Come
trovare Gesù,
sempre
e dovunque
Ecco,
la attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore
(Os 2, 16).
La meditazione non è altro che uno
spazio di solitudine riservato all’incontro segreto con lo Sposo dell’anima,
che ti attira a Sé per rivolgerti la parola nell’intimo dell’essere. Tale
scambio amoroso non può lasciarti come ti ha trovato, giacché il divino
seduttore ti colma dei Suoi doni recandoti in dote la Sua giustizia, la Sua
bontà, il Suo amore fedele, e tu Gli rispondi offrendogli con slancio il meglio
di ciò che sei e possiedi, interiormente ed esteriormente (cf. Os 2, 21-24).
Nell’occuparti di Colui che personifica il vero, il buono e il bello, resisi a
te accessibili in una forma o in un’altra, hai sentito divampare il desiderio
di attrarlo in te e di comunicare alle Sue qualità, quasi che ciò le porti a
pienezza estendendosi a te, pur essendo in sé stesse perfettamente complete.
Con umile e grato stupore per questa fecondità inattesa, esclamerai anche tu:
«Eccoci, io e i figli che Dio mi ha dato» (Eb 2, 13; cf. Is 8, 18). Una buona meditazione
fa sempre germogliare un frutto spirituale che nutre e rafforza l’anima, per
poi esser di giovamento a tanti altri.
Il Signore, che ti ha preso per mano
impedendoti di incamminarti sulla via del Suo popolo infedele, ora ti sussurra:
«Non temere ciò che esso teme e non avere paura» (cf. Is 8, 11-12). Quanto desidera
potergli ripetere con smisurata tenerezza (cf. Os 2, 25): «Popolo mio» (ʿammî) e sentirsi rispondere con
altrettanta confidenza: «Mio Dio» (ʾElî)!
Ma proprio la gens sancta, redenta
dal Suo sangue prezioso, preferisce prostituirsi agli idoli menzogneri di
questo mondo e ne paga le conseguenze. Ora con te, invece, il Salvatore può
intrattenersi in quest’intimo vezzeggiare tra amanti. Non è vacuo
sentimentalismo, ma elevazione dell’anima che si lascia sedurre e attirare dal
volto soave del Sommo Bene, eterna verità e bellezza infinita. La garanzia di
autenticità di tale dialogo con Dio è appunto il fatto che ti spinge a
ricercare un frutto: quella grazia particolare di cui, come esito della
meditazione, riconosci di aver bisogno e che Gli chiedi quindi con fiducia per
poterti unire più pienamente a Lui. Qualunque sia l’oggetto della tua domanda,
essa deve avere per motivo ultimo l’accrescimento della carità.
A questo punto, dunque, condensa il
risultato della tua riflessione formulando con precisione una richiesta o un
proposito: l’eliminazione di un peccato, la vittoria su questo o quel vizio, lo
sviluppo di una virtù, la forza di portare una determinata croce, il
rafforzamento della fede o della speranza, la conversione dei tuoi cari, uno
zelo rinnovato nel servire Dio e nell’amare il prossimo… Esprimi il tuo
desiderio in una breve proposizione che abbia un contenuto ben circoscritto,
poi presentalo allo Sposo con cuore umile, capace al contempo di realismo e di
confidenza. Non abbandonarti a impossibili sogni, ma non mettere nemmeno limiti
alla Provvidenza. Qui non c’è spazio per l’io carnale con le sue ambizioni
irragionevoli e le conseguenti frustrazioni; questa è invece la stanza di quel
bambino beneamato che hai riscoperto all’inizio, nascosto nel profondo del
cuore. Questo è il giardino in cui il tuo Creatore può di nuovo passeggiare
alla brezza del giorno in cerca di te – e tu non hai più bisogno di nasconderti
(cf. Gen 3, 8), giacché la rovinosa disobbedienza dei Progenitori è stata
riparata dal tuo Redentore sull’albero della Croce e tu, ritrovata la via della
casa paterna, sei stato rivestito della veste regale (cf. Lc 15, 22), di quella
tunica del figlio prediletto di cui eri stato spogliato per invidia (cf. Gen
37, 23).
Vedi: come per incanto, quasi senza
accorgertene, hai spiccato il volo verso la contemplazione. Il soffio potente
dello Spirito Santo, ripetutamente invocato, ti ha sollevato in modo
incomprensibile: «Lèvati, aquilone, e tu, austro, vieni, soffia nel mio
giardino e si effondano i suoi aromi. Venga il mio Diletto nel suo giardino e
ne mangi i frutti squisiti. Son venuto nel mio giardino, sorella mia, sposa, e
raccolgo la mia mirra e il mio balsamo; mangio il mio favo e il mio miele, bevo
il mio vino e il mio latte. Mangiate, amici, bevete; inebriatevi, o cari» (Ct
4, 16-5, 1). Abbandònati a questo mistico amplesso, qualora l’Amore te lo
conceda, e lasciagli gustare i frutti che Egli stesso ha fatto spuntare nella
tua anima e di cui beneficeranno tanti altri. In questo stato benedetto, a
prescindere dal grado di coinvolgimento della sensibilità, aspira con fiducia
la grazia che hai chiesto, attirando in te i doni e le disposizioni dello Sposo
e contando sulla Sua fedeltà. Egli agisce anche nell’aridità o nell’oscurità,
operando talora sotto l’anestesia di un leggero assopimento.
