«Signore, ti amo!»
Se scrivi, non mi sa di nulla, se non vi leggerò Gesù. Se discuti o
disserti, non mi sa di nulla, se non vi risuonerà Gesù (san Bernardo di Chiaravalle, Sermoni sul Cantico dei Cantici,
15, 6).
La Provvidenza non manca mai di soccorrerci per indicarci la via da
seguire o il modo di risolvere i nostri dilemmi. Possiamo certo scrivere o
parlare, purché ciò abbia per oggetto il Signore oppure, qualora Egli non lo sia
esplicitamente, porti a pensare a Lui, ad amarlo e a seguirlo. Il primato e la
centralità di Dio nella vita umana è proprio quel che ha contrassegnato
l’insegnamento e l’operato del compianto papa Benedetto XVI, la cui profonda
vita mistica traspariva nello sguardo limpido e colmo di bontà, nel tratto
attento e garbato con tutti, nella parola penetrante e capace di trasformare le
persone. Se è vero che gli occhi son la finestra dell’anima, nei suoi brillava
una luce soprannaturale che attraeva verso il Cielo e rassicurava
l’interlocutore.
La rabbiosa e stupida guerra che gli mosse il mondo, fin da quando
era prefetto del Sant’Uffizio, è un’indiretta conferma della sua fedeltà di
uomo votato a Dio, che nulla poté far deflettere dalla linea della verità. Di
sicuro nessuno è perfetto né rimane esente dal clima culturale in cui si è
formato; nella sua impostazione intellettuale si può senz’altro lamentare un
certo influsso kantiano, specie nella concezione della ragione, ed
esistenzialista, in particolare nella visione della libertà di coscienza.
Tuttavia lo studio dei Padri (soprattutto di sant’Agostino) e degli scritti di
san Bonaventura preservò la sua mente da quelle derive immanentistiche e
soggettivistiche cui si abbandonarono altri teologi del tempo, come Karl Rahner
e Hans Küng, fino all’aperta eresia.
Non ignoriamo che, nel 1955, il dogmatico tedesco Michael Schmaus
(1897-1993), correlatore della sua tesi di abilitazione all’insegnamento, ne
richiese una revisione per via di quella che giudicò un’eccessiva
soggettivizzazione del concetto di rivelazione, esigenza cui il candidato si
adeguò del resto docilmente. La notizia che Schmaus lo abbia considerato un
pericoloso modernista proviene però dal successore di Rahner, Eugen Biser
(1918-2014), la cui testimonianza potrebbe peccare di partigianeria. In
un’epoca di irrigidimento difensivo, in ogni caso, il sospetto si abbatteva – senza
distinguere abbastanza tra chi lo faceva in buona fede, sulla base di
un’educazione genuinamente cattolica, e chi invece indulgeva a suggestioni
gnostiche – su chiunque tentasse di aprire nuove vie per comprendere la verità
rivelata e renderla accessibile alla mentalità del tempo.
Ciononostante, certi circoli tradizionalisti non esitano a
liquidare Joseph Ratzinger come modernista e rivoluzionario, seppur moderato.
Questo ingeneroso giudizio denuncia un atteggiamento mentale distorto dal
pregiudizio e incapace di cogliere sia la complessità del reale, sia l’opera
della grazia in un’anima: non è vero che tra il pensiero del giovane teologo e
quello del papa non vi sia differenza. È innegabile che l’uomo maturo non abbia
mai sconfessato gli scritti precoci, ma ciò non autorizza a giudicare le
intenzioni di qualcuno che tenne sempre a mantenere aperto un dialogo con la
cultura contemporanea per non abbandonarla a se stessa, nonché per evitare che
la Chiesa si rinchiudesse in un ghetto, a detrimento dell’una e dell’altra.
La prospettiva angusta e meschina di chi senza remore appiccica ad
altri l’etichetta di eretico, come se l’errore fosse immancabilmente
volontario, è uno degli effetti di quel tomismo manualistico che non fa certo
onore all’Aquinate, ma lo deforma paradossalmente in una variante del
razionalismo moderno. La teologia ridotta a fredde formule e banali sillogismi
sa tanto di decadente nominalismo, nel quale i termini non designano più se non
concetti astratti che non hanno rapporto con la realtà, ma servono solo a
nutrire l’illusione di possedere il divino col ragionamento. Tale impostazione
del pensiero impoverisce la mente e sterilizza l’anima; quel che è più grave,
reifica il mistero e lo tratta, in modo tendenzialmente blasfemo, alla stregua
di un oggetto creato.
