Prima urgenza: la preghiera
Oculi mei semper ad Dominum; Dominus
sollicitus est mei (Sal 24, 15; 39,
18).
«I
miei occhi son sempre rivolti al Signore; il Signore si prende cura di me». Quando
siamo in lotta o sotto pressione, l’urgenza primaria è la preghiera. La
Provvidenza è incessantemente all’opera per il nostro bene, ma con chi, lo
sguardo del cuore costantemente rivolto al Cielo, collabora docilmente alla Sua
opera, Essa trova assai meno ostacoli e agisce quindi più speditamente. Senza
una vita di orazione regolare, tuttavia, ciò risulta impossibile. Chi tende a
pensare con la pancia o cerca solo carburante per alimentare la sua acredine
frustrata, evidentemente, sarà allergico a questo tipo di affermazioni,
indizio, questo, del fatto che non si lascia guidare dallo Spirito Santo, ma
dal proprio io indipendente e ribelle. Così è pure di chi è incline a un
attivismo esagitato, oppure a un freddo formalismo o a un astratto
intellettualismo. In tutti questi casi, un sentimento di autosufficienza più o
meno cosciente impedisce ogni progresso spirituale, disseccando il cuore e
allontanando da Dio l’anima, pur convinta di ossequiarlo.
Sottolineare
il primato della preghiera, ovviamente, non significa negare l’importanza
dell’azione, purché sia un’azione – non sarà mai abbastanza ribadito – ispirata
dall’alto, piuttosto che compulsa dall’ego o, peggio, suggerita dal demonio
travestito da angelo di luce. Quando un’iniziativa è mossa dallo Spirito Santo
e benedetta dal Cielo, tutto si svolge nella pace e nella serenità, senza
agitazione né protagonismo; successo e protezione sono segni di autenticità
concessi a posteriori. Tutto questo
presuppone però – repetita iuvant – una regolare vita di
orazione, di raccoglimento, di presenza a Dio, che renda a noi familiari le Sue
ispirazioni e noi duttili alla Sua guida. A tal fine, come già di recente
raccomandavo, è indispensabile vaccinare non il corpo, ma l’anima da quei virus
spirituali che possono condurla alla paralisi. Oltre a quelli appena
menzionati, ce n’è tutta una famiglia che negli ultimi decenni ha infettato la
vita ecclesiale, riguardo alla quale – nonché alle cure necessarie – rimando a
quanto pubblicato il giorno dell’Assunta.
Spesso
la preghiera risulta difficoltosa o sembra inefficace perché non ci si
raccoglie adeguatamente prima di cominciare. Il primo passo, come insinua san
Paolo, è rientrare nell’uomo interiore (cf.
Ef 3, 16). È per questo che l’Ufficio Divino tradizionale fa precedere alla
recitazione delle varie Ore un’invocazione densa di dottrina ascetica: Aperi,
Domine, os meum ad benedicendum nomen sanctum tuum: munda quoque cor meum ab
omnibus vanis, perversis et alienis cogitationibus; intellectum illumina, affectum
inflamma, ut digne, attente ac devote hoc Officium
recitare valeam, et exaudiri merear ante conspectum divinae maiestatis tuae. Per Christum Dominum nostrum.
Amen
(Signore, apri la mia bocca perché benedica il Tuo santo nome: purifica altresì
il mio cuore da tutti i pensieri vani, perversi ed estranei; illumina l’intelletto,
infiamma l’affetto, perché io riesca a recitare questo Ufficio in modo degno,
attento e devoto e meriti di essere esaudito al cospetto della Tua maestà
divina). Richieste dettate da una secolare sapienza, oggi dimenticata…
Purché
non lo si farfugli meccanicamente come una mera formula da dire in più, ma lo
si soppesi parola per la parola, questo testo può benissimo servire anche per
introdurre la preghiera privata. La sua conclusione ti proietta immediatamente
nella corte celeste, alla presenza dell’eterno Re, alla quale sei
incredibilmente ammesso con gli Angeli e i Santi, partecipi e sostenitori della
tua orazione. In compagnia sì nobile e sublime, pròstrati in umile adorazione,
nel tuo nulla di creatura, dinanzi a Colui al quale devi assolutamente tutto, e
sul piano naturale e su quello soprannaturale. Con tale disposizione d’animo,
Gli chiedi di sciogliere le tue labbra alla Sua lode, riconoscendo
implicitamente non solo che da Lui dipende, mediante il concorso naturale, ogni
atto che compi, ma pure che la preghiera stessa è frutto della grazia: della
grazia abituale, in cui ti ha stabilito il Battesimo; della grazia attuale, che
domandi proprio in quel momento per poter pregare in modo a Lui gradito; di
grazie speciali attinenti alla vita mistica, che Dio concede ordinariamente a
chi vi è pronto.
