Le vie della vita
Petite, et dabitur vobis; quaerite, et invenietis;
pulsate, et aperietur vobis (Mt
7, 7).
«Chiedete e vi sarà dato; cercate e
troverete; bussate e vi sarà aperto». È la parola stessa di Gesù che fissa le
tappe del nostro itinerario. Nella preparazione immediata alla meditazione, una
volta rientrato in te stesso per metterti alla presenza di Dio, hai chiesto la
grazia necessaria e ricevuto la luce dello Spirito Santo. Ora, nella seconda
fase (il corpo della meditazione
stessa), hai il compito di effettuare una ricerca per trovare ciò che il
Signore vuol comunicarti personalmente. Nell’ultima, la conclusione, busserai
al cuore di Dio in attesa che ti sia dischiusa la porta della contemplazione. È
ancora Gesù a incoraggiarti con una promessa: «Chiunque chiede riceve, chi
cerca trova, a chi bussa sarà aperto» (Mt 7, 8). La fede, essendo fondata sulla
conoscenza di Lui, ti consente di attendere con fiducia le Sue risposte, in
quanto ti rende sicuro del Suo amore per te e ti spinge a ricambiarlo; la
meditazione è dunque un esercizio delle virtù teologali e a sua volta le
accresce.
L’oggetto su cui riflettere devi averlo scelto
in anticipo, cioè nella preparazione prossima, che puoi effettuare anche la
sera precedente. Sant’Ignazio ti raccomanda di addormentarti pensando al punto
che mediterai l’indomani e di richiamarlo subito alla memoria al momento del
risveglio, così da averlo presente mentre ti prepari. C’è chi è meglio disposto al
mattino presto e, se necessario, anticipa la levata per potersi dedicare con
maggior agio a questo esercizio spirituale così fecondo per tutto il resto
della giornata; è l’abitudine più raccomandata dai maestri, ma se, per motivi
di metabolismo o di organizzazione del tempo, non ci riesci, puoi pure individuare
più tardi il momento favorevole, purché sia, per quanto possibile, fisso. Il
soggetto della meditazione, come abbiamo visto, può esser colto dalla Bibbia,
dalla Liturgia (Messa e Ufficio Divino), da un libro di spiritualità o dagli
scritti di un Santo, oppure può consistere in un mistero della fede o in una
virtù particolare; l’importante è che sia chiaro e ben circoscritto, non troppo
vasto né troppo generico.
La fonte di predilezione – soprattutto
per i principianti, ma anche per i più progrediti – rimangono i quattro Vangeli
canonici, che ci fan conoscere il Signore in modo certo, così che possiamo
amarlo in modo retto. Le rivelazioni private sulla vita di Gesù possono essere
utilizzate come aiuto, purché siano state approvate dalla competente autorità
ecclesiastica al termine di una rigorosa indagine. Ricorda che non è
sufficiente che un testo sia esente da errori dottrinali perché se ne possa
asserire l’origine soprannaturale e che, in ogni caso, non spetta a te emettere
sentenze in proposito: la Chiesa di Cristo è fondata sul ministero degli
Apostoli, perpetuato dai loro successori; la priorità accordata al giudizio
privato è un atteggiamento tipicamente protestante, che dissolve l’unità
ecclesiale. Le false rivelazioni si tradiscono per la prolissità e la
sovrabbondanza di dettagli superflui che distolgono l’attenzione dal vero
insegnamento del Vangelo. Un altro ausilio sono i commenti affidabili, che non
devono però sostituire la tua riflessione personale, bensì orientarla in modo
corretto. Ovviamente il tuo compito non è quello di interpretare la Sacra
Scrittura (che è riservato alla Chiesa docente), ma quello di lasciarti
istruire da essa nella fede e nella morale; in ciò che non ti è chiaro devi
consultare il Magistero perenne o la dottrina dei Padri e dei teologi approvati.
Nella vita spirituale ci sono fasi
diverse, in ognuna delle quali è più opportuno un cibo piuttosto che un altro;
ogni fedele, inoltre, la vive in una maniera conforme al suo temperamento. La
scelta della fonte da cui trarre lo spunto per la meditazione va quindi fatta
in modo oculato, chiedendo consiglio al padre spirituale oppure seguendo
quell’istinto interiore che è espressione della grazia battesimale ed è ben
desto in chi prega regolarmente. In ogni caso – che si tratti di un testo, di
una virtù o di un dogma – devi applicare a te stesso ciò che mediti, non
limitarti a considerazioni astratte o generali. Certo, c’è chi è più incline
all’analisi intellettuale e rivolge l’attenzione ai termini ricorrenti, allo
sviluppo del pensiero, alla concatenazione dei fatti; chi invece è più facile a
usare l’immaginazione si rappresenterà le vicende in modo vivido e avvincente;
chi è sensibile all’affettività penetrerà con perspicacia nei sentimenti e
nelle aspirazioni di colui che parla o del quale è scritto… Puoi e devi
utilizzare tutte le risorse interiori mobilitando ogni tua facoltà, ma senza
lasciarti assorbire da una sola dimensione di ciò che consideri, bensì facendo
convergere prospettive diverse.