È da tale prigione mentale che il giovane Ratzinger cercò la via
d’uscita, sicuramente in maniera più equilibrata dei suoi contemporanei.
Possiamo anche non condividere alcune delle sue prime opere, così come non
riceviamo in eredità l’ermeneutica della continuità e della riforma, con
cui credette di risolvere l’aporia del Vaticano II, ma non possiamo certo negarne
l’eccelsa statura intellettuale, alla quale i suoi detrattori, da un estremo
all’altro del ventaglio, non sanno opporre altro che volgari insulti o giudizi
sommari. Pur non amando affatto le visite alle sinagoghe o ai templi
protestanti, né tantomeno i raduni interreligiosi, non consideriamo questi
elementi sufficienti per giustificare un bilancio totalmente negativo, bensì li
collochiamo nel quadro storico di una generazione – diversa dalla nostra – che
a suo modo ha provato a disincagliarsi dalle secche.
Di sicuro ci accuseranno di storicismo e relativismo, ma la
coscienza non se ne turberà più di tanto, giacché non possiamo, per evitare
tale rimprovero, isolarci in una bolla fuori del tempo. Se poi in uno scritto o
discorso leggiamo o udiamo Gesù, non possiamo certo concludere che l’autore Gli
sia completamente estraneo. Potrà eventualmente disturbarci, a volte, un certo
quale sbilanciamento verso il soggetto, da cui ci ha felicemente disintossicato la
salutare frequentazione di san Tommaso; ciò non ci autorizzerà, tuttavia, a
classificare quel difetto come voluto cedimento al soggettivismo, ma come
involontario limite dell’impostazione culturale di una data fase della teologia
contemporanea. Se crediamo realmente alla grazia di stato, d’altronde, dobbiamo
anche riconoscerne l’azione, cui pone ostacolo la volontà perversa, non quella
retta… a meno che la grazia non sia per noi un puro nome da utilizzare in uno
sterile gioco intellettuale.
Qui sta il punto: un certo modo di far teologia pretende che ci si
limiti a ripetere, sistematizzandolo, quanto affermato dal Magistero,
aggiungendovi magari qualche deduzione e puntellandolo con dotte citazioni. Le
sintesi chiare e ordinate, certo, sono un ottimo ausilio per i principianti, ma
ciò non implica che ci si debba arrestare a quelle proibendo qualunque sviluppo
o elaborazione. Quante volte i buoni teologi hanno dato impulso al progresso
della dottrina, alla sua esplicitazione e al suo approfondimento! Ciò non ha
impedito che, su determinate questioni, ci fossero a volte rischiose oscillazioni,
ma il Magistero ha sempre riportato l’ago della bussola nella giusta direzione;
così avverrà pure con il personalismo, le cui buone intenzioni hanno coperto le
trappole mortali che si son poi manifestate nel lungo periodo.
La giusta reazione, tuttavia, non può consistere nel ritorno del
pendolo a un rigido scolasticismo. Pur senza idealizzare nessuno sotto l’onda
dell’emozione, non possiamo misconoscere l’apporto di papa Benedetto alla
riscoperta della relazione personale con Dio, senza la quale la dottrina
diventa ideologia e il culto si riduce a mera esecuzione di rubriche. Il
peggiore dei tradimenti non è quello di chi distorce palesemente la verità, ma
quello di chi disdegna l’intima amicizia col Signore e aspira all’autosufficienza.
Si ritrova qui, trasposta nella religione stessa, l’opposizione paolina tra
spirito e carne: «Quelli che sono secondo la carne capiscono le cose della
carne; invece coloro che sono secondo lo spirito percepiscono le cose dello
spirito. […] Quanti però sono nella carne non possono piacere a Dio» (Rm 8,
5.8). Per quanto ciò possa sembrare paradossale, si può essere tradizionalisti
in modo del tutto carnale, cioè rimanendo estranei all’unione con Dio e
combattendo con odio chi la vive e la insegna.
