Un padre veglia sul
parto
Sono
le doglie del parto: sta nascendo un nuovo popolo. Nel parto fisico può
accadere che il nascituro resti a metà strada e rischi di morire soffocato, se
ciò avviene nel cuore della notte e i sanitari si sono addormentati. Se però il
padre veglia accanto alla partoriente e si accorge che le contrazioni si sono
fermate, egli può svegliarli e salvare così sia il figlio che la sposa. San
Giuseppe sta vegliando sul difficile parto della rinnovazione della Chiesa, ben
diverso da quello indolore del Figlio di Dio dalla Vergine immacolata, al quale
prestò nondimeno la Sua assistenza per le circostanze abbiette in cui avvenne.
È Lui, perciò, che dobbiamo invocare in modo speciale, insieme alla Madre di
Dio, perché questo parto spirituale, che sembra arrivato a un punto morto,
giunga a buon fine.
Equivoci
da dissipare
Chiariamo
subito che, con la locuzione nuovo popolo, non intendiamo affatto
risuscitare vecchie ma mai sopite suggestioni gioachimite di una futura Chiesa
di puri, contrapposta a quella gerarchica e corrotta. Se si parla di nascita,
bisogna capire di chi o di che cosa si tratta. Quando il Salmo 21, ai versetti
31-32, parla della generazione ventura e del popolo che nascerà,
allude inequivocabilmente alla Chiesa Cattolica, destinata a durare per sempre
su quel fondamento che è l’apostolo Pietro (cf. Mt 16, 18). Essa non può
snaturarsi né perdere il proprio statuto, giacché il suo principio vitale è di
ordine soprannaturale; è pertanto assurdo distinguere una falsa Chiesa
da quella vera, dato che, al massimo, i vertici dell’unica Chiesa possono essere
occupati da soggetti indegni o miscredenti.
Il
nuovo popolo che sta nascendo, dunque, non è altro che il germe umile e
discreto di una Chiesa rinnovata ovvero rettamente riformata, ossia
ricondotta alla sua forma autentica. Questo germe è costituito di tutti quei
sinceri cattolici che, rimanendo saldamente al suo interno, si adoperano a
conservare la sana dottrina e a metterla in pratica con l’aiuto della grazia.
La sofferenza che ciò comporta è notevole, ma in essi diviene offerta di
riparazione dei peccati e di impetrazione per la conversione dei peccatori, come
raccomandato dalla Madonna a Lourdes e a Fatima. Il loro primo e più impellente
impegno è quello della riforma della propria vita, piuttosto che quello
di occuparsi dei peccati altrui e di emettere inappellabili sentenze.
Tanti
di noi, negli ultimi decenni, si sono illusi che tale germe andasse
identificato con i movimenti ecclesiali. La loro miserevole eclissi all’epoca
della dittatura sanitaria, nonché la loro vergognosa complicità
nell’imposizione dei cosiddetti vaccini, ne hanno definitivamente svelato la
vera identità (peraltro già evidente) di organizzazioni paramassoniche
incaricate di accelerare la protestantizzazione dei cattolici non già
pervertiti dal comunismo. Comune “difetto di fabbrica” è l’idea che ognuno dei
movimenti abbia ricevuto da Dio un dono speciale, qualcosa di cui la Chiesa
gerarchica sarebbe priva e che essi avrebbero il compito di offrirle, quasi che
fosse loro inferiore e, quindi, incapace di apprezzarlo, a meno che non si convertisse
a quella novità…
La
mitologia su cui si fonda la strategia di reclutamento coniuga la presunzione
di essere portatori di una realtà fino ad ora inedita e la convinzione che essa
corrisponda all’esperienza del cristianesimo primitivo. In realtà si tratta, in
generale, di un regresso verso il giudaismo, con accentuazioni di tipo
talmudico o cabalistico, a seconda dei casi: sulla base della dottrina del
“rabbino” di turno, l’intera vita cristiana viene ridotta ad alcune pratiche
volontaristiche che, da sole, dovrebbero assicurare il successo spirituale e
temporale degli adepti. Sicuramente il vasto giro di denaro garantisce, se non
altro, la prosperità materiale dei capi e delle strutture che dirigono.
