Permani nella bontà di Cristo
Considera la bontà e la severità di Dio: verso quelli che sono
caduti, la severità; verso di te, invece, la bontà di Dio, purché tu permanga
nella bontà; altrimenti anche tu sarai tagliato via (Rm 11, 22).
Sempre il Signore illumina chi è disposto a ricevere la luce e la
chiede umilmente nella preghiera. Il discorso sviluppato da san Paolo riguardo
al rapporto tra Giudei e Gentili può essere trasposto, oggi, alla
contrapposizione tra i veri cattolici e i cattolici annacquati. Nei confronti
dei primi si manifesta la bontà di Dio; nei confronti dei secondi la Sua
severità. Ci sono certamente diverse attenuanti che riducono il grado di
responsabilità di questi ultimi: la mancanza di una buona formazione cristiana
e la pervasiva propaganda modernista, protrattesi per decenni, hanno lasciato
moltissime anime del tutto sprovviste di sostegni umani e di risorse
soprannaturali, abbandonandole agli errori più vari e ai peccati più gravi. Chi
tuttavia, rifiutandosi ostinatamente di ascoltare la voce della coscienza, ha
preferito seguire la via più comoda, ha comunque la sua buona parte di colpa.
Chi d’altro canto è rimasto indenne dal generale naufragio, oppure
si è disintossicato dal veleno che gli avevano iniettato, deve necessariamente
riconoscere che ciò non è merito suo, bensì frutto di una grazia che il
Signore, nella Sua imponderabile scelta, gli ha concesso per pura bontà. Tale
carattere gratuito e generoso del dono divino lo induce a profonda umiltà e,
come suggerito dall’Apostolo, alla consapevolezza di non poterlo conservare se
non permanendo in una disposizione analoga, pena il finire reciso dalla pianta
come gli altri, che vivono sulla base di qualche idea vaga e confusa con cui
motivano un agire umano estraneo alla grazia. Poco cambia nei fatti se, in
assenza della carità, la mente è imbevuta di sana dottrina e le opere
corrispondono alla legge in modo ineccepibile: anche in questo caso, infatti,
ci sarà poco o nulla di soprannaturale, dato che, sebbene in una forma molto
più sofisticata, si tratta pur sempre di prestazioni ideologiche e
volontaristiche.
Santificare le passioni?
In un caso come nell’altro, si può esser convinti di trovarsi in
stato di grazia senza che ciò sia vero. Che il peccato grave sia occulto (in
quanto si restringe alla decisione cattiva) o manifesto (in quanto
produce un atto cattivo), sempre di peccato si tratta. L’ignorante,
anzi, può paradossalmente, benché raramente, essere ancora in grazia per
mancanza di piena avvertenza; l’istruito, invece, non ha scuse se coltiva
deliberatamente l’orgoglio, l’animosità e il disprezzo degli altri. Per
rendersi conto della gravità dei peccati di pensiero e di parola, il secondo vada
a rileggersi il Discorso della Montagna (in particolare Mt 5, 21-22) e la
parabola del fariseo e del pubblicano al tempio (Lc 18, 9-14). Tra una
citazione della Summa e l’altra (non sempre, peraltro, addotta a
proposito), non dimentichi l’insegnamento del Signore Gesù Cristo, che san
Tommaso aveva sempre presente, nella mente e nel cuore, quale ineludibile
fondamento di ogni dottrina.
Certi cattolici dan l’impressione di pensare che le passioni umane,
trasposte nell’ambito religioso, si trasformino automaticamente in virtù. Così
non è, purtroppo: le passioni disordinate rimangono tali a prescindere dal
movente e vanno quindi estirpate. L’irascibile e il concupiscibile, in quanto
forze dell’anima, certo possono e devono esser messi al servizio del bene,
alimentando in essa la fortezza e il desiderio; ciò non significa tuttavia che
il loro cattivo uso possa venir santificato dall’impiego in una giusta causa. Chi
giustifica le proprie passioni con sante ragioni si getta per una china
rovinosa che, senza un miracolo, lo precipiterà nel baratro dell’eterna
dannazione; la sua superbia, in effetti, vanifica ogni tentativo di indurlo a
resipiscenza e a sincero pentimento.
