Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 14 gennaio 2023

 

Eredità o dissoluzione?

 

 

Ci sono dettagli apparentemente innocui che tradiscono però, se non un’intenzione esplicita, almeno un orientamento di pensiero e di vita. Perfino nelle modalità scelte per le esequie di qualcuno si può contestare ciò che ha insegnato e rigettarne l’eredità spirituale. Se anche nel culto officiato ai più alti livelli prevale l’arbitrio, significa che alla Liturgia non si riconosce il carattere oggettivo che ha per sua stessa natura. Se i riti vengono determinati dagli uomini in base ad esigenze contingenti, essi non sono più parte del deposito intangibile che Dio ha consegnato alla Chiesa per essere onorato come desidera. Se nell’azione più efficace che si possa compiere sulla terra si ammette la contraddizione, quest’ultima riceve la più forte legittimazione possibile: annunciare che sarà uno a presiedere e un altro a celebrare la Messa la riduce a mera formalità, priva di rapporto con la sua reale essenza.

Questo, naturalmente, non è altro che l’esito di un processo cinquantennale con il quale si è tentato di dissolvere l’eredità apostolica sostituendola con una parodia, un patchwork di elementi antichi e invenzioni estemporanee che risponde a puro soggettivismo capriccioso, per giunta affetto da delirio di onnipotenza, ma coperto da fumose motivazioni pastorali. Se del resto il sacerdote è declassato a profano presidente di un’assemblea celebrante, tutto è possibile, poiché le parole non son più usate secondo il loro significato proprio e servono esclusivamente a uno sterile gioco verbale avulso dal reale. Il presbitero non è più colui che offre il Sacrificio divino in persona Christi, ma l’animatore di un gruppo che si autocelebra, un intrattenitore da villaggio-vacanze, un affabulatore che si arrabatta a fornire qualche istante di illusorio benessere o a suscitare un effimero consenso.

Credere, come si legge nella presentazione generale del Messale di Paolo VI, che esso sia in perfetta continuità con quello del passato è possibile unicamente a chi ignora del tutto il secondo: questa è una semplice idea in totale contrasto con la realtà. Chi ha insegnato e continua ad insegnare tale menzogna mente sapendo di mentire; se invece ne è sinceramente convinto, è vittima di quella deformazione mentale che è indotta dall’idealismo tedesco, il quale, nel vano tentativo di conciliare i contrari in una sintesi superiore, finisce con l’annullarli entrambi. In tal modo, infatti, si perde quel che di vero c’era nella tesi al pari di quel che di vero c’era nell’antitesi, a vantaggio di una nuova conclusione che sembra un progresso, ma non esiste se non nel pensiero dell’individuo.

Pretendere che la nuova Messa sia una mera riforma dell’antica comporta un’assoluta cecità sul fatto che essa è pensata e costruita in una prospettiva completamente opposta e secondo una concezione tipicamente protestante. Non a caso il Summorum Pontificum parla di due forme distinte, seppure dell’unico rito romano; non ci si poteva certo aspettare da un papa una sconfessione radicale del Messale promulgato da un predecessore. Molti tradizionalisti, delusa la loro impossibile attesa, non colsero così un evento decisivo che non sfuggì affatto, invece, alla cosca liturgica dell’Aventino: per la prima volta, dopo quasi quarant’anni, un papa ammetteva l’esistenza di una sostanziale differenza e restituiva piena legittimità al venerando rito trasmessoci dalla Tradizione, sia pure accanto a quello inventato dai novatori e imposto d’imperio senz’alcun rispetto del popolo cristiano.

Le due forme si sarebbero dovute arricchire a vicenda: l’antica, liberandosi da modalità di esecuzione troppo ingessate; la nuova, riscoprendo il senso del sacro e del mistero. Tale auspicio si è realizzato soltanto in rari casi, mentre la divergenza ha di fatto continuato ad accentuarsi. Molti sacerdoti che han cercato di incrementare la dignità e la sacralità del culto, spinti da un’esigenza intrinseca al loro intento, sono infine approdati alla Messa tradizionale, pur non potendo sempre sceglierla in modo esclusivo; altri, vincolati dagli obblighi connessi al loro ufficio, han trovato un precario equilibrio, non esente da sofferenze interiori; altri ancora vivono dilaniati da una profonda discrasia tra ciò che sinceramente credono e ciò che son costretti a fare. La maggioranza sembra però soddisfatta di una “liturgia” che ben si accomoda alla secolarizzazione del prete e precipita perciò in una spirale di progressivo svuotamento di senso e di consapevolezza.