Il
secondo passo è la purificazione del cuore dai pensieri che impediscono una
buona orazione. Ci sono i pensieri vani,
futili, superficiali, fra i quali vanno annoverate le preoccupazioni inutili e
gli affanni superflui, suscitati dal tuo io carnale. Poi arrivano i pensieri perversi, spesso sibilati da colui che
nulla teme più di una preghiera ben fatta. Sono spesso moti di
autocompiacimento, di vanità, di superbia: «Come sono brava, io che prego… mica
come quel pagano di mio marito, che non prega mai» e così discorrendo.
Ricordati del fariseo e del pubblicano (cf. Lc 18, 9-14). Infine sono evocati i
pensieri estranei, cioè quelli che
non hanno niente a che vedere con ciò che stai facendo in quel momento: stai
colloquiando con il grande Re, con la Regina, con i Loro ministri e confidenti.
Se tu stessi per incontrare un potente di questo mondo, penseresti forse alla
spesa, al lavoro, alle bollette, alle scadenze o che so io? No di certo: saresti
completamente concentrato su ciò che devi dirgli e sul modo di presentarti a
lui, così da non disgustarlo a prima vista.
Ripulito
il cuore, ossia il centro della tua
interiorità, dagli impedimenti e dal pattume, domandi ora l’illuminazione della
mente. Tutto ciò che fai, anche nel rapporto con Dio, passa attraverso la retta
ragione, elevata dalla grazia e dai doni dello Spirito Santo che le sono
attinenti: intelletto, scienza e sapienza. L’uomo si distingue da tutte le
altre creature dell’universo visibile proprio perché dotato di ragione e libero
arbitrio; non deve mai abdicare, pertanto, alle facoltà che ne fanno ciò che è.
Chi giunge ai gradi più alti dell’unione con Dio sperimenta, sì, una
sospensione completa dell’attività intellettuale, ma quello è un punto
d’arrivo, non certo di partenza. Laddove, nella vita spirituale, la
ragionevolezza scarseggi o sia del tutto assente, occorre allarmarsi
seriamente. Le proposte di molti maestri e movimenti, oggi, sono carenti
proprio da questo punto di vista; la conseguenza è che gli adepti si
rinchiudono in una falsa sicurezza da cui, a volte, è umanamente impossibile
svellerli, a causa dell’ottusa certezza di aver già tutto e di essere arrivati…
Per
evitare la trappola del sentimentalismo, non bisogna però cadere in quella
dell’intellettualismo. A tal fine, la formula in esame aggiunge subito la
richiesta di infiammare l’affetto. Chi si avvicina realmente alla Fiamma viva d’amore, come la chiama san
Giovanni della Croce, non può rimanere freddo: indifferente, distaccato e
distratto. Qualora stia sperimentando una purificazione passiva, ha sì
l’impressione di esserlo, ma la sofferenza interiore che lo dilania dimostra
che il suo cuore arde d’amore, sebbene senza alcun segno sensibile, a meno che
non si tratti di un’aridità colpevole in quanto dovuta al peccato o
all’abbandono degli impegni assunti nella vita di orazione. Capaci di dar fuoco
alle anime sono tutti i Santi, con i loro esempi e i loro scritti, ma un
maestro insuperabile è san Bonaventura con il suo Transfige, dulcissime Domine Iesu. Come si può essere insensibili a espressioni
scaturite dal cuore di chi parla immerso nella divina fornace e si lascia
sprofondare nell’abisso del Sommo Bene?
Esprimi
infine lo scopo della richiesta che stai inoltrando: essere in grado di pregare
in modo degno, attento e devoto. Digne: in maniera, per quanto possibile,
adeguata all’altissimo Interlocutore, che tuttavia si china con impagabile
tenerezza verso chiunque si accosti a Lui con umiltà. Attente: con tutto l’essere teso verso di Lui, tua origine e tuo
fine; se lo avrai meritato, godrai del Suo possesso per tutta l’eternità, ma
fin d’ora la grazia te lo fa pregustare proprio grazie alla preghiera. Devote: in uno slancio generoso di
donazione a Colui che ti ha dato tutto e al quale desideri, pur nella tua
povertà, ricambiare il dono con l’offerta di te stesso, associata a quella del
Figlio crocifisso per te. Con tali disposizioni puoi sperare senza presunzione di
essere esaudito; qualora tu non ottenga ciò che hai chiesto perché non utile
alla salvezza tua o altrui, avrai comunque acquistato un merito per il solo
fatto di aver pregato con fede. Anche qui vale la luminosa sintesi del Concilio
di Trento: nel premiare i nostri meriti, Dio corona i Suoi doni.