Una sana reazione al male
Può così capitare che una persona sia talmente accecata dalla falsa
convinzione di esser gradita a Dio da giungere al punto di provare fastidio, divorata
com’è dall’odio e dal disprezzo degli altri, per chi si sforza di praticare
l’umiltà e la carità, fino a condannarlo proprio per questo. Essa percepisce
evidentemente quella buona condotta come un tacito rimprovero, che la sua
superbia le rende però insopportabile, e sente quindi il bisogno di trovare motivi
per squalificarla come un difetto. Chi è arrivato a tale grado di malattia
spirituale corre serissimi rischi di dannarsi, dato che, interpretando ogni
richiamo come un’espressione di deviazione eretica o come un tentativo di
seduzione, respinge ogni appello della grazia e si rinchiude sempre più nella
propria autosufficienza. A un certo punto, questo processo diventa
irreversibile; un cambiamento richiederebbe un intervento divino simile a
quello avvenuto sulla via di Damasco… ma sono casi rarissimi.
Chi esercita le virtù teologali in grado insigne sarà allora
accusato di fideismo, temerarietà, ignavia, ipocrisia o spiritualismo. Colui
che lo giudica è ormai incapace di identificare l’azione della grazia, poiché
non ne vive più da lungo tempo, pur conoscendone a menadito il relativo
trattato. Il fatto che l’altro non reagisca al male nella stessa modalità gli
appare come una forma di compromesso o di cedimento velato da speciose ragioni.
L’insegnamento dei Santi è però ben diverso. Di fronte ai peccati i perfetti
non rimangono certo indifferenti: a causa di essi provano acuto dolore, ma –
fossero pure i più abominevoli – è un dolore scevro da asprezza e da sdegno,
bensì accompagnato da bontà, mitezza e compassione. In loro l’amore di Dio e
delle anime è così puro e forte che nulla li sgomenta, ma tutto alimenta la
carità e la misericordia.
La sola risposta giusta al sovvertimento generale
Onde evitare di rimaner tagliato fuori per non aver perseverato in
quella bontà che ti ha salvato dalla comune rovina, devi sforzarti ogni giorno
di avvicinarti alla maturità delle virtù teologali per mezzo di un continuo
esercizio di esse. Ricorda: niente e nessuno al mondo potrà mai convincerti di
una cosa che sai essere falsa, se tu non acconsenti, né costringerti ad agire
contro coscienza, se sei disposto a soffrire per fedeltà al Signore. Non
lasciarti accecare dalla benda del giudizio proprio, finendo coll’ignorare
qualunque salutare richiamo, né intossicare dal veleno della volontà propria,
rinchiudendoti nell’ostinazione e nell’accanimento. Tutto ciò che sei e hai è
dono di Dio, grazia immeritata, espressione d’impagabile bontà e misericordia:
permani in essa ringraziandone il Signore ad ogni passo e praticandola a tua
volta con tutti e in ogni occasione. Per conservare la fede e la grazia,
infine, recita ogni giorno il Credo aggiungendo la seguente
dichiarazione.
Io, per la fede trasmessa, so
che questa è la verità e, con la Tua grazia, voglio seguirla fino alla
morte, costi quel che costi, qualunque cosa accada in senso contrario. Niente e
nessuno al mondo potrà mai farmi modificare questa decisione, se io non voglio.
Con il Tuo aiuto, tutto si supera; in questa vita tutto passa e, sulla Tua
parola, io aspetto con certezza una vita migliore. Tutto ciò che, per amorosa
disposizione della Tua provvidenza, mi tocca sopportare quaggiù, Te lo offro
con amore per la Tua gloria, a sconto dei miei peccati e per la salvezza delle
anime, trasformando così ogni pena in mezzo per esercitare e aumentare la
carità, la sola cosa che rimanga per sempre, perché Tu stesso sei carità.
"E' un servizio di amore. Il vero amore e' aiutare uno a trovare la vera strada, aiutarlo a rimanere nella strada del Vangelo. Verita' e amore sono collegate"
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/BqzRjsFuc7Eu4WRj9ttjQAa7R
Grazie!
§ La vera morte al mondo è crocifiggere sé stessi: è una morte che non dipende dal digiuno, dai precetti, da dottrina o da atti di culto. Dipende piuttosto, prima che da tutte queste cose, e certamente accanto ad esse ma oltre ad esse, dal rinnegamento di sé stessi e dall'abbandono pronto, spontaneo e senza esitazione dei propri desideri e dei propri affetti. Il discepolo che cerca il volto di Dio deve ricordare che il dio dell'uomo è il suo proprio io; quest'uomo è pronto a sacrificare gli amici, la famiglia e Dio stesso per soddisfare le proprie affezioni ed i propri desideri. Di conseguenza quando si intraprende la vita cristiana inizia una lotta senza riserve tra il proprio io e Cristo. Prima di essere una guerra aperta, visibile o tangibile, essa è qualcosa di non definibile e spaventoso, qualcosa che spesso si comprende solo dopo aver commesso nella vita delle gravi colpe nei confronti di Cristo.