Ce
n’è per tutti i gusti
Visto
l’inevitabile declino segnato dalla parabola di tali proposte, i nemici
dell’unica Chiesa di Cristo si sono sbizzarriti a inventare nuove trappole da
tendere a quei cattolici che non vogliono proprio rassegnarsi all’impero del
progressismo relativista, fluido e transgender. Se non ti aggrada né la
rivoluzione a marcia veloce di scout, Sant’Egidio e Azione ex-cattolica,
né quella a marcia lenta di movimenti, prelature e congregazioni dai fondatori
piuttosto allegri, ecco spuntare i nuovi “profeti della tradizione”, che ti
spronano a uscire dalla Chiesa in nome di una pretesa fedeltà al Signore… ma
provengono più o meno tutti dal secondo bacino e tradiscono perciò anch’essi –
per quanto ciò possa sembrare paradossale – una mentalità protestante.
C’è
infine il variegato microcosmo tradizionalista intrinsecamente scismatico, il
quale, nella comune indipendenza assoluta, si differenzia solo per il tipo di
sedevacantismo, di principio o di fatto. A prescindere dal sofisma con cui
giustificano l’illegittimità canonica della propria attività, infatti, i membri
di quelle aggregazioni vivono come se il Papa non ci fosse, se non per
criticarlo (chiunque egli sia). Nei loro fondatori trovano a volte ispirazione
anche i “profeti” di poc’anzi, che cercano precedenti “autorevoli” con cui
puntellare le proprie sciagurate scelte; vien da domandarsi, però, perché non
si associno alle opere già esistenti, anziché tirarsi dietro incauti fedeli che
si disperdono così in mille rivoli, pur di seguire qualcuno che dia voce alla
loro rabbia.
Non
è di certo qui che può nascere il nuovo popolo sopra descritto, dato che la
dinamica è opposta. Le opere di Dio non spuntano nello strepito della
ribellione o nelle ferite della divisione, bensì nel silenzio e nel
nascondimento del sacrificio immolato giorno per giorno per pura fede e puro
amore, nella sicura attesa del provvidenziale intervento di Dio e nella
costante collaborazione con la Sua discreta ma infallibile azione. Sotto la
neve che ricopre i campi, i chicchi di grano sepolti nella terra germogliano
infallibilmente; col disgelo compare la distesa di pianticelle di un verde
vivissimo che incanta lo sguardo e ravviva la speranza. Proprio la neve
sciolta, con le gentili piogge primaverili, imbeve il terreno in modo che il
frumento cresca rigoglioso fino alla maturazione.
Chi
pensa a noi
Per
tornare alla metafora del parto difficile, esso non è certo favorito
dall’azione disgregatrice di quanti si separano dal Corpo Mistico ma – semmai –
complicato. Essi, infatuati come sono di sé stessi, non tengono in alcun conto
i danni che arrecano a coloro che perseguono realmente il bene della Chiesa
operando al suo interno: non solo, infatti, vanno a pescare seguaci nelle
comunità di rito tradizionale, ma le adombrano di un alone di sospetto e di
condanna, ostacolando così l’azione della grazia in quei fedeli che non le conoscono
se non superficialmente ma ricaverebbero grandi benefici spirituali dalla loro
frequentazione. I ribelli moriranno fuori, rosi dal loro rancore e dannati dal
loro peccato; vale davvero la pena ascoltarli?
A chi dobbiamo dunque rivolgerci? Al Padre che Dio stesso ci ha dato, al Patrono di tutta la Chiesa: san Giuseppe. Egli ha ricevuto dal Padre celeste il compito di vegliare sul parto del nuovo popolo, che sta nascendo ma si è, per così dire, incastrato nel collo dell’utero a causa di un sentimento di abbattimento e derelizione. Coraggio, resto santo! «Non temere, piccolo gregge!» (Lc 12, 32). Il Signore non abbandona la Sua Sposa, che confida in Lui senza venir meno; non esiste potenza, né umana né angelica, che possa impedirgli di realizzare i Suoi disegni. Invochiamo dunque con incrollabile fede il Custode del Redentore e della Corredentrice, così che, dall’alto del trono che Dio Gli ha assegnato, disponga mirabilmente gli eventi in vista della nostra salvezza.
https://lascuredielia.blogspot.com/2024/05/appello-di-san-giuseppe-al-redentore.html
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