Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 8 ottobre 2016


Nella tana del lupo


Ecce crucem Domini: fugite, partes adversae! Vicit leo de tribu Iuda, radix David.

Di per sé è uno dei luoghi più santi della terra e dei più significativi per la fede cattolica. Dio ha però permesso che diventasse – temporaneamente – la sede del falso profeta e dei suoi cortigiani, controllata dalla dittatura degli ecclesiastici in grembiulino, ovvero dalle cordate di sodomiti dediti al culto di Satana. Le tombe di tanti Pontefici santi o beati fanno da scudo, malgrado tutto, alla pioggia mefitica di demòni che Leone XIII vide abbattersi sull’edificio. Nonostante la maledizione ruttata da un maomettano proprio nei giardini adiacenti, appena due anni fa, quel luogo custodisce la sacra memoria dei primi martiri romani, nonché quella della suprema testimonianza resa a Cristo dal loro primo Vescovo, Pastore universale e Roccia della fede. È stato dunque giusto e doveroso riappropriarsene simbolicamente, lo scorso 4 giugno, compiendovi un atto riparatorio e impetratorio al tempo stesso a nome di tutta la Chiesa, questa povera Chiesa terrena sconvolta dall’apostasia ormai sempre meno latente e sempre più conclamata.

Tutti i traditori camuffati stanno mollando i freni, dal mondano segretario che pochi mesi fa, senza alcun riguardo per quanto stabilito una volta per tutte dal Figlio di Dio, tra una partita a tennis e una festa in discoteca ha promulgato una nuova visione bipartita del papato, al portavoce pinocchiesco, ormai pensionato, che ha esaltato le nobili cause perseguite da un defunto propagatore di crimini e vizi; dal “vescovo dei poveri” che l’ha visitato moribondo senza indurlo almeno alla penitenza finale, ai parroci invasati che non solo spingono i pubblici concubini al sacro banchetto, ma incitano i fedeli a peccare ancor di più: secondo la nuova dottrina, più grossi e numerosi sono i peccati, più il Signore è contento di noi e abita volentieri nelle anime. Una semplice costatazione si impone: non vogliono più saperne della verità cristiana; perciò l’hanno sostituita con una sgangherata teoria che offende, prima ancora della fede, il raziocinio (almeno in chi si ostina a farne uso).

Certo, si rischia di scadere nella maldicenza e di mancare alla carità, nonché di amplificare gli scandali. Ma come non rilevare che molti di questi “profetici” innovatori sono ottimi amici del mondo che conta, di quello, cioè, che vive in totale contraddizione al Vangelo e si adopera in ogni modo a pervertire la società? Il prelato proveniente dalla comunità trasteverina che organizza incontri interreligiosi lavora evidentemente per la stessa causa dell’amico recentemente passato all’altra vita, visto come ha caldeggiato il riconoscimento legale delle “unioni” tra persone dello stesso sesso. Dove sarà finito, fra l’altro, il fiume di denaro della diocesi umbra che ha amministrato dilapidandone l’intero patrimonio immobiliare (compreso quello vincolato da volontà testamentaria) e lasciando dietro di sé, per giunta, una voragine di trenta milioni spariti nel nulla, per la quale è sotto indagine? E che fine avran fatto i beni della comunità terapeutica impiantata sul suo territorio, dopo l’eliminazione del fondatore ottenuta con un’accusa infamante?

Come se li saranno spartiti, tutti quei soldi, con la holding finanziaria dei radicali? Del resto la nota organizzazione di volontariato, a forza di distribuire preservativi nel Terzo Mondo, è diventata una potenza politica ed economica a livello planetario, al punto che il fondatore è stato ministro nel governo presieduto dall’uomo della Trilaterale. A suo tempo – si dice – il Papa venuto da lontano era giunto alla decisione di scomunicarli (a ragione, visto che sono di fatto protestanti e massoni), se l’onnipotente segretario particolare, poi succedutogli sulla cattedra in patria, non fosse intervenuto per difenderli, così come ha sempre appoggiato, in modo più che decisivo, la giudaizzante setta dei neocatacombali. I soldi degli uni e degli altri, a quanto pare, hanno appianato ogni controversia, per non parlare di quelli inviati in Argentina per preparare l’ascesa del nuovo cavallo vincente tirandolo fuori dalla città della pampa in cui l’aveva relegato la depressione e spedendolo in Germania a farsi riformattare… Ci vuole un bello stomaco per sopportare tutto questo senza cedere ai conati.