RispondiEliminaDunque o moriamo a noi stessi e allora perseveriamo con Cristo Signore e viviamo con lui nello Spirito giorno per giorno mentre l'Agape divina arde in noi finché raggiungiamo il paradiso; oppure non moriamo a noi stessi e preferiamo essere indulgenti con il nostro io e fargli festa, e allora ingannandoci indirizziamo quindi ogni nostro culto e preghiera, ascetismo e mortificazione, insegnamento e dottrina a conservazione dell'io, facendo così allontanare Cristo dall'anima. Verrà il giorno in cui il cristiano si renderà conto di aver invano faticato nella sua vita ad amare od onorare un falso Cristo, che in realtà non era altro che il proprio io, l'idolo che adorava.
Ma la morte a sé stessi nella vita con Cristo è un processo compensativo: come prima cosa riceviamo in anticipo la forza di riuscirci. Questa forza è la forza della croce ed è una grande forza mistica che Cristo personalmente realizzò per primo e ci trasmise come un libero dono di grazia. Questa forza non ci è trasmessa da sola, priva del pegno della gloria: ci è dato infatti di pregustare la vita eterna, e questo è il più delizioso dono di Cristo. Perciò la morte a sé stessi ed al mondo ha sempre bisogno di questi due elementi di supporto: la forza della croce, per far morire l'io facilmente, e la pregustazione della vita eterna che è pegno della risurrezione, per consolarci nel faticoso processo della morte dell'io.
Nessuno creda che il processo della morte dell'io sia complesso, ricco di enigmi o gradi differenti. Non può essere! È estremamente semplice, non è altro che la determinazione di affidare l'intera vita in ogni particolare, il passato insieme al presente ed al futuro, senza esitazione, nelle mani del Signore come un bambino affida fiducioso al padre quanto di più caro possiede, sicuro di ricevere in cambio qualcosa ancora migliore. Consegnamo a Cristo il nostro io impuro e mondano e le nostre potenze stupide e deboli così al loro posto riceveremo l' Io stesso e la vita di Cristo.
Ricordatevi di tutto questo e siate vigilanti su voi stessi. Esaminate scrupolosamente i motivi dei vostri straordinari digiuni, delle preghiere, delle mortificazioni, dei molti e importanti gesti di servizio, dei vostri approfonditi studi, delle vostre meditazioni, della vostra straordinaria umiltà e soprattutto ciò per cui offrite voi stessi totalmente. Fate bene attenzione che tutto ciò sia solo a causa della fedeltà a Gesù Cristo e non abbia come scopo la gratificazione personale, pubblica o segreta che sia.
Chi sceglie l'ultimo posto è difatti provato con il fuoco e secondo le parole di Isacco il Siro, "colui che umilia sé stesso per trarne gloria davanti agli altri od alla propria coscienza, Dio lo smaschererà".
Ognuno infatti si rende ben conto che un cristiano il cui io è morto ha abbandonato ogni polemica, rigidità, spirito di contraddizione, ogni inganno ed astuzia, ogni ambiguità, mormorazione, collera e tristezza; non chiede più il rispetto preteso per paura di perdere la propria dignità, vede che tutto è buono, tutto gli reca giovamento ed ogni situazione opera per il suo bene e la sua edificazione. §
Magnifica riflessione. E' tua o citi da qualche testo?
EliminaMatteo il Povero.
Elimina
RispondiEliminaRadicatinellafede rnf
Trasfigurazione di N.S. Gesù Cristo in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB).
Omelia di don Alberto Secci: O Trasfigurato o Sfigurato.
Domenica 6 Agosto 2023
https://www.youtube.com/watch?v=ikfOI9XVM9M&t=1s
" La questione della salvezza e' una cosa molto semplice:
Non finire all'Inferno per l'eternita' ! "
Sito WEB: http://www.radicatinellafede.com
Mi chiedo come si potrà porre rimedio a questo disastro.
RispondiEliminaCi penserà il Signore, con la collaborazione delle anime fedeli e crocifisse.
EliminaPregate per me....giorni difficili...tanta provvidenza e discernimento converzione..
RispondiEliminaBen volentieri. Puoi indicarmi il tuo nome di Battesimo?
EliminaReverendo don Elia, le consiglio di leggere una lettera del vescovo di Piacenza ai fedeli della diocesi..http://www.ilnuovogiornale.it/archivio-articoli/in-primo-piano/1939-chiesa-fraternita-san-pio-x-scelta-non-opportuna.html
RispondiElimina