinione dominante e al politicamente
corretto, come i bravi scout “cattolici” che si sono battuti per il
riconoscimento legale degli accoppiamenti sodomitici o i vari preti di strada che combattono la mafia
e al tempo stesso la incrementano incoraggiando l’uso di droghe leggere…
Il
peggio, tuttavia, è che l’uomo, avendo un’innata tensione verso l’infinito e
l’assoluto, qualora sia defraudato del vero Infinito e del vero Assoluto,
sorgente personale e trascendente di beatitudine e di pace, ripiega sulla
frenetica ricerca di qualcosa che gli fornisca almeno l’illusione di un
effimero istante di liberazione dai limiti terreni. È per questo che nelle società
nichiliste dilaga l’erotismo, di cui l’ideologia del gender non è altro che l’ancella: dato che ogni attività egoistica,
prima o poi, produce assuefazione, si ha bisogno di spingersi continuamente
verso “nuove frontiere” e provare ogni volta sensazioni inedite, infrangendo
sistematicamente tutti i tabù ed escogitando trasgressioni sempre più
impensate, perverse e ripugnanti.
Visto
che parlare di morale, anche in chiesa, è diventato un crimine, le povere pecorelle
non hanno più gli anticorpi per sconfiggere le malattie dell’anima né sono in
grado di evitarle o prevenirle. Ecco allora una soluzione insperata a costo
zero: un concetto di misericordia divina che ignora la responsabilità umana e
funziona come un’incessante amnistia generale. Peccato che anche questa non sia
altro che un’idea – e neanche tanto originale, se è vero che risale a un
eresiarca del XVI secolo: nonostante tutto, qualsiasi cosa io abbia fatto, il
buon Dio mi considera giusto, purché io lo creda. È un circolo vizioso che fa
dipendere tutto dall’autoconvincimento; ma siccome nessun teologo di tendenza fa
più notare questo, cinque secoli dopo possiamo aggiornarlo così: qualsiasi cosa
abbia fatto, io stesso mi considero giusto (e guai a chi osi negarlo). Poiché
la divinità e la giustizia luterane, ancora una volta, sono solo un’idea nella
piccola zucca del cristiano che pratica il libero
esame delle Scritture, svincolato da Tradizione e Magistero, il processo
innescato allora è ormai giunto al culmine: l’io ha preso il posto di Dio.
Con
ciò non voglio certo sottintendere che non vi siano protestanti seri che,
nonostante tutti i limiti e gli errori della loro confessione, amino
sinceramente il Signore e si sforzino – come possono – di compierne la volontà.
Molti di loro sono già vicini alla fede cattolica e vorrebbero rientrare nella
Chiesa, ma da cinquant’anni lo proibiscono loro i superiori interessi del
dialogo ecumenico (per non parlare di tanti ebrei e protestanti convertiti che
ora si chiedono se non abbiano fatto un errore, avendo l’impressione di
ritrovarsi alla casella di partenza). Alla cristianità di oggi si è imposto il diktat dell’unità nella diversità, la quale sembra consistere nella noia
mortale di reiterati incontri interconfessionali in cui si sentono sempre le
stesse assurdità e ci si scambia i soliti abbracci di protocollo; poi ognuno
continua a credere e agire come meglio gli pare. Come unità non c’è male; la
diversità rimane forse nelle fogge dei vestiti… Nella Catholica,
in realtà, la vera unità nella diversità c’è sempre stata: varie sono le
legittime tradizioni liturgiche e discipline canoniche, ma una sola è la fede.
Nella
calura estiva si fa spesso sentire la sete; nulla di meglio di una sorsata
d’acqua fresca e pura. Molte anime sono ormai disidratate e non si sa che fare
per soccorrerle; curare lo spirito è ben più arduo che curare il corpo. Se poi
rifiutano l’acqua buona perché assuefatte a bevande inquinate o artificiali, la
situazione può apparire disperata. «Tutta colpa dei preti», si sarebbe tentati
di ripetere, come ha fatto qualcuno a proposito della strage di Nizza. È vero
che abbiamo la nostra buona parte di responsabilità, ma, sostanzialmente, siamo
a nostra volta vittime: senza indulgere al vittimismo, non possiamo non
rilevare l’indottrinamento impostoci nelle facoltà teologiche e l’inconsistenza
della “formazione” ricevuta in seminario, del tutto sganciata dalla tradizione
e dal buon senso, ma neppure la martellante propaganda di un regime che ora punisce
chi di noi, sulla scorta della Sacra Scrittura, predica la sana dottrina su
argomenti politicamente sensibili. E poi, chi si prende cura dei ministri di
Dio in difficoltà? L’immane apparato burocratico di una gerarchia che pensa
solo a sfornare programmi e documenti redatti a tavolino?
«Chi
ha sete venga a me e beva» (Gv 7, 37). «Chi ha sete venga; chi vuole attinga
gratuitamente l’acqua della vita» (Ap 22, 17). Signore Gesù Cristo, facci
tornare a Te, sorgente di acqua viva, alla Tua verità immutabile, alla grazia
dei Sacramenti ricevuti degnamente, con fede e in stato di grazia. Non lo
meritiamo, perché troppo ci siamo compiaciuti dell’acqua salmastra delle
cisterne scavate dall’umanesimo tinteggiato di cristiano, che ha ingabbiato nel
ristagno del secolarismo l’acqua pura della Tua parola di vita eterna,
contaminandola con le idee aberranti degli uomini. Sì, in nome dell’umanità le
abbiamo chiuso il Regno dei Cieli; noi non vi siamo entrati e l’abbiamo
impedito a quanti volevano farlo (cf. Mt 23, 13). Ma possiamo ancora contare
sulla Tua misericordia. Non per continuare ad abusarne, ma per avere da Te la
forza di ritornare al fiume sano della Tradizione, sinceramente pentiti e
irrevocabilmente decisi a non abbandonarti più.