Ora, per ragioni di metodo, ci
concentriamo su un tipo di meditazione, quella su episodi biblici, di
preferenza evangelici. Dopo aver letto e riletto il testo con attenzione vigile
e amorosa, scrutandone ogni parola per coglierne i più piccoli dettagli (che
sono tanto più significativi quanto più appaiono incoerenti o fuori posto), rappresentati
con la fantasia la scena nella sua essenzialità: osserva nella mente il luogo,
la situazione, i personaggi, gli oggetti, le azioni; ascolta ciò che dicono e
ciò che non dicono (se rimangono in silenzio e si esprimono in altri modi),
sviluppa i dialoghi (se sono riportati in forma sintetica o indiretta),
immagina come una risposta piuttosto che un’altra avrebbe potuto modificare la
vicenda… Infine coinvolgiti nel fatto inserendoti nella scena: puoi identificarti
con questo o quel personaggio, oppure intervenire come uno che si sarebbe
potuto trovare sul posto. Tieni presente che le azioni storiche del Signore,
avendo per soggetto una Persona divina, hanno un’efficacia eterna e possono
quindi interagire con il tuo presente; i Suoi insegnamenti sono sempre validi, in
ogni epoca, perché non passeranno mai.
Lo scopo di questo procedimento, che ti
porta a vedere, ascoltare e partecipare a ciò che mediti, è di aiutarti a
contemplare Gesù per assimilarti gradualmente a Lui. Tu sei spontaneamente
attratto dalla verità, dalla bontà e dalla bellezza, quei trascendentali
dell’Essere che vedi incarnati e personificati nel Figlio di Dio fatto uomo. È inevitabile,
allora, che la considerazione abituale di ciò che ha detto e fatto – o di
qualunque cosa che abbia attinenza con Lui – ti trasformi a poco a poco
nell’intimo con il fascino che esercita sulla tua anima, se sei disposto a
seguirlo senza condizioni. A questo punto senti un bisogno spontaneo di
applicare a te stesso quanto stai considerando, perché vuoi essere partecipe
del vero, del buono e del bello che vi hai scoperto; è il desiderio di
possedere Dio, che è insito nella natura umana ed è perfezionato dalla
condizione di figlio Suo. Impiega l’intelletto per appurare cosa deve cambiare nei
tuoi atteggiamenti o nella tua vita concreta; eccita l’affetto verso il bene
che intendi ricevere o realizzare; muovi la volontà verso gli atti, interiori o
esteriori, necessari per raggiungere l’obiettivo.
Questo ulteriore passaggio ha per scopo
di infiammare il tuo cuore di desiderio della virtù, la cui pratica assidua è
via verso la santità, la quale è a sua volta anticipo della beatitudine
celeste. Sono queste le realtà meravigliose proposte al battezzato
nell’adempimento della sua vocazione. Occorre che tu ne sia non solo convinto,
ma conquistato, prima ancora di prendere qualsiasi decisione per progredire su
questa strada; altrimenti rischi di cadere nella trappola dell’intellettualismo
o in quella del volontarismo, due deviazioni che spesso si appaiano, basandosi
entrambe sull’oblio del primato della grazia (che in questi casi rimane
soltanto una vuota parola) e conducendo ad esiti analoghi (un naturalismo di
fatto camuffato da concetti cattolici meramente nominali). La conoscenza di Dio
deve alimentare in te l’amore per Lui e per il prossimo, amato per amore Suo;
lo sforzo di volontà è una risposta alla grazia, che sempre lo precede, e una
cooperazione con essa, che acquisisce gradualmente una preponderanza sempre
maggiore. L’amore, crescendo, alleggerisce la fatica e la rende amabile; senza
di esso, invece, l’impegno del cristiano diventa insopportabile.
Non è indispensabile esaurire in un
colpo solo tutti gli aspetti di un soggetto (che può esser ripreso ancora), né
sviluppare ogni volta tutti i punti del metodo (che è una guida orientativa,
non un letto di Procuste). Se credi davvero che lo Spirito Santo è il vero
animatore della tua meditazione, devi abbandonarti alla Sua azione discreta e
soave, pur esercitando le tue facoltà in modo ordinato. Se ricevi una luce o
una mozione interiore, se avverti il sorgere di un affetto o cominci a gustare
un sentimento spirituale, fermati lì, senza passare oltre in fretta, e cerca di
trarne tutto il frutto di cui sei capace, pur sapendo che il più rimarrà
inesplorato, disponibile per altre ricognizioni. Chi si disseta a una sorgente
non si affligge perché non può inaridirla (cosa che sarebbe la sua peggiore disgrazia),
ma si rallegra di potervi tornare in ogni momento. Sei forse in grado, del
resto, di attingere a fondo un Bene infinito? La preghiera, con le sue ardue
esigenze, è una terapia di disintossicazione dal materialismo consumistico che
respiriamo ogni giorno e un’efficacissima scuola di gratuità, la quale è
segreto di libertà e di gioia, nonché caparra di eterna esultanza.