Al fondo di tale disposizione si subodora qualcosa di luciferino:
il rigetto della luce e dell’amore, seppur mascherato da ragioni apparentemente
irreprensibili, di cui l’assenza della carità dimostra però la falsità. Anche
la cattiva qualità dei frutti manifesta quella dell’albero: quell’accanirsi
senza requie contro chiunque non corrisponda ai propri stereotipi non fa altro
che danneggiare ulteriormente la Chiesa e scuotere la fede dei pochi che ancora
la conservano. Chi si ostina su questa via non può esser mosso dallo Spirito Santo
né amare davvero la Sposa di Cristo, ma è guidato da un altro spirito e opera
in modo settario a beneficio della propria fazione, non del Corpo Mistico. In
questo, in ultima analisi, modernisti e tradizionalisti finiscono con
l’assomigliarsi: gli estremi opposti si toccano. Noi preferiamo seguire
l’esempio del mite Benedetto ripetendone le ultime parole, sigillo e sintesi di
tutta la sua esistenza sulla terra: «Signore, ti amo!».
Tema
RispondiEliminaI raduni di Assisi e l'enciclica di Pio XI del 6 gennaio 1928 Mortalium Animos
Svolgimento
Come sopra scritto, non condivido tutto dell'operato umano, ma riconosco l'opera della grazia in un'anima singolare.
EliminaBenedetto xvi ha dichiarato di essere andato ad Assisi in obbedienza al Papa, pur essendo contrario all'iniziativa
EliminaBravo don Elia!
RispondiEliminaGrazie di cuore.
Gesù, ti amo!
«Per me la scrittura non è un impegno, ma una liberazione che mi fa bene. Non mi toglie forza, ma piuttosto me la genera» (frase di Benedetto XVI riportata in G. Gaenswein con S. Gaeta, "Nient'altro che la verità", Roma 2023, 24).
RispondiEliminaBuongiorno carissimo Don Elia. Volevo avere da lei un'opinione sul cammino neocatecumenale. Li il pane spezzato (corpo di Cristo) lo porgono sulla mano...come ci si deve porre? La ringrazio!
RispondiEliminaTenetevi lontano da quelle celebrazioni e dalle dottrine sottese. Sono una deformazione giudaizzante e luteraneggiante della fede cattolica.
EliminaMi permetto di far notare che i raduni di Assisi e dintorni non furono sue iniziative, per le visite alle sinagoghe, la sua nazionalità le rendeva quasi obbligatorie, ciò detto e ammettendo anche certe debolezze umane, Benedetto-Ratzinger era un uomo profondamente Cattolico e credente in Dio fino alla fine, cosa rara assai oggidì. Grazie, padre per il bell'articolo.
RispondiEliminaPadre carissimo, grazie per questa riflessione.
RispondiEliminaChe giustificazione darebbe alla scelta di Papa Benedetto di sostituire il triregno con la mitra nel suo stemma pontificio? Grazie ancora.
Non saprei; forse volle sottolineare il fatto che il Papa è tale in quanto Vescovo di Roma.
EliminaChe riposi in Pace e risorga in Gloria.
RispondiEliminaVoglio bene a Papa Benedetto, per grazia di Dio provo un affetto filiale nei suoi confronti; ho pregato e prego per la sua anima.
Non mi sono piaciuti per niente il cinismo sprezzante e la spietata demonizzazione della sua figura, coi quali hanno reagito alcuni miei amici legati alla Tradizione.
Sono convinto che il Santo Padre ha fatto diverse cose buone, tanto da attirarsi l'odio di modernisti e massoni infami.
Tuttavia, padre, trovo la sua omelia un po' troppo panegiristica:
mi sembra che ponga un po' troppo lievemente l'accento sulle molte cose dette e fatte da Papa Ratzinger, che hanno destato scandalo e confusione dottrinale (ad esempio: bacio del maledetto corano, preghiera in moschea, frasi ambigue... ancora ricordo la confusione che generò la frase su Paradiso e Inferno, "più uno stato che un luogo": diventati poi, grazie ai modernisti, un'abolizione dei luoghi in cui le anime passano l'eternità.
