Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 29 ottobre 2016


Adoratori del nulla


Pur conoscendo Dio, non l’hanno glorificato né confessato come Dio, ma hanno vaneggiato nei loro ragionamenti e si è ottenebrato il loro cuore insensato. Mentre si dichiaravano sapienti, sono diventati stolti (Rm 1, 21-22).

Il sussidio pubblicato, con largo anticipo, per la preghiera comune che dovrebbe aver luogo in Svezia il 31 ottobre prossimo (ma che stiamo chiedendo al Cuore immacolato di Maria di impedire) è un gioiello di formalismo modernista. Non vi si percepisce più la minima preoccupazione per la verità dei contenuti professati da cattolici e protestanti, ma unicamente un’ossessiva attenzione a salvaguardare le forme. Se d’altra parte ci si desse pensiero di quel che gli uni e gli altri credono o meno, si sarebbe ovviamente obbligati a riconoscere che non c’è affatto accordo; questo creerebbe non pochi imbarazzi all’indiscutibile volontà di incontrarsi, riconciliarsi e collaborare. Allora ci si lancia in ideologici balletti verbali per un equo trattamento di precedenza nel nominare questi o quelli, per un uso non discriminatorio del maschile e del femminile, per un carattere non vincolante dei testi proposti, così da lasciare spazio alla spontaneità e all’improvvisazione in un evento che è stato preparato da mesi e definito nei minimi dettagli…

A prescindere dalla realtà effettiva, è l’aspetto formale che bisogna incondizionatamente salvare, in un’ottemperanza cieca agli imperativi categorici di una correctness di facciata cui è indifferente il contenuto reale. Ecco allora che si invita a ringraziare Dio per i doni della Riforma senza nemmeno accennare quali siano: essa è una grazia per la Chiesa e su questo non si discute; che di fatto l’abbia divisa non conta nulla. Ecco allora che si chiede perdono per i torti e le colpe del passato, ma senza individuarli e senza alcuna puntualizzazione storica sulle rispettive responsabilità: l’importante è pentirsi pubblicamente di non meglio specificati peccati altrui, non certo dei propri peccati attuali. Ecco allora che si rinnova l’impegno – fosse qualcosa di concreto, finalmente! – di proseguire nel dialogo (leggi: decostruzione delle identità religiose) e di porsi insieme a servizio di poveri e migranti (leggi: sostenere l’invasione sul piano ideologico e pratico).

Sul fronte opposto, c’è chi pensa di combattere questa pianificata deriva con una riproposizione invariata della filosofia e teologia neoscolastica, quasi che nella Chiesa, dopo quell’epoca, non si fosse prodotto più nulla di valido e di serio. Apparentemente imbattibili nelle loro argomentazioni tanto serrate quanto dotte, i paladini della conservazione sembrano convinti che ogni evoluzione socio-culturale equivalga ad una degenerazione e che sarebbe sufficiente, per rimediare a tutto, restaurare un sistema politico-ecclesiastico che per la verità, in quella forma ideale, storicamente non è mai esistito. Inutile tentare di aprire un dibattito in proposito: a colpi di sillogismi e bordate erudite, l’obiettore sarà inesorabilmente ridotto al silenzio o costretto ad accettare una visione del reale quanto meno improbabile, visto che su molti e importanti dettagli i suoi difensori sono spesso in disaccordo persino fra loro, accanendosi in accese diatribe senza via d’uscita.