Tra l’improvvisazione diventata legge e la fredda applicazione di rubriche, d’altra parte, deve pur esserci un modo di celebrare che abbia un’anima, pur nel pieno rispetto di quanto prescritto; se, da un lato, non bisogna cadere nel soggettivismo, dall’altro occorre evitare la riduzione del mistero ad oggetto assimilabile alla realtà naturale, tendenza, questa, paradossalmente sfociata nella selvaggia sperimentazione postconciliare. Alla radice si ritrova lo stesso difetto di vitale conoscenza di Dio, sostituita da ideologie di segno opposto, ma analoghe nella sostanza, con la pretesa di manipolarlo come un possesso, in luogo del desiderio di lasciarsi da Lui possedere. Scompare così dall’orizzonte l’amicizia con Cristo (che papa Benedetto, nel suo lungo ministero, ha sempre perseguito e insegnato) e, con essa, la percezione del giusto modo di entrare realmente in comunione con Lui.

Proprio questo risultato, del resto, voleva ottenere chi lavora per la dissoluzione. Senza un intimo legame con Dio, fondato sulla grazia anziché sulla norma o sul sentimento, la vita cristiana scade o nel legalismo o nell’anarchia e i Sacramenti sono percepiti o come atti superstiziosi o come espedienti di benessere emotivo. In un caso come nell’altro la natura è soppressa, piuttosto che educata ed elevata, mentre il Signore resta un estraneo tanto nel cuore quanto nella vita, in un progressivo indurimento mascherato da impegno o da virtù. Sia i progressisti che i tradizionalisti, dopo aver fatto terra bruciata di ciò che la grazia ha previamente fatto germogliare nelle anime, stendono sul dinamismo della crescita interiore lo strato di bitume del rispettivo indottrinamento, così che, sotto di esso, tutto marcisce, ma sopra si vede un’apparenza accettabile.

Questo procedimento è tipico dei movimenti settari che, al fine di ottenere il controllo delle menti, squalificano radicalmente la natura umana, con esiti divergenti in superficie, ma affini a un livello più profondo. Tra giansenismo e calvinismo ci sono certo differenze, ma sono entrambi eresie che finiscono in un’oppressione elitaria e soffocante; altrettanto avviene coi loro odierni prolungamenti, benché di segno opposto. La convinzione di essere degli eletti rende gli adepti refrattari a qualunque tentativo di confronto, dato che l’interlocutore è previamente etichettato come avversario – modernista o integrista – da respingere a priori. L’aut… aut è un’impostazione che mira a catturare la persona e a impedirle di guardare altrove, così da chiuderle ogni via di fuga; lo sguardo veramente cattolico è invece quello dell’et… et, che, riconoscendo e valorizzando il bene operato dalla grazia preveniente, ovunque si trovi e sotto qualunque forma, accoglie istanze a prima vista contrastanti.

Gli amanuensi medievali copiarono i codici biblici e patristici, ma anche i manoscritti delle opere di scrittori pagani. Con la loro sapienza non solo ci han conservato il patrimonio dell’antichità classica, che altrimenti sarebbe andato perduto, ma ci permettono pure di costatare, per contrasto, gli effetti della verità e della grazia portate da Gesù Cristo; persino negli scritti immorali colsero l’innato anelito dell’uomo a superarsi, seppur deviato per mancanza di luce e di orientamento. Diverso è il caso della cultura contemporanea, che ha rigettato il dono ricevuto: ora si può registrare soltanto lo smarrimento e la disperazione di chi ha rinnegato la fede dei padri. Anche su questo, tuttavia, si può far leva per scuotere i cuori e ricondurli in patria dal non-senso in cui si sono autoesiliati; una magnifica eredità li aspetta, che li attira dolcemente con la sua maestosa bellezza e li distoglie dalle contraffazioni dei novatori, che non potevano non deluderli.

Questo ritorno, evidentemente, sarà effetto non di un indottrinamento settario che trasformi gli esuli in fanatici, bensì di un accompagnamento sapiente che rispetti i loro tempi di crescita. Nel primo caso si asfalta la mente dei malcapitati di dogmi e precetti mandati a memoria e ripetuti a mitraglia, senza però che alcunché muti nell’intimo; nel secondo si aiuta qualcuno a maturare e a correggersi con la medicina della verità unita ad una carità paziente e lungimirante, così che la sua coscienza si strutturi gradualmente in modo nuovo. Col primo metodo si modifica soltanto la scorza esterna; col secondo – quello che il buon Dio ha adottato con ognuno di noi – si innesca un processo di graduale evoluzione interiore che rinnova la persona in modo stabile e profondo. Il risultato della prima via è un adepto incapace di ragionare; il risultato della seconda è l’uomo nuovo, realmente (e non solo nominalmente) elevato dalla grazia e mosso dallo Spirito Santo.