O che giuda non si sa se è davvero dannato (in barba al Vangelo e, se non sbaglio, al Concilio di Trento).
O che Dio "non è un fuoco divoratore").
Credo che nessuno dei Papi post conciliari sia stato esente da gravi errori dottrinali o azioni che non sono piaciute al Cielo.
Lo stesso compianto mons. Livi parlò di "tendenze ereticali", in riferimento al Santo Padre.
Infine c'è la questione del suo tirarsi indietro, tutt'altro che chiara e trasparente.
Quanto alla sua presunta ultima frase, che dà il titolo al suo ultimo saluto, spero che l'abbia davvero detta, ma siamo onesti: quanto ci possiamo fidare di Ganswein e del vaticano?
E se avesse invece pronunciato frasi scomode per lorsignori?
Ad ogni modo, preghiamo in suffragio della sua anima, anche considerando la severità del Giudizio per chi è posto in cima al mondo, con sommo grado di dignità e responsabilità.
Non lasciamo che le frettolose "canonizzazioni" di altri, ci facciano trascurare le preghiere in suo suffragio.
E supplichiamo la Beatissima Vergine che ci ottenga presto l'invio del Santo Papa, l'ultimo di questi tempi, e il più grande.
Il cinismo sprezzante e le spietate demonizzazioni non sono degni di veri cattolici. Detto questo, mi sono appunto sforzato di evitare un'indebita canonizzazione anticipata e di non lasciarmi andare a un panegirico. Come ho scritto, non tutte le azioni e le parole di papa Benedetto hanno edificato, ma non per questo la fede deve rimanerne scossa, se si tengono presenti i limiti della funzione del Papa, evidenziati in questo articolo:
Eliminahttps://www.aldomariavalli.it/2023/01/12/una-bussola-nella-confusione/
Per Giovanni.
EliminaDegli esempi di scandalo riportati, senza troppa fatica nella ricerca, ce ne sono almeno due che non sono suoi, ma di altri papi. Bisogna fare attenzione a quello che si scrive, perché invece di alimentare la carità si alimentano il sospetto e le divisioni e ci si distoglie dall'obiettivo che il padre qui ci ripete continuamente per darci una direzione giusta. Prendo in prestito dalla concretezza popolare la metafora "gettare il bambino insieme all'acqua sporca" per definire quello che si è sempre fatto con papa Benedetto. È normale aspettarselo dal mondo, ma il peggiore contro di lui è il "fuoco amico", che tradisce la mancanza di carità soprattutto per le anime da salvare, che si scandalizzano con facilità e restano disorientate. Questo comportamento lo ritengo pericolosissimo per l'anima stessa di questi "cecchini", che ritengono di fare un buon servizio alla verità, ma in realtà mettono in pericolo se stessi e chi li segue. Dispiace, perché molti sono teologi e uomini e donne di scienza che potrebbero fare molto del bene alle anime, ma quando si espongono in un certo modo, lasciando l'amaro nel cuore, torna in mente l'inno alla Carità e non la percepisci nel loro lavoro.
Mi per doni, sig.Giovanni, per quel che mi consta non fu Papa Benedetto XVI a baciare il Corano,bensì Papa Giovanni Paolo II. La nota riguardante Giuda mi giunge assolutamente nuova; di contro, l'ho sentita detta da Papa Francesco. Elle
EliminaGrazie per l'articolo. A mio (e non solo mio) modesto avviso non e'corretta l'affermazione che l'ultima occasione in cui un Papa ha esercitato il suo magistero straordinario e'stato il dogma dell'Assunzione nel 1950, ma invece in Ordinatio Sacerdotalis del 1994. Se non si vuole applicare la definizione data dall'articolista/sacerdote "il Papa è infallibile quando parla come supremo Pastore e Dottore di tutti i cristiani con l’intenzione di definire una volta per sempre questioni attinenti alla dottrina di fede o di morale; tutto ciò si deve poi evincere in modo inequivocabile dal linguaggio usato." al testo "Ut igitur omne dubium auferatur circa rem magni momenti, quae ad ipsam Ecclesiae divinam constitutionem pertinet, virtute ministerii Nostri confirmandi fratres (Luc. 22, 32), declaramus [...]", allora con tutta la migliore volonta'del mondo si hanno veramente grossi problemi a capire a quale testo si dovrebbe applicare tale definizione.