Un altro presule della stessa covata presiede ora, guarda caso, una delle diocesi più grasse d’Italia, che per lascito possiede nientemeno che una florida industria di cancelli automatici. Data l’urgenza pastorale di costruirvi una moschea, i primi beneficiari potrebbero esserne i suoi fedeli musulmani, oltre i ben noti produttori di condom. E poi, visto che la povertà è un valore e va quindi incentivata, bisogna prodigarsi a foraggiare tutti quei baldi giovani che, al prezzo di migliaia di dollari ed equipaggiati della tecnologia più recente, scappano dalla miseria africana e, giunti sul nostro patrio suolo, son costretti a fronteggiare istituzioni civili che si limitano a fornire vitto, alloggio e paga giornaliera a gente che non fa un bel nulla e scorrazza indisturbata sul territorio nazionale, mentre un disoccupato italiano deve sentirsi dire, all’ufficio di collocamento, che i pochi posti disponibili sono per i poveri immigrati… Le associazioni dedite all’accoglienza, d’altra parte, trattengono per sé ciò che non spendono dei sovvenzionamenti ricevuti dal governo; conviene cercare impiego da loro, purché si sposi l’ideologia dell’integrazione e della multiculturalità.

Veramente un diluvio di misericordia per tutti, uno straripamento così veemente che chi scrive, tra poco, ne sarà investito in pieno. Niente paura: chi si è rifugiato nel Cuore immacolato della Madre di Dio è al riparo di una fortezza inespugnabile. Per questo ci siamo consacrati a Lei nel giorno stesso in cui lo si celebra, anche per ottenere che il piccolo resto fedele rimanga irremovibilmente piantato sulla Roccia perenne stabilita da Cristo, incurante del rompicapo dell’uno, due o nessuno. Nel luogo della sua sede bisogna ripetere continuamente l’esorcismo scolpito sulla pietra che regge, al centro delle braccia aperte, un monumento sottratto all’impura superstizione egizia e sottoposto alla salvifica Croce. Sono i nemici invisibili che bisogna attaccare, pur con tutta l’umiltà possibile e guardandosi bene dalla vanagloria. Dopo la consacrazione in San Pietro, in effetti, turbe di demòni hanno aggredito per settimane il promotore dell’evento. Beata incoscienza di chi si butta a corpo morto nelle mani del Signore perché faccia di lui quel che vuole!

Audaces Providentia iuvat, per parafrasare l’antico adagio latino. È pur vero che le iniziative audaci si pagano salate, ma Gesù permette anche questo per un bene superiore; se non altro, ci insegna con i fatti ad assicurarci prima adeguate protezioni spirituali: non ci manda mica allo sbaraglio. È ora di scendere in guerra con il passaggio non del Piave né del Rubicone, bensì del Tevere, per preparare l’invio di un vero Papa che, forse, verrà da Oriente e si farà cattolico. Come si fa a dirlo? È un pensiero insistente che non ha una ragione precisa, salvo il fatto che c’è una Chiesa separata che, nonostante i compromessi con il regime comunista di un tempo, si è conservata indenne dalla corruzione dell’Occidente ed è protetta da un capo di Stato devoto alla Madonna e a un grande taumaturgo di nome Serafino. Certo, anche quest’ultimo, come quasi tutti i suoi connazionali, aveva una visione negativa del Papato; ma bisogna ascrivergli a scusante che il Pontefice dell’epoca, di idee liberali, sembrava esser sceso a patti con l’anticristo còrso che aveva invaso la sua terra.

La liturgia tradizionale si appoggia sull’invincibile sostegno dell’Ausiliatrice con queste potenti parole: «Per il trionfo della religione cristiana immoliamo a te, Signore, la vittima di espiazione; perché essa ci giovi, presti aiuto la Vergine ausiliatrice, grazie alla quale tale vittoria si è compiuta». Capite? Si chiede un trionfo che si è già realizzato in radice e che deve solamente estendersi fino alla pienezza. Fate una pernacchia a chi nega che l’Islam sia un’ideologia di conquista, rinfacciando di professarla, viceversa, a quei cattolici che si sforzano di obbedire al mandato missionario di Cristo. Chiunque può agevolmente verificare che tra Vangelo e Corano, oggettivamente, c’è un incolmabile abisso. Noi crediamo che conquistare gli uomini alla nostra santa religione è la loro salvezza e, pertanto, preghiamo e operiamo per questo. La Regina sta formando il Suo esercito e lo vuole tenere a battesimo; chi è pronto risponda: Adsum!

