Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 10 giugno 2023


Fatevi santi! / 2

 


Viam iustificationum tuarum instrue me, et exercebor in mirabilibus tuis (Sal 118, 27).

«Insegnami la via dei tuoi precetti e mi applicherò alle tue meraviglie». Una reale ed effettiva santificazione personale presuppone necessariamente la pratica dei Comandamenti, prima di dare accesso alle manifestazioni straordinarie di Dio. Negli ultimi decenni, invece, si è diffusa l’idea che si potesse sostituire la loro osservanza, così come ogni forma di ascesi e penitenza, con particolari esercizi che avrebbero dovuto assicurare il raggiungimento di una pretesa perfezione ottenuta rapidamente e con poco sforzo. Che si trattasse della scrutazione della parola, dei carismi dello spirito, della ricerca dell’unità, dell’esperienza della comunità, della santificazione del lavoro o d’altro, pareva che un singolo elemento della vita cristiana, assurto quasi a entità in sé sussistente, fosse da solo completo e sufficiente a garantire il pieno successo, mentre tutto il resto rimaneva di fatto declassato ad accessorio di complemento.

In tal modo l’intera dottrina e sapienza ascetico-mistica accumulata dalla Chiesa in due millenni è inevitabilmente finita nel dimenticatoio: la nuova Pentecoste l’ha resa del tutto superflua, a meno che non sia in parte ricuperata, sebbene in modo puramente nominale oppure in ossequio a false apparizioni, non certo in continuità con la Tradizione né in conformità alla propria vera natura e ai propri veri scopi. Lo sforzo di correzione e miglioramento individuale è stato rimpiazzato dalle attività di gruppo, come se la salvezza fosse una realtà collettiva di cui si beneficia in virtù della mera appartenenza ad esso. In questo contesto han pullulato ovunque nuove comunità in cui l’ascesi viene variamente intesa come congerie di velleitari propositi o, all’opposto, impegno volontaristico estraneo a una vera cooperazione con la grazia. Il risultato, di solito, è un ottuso convincimento di essere a posto, che rende le persone refrattarie a qualsiasi richiamo.

Santità a buon mercato

In una temperie spirituale del genere, non raro è il caso di fondatori che, in forza di un presunto privilegio, si considerano esonerati dagli obblighi morali cui sono vincolati i comuni mortali e, di conseguenza, informano i loro comportamenti a un’asserita libertà evangelica che, in realtà, copre l’assuefazione all’arbitrio, all’illegalità e all’abuso. Pare che il chiaro monito paolino non sia stato ben compreso: «Voi foste chiamati a libertà, fratelli, purché la libertà non si trasformi in occasione per la carne» (Gal 5, 13). Logorroiche affabulazioni spiritualoidi o solenni documenti zeppi di titoli pomposi non valgono a nascondere la realtà di un sostanziale nulla sul piano della vita interiore, il cui spazio è riempito da parole vuote e luoghi comuni. Il peggio è che tutto questo fa scuola tra giovani e meno giovani trovando appoggio da parte della gerarchia, la quale, finché non è costretta ad aprirli dallo scoppio di uno scandalo, tiene serrati entrambi gli occhi.

Senza toccare qui il problema dei condizionamenti mentali cui spesso sono sottoposti i seguaci, ridotti a volte in balìa di un esercizio dell’autorità del tutto arbitrario e irretiti da insegnamenti manipolatori che possono giungere ad alterarne la coscienza, ci limitiamo a evidenziare come la conversione non consista in un’esperienza emotiva che instauri un rapporto di dipendenza, bensì nella decisione di abbandonare effettivamente il peccato e di impegnarsi a osservare la legge di Dio nella condotta concreta. Questo è il punto di partenza di ogni percorso autenticamente cristiano; senza iniziare da qui, non si va da nessuna parte, ma ci si perde nelle illusioni. Sicuramente è solo con l’aiuto della grazia che tale decisione può essere presa e applicata; nondimeno il Signore, che non nega mai la grazia a chi sia ben disposto, la vuole in quanto parte integrante della necessaria cooperazione umana. Essa, inoltre, è solo l’inizio di un processo di graduale purificazione e santificazione, non certo un punto di arrivo.

La commedia degli equivoci

Il credersi già arrivati in virtù dell’accettazione nel gruppo comporta un altro grave equivoco: quello di scambiare la perfezione con l’ordinaria vita cristiana, intesa oltretutto in modo riduttivo come una sorta di patteggiamento col peccato o di compromesso permanente, uno stato di tiepidezza e ipocrisia ammantato di nobili discorsi infarciti di concetti astratti e tendenti a legittimare il peccato: accoglienza, fraternità, inclusione, solidarietà, condivisione… Un errore analogo è quello con cui si presenta la perfezione come qualcosa di normale, alla portata di chiunque: le disposizioni e i fenomeni che la caratterizzano sembrano immediatamente accessibili a tutti, senza alcuno sforzo umano né speciale intervento della grazia. Il nominalismo protestante impera ormai senza pudore e senza remore: l’importante è convincersi di essere giusti grazie alle opinioni, alle parole e, per dare almeno una parvenza di concretezza, a un po’ di volontariato privo di ogni soprannaturalità.