EliminaHo indicato l'ultima volta in cui l'infallibilità pontificia è stata esercitata in modo certo. E' invece discusso se il contenuto della "Ordinatio sacerdotalis" sia infallibile o meno, in quanto il linguaggio usato è prossimo a quello della definizione dogmatica, ma la forma del documento (lettera apostolica) non è adeguata.
EliminaIn "Salz der Erde" 1996, S. E. Card. Ratzinger affermò che il CVII era stato la causa del '68. Grandissima dimostrazione di umiltà, vista la sua storia personale.
RispondiEliminaTratto da: BENEDETTO XVI - UDIENZA GENERALE
RispondiEliminaPiazza San Pietro - Mercoledì, 24 maggio 2006
Oggetto: Pietro, l’apostolo
In un mattino di primavera questa missione gli sarà affidata da Gesù risorto. L’incontro avverrà sulle sponde del lago di Tiberiade. E’ l’evangelista Giovanni a riferirci il dialogo che in quella circostanza ha luogo tra Gesù e Pietro. Vi si rileva un gioco di verbi molto significativo. In greco il verbo “filéo” esprime l’amore di amicizia, tenero ma non totalizzante, mentre il verbo “agapáo” significa l’amore senza riserve, totale ed incondizionato. Gesù domanda a Pietro la prima volta: «Simone... mi ami tu (agapâs-me)” con questo amore totale e incondizionato (cfr Gv 21,15)? Prima dell’esperienza del tradimento l’Apostolo avrebbe certamente detto: “Ti amo (agapô-se) incondizionatamente”. Ora che ha conosciuto l’amara tristezza dell’infedeltà, il dramma della propria debolezza, dice con umiltà: “Signore, ti voglio bene (filô-se)”, cioè “ti amo del mio povero amore umano”. Il Cristo insiste: “Simone, mi ami tu con questo amore totale che io voglio?”. E Pietro ripete la risposta del suo umile amore umano: “Kyrie, filô-se”, “Signore, ti voglio bene come so voler bene”. Alla terza volta Gesù dice a Simone soltanto: “Fileîs-me?”, “mi vuoi bene?”. Simone comprende che a Gesù basta il suo povero amore, l’unico di cui è capace, e tuttavia è rattristato che il Signore gli abbia dovuto dire così. Gli risponde perciò: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene (filô-se)”. Verrebbe da dire che Gesù si è adeguato a Pietro, piuttosto che Pietro a Gesù! E’ proprio questo adeguamento divino a dare speranza al discepolo, che ha conosciuto la sofferenza dell’infedeltà. Da qui nasce la fiducia che lo rende capace della sequela fino alla fine: «Questo disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: “Seguimi”» (Gv 21,19).
Da quel giorno Pietro ha “seguito” il Maestro con la precisa consapevolezza della propria fragilità; ma questa consapevolezza non l’ha scoraggiato. Egli sapeva infatti di poter contare sulla presenza accanto a sé del Risorto...
https://www.vatican.va/content/benedict-xvi/it/audiences/2006/documents/hf_ben-xvi_aud_20060524.html
Rev.Don Elìa, a corredo della Sua bella trattazione spero piacera' ai lettori riassaporare la bella omelìa del S.Padre Benedetto XVI sull'Apostolo Pietro. Ave Maria!
Pietro, mi ami tu?
"Signore, ti amo!"
Grazie!
EliminaOmelia - RIGENERATI DALL'ACQUA E DALLO SPIRITO - p. Alessandro M. Apollonio, FI
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=RyZ1vEuqMwQ
Santuario Madonna dei Boschi
Omelia della s. Messa del 7 Gennaio 2023, Festa del Battesimo del Signore, tenuta da p. Alessandro M. Apollonio, FI.
Riflessione di un Padre FFII che la Santa Provvidenza di Dio ha particolarmente illuminato.