19 commenti:

  1. Dall'Umbria e da Perugia dove regna dagli anni '50 il patto scellerato Pci-Pds-Ds-Pd/Diocesi/Loggia Massonica di Piazza Danti:ADSUM!

    RispondiElimina
  2. Condivido fino all'ultima parte, il russo è indigesto per molti motivi, convintissimo che non ci saranno più papi, attendiamo il 2017 pregando e sperando in intervento dall'alto, molto in alto. Laudetur Jesu Christus!

    RispondiElimina
  3. Dal messaggio della Madonna dato ad Avola (Siracusa) al veggente Giuseppe Auricchia il 28 Settembre 2008: "Rimanete vicino al Papa Benedetto XVI, egli è un uomo santo ed è molto vicino al Mio cuore di Madre... Non siate sorpresi se un giorno verrà isolato... Al suo posto insedieranno un falso profeta della gente del male... Pregate, pregate, pregate per il Mio figlio Benedetto XVI".

    RispondiElimina
  4. Dal messaggio della Madonna dato ad Anguera (Brasile) al veggente Pedro Regis il 23 Dicembre 2008: "La Chiesa del mio Gesù porterà una croce pesante. Arriverà il giorno in cui ci saranno due troni, ma solo su di uno siederà il vero successore di Pietro. Sarà questo il tempo della grande confusione spirituale per la Chiesa. Restate con la verità. Ascoltate quello che vi dico e restate saldi nella fede".

    RispondiElimina
  5. Magnificat
    anima mea Dominum,
    et exultavit spiritus
    in Deo salutari meo
    quia respexit humilitatem ancillae suae,
    ecce enim ex hoc beatam me dicent omnes
    generationes
    quia fecit mihi magna, qui potens est:
    et Sanctus nomen eius
    et misericordia eius a progenie in progenies
    timentibus eum.
    Fecit potentiam in brachio suo,
    dispersit superbos mente cordis sui,
    deposuit potentes de sede,
    et exaltavit humiles;
    esurientes implevit bonis,
    et divites dimisit inanes.
    Suscepit Israel, puerum suum,
    recordatus misericordiae suae,
    sicut locutus est ad patres nostros,
    Abraham et semini eius in saecula.
    Gloria Patri et Filio et Spiritui Sancto
    sicut erat in principio et nunc et semper
    et in saecula saeculorum. Amen.

    RispondiElimina
  6. grazie p. Elia per ciò che ci illustra e ci fa comprendere. Siate benedetto!!! un saluto da un piccolo soldato dell'esercito di Maria-

    RispondiElimina
  7. Cito dall'articolo:

    «... un grande taumaturgo di nome Serafino. Certo, anche quest’ultimo, come quasi tutti i suoi connazionali, aveva una visione negativa del Papato; ma bisogna ascrivergli a scusante che il Pontefice dell’epoca, di idee liberali, sembrava esser sceso a patti con l’anticristo còrso che aveva invaso la sua terra.»

    Pio VII fu tutt'altro che "di idee liberali", come dimostra il suo magistero. Eccone un esempio:

    «At multo etiam gravior, ac vere acerbissimus cordi nostro dolor accrevit, quo divexari nos, premi conflictarique fatemur ex constitutionis articulo vicesimo secundo, in quo perspeximus libertatem cultuum et conscientiae, ut iisdem quae fert articulus verbis utamur, non permitti modo vi constitutionis, sed libertati hujusmodi, praetereaque cultuum, quos vocant, ministris praesidium patrociniumque promitti. Non opus certe multis est, cum tecum agamus, ut plane agnoscas, quam lethali vulnere catholica religio in Galliis per hujusmodi articulum percellatur. Dum enim cultuum indiscriminatim omnium libertas asseritur, hoc ipso veritas cum errore confunditur, ac pari loco cum haereticorum sectis, judaicaque ipsa perfidia, sancta et immaculata Christi sponsa Ecclesia, extra quam salus esse non potest, collocatur.» Pio VII, Lettera Apostolica «Post tam diuturnas» 29 aprile 1814.