A volte potrai avere l’impressione che
non sia accaduto un bel nulla, ma in realtà sarai stato visitato nel profondo,
con effetti insospettabili che si manifesteranno col tempo. Altre volte
sgorgheranno lacrime abbondanti di pentimento, di gratitudine o di
consolazione; altre ancora una pace soavissima ti invaderà il petto o un
silenzio abissale regnerà sovrano nella tua mente. Comunque sia, riconosci il
passaggio di Dio e accetta di entrare con Mosè nella nube oscura (cf. Es 34, 18)
o di prostrarti con Elia chiamato dal mormorio del soffio leggero (cf. 1 Re 19,
12). Non opporre resistenza all’Ospite così illustre e benevolo che si è
degnato di farti visita, ma – se ti incute timore o te ne senti indegno –
chiedigli la grazia di poter rilasciare i freni della tua umanità ferita, certo
che questo è proprio ciò che desidera e che non vi è nulla di sconveniente. Se
un turbine di pensieri di disturbo o di emozioni spiacevoli sopraggiunge a
turbarti, domanda a Gesù di placarli, come il mare in tempesta, con la potenza
di un Suo semplice comando (cf. Mc 4, 39). Scaccia i sensi di colpa infondati
che una certa educazione può aver introiettato, proibendoti di gustare il bene
onesto e di abbandonarti all’amore autentico, e in una parola… confida, confida
e ancora confida.
In questa sorta di “aspirazione” della
grazia la tua attività si dirada progressivamente per lasciare il posto all’azione
divina, sempre più preponderante. Perciò, arrivato a questo punto, devi ridurre
fino al minimo lo sforzo cerebrale e gli atti di volontà, come pure
l’eccitazione degli affetti. Non è per sminuire la necessaria collaborazione
umana, ma per riconoscerne i limiti e la subordinazione, così che tu possa
aprirti il più possibile a quella realtà meravigliosa che sei in virtù del
Battesimo: un membro del Corpo di Cristo, in cui circola la Sua vita. Qui non
fai altro che attuare la condizione che ti è propria ed esercitare la tua
appartenenza al Corpo Mistico, ricevendo vita ed energia come una cellula sana
che, per espletare le proprie funzioni a beneficio di tutto l’organismo,
assorbe per osmosi l’ossigeno e il nutrimento veicolati dal sangue. «Come
infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, ma tutte le membra del corpo,
pur essendo molte, sono tuttavia un corpo solo, così anche il Cristo» (1 Cor
12, 12). Ovviamente il Capo rimane distinto dal resto del Corpo, senza confondersi
con esso; ciò che Egli è per natura, le membra lo sono per partecipazione.
L’unione ontologica e la comunicazione
dei beni soprannaturali sono nondimeno reali, al punto che sant’Elisabetta
della Trinità chiede allo Spirito Santo di fare di lei come un’estensione di
Gesù: «O Fuoco consumante, Spirito d’amore, scendete in me (cf. Lc 1, 35),
affinché si faccia nell’anima mia come un’incarnazione del Verbo: che io sia
per Lui un’umanità in aggiunta nella quale Egli rinnovi tutto il Suo mistero».
Tutti gli stati che il Salvatore ha assunto nella Sua esistenza terrena devono
compiersi anche nelle Sue membra: è questa la pienezza della vita cristiana,
che deve condurre il battezzato a raggiungere la statura della maturità di
Cristo (in virum perfectum, in mensuram aetatis plenitudinis
Christi, Ef 4, 13). In vista di questo obiettivo, termina
la meditazione ringraziando di cuore Dio per ciò che ti ha donato, ben al di là
dei tuoi meriti e dei tuoi desideri; poi raccogli ogni tua richiesta e
aspirazione nella preghiera dei figli: Pater noster qui es in caelis…
È Gesù stesso che prega in te e con te, mentre tu ti appropri a tua volta della
Sua orazione filiale, parlando al Padre in Lui, con Lui e attraverso di Lui.
Prima parte:
Seconda parte:
Terza parte:
Quarta parte:
Grazie don Elia della sua direzione spirituale e della sua didattica della meditazione. Questo editoriale illuminato ed illuminante, certamente dettato dalla sua esperienza spirituale che”Egli stesso ha fato spuntare nella tua anima e di cui beneficeranno tanti altri” ci rende partecipi in modo gratuito al suo stato di grazia…per la salvezza delle nostre anime. Preghi per quanti di noi che,attingendo da queste sua guida come da una cisterna d’acqua nel deserto,possiamo fare altrettanto per tutte quelle persone che portiamo nel cuore e che il Signore ci ha affidato.
RispondiEliminaL'aver letto questa quinta Istruzione con golosita' mi ha causato un forte senso di vertigine (oltre al vivo desiderio di unione con Dio ) ma forse , per meglio dire , perche' chi scrive riesce a trasmettere così vividamente all'uditore le emozioni gia' provate sì da fargliele abitare . Grazie .
RispondiEliminaSpesso , mentre osservo la piccola Maria che sale al Tempio , mi prende il dispiacere di non avere gia' appreso a pregare meditare contemplare Dio nella scuola cattolica fin dall'eta' scolare , prim'ancora di apprendere a leggere e scrivere . In essa avrei voluto essere iniziata e irrobustita per ottemperare compiutamente al 1°Comandamento . L.J.C.et M.I.
edificante grazie ❤️🙏🏼
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