Sitivit
anima mea ad Deum fortem, vivum. Fluminis impetus laetificat civitatem Dei (Sal 41, 3; 45, 5).
Ego sitienti dabo de fonte aquae vitae, gratis. […] Et ostendit mihi fluvium
aquae vitae, splendidum tamquam crystallum, procedentem de sede Dei et Agni
(Ap 21, 6; 22, 1).
* Piccolo esercizio di lectio divina: cercate i versetti nella Bibbia italiana, poi
memorizzateli in latino perché impregnino il vostro subcosciente. A forza di
ripeterli, vi verrà una gran sete di Dio, di preghiera, di divina Parola e di
verità eterne… e, con il crescere della sete, paradossalmente aumenterà la
gioia, fino a straripare!
i tempi di tenebra sono peggiorati a causa dei ministri che non esercitano il potere sacerdotale conferito con l'unzione predicare il vangelo, pregare Dio x scacciare i demoni e guarire gli ammalati,non sono più un "argine" all'infestazione satanica!Le sentinelle si sono addormentate permettendo al demonio di insidiare con false dottrine molti sacerdoti e laici infatti gruppi che dovevano essere bloccati sul nascere xchè guidati da laici che giocano a fare i preti con una radice pentecostale di natura demoniaca hanno infestato tutte le parrocchie...rns.. rcc...catecumeni...cosa può insegnare sull'amore a Dio una ex suora?lo ama talmente che diventa ex?ma nonostante gli approfondimenti di validi sacerdoti che hanno evidenziato eresie e cattive dottrine scorrazzano impuniti...il Signore ci soccorra presto!
RispondiEliminaGrande Regina dei Cieli, Figlia del divin Padre, Madre del Verbo divino, Sposa dello Spirito Santo e Madre della divina pietà, riparo, forza e guida, per non smarrire la Fede, portaci alla pura fonte a cui abbeverarci e al giaciglio su cui trovare riposo: il costato e il cuore del tuo Divin Figlio.
RispondiEliminaIn quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e Io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».
« Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me »
Mediante l'umiltà viviamo con Dio, e Dio vive con noi in una vera pace ; in essa si trova il fondamento vivo di ogni santità. Può essere paragonata ad una fonte da cui sgorgano quattro fiumi di virtù e di vita eterna (cfr. Gen 2,10)... Il primo di questi fiumi, che zampilla da un suolo veramente umile, è l'ubbidienza,... l'orecchio diviene umilmente attento, per ascoltare le parole di verità e di vita che vengono dalla Sapienza di Dio, mentre le mani sono sempre pronte ad adempiere la sua amatissima volontà... Cristo, la Sapienza di Dio, si è fatto povero per arricchirci, è divenuto servo per farci regnare, infine è morto per darci la vita... Affinché sapessimo come seguirlo e servirlo, ci dice : « Imparate da me, che sono mite e umile di cuore ».
La mitezza, infatti, è il secondo dei fiumi di virtù che sgorga dal suolo dell'umiltà : « Beati i miti perché erediteranno la terra » (Mt 5,5), cioè la propria anima e il proprio cuore, in pace. Infatti sull'uomo mite e umile riposa lo Spirito del Signore ; e quando il nostro spirito è così innalzato e unito allo Spirito di Dio, portiamo il giogo di Cristo che è gradevole e dolce, e siamo caricati del suo fardelo leggero... Da questa intima mitezza zampilla un terzo fiume, che consiste nel vivere con ogni pazienza. Nella tribolazione e la sofferenza, il Signore ci visita. Se riceviamo queste messaggere con un cuore lieto, allora verrà lui ; ha detto infatti per mezzo del profeta : « Presso di lui sarò nella sventura, lo salverò e lo renderò glorioso » (Sal 90,15).
Il quarto e ultimo fiume di vita umile à l'abbandono della volontà propria e di ogni ricerca di se stesso. Questo fiume nasce nella sofferenza sopportata con pazienza. L'uomo umile... rinuncia alla propria volontà e si abbandona spontaneamente nelle mani di Dio. Così diviene una sola volontà e una sola libertà con la volontà divina... E questo è proprio il fondo dell'umiltà... La volontà di Dio, che è la libertà, ci toglie ogni spirito di timore e ci rende liberi e vuoti da noi stessi... Allora Dio ci dà lo Spirito degli eletti, che ci fa gridare con il Figlio : « Abba, Padre » (Rm 8,15).
Beato Jan Ruysbroeck (1293-1381), canonico regolare
I sette gradi dell'amore spirituale, cap. 4
Dal suo cuore di Ministro eletto da Dio sgorga, a ragione d'Amore, la domanda: "Chi si prende cura dei ministri di Dio in difficoltà?"... Oltre alla SS. Tirnità, a Maria e a tutti i Santi, io spero e credo che la preghiera reciproca, l'offerta e la Comunione nello Spirito sia un ottimo modo di "prendersi cura" dei Sacerdoti di Dio. Non trova?! Noi facciamo la nostra parte, al Signore il resto secondo il Suo Progetto.
RispondiEliminaSono perfettamente d'accordo con Lei; la domanda si riferiva alla gerarchia. Grazie a Dio, non mancano gli aiuti soprannaturali ottenuti con la mediazione della Chiesa militante e di quella trionfante.
Elimina