    Vincenzo

    RispondiElimina
  8. Caro don Elia, ricordo con gratitudine, l'esperienza vissuta anni fa, quando la Forza Divina di Dio scacciò il demonio, presente in una donna. Come disse don Amorth, sarebbe bene per i Vescovi e i Sacerdoti, partecipare almeno una volta ad un Esorcismo: svanirebbero tutti i loro dubbi! Avevo partecipato ad un incontro di preghiera: S.Rosario, Confessione, S.Messa. Il Sacerdote, era anche Esorcista e dopo la S.Messa chiese ai fedeli presenti se ci fosse qualcuno disposto a recarsi, quella sera, ad un esorcismo, aiutandolo con le preghiere. Ai partecipanti, oltre alla Confessione e a spiegarci, rincuorandoci, che non ci sarebbe accaduto nulla (su di noi avrebbe vegliato lui con preghiere apposite), fece una precisa richiesta: digiuno a pane e acqua. Posso confermare che quella donna, quando il Sacerdote, innalzò Gesù Eucarestia davanti a lei e comandò all'intruso, di andarsene, per la Potenza e Forza di Gesù, barcollò e cadde esausta sulla sedia, con un pianto liberatorio, felice e liberata!
    Perché mai, tanti Sacerdoti dubitano dell'esistenza dell'Inferno? Perché hanno continuato a dubitare delle Parole di Gesù e non hanno vigilato, con preghiere e digiuni, ritenendolo solo una remota "possibilità", non Verità vincolante di Fede e si sono smarriti. Un esempio, si trova leggendo la domanda posta dal giornalista e la risposta del cardinale Ruini (il suo ultimo libro "C'è un dopo?" è l'evidenza della confusione che i demoni hanno sparso abbondantemente):
    «Lei definisce l’inferno “una possibilità concreta e tragica”. Non è vero quindi che l’inferno è vuoto, come si augurava von Balthasar?
    Von Balthasar se lo augurava, non pretendeva di saperlo. Che l’inferno sia una possibilità concreta ce lo ha detto anzitutto Gesù Cristo: non possiamo pensare che Gesù scherzasse quando ammoniva che la via verso la perdizione è spaziosa, mentre è angusta quella verso la vita. Non è detto però che degli esseri umani siano effettivamente dannati: possiamo e dobbiamo sperare di salvarci tutti; ma deve essere una speranza umile, che non presume di noi stessi e si affida alla misericordia di Dio".
    Gesù dice: “Questa razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno” (Mt 17,21). Perché mai, non credono più nell'Inferno e non insegnano più il valore del digiuno? Credendo l'Inferno vuoto, ritenendo sufficiente affidarsi alla Misericordia di Dio, senza compiere opere di penitenza, per la necessaria purificazione dai peccati, il digiuno lo hanno bandito.
    San Giovanni Crisostomo, come commento a "questa razza di demoni" scrisse (Mt17,21):“Parole che si riferiscono non solo al genere dei demoni lunatici, ma a ogni classe di demoni. Il digiuno effettivamente dà molta sapienza, rende l'uomo simile a un angelo del cielo e combatte i poteri incorporei. Però è anche necessaria la preghiera, come elemento principale; e colui che prega come conviene e digiuna non necessita di molte cose, e così non diventa avaro, ed è pronto all'elemosina. Colui che digiuna è poi leggero, prega con vigilanza, estingue le concupiscenze dannose, rende Dio propizio, e umilia l'anima superba. Chi dunque prega con il digiuno ha due ali, anche più leggere degli stessi venti. Infatti non sbadiglia né si addormenta durante l'orazione (come accade a molti), ma è più infiammato del fuoco ed è superiore alla natura terrestre. Questo uomo è conseguentemente il nemico terribile del demonio, poiché non c'è niente di più poderoso dell'uomo che prega come si deve; e se hai il corpo infermo per digiunare, non l'hai tuttavia per pregare. E se non puoi digiunare, puoi astenerti dai piaceri illeciti; e questa non è una cosa di scarsa importanza, né molto distante dal digiuno”.
    "Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l'anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l'anima e il corpo nella Geenna» (Mt10, 24-33)

    RispondiElimina
  9. Su Barnaba Luigi Chiaramonti (Pio VII) vale anche la pena leggere il Rohrbacher, il quale cita la famosa lettera pastorale da cui alcuni vollero falsamente dedurre che il futuro Papa fosse posseduto da princìpi liberali:

