Non fare il gioco
della mafia finanziaria
Ci sono singolari concomitanze storiche che inducono a intravedere,
anche senza indulgere troppo a ipotesi artificiose, connessioni nascoste tra
eventi apparentemente slegati. Negli Stati Uniti torna al potere il campione
del giudaismo chassidico di marca lubavitcher, nonostante tutti i media
di regime si fossero affannati a dichiararlo perdente in anticipo a favore di
una figura demoniaca che, nei piani dell’apolide finanza talmudica, avrebbe
dovuto sostituire il fantoccio imposto con la frode nel 2020. Nella Chiesa
Cattolica, parallelamente, il papa dei Rothschild, profeta del capitalismo
inclusivo, è sempre più apertamente contestato da gruppi, di entità non
trascurabile, sulle cui risorse non è dato sapere nulla, malgrado le ampie
capacità logistiche e organizzative.
Lotta tra bande?
Si direbbe che la lotta tra le due principali cosche mafiose del
giudaismo finanziario fosse giunta ad una svolta, dopo la scomparsa dell’anziano
patriarca della famiglia dello Scudo rosso: dall’egemonia del
messianismo economico transnazionale, promosso da quest’ultima su base
americana, si starebbe forse passando a quella del messianismo
politico-religioso, perseguito su base israeliana dalla setta Chabad Lubavitch
(quella che usa cadaveri per praticare la stregoneria nei sotterranei della
sinagoga di New York)? Sembrerebbe di sì, tenuto conto dell’entusiasmo con cui
rabbini ad essa afferenti hanno a più riprese salutato il signor Trump come
l’atteso Messia che, a Gerusalemme, dovrebbe ricostruire il tempio sulla
Spianata delle Moschee (al netto del bagno di sangue che ciò comporterebbe, del
resto già in atto nel Libano e a Gaza).
Che legame può avere tutto ciò con le contestazioni della
legittimità di papa Francesco? Abbiamo finora sospettato che esse servissero a
demolire ogni possibilità di analizzare seriamente la rinuncia del predecessore
e, quindi, a rafforzare la posizione di colui che vien denunciato come
usurpatore. È difficile trattenersi dal pensarlo, visto come la sua legittimità
venga difesa non dai suoi scherani, che ostentano indifferenza per la
questione, ma da varie correnti di conservatori e tradizionalisti, proprio quelle
che più ne criticano le parole e le azioni. Qualora i nuovi movimenti
sedevacantisti fossero istigati proprio da chi ha il potere per screditare,
rendendolo monopolio di personaggi impresentabili, un discorso che potrebbe
minacciarlo, sarebbe una trovata davvero machiavellica.
La realtà, però, è forse più semplice e banale, soprattutto se si
considera che nell’area bergogliana non ci sono persone così colte e
intellettualmente acute: si può anche ipotizzare che i contestatori, a cominciare
dal giornalista incaricato di accalappiare sacerdoti e fedeli, siano
effettivamente pagati per diffondere avversione verso il Papa regnante e
spingere le masse al rifiuto della sua autorità; sarebbe una sorta di rivoluzione
colorata in senso inverso. I metodi mafiosi, in fondo, si assomigliano
nella sostanza, a prescindere dagli scopi per cui ogni banda ne fa uso. Vien da
domandarsi se anche qui, come accade per i politici, gli agitatori
ecclesiastici non vengano reclutati per mezzo di ricatti, dopo averli
intrappolati in situazioni imbarazzanti e averle debitamente documentate.
Poli politico-religiosi
Ciò che appare probabile, sul versante geopolitico, è che dovrebbe
presto cessare la carneficina in corso nell’Europa orientale, come vogliamo
sperare pure circa il genocidio in atto in Medio Oriente. L’inaspettata
reazione dell’Iran, la quale, autorizzata dalla Russia, ha fortemente danneggiato
le infrastrutture militari israeliane e impietosamente mostrato le falle della
loro difesa antiaerea, con tanto di precipitosa fuga del Primo Ministro, ha
rintuzzato le inaccettabili pretese di uno Stato terrorista per il quale non
hanno alcun valore né le norme morali né i trattati internazionali. Per la
prima volta, in quasi ottant’anni, quella perversa entità politica ha trovato
un’opposizione consistente, capace di indurla a più miti consigli, almeno
controvoglia.