Per
concludere, un accenno alla breve formula che il Breviario pone a suggello di
questa preparazione alla recitazione dell’Ufficio (utile – lo ripeto – anche
per le altre forme di orazione): Domine, in unione illius divinae intentionis, qua ipse in
terris laudes Deo persolvisti, has tibi Horas persolvo
(Signore, in unione a quell’intenzione divina per la quale Tu stesso, sulla
terra, adempisti le lodi a Dio, adempio per te queste Ore). Questa
dichiarazione si fonda su due misteri della nostra fede. Il primo è l’unione
delle due nature, divina e umana, nella Persona del Verbo incarnato: essa ha
fatto sì che, durante la Sua vita terrena, Egli pregasse il Padre in quanto
uomo, ma con le intenzioni del Figlio. Il secondo è l’unità del Corpo Mistico,
che ti fa comunicare alle qualità e disposizioni di Gesù, quindi anche alle Sue
intenzioni. La tua preghiera è così assunta nella Sua e ne diventa un
prolungamento nella storia: sulla terra, per mezzo di te, Egli continua a
rivolgere al Padre suppliche e lodi, mentre tu prendi parte, in Lui, alla vita
trinitaria. Fosse solo per questo, avresti già un motivo sublime per pregare il
più spesso possibile.
Dic animae meae: Salus tua ego sum (Di’ all’anima: «Io
sono la tua salvezza»; Sal 34, 3).
grazie don Elia di questa didattica della preghiera.Ha scritto tutto lei.Noi,senza nulla aggiungere,dobbiamo solo seguire le istruzioni di salvezza che ci da il nostro pastore(don Elia).E' questo che ci chiedono il Signore e la Madre di Dio e Madre nostra:la preghiera fatta bene,in sintonia con il IL Cielo.Tutto il resto non è in nostro potere...Loro faranno tutto il resto... se glielo chiediamo.
RispondiEliminaQuesto Suo insegnamento pacato ,ordinato , ribadito e' quanto mai utile e salutare perche' tendiamo a dimenticare . A volte il desiderio di piacere a Dio e' tale da farci impaludare .
RispondiEliminaAve Maria !
“Più un’anima è santa, più esercita un profondo influsso nella Chiesa”. Queste parole sono di padre Gabriele di Santa Maria Maddalena (1893-1953), scritte nel suo libro Intimità Divina.
Padre Gabriele di Santa Maria Maddalena così scrive:
Gesù ci ha salvati non solo con l’attività esterna di predicazione, di educazione, d’istituzione e di amministrazione dei sacramenti, ma anche con l’obbedienza e il silenzio della sua vita nascosta, con la preghiera di cui tante volte ci parla espressamente il Vangelo e soprattutto col sacrificio della Croce, nel quale culminò tutta la sua opera redentrice (…). In prima linea sta quindi il cosiddetto “apostolato interiore” della preghiera e dell’immolazione; su questo poi si fonda l’apostolato esterno dell’azione, che trae la sua forza e la sua efficacia dal primo.
Quanto più la nostra azione parteciperà a quel che di più profondo e fecondo è nell’opera di Cristo, tanto più sarà efficace; questo si raggiunge appunto mediante la preghiera e il sacrificio abbracciato con generosità e costanza in unione al sacrificio di Cristo, per la salvezza delle anime. Ecco perché la Chiesa -pur riconoscendo l’urgenza dell’apostolato esterno- continua a volere ed a sostenere quelle forme di vita contemplativa che si dedicano all’apostolato interiore (…).
L’ideale apostolico deve spingere l’anima ad abbracciare con piena generosità una vita di continua immolazione nascosta, onde farne un potente mezzo di salvezza per i fratelli, e deve, d’altra parte, spronarla a progredire rapidamente nel cammino della santità per diventare presto tale da ottenere da Dio tutte quelle grazie che desidera per la Chiesa. (…) Più un’anima è santa, più esercita un profondo influsso nella Chiesa.
http://itresentieri.it/piu-unanima-e-santa-piu-esercita-un-profondo-influsso-nella-chiesa/
Grazie per questa citazione, estremamente luminosa e opportuna.