    «Barnaba Luigi Chiaramonti nacque a Cesena, legazione di Forlì, il 14 agosto 1742, dal conte Scipione Chiaramonti e dalla contessa Giovanna Ghini, che dopo morta fu dichiarata venerabile. Destinatosi alle austerità del chiostro, il figlio fece i suoi primi studii a Parma; il 28 agosto 1758 ricevette l’abito di san Benedetto, e prese in religione il nome di Gregorio. Nel 1775, all'esaltazione di Pio VI, il Chiaramonti, che gli era attaccato pei legami del sangue, si trovava a Roma e vi sosteneva l'ufficio di lettore e professore di teologia nel convento di San Calisto. Alcuni cattivi trattamenti che il Chiaramonti aveva ricevuto nel suo convento afflissero Pio VI, il quale conferì a lui con un breve la qualità di abbate onorario. Il Chiaramonti non approvava certe nuove punizioni che i superiori infliggevano ai professi: questa cosa gli venne apposta a delitto presso Pio VI, tornato dal suo viaggio di Vienna. Il religioso accusato piacque a Pio VI per la semplicità, la schiettezza delle sue risposte, per l'esposto di una condotta piena di piacevolezza e sopratutto per la riservatezza e il tono di dolcezza che egli opponeva a' suoi avversari. Pio VI assicurava di aver riconosciuto in lui un letterato profondo, un dotto esatto, un canonista istruito e ragionevole, un monaco studioso, amico de' suoi doveri. Alcuni mesi dopo, le stesse persone insistettero perchè il Chiaramonti fosse esiliato dalla metropoli. Pio VI rispose con dignità che in breve il Chiaramonti abbandonerebbe Roma, ma non però per essere esiliato. Difatto, breve tempo dopo lo nominò vescovo di Tivoli e poscia d'Imola, e finalmente cardinale il 14 febbrajo 1785. I suoi nemici riconobbero allora il proprio torto e ritrattarono le loro calunnie.

    A Tivoli e ad Imola il Chiaramonti adempiè tutti i doveri di un buon pastore. Essendo stata nel 1798 Imola compresa nella repubblica cisalpina, il popolo delle campagne si lasciava trascinare per la seconda volta all'insurrezione. Per calmar tale effervescenza il cardinale vescovo pubblicò alle feste di Natale un'omelia in cui parla ne' termini seguenti della libertà e del governo democratico: (segue)

    RispondiElimina
  10. «Ma i doveri verso Dio non sono i soli doveri dell'uomo; egli ha altresì obbligazioni subalterne che lo attaccano a lui medesimo. I principii puri della ragione, la sua propria organizzazion fisica, una tendenza irresistibile a volere la sua felicità gli comandano di aver
    cura della sua conservazione, di occuparsi del suo ben essere, della sua perfezione. Contempli egli tutto se stesso con occhio sciolto da pregiudizii ingannatori; egli vedrà un raggio di grandezza che sembra consolarlo, ma riconoscerà altresi diverse ombre di miserie che tendono ad opprimerlo. Le passioni furono i motivi de' grandi avvenimenti nella storia dell'uomo, e furono eziandio la sorgente fatale de’più funesti risultati. O uomo, o uomo, quando imparerai tu alla scuola del Redentore i mezzi di conservare la tua grandezza, di acquistare la tua vera libertà e di sciogliere i tuoi piedi delle loro catene! Lo scopo che si propone più ardentemente il filosofo di Gesù Cristo consiste in metter ordine nelle sue azioni e nelle sue passioni, nel porre in armonia le forze inferiori colle forze superiori, in soggettar la carne allo spirito, i piaceri all'onestà, in dirigere le proprie facoltà verso questo centro e questo fine che Dio ha ordinati.... Non vi spaventate, o fratelli, di una lezione che sembra a prima giunta troppo severa, e che sembrerebbe inclinare a distrugger l'uomo ed a rapirgli la sua libertà. No, fratelli le tante volte cari, voi non comprendete la vera idea di libertà! Questo nome, che ha il suo senso retto nella filosofia e nel cattolicismo, non dinota una sfacciataggine nè una licenza sfrenata che permette di fare tutto ciò che si vuole; sia il bene, sia il male; sia l’onesto, sia il vergognoso.
    Guardiamoci da una cosi strana interpretazione che abbatte tutto l’ordine divino ed umano, e falsa l'umanità, la ragione e tutti i gloriosi beni che ci ha largiti il creatore. La libertà cara a Dio ed agli uomini è una facoltà che fu data all'uomo, un potere di fare o di non fare, ma sempre sottomesso alla legge divina ed umana. Non esercita ragionevolmente la sua facoltà di libertà colui che ribelle e impetuoso si oppone alla legge; non esercita la sua facoltà colui che contradice la volontà di Dio e la sovranità temporale; poichè, come dice san Paolo, chi resiste al potere resiste all’ordine di Dio.
    La forma del governo democratico adottata fra noi, o carissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime sopra esposte e non repugna al Vangelo; per lo contrario ella esige tutte le virtù sublimi che non s'imparano che alla scuola di Gesù Cristo, e che,
    se saranno religiosamente praticate da voi, formeranno la vostra felicità, la gloria e lo spirito della vostra repubblica... La virtù, la sola che perfeziona l'uomo e lo dirige verso lo scopo supremo, il migliore di tutti, questa virtù sola, vivificata dai lumi naturali e fortificata dagli insegnamenti del Vangelo, sia il sodo fondamento della nostra democrazia!»