Senza nulla togliere ai meriti di san Tommaso d’Aquino e dei suoi migliori commentatori, non si può firmare un assegno in bianco su qualsiasi conclusione teologica o morale che si ammanti della loro autorità. Nonostante le numerose acquisizioni irreversibili che dobbiamo loro, inoltre, non esiste comunque un sistema di pensiero perfetto, a maggior ragione se il suo oggetto è Dio. La rivelazione divina e la vocazione umana hanno un carattere soprannaturale; questo non è soltanto una parola, ma una realtà che ci supera all’infinito. Un sistema teologico che pretendesse di essere perfetto e autosufficiente cadrebbe nello stesso errore di fondo che si rimprovera alle filosofie contemporanee: quello di prodursi come costruzioni intellettuali che si giustificano da sé senza bisogno di alcun fondamento che le trascenda, ma che hanno perso il contatto con l’evidenza del reale. I sistemi filosofici moderni hanno generato mostri come Robespierre, Lenin, Hitler, Stalin, Mao, Pol-pot… Analogamente, gli eccessi speculativi della tarda scolastica degenerarono nel nominalismo, senza il quale un Lutero e un Calvino non si sarebbero mai potuti imporre.

È ovvio che nessun neoscolastico estremista ammetterà mai di negare praticamente la trascendenza divina, ma di fatto c’è una forte probabilità che non stia facendo altro che giocare con le parole e i concetti astratti. Il suo edificio intellettuale assomiglia molto ad un magnifico castello di cristallo che, oltre ad essere terribilmente fragile, lascia intravedere al proprio interno… il vuoto. Che Dio effettivamente esista o non esista, al limite, può risultare del tutto secondario, se non irrilevante: ciò che egli adora è il suo sistema concettuale, dietro il quale potrebbe pure nascondersi il nulla. Se quell’acuto speculatore non ha mai fremuto di sgomento e desiderio nell’irruzione della presenza divina, se il fuoco della Scrittura o la vampa dell’Eucaristia lo lascian gelido come il ghiaccio, se la sublimità dei riti lo annoia e stanca, a meno che non valga a nutrirne l’orgogliosa prosopopea… c’è il rischio che egli non sia altro che un abile sofista.

Ma cos’avrà mai in comune con coloro che combatte, apparentemente così diversi? Anch’essi, in fondo, adorano il nulla, mascherato però non da una costruzione teologica fossilizzata, bensì da un raffinato sistema intellettuale che prende a fondamento Kant, Hegel, Marx, Nietzsche, Wittgenstein, Adorno… È naturale che il secondo piaccia di più ai controllori del pensiero collettivo e ai magnati dell’editoria, divenendo così maggioritario; ma dietro non c’è niente – e non dev’esserci niente, altrimenti qualcuno potrebbe ricominciare a porsi domande e a pensare veramente, stufo delle risposte preconfezionate che gli sono propinate da una parte e dall’altra. D’accordo, quelle fornite da una scuola di pensiero tradizionalista saranno generalmente più sicure, mentre le eventuali deformazioni non toccheranno mai i livelli di assurdità delle idee propagandate dalla dittatura del relativismo; ma proprio l’abituale affidabilità della prima può rendere le sue trappole più insidiose. Chi, per uscire dal pelago dell’incultura attuale, si è lasciato mentalmente decostruire per acquisire un pensiero integralista, che farà quando resterà deluso pure da quello? A che potrà ancora aggrapparsi per rimettersi intellettualmente in piedi?

Quanti pericoli, Signore, in questa Chiesa confusa! La ricerca dell’unione con Te, a quanto pare, non interessa più a nessuno o quasi; le esperienze e le dottrine dei Santi stanno bene sui libri, come oggetto di studio accademico o risorsa di battaglie apologetiche: ma, quanto a poterle rivivere, gli uni diranno che i tempi sono cambiati, gli altri che occorre guardarsi dall’orgoglio e dall’illusione. Da una parte sproloquiano con l’ideologia della mistica politica, dall’altra mi tarpano le ali con l’osservanza materiale di pratiche e devozioni. I mistici del passato non sarebbero andati molto lontano, con queste premesse, e non hanno comunque avuto vita facile: basti pensare a Padre Pio, assediato tra i positivisti che lo accusavano di isteria e i legalisti che volevano obbligarlo a celebrare in mezz’ora. «Ma cchist’ so’ ppazz’…», avrà borbottato ogni tanto con il suo umorismo sapiente. A parte gli scherzi, è l’esperienza del Tuo mistero, Gesù, che mantiene la mente e il cuore sulla retta via; ci vuole un’adesione vitale alla Tua realtà.

