Sei
cattolico? Prega per il Papa.
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Pare ancora opportuno riprendere quanto scritto, in occasione della
Pasqua, a proposito del modo in cui, da un estremo all’altro del ventaglio
ecclesiale, si abusa della sacra parola del Vangelo. Se i progressisti la
distorcono applicandole dall’esterno significati di stampo socio-politico ad
essa del tutto estranei, i tradizionalisti ne fanno di solito una clava per
giudicare inesorabilmente chiunque non accolga ciecamente le loro
interpretazioni tendenziose e strumentali. In un caso come nell’altro, si
finisce col porsi al di sopra dell’autorità divina, la quale è riconosciuta
soltanto nella misura in cui sembri confermare tesi elaborate da uomini per
giustificare le proprie scelte indipendenti. Inutile dire che la traiettoria è
perfettamente inversa a quella dell’autentica fede.
Possibili ragioni di un successo immeritato
Indizi infallibili per individuare i discorsi falsamente religiosi
sono la mancanza di vera carità e il tono tipicamente mondano. Una certa
veemenza è comprensibile quando lo scandalo è grave, ma l’astiosità e il
disprezzo denunciano una sorgente tutt’altro che pura. Molti cattolici, come si
deduce dai loro comportamenti, vivono completamente estroflessi nell’estrinseco
e totalmente dimentichi del primato dell’interiorità, dalla quale procedono le
buone e le cattive intenzioni (cf. Mc 7, 21-22). Così non si accorgono di
proiettare su bersagli esterni il malessere che hanno dentro e che solo in
parte può eventualmente esser causato da essi; la ragione principale, infatti,
è nelle loro disposizioni interiori, che non sono conformi a quelle proprie di
chi coltiva le tre virtù teologali.
Un religioso straniero che insegna filosofia speculativa e celebra
esclusivamente la Messa antica, sollecitato a esprimere un parere sul
tumultuoso ambiente nostrano che si ispira alla Tradizione, osservava con
divertito ma benevolo umorismo: «Voi italiani siete pazzi!». All’estero, in
effetti, non si registra l’agitazione che impera qui da noi. Un motivo di
ordine storico-culturale, con buona probabilità, è la nostra inclinazione per
la passione politica, che già all’epoca dei Comuni dilaniava la popolazione
della penisola, all’interno delle città e tra di esse, con odi fratricidi. La
disillusione e disaffezione, che giunge fino al disgusto, per il pietoso
scenario della vita pubblica può aver spinto tanti cattolici a trasferire il
contagio di quella febbre nell’ambito ecclesiale.
La propensione a schierarsi con un capo e intrupparsi nel suo
partito, tuttavia, non è una spiegazione sufficiente, quando si tratta di
persone che, almeno a parole, affermano di credere e di voler seguire il
Signore. Ci sono in giro troppi maestri candidatisi da sé a guide della vera
Chiesa ed essi hanno troppi seguaci perché basti una causa di natura
socio-psicologica. Certo, è comprensibile che l’animo di chi si sente
profondamente frustrato a più livelli si attacchi a chi dà voce ai suoi
sentimenti e gli instilli l’impressione di potersi far sentire in alto;
tuttavia l’invincibile ostinazione che ciò produce, fino all’accecamento, fa
pensare che siano entrate in gioco forze preternaturali che offuschino la mente
dei malcapitati e riducano la loro libertà di scelta.
Dimensione spirituale del problema
Il mondo demoniaco, del resto, non può essere estraneo a un
processo patologico che spacca l’unica Chiesa in mille rivoli, col rischio di
atomizzarla. Tale conclusione è confermata dall’osservazione di comportamenti
che solo una satanica superbia può ispirare, diametralmente opposti a quelli di
chi realmente obbedisce al Vangelo e, con l’aiuto della grazia, si sforza di
tradurre in atto la sua fede. Come può agire lo Spirito Santo, d’altronde, in
guide che si sono separate dal Corpo Mistico con la propria aperta
insubordinazione e per effetto dell’inevitabile scomunica? Se non è Lui ad
abitare l’anima perché scacciato da peccati direttamente a Lui contrari, è un
altro spirito che ne prende possesso e non ne sarà espulso finché essa non si
ravveda… ma come può farlo, se accecata?