    Alcune persone in certi tempi hanno rinfacciato questa omelia al cardinale vescovo d’Imola. Nel conclave, ove la si conosceva bene, ed ove si guarda tutto per minuto, essa non fu argomento di alcun biasimo. Tutto in contrario essa giovò forse a fare elegger papa il suo autore.»

    Da: Storia universale della Chiesa Cattolica dal principio del mondo sino ai dì nostri dell'abate Rohrbacher, Dottore in Teologia nell'Università Cattolica di Lovanio,
    Professore nel Seminario di Nancy, ecc. dal testo originale francese recata in italiano per cura di una società di Ecclesiastici, Milano 1855, tomo XXVII, pag. 638-640

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ringrazio di cuore per l'opportuna citazione.
      Mi sembra però che il procedimento intellettuale del cardinal Chiaramonti assomigli molto a quello di certi documenti del Vaticano II: prima si affermano i princìpi tradizionali della dottrina cattolica, subito dopo si apre un varco a novità dottrinali che, in realtà, sono in diretta contraddizione con essi. Era assurdo illudersi che il regime giacobino della Repubblica Cisalpina, fondato su opinioni radicalmente contrarie alla retta ragione e alla fede cattolica, potesse garantire l'ordine e la libertà in modo conforme al Vangelo. Quella "democrazia" a fondamento della quale si voleva porre la "virtù" aveva saccheggiato e soppresso seminari, conventi e monasteri; il neonato Regno d'Italia, sia pure acclamato dai cattolici liberali, commetterà lo stesso immane abuso. Nel caso del Chiaramonti si trattò di una mera mossa diplomatica o di una sincera convinzione (condivisa, del resto, da molti vescovi italiani dell'epoca)? Ciò che è certo è che, nonostante le ripetute condanne papali, il cattolicesimo liberale farà molta strada, fino alla famosa "apertura al mondo" promossa dai manipolatori dell'ultimo Concilio. La Chiesa può forse trovare un accordo con chi vuole distruggerla? Ingenuità o malizia?
      Bisogna comunque tener presente che tra l'omelia del Natale 1798 e il discorso del 29 aprile 1814, sopra citato, c'era stato Napoleone e la cattività francese con l'imposizione di un pessimo concordato. Pio VII ebbe abbondantemente modo di ricredersi di certe idee, se le aveva veramente professate.

      Elimina
    2. A me pare errata la sua impostazione del problema: credo che lei debba chiarirsi il concetto cattolico di tolleranza, che è sempre e comunque ob torto collo e da applicarsi quando i poteri secolari sono traviati e la Chiesa non ha la possibilità di far valere i propri diritti, da contrapporsi all'indifferentismo modernista, regola che vale anche in campo politico. La spia che ci dice se nell'operato di un cattolico vi sono o non vi sono concessioni all'indifferentismo eretico è la dichiarazione dei princìpi in foro esterno (badi bene, del foro interno non vè praticamente mai certezza storica); se Mons. Chiaramonti già da Vescovo avesse dichiarato in foro esterno essere accettabili i princìpi liberali, allora si potrebbe ascrivere ciò a sua colpa; ma come vede dalla sua omelia citata sopra, l'unica concessione è la seguente: "La forma del governo democratico adottata fra noi, o carissimi fratelli, no, non è in opposizione colle massime sopra esposte e non repugna al Vangelo;"; e ciò è perfettamente cattolico tradizionale (sebbene la democrazia sia il peggiore dei governi possibili almeno per una nazione vasta e popolata).