Per non essere scomunicato come modernista, preciso che questa esperienza, per essere autentica, non può certo prescindere dalla sana dottrina, dallo stato di grazia e dalla comunione gerarchica del Corpo mistico. È proprio quest’ultima che, oggi, risulta particolarmente problematica: molti Pastori non sono più affidabili, anzi hanno spesso bisogno di farsi redarguire dai fedeli. Manteniamoci allora uniti ai successori degli Apostoli nella misura in cui esercitano il ministero in modo retto e fedele, riconoscendo nelle loro persone, al di là dei limiti individuali, la funzione divina che hanno ricevuto. Quando, di principio o di fatto, ci si pone fuori della comunione ecclesiale, alla lunga le deviazioni sono inevitabili, per quanto si protesti fedeltà alla Tradizione, e si finisce per smentire ciò che si pretende di difendere. Noi vogliam Dio, come si cantava un tempo: non la funzione di un sistema di pensiero, ma il Dio vivente che ci chiama a condividere – e già ora può farci pregustare – la Sua eterna beatitudine d’amore.
 

sabato 22 ottobre 2016


Farisei luterani


Guardatevi dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia (Lc 12, 1).

Ipocrita, in greco, significa attore. Qualcuno che recita una parte. C’è chi recita scrupolosamente una parte scritta, trasmessa dai testi antichi, senza aderirvi pienamente e rimanendo così estraneo al mistero. C’è pure chi improvvisa la sua parte sostenendo che si tratterebbe di quella originale (che la tradizione dei dottori avrebbe deformato), non si sa come ritrovata intatta da pretesi “riformatori”. Ma chi si oppone alla forma in nome di una ri-forma costruita su misura cade nello stesso errore: il formalismo di un pensiero che ingabbia la trascendente realtà divina. Ogni discorso su Dio – che si vada in senso integralista o in senso modernista – si dissolve così in un nominalismo astratto in cui si gioca con le parole, dimentichi della realtà effettiva.

Poco importa che l’apparenza della nuova forma si presenti volutamente informe: sotto la ricercata scompostezza di una tenuta sciatta e di discorsi sconnessi, si cela infatti la ferrea determinazione di imporre un nuovo ordine globale a cui la nuova “religione” deve fungere da anima: a chao ordo, secondo il noto motto dei franchi muratori – ma si tratta di un “ordine” satanico. Così quella che è la madre di tutte le rivoluzioni, di cui si apprestano a celebrare il quinto centenario come di un evento fausto e memorabile, giunge oggi a piena maturazione grazie ai protestanti e ai giacobini che, infiltratisi nella Chiesa Cattolica, ne hanno occupato i centri pensanti e decisionali: deformando il pensiero teologico, hanno deformato gli uomini che avrebbero occupato le sedi del potere.

Il virus del soggettivismo, dopo aver fatto irruzione sulla scena europea con il principio del libero esame delle Sacre Scritture, ha attaccato il realismo metafisico e il pensiero classico in genere, sostituendo poi la dottrina morale con la teoria degli imperativi categorici dettati dalla coscienza individuale (che, giustificata per la sola fede, si ritiene esonerata dalla legge) e la dottrina politica dello Stato cristiano con l’ideologia dei diritti dell’uomo, in nome dei quali sono stati massacrati milioni di esseri umani: la lotta per la “liberazione” dei popoli ha causato i peggiori genocidi della storia e prodotto i sistemi più oppressivi di cui si abbia memoria. Ma tutto questo era ancora poco in confronto all’odierno controllo digitale e ad una sistematica deformazione delle coscienze che non è mai stata così invasiva e capillare, fino al punto di legittimare lo sterminio dei non nati.