Mi scusi padre Elia, volevo porle una domanda, che magari può sembrare scontata la risposta in questo blog, ma da qualche settimana sono ritornato a frequentare la Chiesa per la messa la domenica, per non violare il comandamento di santificare le feste, ma come mi devo comportare con la questione della particola sulla mano? Già di per sé, nel sentire il Padre Nostro storpiato nella forma luterana mi sento male, ma l'Eucaristia sulla mano per me è mancanza di rispetto verso Nostro Signore. Cosa fare in alternativa ?
RispondiEliminaRingrazio in anticipo per la sua risposta.
Saluti
Chiedi al sacerdote di comunicarti sulla lingua, magari per ultimo. Se in quella chiesa non c'è niente da fare, cercane un'altra.
EliminaLa ringrazio comunque.
EliminaÈ proprio nella povertà, nella spogliazione di sé e nel silenzio che impariamo a essere attenti alla presenza di Dio, e scopriamo di aver bisogno di Lui. Il deserto, che scava nell’uomo il vuoto, la sete e il silenzio, lo prepara all’ascolto di Dio e della sua Legge. Il deserto è un luogo straordinario, lontano dalla confusione dei mezzi di comunicazione e di informazione, dove si può vivere una profonda esperienza mistica di incontro con Dio che trasforma e trasfigura…
RispondiEliminaLa tendenza della nostra società è quella di escludere sempre più Dio dal proprio orizzonte. Viviamo come se Dio non esistesse. Ma senza una vita interiore, cosa rimane di grande nella nostra vita? La vita spirituale – dice il cardinale Robert Sarah – è il santuario inviolabile della nostra libertà, il luogo segreto dove cerchiamo la verità e l’amore, nel desiderio più o meno consapevole di fuggire dall’incessante turbinio di apparenze vuote e deludenti in cui viviamo….
https://www.stilumcuriae.com/robert-sarah-catechismo-della-vita-spirituale-deserto-e-sacramenti-nel-nostro-oggi
Non e' lo stesso che ci insegna da sempre Don Elia?
Mi scusi, ma il linguaggio di GPII è chiarissimo.
RispondiElimina"Questa sentenza è da ritenersi definitiva".
Che,poi, qualcuno voglia metterlo in discussione è un'altra storia.
Non lo nego, ma proprio per questo, onde evitare le contestazioni, avrebbe dovuto emanare un testo del rango della costituzione apostolica, non della lettera apostolica.
EliminaOGGI 21 FEBBRAIO FESTA DEL SANTO VOLTO DI GESÙ. 🙏❤🙏
RispondiEliminaOfferta della giornata al Volto Santo
Volto Santo del mio dolce Gesù, espressione viva ed eterna dell'amore e del martirio divino sofferto per l'umana redenzione, Ti adoro e Ti amo. Ti consacro oggi e sempre tutto il mio essere. Ti offro per le mani purissime della Regina Immacolata le preghiere, le azioni e le sofferenze di questo giorno, per espiare e riparare i peccati delle povere creature. Fa' di me un tuo vero apostolo. Che il tuo sguardo soave mi sia sempre presente e si illumini di misericordia nell'ora della mia morte. Così sia. Volto Santo di Gesù guardami con misericordia.
Preghiera al Volto Santo
O Gesù, che nella Tua crudele Passione divenisti "l'obbrobrio degli uomini e l'uomo dei dolori", io venero il Tuo Volto Divino, sul quale splendevano la bellezza e la dolcezza della divinità e che è divenuto per me come il volto di un lebbroso... Ma io riconosco sotto quei tratti sfigurati il Tuo infinito amore, e mi consumo dal desiderio di amarTi e di farTi amare da tutti gli uomini. Le lacrime che sgorgano con tanta abbondanza dagli occhi Tuoi sono come perle preziose che mi è caro raccogliere per riscattare con il loro infinito valore le anime dei poveri peccatori. O Gesù, il tuo Volto adorabile rapisce il mio cuore. Ti supplico di imprimere in me la Tua somiglianza divina e di infiammarmi del Tuo amore affinché possa giungere a contemplare il Tuo Volto glorioso. Nella mia presente necessità accetta l'ardente desiderio del mio cuore accordandomi la grazia che Ti chiedo. Così sia.