Mi
hai fatto conoscere le vie della vita. Mi colmerai di gioia con il tuo volto:
delizie senza fine alla tua destra (Sal 15, 11).
Commenti ai Vangeli:
Prima parte:
Seconda parte:
Terza parte:
Caro don Elia,
RispondiEliminaLa ringrazio per il suo scritto di oggi e dei precedenti. Abbiamo un bisogno grandissimo di essere istruiti su questi aspetti fondamentali per la nostra vita spirituale. Volevo chiederle una cosa: che la preghiera sia una terapia di disintossicazione dal materialismo consumistico l'ho sperimentato anch'io (cose che prima erano molto importanti perdono qualsiasi sapore e valore e tutta la giornata passa nel desiderio di tornare alla preghiera anche quando i doveri del proprio stato ti chiedono di fare altro) Cosa intende invece quando dice "la preghiera con le sue ardue esigenze" me lo può spiegare meglio La ringrazio
La preghiera esige pazienza, perseveranza, abnegazione; il coltivarla con serietà e costanza innesca un processo di purificazione interiore dai sentimenti cattivi e dalle inclinazioni viziose, oltre a stimolare la correzione di comportamenti e abitudini peccaminosi. Nell'attuale contesto socio-culturale, in particolare, la preghiera libera il cuore dal bisogno egoistico di risultati immediati, purché si eviti di praticarla in vista di una produzione e consumazione di emozioni religiose.
Eliminain questi duemila anni dp Cristo, la Chiesa ha riconosciuto poche apparizioni e messaggi celesti di richiami all'umanità. Cosa deve ancora mandare a dire Gesù per riportarci al Padre! Gamaliele,maestro di Saulo di Tarso,rabbi del sinedrio che condannò Cristo,un giusto israelita che non ebbe il coraggio della fede, voleva "un segno"ancora più forte dei miracoli che conobbe del Signore, per credere. Solo dopo la morte di Gesù,ai piedi della Croce,battendosi il petto dal dolore esclamava..."eri TU,eri prorio Tu"... dobbiamo fare come Gamaliele? Non ci sono arrivati messaggi sufficienti e credibili che niente aggiungono alla Rivelazione ma che ci richiamano al Cielo in mille modi,sempre amorevoli ?Per chi non vuole credere,nessun segno sarà mai credibile e sufficiente. Il 25 di marzo è una data utile per consacrarci al Cuore Immacolato di Maria,il TRATTATO DELLA VERA DEVOZIONE A MARIA"di S.Luigi de Montfort ci indica strada,chiediamo alla Vergine di metterci sotto il Suo Manto e che supplichi la Misericordia del Padre per questa umanità incredula .
RispondiElimina"Desidero essere santa ma sento la mia impotenza e vi domando, mio Dio, di essere Voi stesso la mia santità"
RispondiEliminaSanta Teresa di Lisieux
Può un vescovo obbligare i sacerdoti a distribuire l Eucaristia solo sulle mani? Come deve comportarsi un fedele in tale circostanza?
RispondiEliminaDa un lato, il vescovo è il supremo moderatore della liturgia nella sua diocesi; dall'altro, però, nell'emanare norme locali deve rispettare il diritto universale della Chiesa. Quest'ultimo, riguardo al presente quesito, ammette due modi di distribuire la santissima Eucaristia; in linea di principio, quindi, un vescovo non può proibirne uno. Di fatto, con il pretesto del contagio, diversi vescovi stanno estendendo in modo arbitrario la propria facoltà di disciplinare la liturgia entro i confini della loro diocesi. Senza entrare nel merito della fondatezza o meno dell'allarme (sul quale mi riservo di ritornare prossimamente), come sacerdote posso pormi una domanda sulla liceità dei decreti con cui è stata imposta la comunione sulla mano. Tuttavia, dato che la loro eventuale invalidità può essere dichiarata solo da un'autorità superiore, non mi arrogo certo la pretesa di farlo io. Il diritto prevede la possibilità del ricorso alla Santa Sede, ma dubito che, in questo caso, sarebbe accolto.
EliminaRimane dunque solo il tribunale della coscienza, retta e ben formata, che nessuno può violare. Qui il problema si pone in modo diverso per un sacerdote e per un fedele. Io, appellandomi a ragioni di coscienza, non mi sento obbligato ad ottemperare a un ordine che mi imponga di dare la Comunione sulla mano e me ne assumo le eventuali conseguenze canoniche. Voi fedeli potete protestare contro questa imposizione scrivendo alle rispettive curie diocesane; è più efficace inondarle di lettere individuali che inviare raccolte di firme. Onde ovviare al problema sul piano pratico, poi, chiedete a sacerdoti di vostra fiducia di comunicarvi sulla lingua fuori della Messa.