EliminaAnch'io ringrazio per la didattica della preghiera. Una certa inflazione dell'ego, una sottile autosufficienza pone in pericolo le anime che hanno scelto di stare con la Tradizione "Sono tradizionalista... quindi sto a posto". Queste anime (la mia in particolare) hanno bisogno di digiuno spirituale da certe notizie sensazionali, navigate su internet alla ricerca di apparizioni, profezie e eventi catastrofici. Almeno per me, per questi giorni e per il mese di Ottobre: meno navigazioni oziose, più Rosari, più orazioni. E aggiungo sempre: fioretti e devozioni per le anime del purgatorio.
RispondiEliminaConforto,luce,speranza,beni irreperibili ormai. Dio benedica il suo lavoro. Grazie
RispondiEliminaGRAZIE PER DIREZIONE SPIRITUALE DON ELIA
RispondiEliminaPreghiera per ottenere la conoscenza di Dio
RispondiElimina"Tu sei grande, Signore, e ben degno di lode; grande è la Tua virtù e la Tua sapienza incalcolabile (Sal 144,3; 146,5)
E l’uomo vuole lodarTi, una particella del Tuo creato, che si porta attorno il suo destino mortale, che si porta attorno la prova del suo peccato e la prova che Tu resisti ai superbi. Eppure l’uomo, una particella del Tuo creato, vuole lodarTi. Sei Tu che lo stimoli a dilettarsi delle Tue lodi, perché ci hai fatti per Te, e il nostro cuore non ha posa finché non riposa in Te. Che io Ti cerchi, Signore, invocandoTi e Ti invochi credendoTi, perché il Tuo annunzio ci è giunto.
Ma chi mi farà riposare in Te, chi Ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo? Allora dimenticherei i miei mali e il mio unico bene abbraccerei: Te.
Cosa sei per me? Abbi misericordia, affinché io parli. E cosa sono io stesso per Te, sì che Tu mi comandi di amarTi e Ti adiri verso di me e minacci, se non obbedisco, gravi sventure, quasi fosse una sventura lieve l’assenza stessa di amore per Te? Oh, dimmi per la Tua misericordia, Signore Dio mio, cosa sei per me. Di’ all’anima mia: «La salvezza tua IO Sono!». Dillo, che io l’oda. Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla Tua bocca, Signore. Aprile, e di’ all’anima mia: «La salvezza tua IO Sono». Rincorrendo questa voce, io Ti raggiungerò, e Tu non celarmi il Tuo Volto. Che io muoia, per non morire, per vederLo."
Agostino, Le Confessioni, 1,1.5
Mio Signore e mio Dio , dimmelo ancora , che io l’oda..
Questo contributo visivo mi sembra efficace per tutti ma in particolar modo per le giovani famiglie (Forse sarebbe il caso di includerlo nei corsi prematrimoniali ). E' lo stesso piano , stile di vita , ordinato e possibilmente fedele , piu' volte suggerito da Don Elìa . Buon mese del Santo Rosario a tutti!
RispondiEliminaVivere vicino al Signore | Cos'è il piano di vita
Cosa vuol dire diventare santi se non diventare veri amici di Dio? E come ogni amicizia, per farla cresce occorre passare tempo di qualità insieme! Ma come fare quando di tempo ne abbiamo così poco? San Josemaría aveva un sistema, che chiamava piano di vita. Ecco di cosa si tratta!
https://opusdei.org/it/video/vivere-vicino-al-signore-cos-e-il-piano-di-vita/
Carissimo Don Elìa , in questi giorni siamo venuti a conoscenza di alcune iniziative al fine di costituire cristiani supplici stabili militanti . Ci attrae molto questa iniziativa https://exsurgechristianitas.org/
RispondiEliminama desideriamo prima parlarne con Lei , avere il Suo placet carissimo Parroco dell'anima nostra . Grazie
LJC et MI
Mi sembra una cosa buona, ordinata secondo il giusto spirito.
EliminaDopo aver scorso il programma avevamo pensato in un primo momento che vi foste anche Voi in questo progetto ( ci sembra che Vi assomigli)come prosecuzione/conseguenza della iniziativa del 12 Settembre u.s. ; iniziativa molto apprezzata anche da quella parte di Chiesa che si e' messa in un angolo , visto l'eco che ne e' seguìto . Grazie per il Vostro ardimento prudente , lo Spirito Santo Vi ricolmi dei Suoi doni !
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