      Desidererei che Lei, gentile don Elia, riflettesse anche sulla sua personale formazione storica in ambiente modernista (un ambiente che io ahimé ho ben conosciuto); tutte le critiche di criptoliberalismo volte a Papi come Pio VII o Leone XIII non solo non hanno appigli in solide espressioni di princìpi liberali da parte di quei Papi , ma provengono anche da ambienti ostili alla Chiesa che hanno sempre cercato di minare l'infallibilità della Cattedra Apostolica con mezzi e mezzucci vari.

      Per ciò che attiene alla parte politica, se è vero che fosse assurdo illudersi che il regime giacobino della Repubblica Cisalpina, fondato su opinioni radicalmente contrarie alla retta ragione e alla fede cattolica, potesse garantire l'ordine e la libertà in modo conforme al Vangelo, è anche vero che, mantenendosi nei più la fede cattolica (altri tempi!), era opportuna una tolleranza ob torto collo nella speranza di mantenere il più possibile l'ordine pubblico; noi questo non lo possiamo apprezzare perché non siamo mai stati nel bel mezzo di una terrificante rivoluzione giacobina violenta sanguinaria e generalizzata, ma la tutela dei credenti più deboli doveva essere nell'animo di un Vescovo prima e a maggior ragione di un Papa dopo una molla molto forte per tentare una qualche mediazione pratica: ma mai di princìpi, e la lettura del testo del Vescovo Chiaramonti lo dimostra evidentemente, tanto che il Rohrbacher da storico autenticamente cattolico sentì il bisogno di riportarlo a scopi apologetici. Da Papa poi, una volta liberatosi dell'oppressione napoleonica, Pio VII ribadì chiaramente i princìpi cattolici e condannò quelli liberali.

      Molto ci sarebbe da dire, ma credo che lei, don Elia, farà da sé le opportune riflessioni con l'onestà intellettuale che la contraddistingue.

      Vincenzo

      Elimina
  11. Chi è il "portavoce pinocchiesco, ormai pensionato, che ha esaltato le nobili cause perseguite da un defunto propagatore di crimini e vizi"??
    Grzie.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. E' padre Federico Lombardi, che in quei termini ha ricordato, nel maggio scorso, il testè defunto Giacinto (detto Marco) Pannella.

      Elimina
  12. A proposito del concordato, traggo dalla vera Civiltà cattolica (non la sedicente Civiltà "cattolica" modernista odierna) anno 50° serie XVII vol. VIII Roma 1899 pag. 420-431 brani dall'articolo: «Nuovo importante documento sul concordato (1801)»:

    «(...) La congregazione, tenuta a' 3 di aprile dinanzi allo stesso Pio VII, riuscì, come vedemmo, alquanto varia e confusa per i varii pareri e discordi de' cardinali. Pio VII, il cui animo era penetrato dell'alta importanza di quelle trattative, ne rimase forte impressionato. Trepidando al pensiero del gran conto che ne dovrebbe rendere alla Cristianità e a Dio stesso, poichè in quel negozio era impegnato un supremo interesse della religione, attese subito a procacciarsi tutti que' mezzi che meglio lo rinfrancassero nel pericoloso cimento. Ricorse quindi per lume e consiglio al card. Leonardo Antonelli, e lo sollecitò a fargli una relazione chiara e precisa intorno a' punti più difficili della controversia. Obbedì il cardinale,
    e in tutta fretta, come dice egli stesso, distese la memoria che qui riferiamo con la data de' 7 di quell'aprile (1801), nel qual giorno la compose.» (...)
    ___________________

    «RELAZIONE DEL CARDINAL ANTONELLI AL S. P. PIO VII
    (7 aprile 1801).