Contro questa deriva luterana, che conduce nel vicolo cieco di un’impossibile autosalvazione, risuona possente la divina parola. Chi si è sinceramente convertito ricerca ardentemente una guida sicura per la propria condotta; sapendo che Dio solo può offrirgliela, ne medita e scruta i precetti, la cui osservanza è capace di renderlo effettivamente giusto per effetto della grazia divina. Dato però che la grazia, lungi dal sopprimerlo o soppiantarlo, si inserisce nell’agire umano per elevarlo al piano soprannaturale, è indispensabile che l’uomo faccia qualcosa, ovviamente in sintonia con la volontà di Colui che gliela dona, non in contrasto. È assurdo che Dio, suprema verità, consideri giusto chi persevera nel peccato senza volersi emendare, abusando della Sua misericordia nonché disonorandolo di fronte a quanti vedono vivere in tal modo uno che si fregia del nome di cristiano. Una religiosità costruita su questa stridente contraddizione è un’insopportabile farsa.

Quale evangelizzazione?

Ora, che cosa si intende, oggi, quando si parla di evangelizzazione? Si tratta forse di convincere chi è lontano dalla fede e dalla pratica religiosa a partecipare a questa finzione? di spingerlo a questa illusoria conversione a buon prezzo? di coinvolgerlo in un itinerario di apparente progresso spirituale? Ci sono purtroppo molte persone pronte ad accogliere simili proposte, che danno loro l’impressione di un grande cambiamento lasciandole esattamente come sono: è così facile e allettante! Poiché però, pur essendo possibile ingannare sé stessi e gli altri, è impossibile frodare Colui che tutto vede, si rivela necessario costruirsene un’immagine a proprio uso e consumo, un vitello d’oro da adorare come autore della liberazione da un Egitto nel quale, in realtà, si è rimasti sia col cuore che con la condotta; in altre parole, ci si foggia un idolo che legittimi la contraddizione e nasconda l’apostasia dietro la cortina fumogena di un culto artificiale, elaborato dall’uomo e non prescritto, com’è logico, da Colui che lo esige.

Quando, per pura grazia, si fa ritorno all’autentico rito, si prende piena coscienza della vera portata dell’insegnamento dei mistici: si capisce bene cosa sia l’odio del peccato, che essi inculcano come preliminare di ogni ascesa, e in che consista il sincero amore di Dio, il quale va dimostrato con i fatti. Il cuore si sente allora sopraffatto dal bisogno di ricambiare in modo effettivo la Sua impagabile misericordia e brama di dare sfogo alla fiamma di carità che lo tormenta. In quest’operosa tensione, dopo essersi lasciato adeguatamente istruire e purificare in successivi passaggi, esso può finalmente applicarsi alle meraviglie del Signore nell’esercizio delle virtù, che il divampare dell’amore spinge fino all’eroismo. Ecco: questo è ciò che ci insegna la tanto celebrata Parola, se letta nell’alveo della Tradizione che l’ha custodita e ce l’ha consegnata, piuttosto che secondo i vaniloqui dei moderni spiritualisti; questo è ciò che può farci realmente santi. Solo così Cristo non è relegato all’ultimo posto col pretesto di servire il prossimo, come mero puntello di un’ideologia pseudoreligiosa; solo così la verità che salva si realizza nella coscienza e nella vita.


7 commenti:

  1. I comandamenti di Dio esprimono la Sua volontà.
    Non è che l'uomo sia per i comandamenti, ma viceversa.
    Sono infatti quelli a difendere noi.
    Ogni fede, quella cristiana più di tutte, consiste di una pratica.
    Non è un intellettualismo (di ciò che si pensa o si sa) o un sentimentalismo (se, come e quando me la sento), ma una pratica quotidiana di un orientamento preciso ed esigente (fino alla croce) che non comporta una servitù, ma uno stare in casa da figli.
    Anche Gesù dice bene queste cose: chi mi ama osserva i miei comandamenti, essendo Lui venuto a non modificarne uno iota.
    Caso mai è sbagliato chi dei comandamenti fa motivo di orgoglio e giudizio, perchè vivere con Dio dovrebbe suggerire l'umiltà.
    I comandamenti sono dieci, tre rivolti principalmente a Dio e sette più rivolti alla realtà creaturale. Ognuno di essi, se trascurato, ape una falla nell'anima e di lì entrano i pensieri cattivi. Guai allora a concentrarsi solo su quelli che sembrano più facili o a trascurare quelli che al giorno d'oggi sembrano maggiormente inattuali.
    Bisogna pregare che il Signore ci dia la Sua grazia, sapendoci peccatori anche quando giusti. Allora tenderemo alla santità e lo Spirito di Dio, invocato all'inizio di ogni impresa e cammino, ne condurrà lo sviluppo portandolo a compimento attraverso le prove che si renderanno necessarie, ma non troveranno brancolanti nel buio, perchè vedremo la Sua luce.