Ora, ci sono intelletti che, per la loro lucidità e acutezza, fanno inesorabilmente emergere, anche senza proporselo esplicitamente, difetti e incongruenze dei discorsi altrui. Questo è proprio il caso del nostro amato Benedetto, odiato per tale motivo tanto dai modernisti più spudorati quanto dai tradizionalisti puri e duri. Non c’è dubbio che il giovane Ratzinger si sia formato in una cultura che, per il divieto kantiano, aveva abolito la metafisica, compromettendo in modo radicale la possibilità stessa di far teologia in senso proprio; il suo pensiero risente così di un concetto di ragione che, definendosi da sé in senso immanentistico, si è imposto indebiti limiti, influenzando a sua volta il concetto di fede. Ciononostante, la grazia lo rese capace di una visione e di una parola che hanno potentemente rischiarato la nostra epoca di oscuramento intellettuale e di degradazione morale; questo fatto dimostra la rettitudine della sua coscienza guidata dal lumen intellectus, che secondo sant’Agostino è riflesso della luce divina nella mente dell’uomo.

Per valutare correttamente il pensiero ratzingeriano, bisogna tenerne presente tale contesto storico-culturale, distinguendo altresì tra il papa e il teologo, i cui libri (compresi quelli scritti da Sommo Pontefice) non appartengono al Magistero. Per trarre un bilancio equo e sereno del suo apporto, in ogni caso, sarà necessaria una distanza temporale sufficiente per far sopire le polemiche e superare gli interessi contingenti. Ciò non sarà certo possibile a coloro che procedono per classificazione binaria o per associazione di termini, come un computer o un motore di ricerca. La vera intelligenza (ossia la capacità di intus-legere) si pone a un altro livello, da cui si autoescludono sia i progressisti che i tradizionalisti. I modi di procedere di entrambi soffrono del medesimo razionalismo di sapore hegeliano, i cui esiti sono l’individualismo e il totalitarismo: da una parte, un soggetto isolato che pretende di piegare la realtà alle proprie idee; dall’altra, padroni del discorso che stabiliscono cosa si può pensare e cosa no. Siano rese grazie a Dio, il quale, anche per mezzo di papa Benedetto XVI, ci ha liberato da una prigione mentale che ci privava dell’eredità e ci condannava alla dissoluzione.


13 commenti:

  1. Ci pensavo stamani. Ratzinger pare sia stato scelto da Dio per smascherare gli ipocriti: ex-modernista e tedesco, passò una vita al S. Uffizio a difendere la Dottrina dagli assalti della chiesa più eretica e ricca di tutte. Poi, da Papa, col Summorum e soprattutto la Declaratio, svel`la mala fede dei tradizionalisti, interessati solo a spartirsi la torta coi modernisti. Quarant'anni così: gran tempra d'uomo.

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  2. Elia tutto molto bello ma torniamo comunque al nodo : TC si basa proprio su SP, la quale non ha affatto --riconosciuto l’esistenza di una sostanziale differenza e restituiva piena legittimità al venerando rito trasmessoci dalla Tradizione-- perché questa era già sbandierata, nota e constatata da tutti coloro che se ne erano interessati e che tale cosa non potevano non vedere da sè. Ora aver esplicitato l'ovvio invece, ossia tale differenza , è sottoposto all'agire strategico che io sto presupponendo Benedetto XVI probabilmente neanche abbia saputo di compiere, quindi nominarlo per me è del tutto superfluo.
    Si esplicita quel che già si sà perché c'è qualcosa da trarre, e la SP è stata estremamente distrattiva, la tomba del rito antico invece della sua "liberalizzazzione" sia per la questione del 62 e della mistificazione sulla possibilità stessa dell'esistenza di un rito parallelo in una data scuola liturgica in un dato confine giurisdizionale, cosa che è veramente bislacca non venga colta da persone intelligenti, sensibili e preparate.

    Chi sia stato Benedetto XVI infin fine è alquanto irrilevante, d'altronde gli accomodamenti di Francesco su certe tematiche attuali stile "great reset" non sono diverse dall'opportunismo di Leone XIII sulla questione sociale , come senza le manomissioni di Pio X non avremmo mai avuto Paolo VI che poveretto merita tutti gli strali del mondo a quanto pare...

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    1. Queste sono interpretazioni personali che non possono pretendere di avere il crisma della verità assoluta. Che il "Summorum Pontificum", anche all'insaputa di chi lo ha promulgato, rispondesse a un "agire strategico", è una semplice congettura; questa supposizione cozza però con il fatto oggettivo dell'odio con cui è stato rigettato da ampi settori della Chiesa e con la sua sostanziale abrogazione mediante il "Traditionis custodes".
      Invito poi a maggiore prudenza nel valutare l'operato dei Papi del passato. Parlare di "opportunismo" implica un giudizio sulle intenzioni; collegare le modifiche apportate al Breviario da san Pio X alla rivoluzione liturgica di Paolo VI, infine, mi pare del tutto fuori luogo.