    (...) Prima però di entrar nell'esame di questi tre punti, avrà ognuno probabilmente fatti alcuni riflessi importantissimi. Il primo è che la Santità Vostra non è in istato di chiedere, e di ottenere quello che vuole. Si bramerebbe molto, anzi tutto, ma pure è di mestieri di contentarsi di quello, che si può ottenere. Il secondo, che tutto quello che si riceve, non si riscuote a saldo, e nettampoco con una cessione di quello che si perde, o si rilascia. Per necessità si transige, si tollera e si fa un sacrificio non volontario, ma coatto in vista di un bene maggiore che compensa questo sacrificio. Il terzo che questo bene maggiore è il ristabilimento della religione cattolica in Francia. Questo bene è così grande, che non vi è sacrificio che sia di prezzo maggiore. La religione fu fondata sull'esinanimento del Figliuol di Dio; qual sacrificio più immenso di questo! Se dunque distrutta ove prima tanto fioriva può rigermogliare con qualche nostra perdita, chi potrà farne querela? Finalmente questo nuovo germe di religione che si getta in Francia, quantunque tra bronchi e spine, chi sà che un giorno non produca un frutto centuplo, e che sia quel granello di senapa, che sebben esile, e quasi invisibile cresce poi in un albero di smisurata grandezza, alla cui ombra si annida ogni sorta d'uccelli. Il terreno è per verità isterilito nel corso di questi infelici ultimi anni, e una e più bestie divoratrici hanno devastata la vigna, ma ciò non ostante vi è ancora qualche reliquia dell'antico seme, vi è qualche seme dell'antica coltura, vi è qualche pascolo non affatto indurato, e infecondo, che soffrirà volentieri l'aratro di una nuova coltura.
    La persecuzione santifica e non estingue i cristiani, e Iddio ricco di misericordia, ove più ha fatto sentire i flagelli di sua giustizia, là è più generoso a versare le sue celesti benedizioni.»

    E più avanti:

    «(...) bisogna assolutamente cancellare la libertà che si promette ad ogni culto, non potendo il Papa approvare colla sua sottoscrizione una tal massima. (...)»

    Vincenzo

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Riporto il parere del professor Massimo Viglione, storico e specialista dell'epoca.

      In realtà questa difesa a oltranza del Card. Chiaramonti non convince affatto e sa di clericalismo forzato oggi tanto diffuso. Anzitutto, il Chiaramonti al tempo della lettera circolare ai suoi fedeli era ancora cardinale e non papa; secondo, quando lui fa specifico riferimento al governo attuale, lo sta facendo a uno dei peggiori governi mai esistiti, nel senso del più profondo anticattolicesimo viscerale, laicismo becero e, soprattutto, tutt'altro che democratico, visto che era imposto con le armi dello straniero invasore, permetteva l'offesa continua ai sacramenti, ai santi, al clero, perfino le violenze a suore, oltre ai furti costanti nelle chiese e alle persone. Pertanto, non si vede proprio come si possa far passare tale sciocca leggerezza come necessaria strumentale opera di politica diocesana. Per affermare questo, bisogna non conoscere la storia del giacobinismo italiano, a partire da quello romagnolo. Il tutto mentre i cattolici veri insorgevano in armi per difendere la Chiesa, la fede, il clero stesso e pure il Chiramonti dai soprusi giacobini.
      Il Chiaramonti non sta facendo un discorso in generale, sulla scia dell'Aquinate, sui tre governi positivi accettati dalla Chiesa; sta difendendo esattamente quel governo specifico, come si evince chiaramente dalle sue stesse parole e questo è imperdonabile.
      Non solo: una volta papa, Pio VII perse il pelo ma non il vizio. Fu lui a firmare il concordato con Napoleone, avallando l'eresia liberale e laicista della parità e divisione tra Stato e Chiesa, poi condannata infallibilmente da Pio IX nel Sillabo. E ciò è riprovato dal fatto che lo stesso Pio VII, successivamente, redarguito dai suoi stessi cardinali e padri spirituali, condannò la sua stessa firma e ritrasse il suo consenso a quanto aveva comunque già firmato. Infine, non dimentichiamo che se ne andò fino a Parigi (e non certo in aereo o treno) per incoronare il Bonaparte, nuovo anti-Carlomagno della Rivoluzione Francese, peraltro, come noto, venendo pienamente umiliato da costui che gli strappò la corona di mano... Per poi finire, come sempre accade a chi si arrende al nemico, arrestato e perseguitato nonostante la sua stessa compiacenza.

      Elimina