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  2. Credo non ci sia spiegazione più realista che metta in luce tutta la devianza compiuta nella cosidetta nuova pentecoste dei movimenti ecclesiali. Parlo per esperienza vissuta ,è proprio così padre Elia fino a che un imprevisto di Grazia mi ha aperto gli occhi sulla vera Tradizione della Chiesa e della Sana Dottrina che mi ha strappato dalla presunzione di essere già a posto

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  3. Credo che non ci si può ritenere mai a posto, le tentazioni ci seguono ed inseguono ogni giorno. Con l'aiuto della preghiera e con umiltà si tendono le mani, lo sguardo, i pensieri .....l'anima a Dio....con amore!

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  4. La Santa Comunione non sia mai sacrilega, tiepida o irriverente
    Don Leonardo Maria Pompei
    Omelia Solennità del Corpus Domini, domenica 11 Giugno 2023, santa Messa ore 8:30
    https://www.youtube.com/watch?v=Zc2HXGUVofM
    Alla cortese attenzione di Don Elìa e dei fedeli tutti.
    Molto interessante , Don Leonardo (Ex Avvocato) spiega perfettamente a noi fedeli la distinzione tra "diritto" e " facolta' concessa dalla Sede Apostolica". Noi fedeli potremo giovarcene nel caso dovessimo trovarci ad aver negata la Santissima Eucaristia così come e' "diritto" riceverLa degnamente...
    Grazie di cuore per la cortese attenzione.

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  5. Carissimo Don Elia, i suoi articoli sono sempre brillanti , pieni di spunti di meditazione e di verità. Se ci esaminiamo alla luce di Dio e della legge divina , direi che sia molto ben lontani dalla santità. Per quanto mi riguarda sono molto sofferente per questa mia mancanza. Mi spiego meglio: per intraprendere la via della santità bisogna osservare la legge divina , amare il prossimo, soprattutto i nemici e chiedersi in ogni azione e scelta che facciamo qual è la volontà di Dio. Ebbene, sono un po di anni che mi sono resa conto di non essere una buona cristiana, dei miei limiti e fino a che punto posso sopportare il male che è stato fatto a mio figlio, a me e alla mia famiglia di origine. Molte volte per difendere, soprattutto mio figlio dalla cattiveria delle persone, ho agito per dare loro una lezione e anziché farli calmare e risolvere la questione, mi si è ritorto contro sotto un certo aspetto perché ho dovuto togliere mio figlio dalla realtà in cui si trovava, mentre per un altro verso devo dire che adesso mio figlio ha un po migliorato la situazione cambiando contesto e persone. Ho provato e sto provando con ogni sforzo, proprio per adempiere alla volontà divina di pregare per I nostri nemici. Devo dire che alcune volte sembra che si inacidiscano di più, anziché calmarsi. Anzi, quando invoco lo Spirito Santo per alcune persone, mi sento così male e loro comunque non cambiano atteggiamento. In altri casi, invece, mi capita che se assumo una posizione e faccio sentire la mia voce, allora un po le persone ridimensionano l'atteggiamento. Con questo, non voglio assolutamente dire che non bisogna pregare o che io faccia meglio dello Spirito Santo. È solo che non capisco.....talvolta sembra che quando uno ce4ca di essere umile, paziente, di cercare di risolverebbe le cose con calma, è sempre peggio. Quando invece, arrivo ad un certo punto che non ne posso più e agisco allora forse go un po di calma. La prego mi aiuti a capire perché molte volte mi sento spinta ad agire con veemenza per risolvere le cose. Quindi vorrei capire se è una cosa buona , o è frutto del mio egoismo, e quindi come essere santi in quelle situazioni snervante che veramente ci mettono a durissima prova. Grazie. Mi scusi per il lungo commento ma sono in profonda crisi. Vorrei capire meglio. Grazie

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    1. Non c'è conflitto tra la preghiera e l'azione: anche agire per difendere le persone di cui si è responsabili è volontà di Dio; l'importante è farlo non perché spinti dalle passioni umane, ma per adempiere il proprio dovere, nei modi suggeriti dalla coscienza illuminata dallo Spirito Santo. Per questo è importante pregare e mantenere puro il cuore dai sentimenti di vendetta, sapendo che chi si comporta male accumula su di sé i castighi del Cielo e dovrà rendere strettissimo conto delle proprie azioni.

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    2. Grazie mille per la sua risposta

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