È intollerabile che un esercito bombardi indiscriminatamente i
civili facendone interminabile strage e aggredisca un Paese neutrale senza
risparmiare nemmeno le forze di pace delle Nazioni Unite, mentre i suoi servizi
segreti, mediante cariche esplosive inserite nei cellulari, eliminano gli
avversari in mezzo ad altra gente, con un una moltiplicazione di vittime
innocenti. Condannare tali crimini contro l’umanità non significa affatto
esprimere sentimenti antisemiti; eppure pochi osano farlo, quasi che una certa
etnia, a motivo di quanto subìto dai nazisti, avesse acquisito una licenza
assoluta di commettere impunemente qualsiasi atrocità (a parte l’effettiva
consistenza storica di quella vicenda, ingigantita da una vergognosa propaganda
reiterata di anno in anno).
Il cosiddetto olocausto fu voluto dai banchieri luciferiani
come immenso sacrificio propiziatorio per la fondazione dello Stato d’Isnaele
(come lo abbiamo ribattezzato l’anno scorso) e per convincere i benestanti
giudei d’Europa a trasferirsi in una terra, abitata da altri, che andava
colonizzata da capo in una situazione di estrema tensione. Quanti però si sono
colà installati, secondo studi di questi ultimi decenni, non sono di origine
israelitica, dato che il loro patrimonio genetico è per il quaranta per cento
di origine turca e per un altro quaranta di origine mongola: essi discendono
dunque dai famosi cazari dell’attuale Ucraina (dove non a caso si è sognata la
fondazione di un secondo Stato ebraico), che nell’VIII secolo si convertirono
al giudaismo e furono poi investiti dall’invasione tatara.
Inaspettate connessioni
I palestinesi di oggi, invece, hanno per l’ottanta per cento sangue
israelitico. Non ci troviamo perciò di fronte a una questione di natura etnica,
bensì a quel disegno criminale di dominio del mondo che richiese la morte del
vero Messia. Qui il discorso si congiunge con l’attualità ecclesiale: il
pontefice voluto dalla finanza aschenazista (non è un refuso) ha il compito di
instaurare quell’unica religione universale che faccia da puntello “spirituale”
al nuovo ordine mondiale di marca rothschildiana e rockefelleriana.
Sembra però, come ipotizzato in apertura, che la banda lubavitcher, almeno
per il momento, stia prendendo il controllo della situazione e che, al posto di
Abu Dhabi, intenda imporre Gerusalemme come centro religioso dell’umanità
sottomessa.
Ecco allora una possibile spiegazione della sempre più potente
contestazione di Bergoglio, la quale, malgrado l’apparente disinteresse dei suoi
pretoriani, sta dilagando nella Chiesa. Ciò che ci preme, qui, è il danno delle
anime che, per ignoranza indotta, non si rendono conto della gravità di scelte
che rompono l’unità della Chiesa. Ai giudei (di razza o di cultura) questo può
solo far piacere, ma per noi, che amiamo il Signore, è causa di profonda
sofferenza. Se quelli si fregano le mani per gli immensi profitti ricavati
dalla vendita di armamenti, noi pensiamo a coloro che le guerre uccidono nel
corpo e a coloro che le divisioni uccidono nell’anima. Quelli poi che dilaniano
il Corpo di Cristo, come osserva sant’Agostino, non hanno la carità e, di
conseguenza, rischiano di dannarsi.
La conclusione di questa cervellotica analisi ecclesiogeopolitica è squisitamente spirituale, ispirata com’è dalla divina Parola: «Tu li nascondi nel segreto del tuo volto all’agitazione degli uomini; li proteggi nella tua dimora dalla ridda delle lingue» (Sal 30, 21). Un intelletto contemplativo scorge a volte cose che i comuni mortali non colgono ma, sapendo che si trova altrove ciò che serve alla salvezza, non attribuisce un’importanza eccessiva né ad esse né a se stesso, preservandosi così dalla tentazione di lasciarsi trascinare in dispute senza fine che distruggono la vita interiore e non hanno alcun effetto vantaggioso. Immaginarsi di poter consegnare il Cristo ai Suoi nemici è pura follia; non voler consegnare ad alcun costo il tesoro dell’anima è sublime sapienza.