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  3. Dopo i funerali del papa Benedetto XVI, continuiamo a rendergli omaggio, parlando questa volta dei santi che più lo ispiravano.
    Il primo fra tutti è san Giuseppe, che il papa definisce “l’uomo che ha dato a Dio la più grande prova di fiducia, anche davanti ad un annuncio così stupefacente” (si riferisce all’Annunciazione). Squisito esempio di padre putativo, Giuseppe è descritto da Benedetto XVI prima di tutto come un uomo giusto: “Solo Dio poteva dare a Giuseppe la forza di dar credito all’angelo. Egli è modello dell’uomo giusto che, in perfetta sintonia con la sua sposa, accoglie il Figlio di Dio fatto uomo e veglia sulla sua crescita umana”.

    Infatti Giuseppe protegge Maria e Gesù contro tutte le avversità, a cominciare dalla stalla in cui nasce l Figlio di Dio: la sua figura non può essere separata da quelle della Vergine Maria e di Gesù.

    San Bonaventura è il primo teologo a ripensare Giuseppe come protettore di Maria e Gesù Bambino, mentre Duns Scoto, anche lui francescano, propone una spiegazione di Giuseppe come sposo di Maria in De matrimonio inter B.V. Mariam et sanctum Joseph. In questo scritto il grande teologo spiega la distinzione tra il diritto sui corpi e il loro uso nel matrimonio che, in questo caso, è da considerarsi una "questione divina regolata dallo Spirito Santo".

    Anche Tommaso d’Aquino riflette...
    https://lanuovabq.it/it/san-giuseppe-esempio-di-paternita

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  4. Un post "difficile". Resistita la tentazione di commentarlo "a caldo" e lasciatolo decantare un po' nella mente e nel cuore, sprigiona tutto il suo effetto. Grazie.

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  5. Anelo quell'eredità, ma sono nato e cresciuto nella cappa demonocratica moderna. Non saprei nemmeno da dove iniziare, chissà se ci sono Sentieri rimasti immuni dalla dissoluzione, sentieri ancora percorribili... Purtroppo l'ambiente circostante è incredibilmente deflagrato nella bruttezza. Tirarsene fuori è impresa per pochi, sia a livello spirituale che a livello pratico. Tanta stima per chi è già riuscito nell'impresa e per chi ci riuscirà.

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    1. Caro Andrea, non devi scoraggiarti. Molti di noi sono partiti da molto lontano, ma il Signore ci ha guidati a poco a poco. Comincia col cercare una Messa tradizionale nella tua zona; basta che sia celebrata in modo lecito da sacerdoti in situazione regolare. Se vuoi, scrivimi qui per ulteriori dettagli:

      parrocchiavirtuale.slmgm@gmail.com

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  6. Un commento molto equilibrato, da rileggere più volte e con calma. Bello il passaggio sui monaci benedettini e gli amanuensi. Anche noi dobbiamo essere gli amanuensi di questa specie di Medio evo senza Dio e contro Cristo. Con equilibrio, prudenza e preghiera. Coraggio!

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  7. Un balsamo per l'anima, per essere sempre più intimi con Gesù, come Papa Benedetto XVI: "Salve o mio Re, Salve adoratissimo Amore, perdonaci, saremo ai tuoi piedi come bambini".

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  8. Reverendo don Elia, alcuni cattolici si attendono il rapimento degli eletti (..e chi sarebbero gli eletti?) al momento della prova/tribolazione attesa nel prossimo futuro. Secondo lei, tale credenza è compatibile con l'insegnamento della dottrina cattolica?

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    1. E' una tesi non riconosciuta dal Magistero. Atteniamoci alla dottrina comune e pensiamo a santificarci mediante la carità, lasciando alla Provvidenza la cura di gestire il futuro.

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  9. LA RICORRENZA 20 Gennaio 2023
    Sant’Andrea delle Fratte, la chiesa della conversione di Ratisbonne
    https://lanuovabq.it/it/santandrea-delle-fratte-la-chiesa-della-conversione-di-ratisbonne
    Ave Maria!

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  10. Vorrei dire che dalle mie parti il SP fu accolto con irriverenza, astio e anche con molti commenti insultanti sull'allora Papa regnante, inviso e osteggiato, alla fine l'unica alternativa erano le varie FFSP e poco altro, non voglio essere polemico, ma cercare un dialogo alla pari con loro è impossibile, vero che certe Messe NO sono ignobili, ma secondo me tutto sta nella sacralità della celebrazione, se il sacerdote è veramente immerso nel rito, il fedele deve seguirlo, diversamente si fa fatica a districarsi in questo guazzabuglio, speriamo che il Signore ci indichi la via. Per quanto riguarda le ultime parole pronunciate da Papa Benedetto erano in italiano, le ha sentite l'infermiere che lo assisteva, che era italiano, end of the question. Grazie padre per i suoi articoli.

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