Come vedete, è di vitale importanza coltivare un’umiltà a tutta
prova, che ci consenta di rimanere saldamente uniti alla Chiesa gerarchica,
malgrado tutti i suoi mali, e di operare beneficamente al suo interno, senza
uscirne. Non è in gioco il solo bene della Chiesa, infatti, ma la salvezza
stessa dell’anima. Poiché gli invasati sono frammisti alle comunità ancora sane
e cercano di trarne nuovi adepti alla loro setta, siate molto vigilanti per non
lasciarvi irretire dalle loro false argomentazioni, che si tradiscono sia per
l’atteggiamento astioso e discriminatorio, sia per l’esito negativo, ossia lo
sprone a separarsi dalla falsa Chiesa. Guardateli con pietà, ma
allontanateli con fermezza, pur senza mancare di carità nei loro confronti: è
l’unica cosa che la carità stessa permette in questi casi.
Ciò che è più desolante, peraltro, è lo spettacolo di un apparente
zelo per la verità e per la fede che non si astiene dall’usare modalità e mezzi
in totale contraddizione con quel Vangelo che pretende di difendere. I
“salvatori” della Chiesa sono dominati dal medesimo spirito mondano di coloro
che si accaniscono a stigmatizzare, con in più la presunzione di essere gli
unici veri cattolici e infallibili custodi del depositum fidei. Chi invece è davvero unito a Dio soffre molto, indubbiamente, per
i continui attacchi che quest’ultimo subisce, per le torsioni inflitte alla
struttura gerarchica costituita, per le gravi ingiustizie subite dagli innocenti,
per l’inadeguatezza e l’immoralità di tanti prelati… ma ciò che lo angoscia è
la prospettiva che un’anima si danni, vicina com’è al rendiconto.
Un compito urgentissimo
Invocando il Signore perché ci doni un papa degno, non omettiamo
perciò un’intensa supplica per la conversione di colui che, formalmente o solo
materialmente, esercita il supremo pontificato. Quel che conta, alla fine, non
è stabilire – casomai ne avessimo facoltà – se detiene legittimamente il suo
ufficio o no, bensì ottenere da Dio un cambiamento in meglio senza escludere,
se possibile, l’esito positivo di un’esistenza che si è caricata, sì, di colpe
gravissime e innumerevoli, ma che l’onnipotente misericordia può ancora
salvare. Chi non ha questa speranza non è cattolico; chi è davvero cattolico,
invece, desidera che la carità divina trionfi sempre, soprattutto nei casi che
appaiono più disperati. È ciò che hanno voluto i Santi – ed è la sola medicina
che possa guarire la Chiesa terrena.
Rallegrarsi che un uomo stia morendo è prova di un agghiacciante
cinismo che scandalizza i semplici, dà ragione ai nemici della Tradizione e
nulla ha a che vedere con i veri cristiani, i quali non si congratulano certo per
una vittoria del demonio. Chi ha un minimo di umanità soffre per qualcuno che è
in fin di vita; chi, in più, ha la fede, di fronte alla morte imminente rimette
ogni cosa al giudizio divino, piuttosto che accanirsi spietatamente contro il
moribondo con odio e livore. Sappiamo bene, del resto, che fino all’ultimo
istante ogni anima, per quanto appaia irremovibile, può accogliere la grazia
se, grazie all’intercessione di tanti, decide di arrendersi ad essa, così che
sia Cristo a vincere anziché l’avversario. Dedichiamo perciò alla malattia di papa
Francesco la recitazione dell’Anima Christi, tanto cara al fondatore
dell’Ordine cui appartiene.
Non abbiamo assolutamente l’ardire di emettere sentenze sul mistero
insondabile di una coscienza umana, che Dio solo scruta e conosce. Tantissime
azioni di Jorge Mario Bergoglio sono certamente indifendibili, ma sulla
bilancia bisogna deporre anche le telefonate quotidiane al parroco di Gaza, raggiunto
perfino dal letto d’ospedale. Se il Signore volesse, ci sarebbe di grande
conforto una parola di ritrattazione di tutti gli errori da lui propalati e un
gesto di riparazione di tutte le ingiustizie da lui perpetrate, ma ci basta che
egli eviti l’Inferno. Come uomo, come cattolico e come sacerdote non posso
rassegnarmi all’idea che muoia senza essersi riconciliato con Dio mediante un
pentimento sincero e l’offerta delle proprie sofferenze in penitenza.
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