In questo quadro, rapidamente abbozzato, si può tentare di dare una spiegazione a ciò che appare a prima vista inspiegabile: che un buffo signore, messo dagli intrighi di pochi a capo della più potente organizzazione religiosa al mondo (perché questo è quel che rimane, se si tolgon la fede e la grazia), si accanisca a demolire tutto ciò che costituisce la sua eredità millenaria e ne garantisce la tenuta perenne, trattandola da struttura meramente umana a servizio di uno scopo estrinseco. Proprio di questo tipo, in realtà, è la strategia adottata da quei liquidatori che vengono nominati allo scopo di rovinare un’impresa per farla assorbire da una società concorrente. Qui si tratta però dell’unica vera religione, che dovrebbe perdere ogni specificità esclusiva per potersi fondere con le altre ed essere asservita al governo mondiale che si sta preparando.

Bisogna pur dare atto a tale personaggio che sta recitando la sua parte con grande abilità in rapporto al fine perseguito; ultimo, in ordine di tempo, dei principali attori della forzata sottomissione della Chiesa al mondo, nell’universale silenzio con cui attonita la terra al nunzio stava – pur non essendo egli ancora morto – avanzava incontrastato nella realizzazione del programma. Quasi nessuno, fosse pure cardinale o vescovo, osava fiatare di fronte alle quotidiane, scandalose esternazioni del tiranno, finché un manipolo sparso di sacerdoti e fedeli è riuscito a forare la cappa della censura e ad ottenere un’insperata quanto gradita pubblicità dai suoi stessi avversari. Le repellenti etichette di apocalittici ultraconservatori non fanno effetto se non sui citrulli; il lettore incuriosito si precipita a verificare di persona che c’è scritto nei siti proscritti dal regime e, se non è del tutto decerebrato, è colpito da valutazioni indipendenti che non trova certo nell’informazione controllata dai magnati. Fantastico autogol, complimenti!

Non so se si può fissare una graduatoria delle migliori amicizie del nuovo profeta: se vengano prima gli ebrei dei grandi abbracci, che a tutto spiano innalzano quei muri che ossessivamente afferma di odiare tanto, o i pentecostali che, a suon di dollari massonici, strappano milioni di fedeli alla Chiesa Cattolica e pare abbiano stregato perfino lui, o i protestanti classici che, pur rivendicando assoluta fedeltà alla sola Scrittura, ammettono poi tranquillamente divorzio, aborto, sodomia, contraccezione, eugenetica e quant’altro. Certo è in compagnia di questi ultimi che, il 15 novembre dell’anno scorso, ha dato il meglio di sé, concentrando in poche, devastanti battute – sulle quali occorre ritornare il vista del prossimo 31 ottobre – una serie sbalorditiva di colossali eresie che dimostrano nei fatti, al di là delle puntigliose controversie circa la validità dell’elezione, che cotanto personaggio non gode affatto di quell’assistenza dello Spirito Santo che per divina costituzione è legata al suo ufficio.

Tralasciamo il fatto che il Papa non è un parroco: lo sa anche un bambino, c’è una bella differenza! Sorvoliamo sull’implicita ammissione di chi, visitando un carcere, si sente peccatore tanto quanto i delinquenti che vi sono rinchiusi e pensa di non trovarcisi soltanto grazie all’amore di Colui che l’ha salvato (ma che, a quanto pare, non ha salvato loro e senza il quale, quindi, saremmo tutti in galera). Evitiamo lo scoglio della pretestuosa incapacità di rispondere – da supremo garante, quale dovrebbe essere, della verità rivelata! – ad un semplice quesito dogmatico-canonico come quello dell’intercomunione, la cui soluzione è demandata all’illegittimo “magistero” parallelo dei teologi, implicitamente riconosciuto come superiore a un Magistero che non dà più risposte certe, ma instilla nella mente dei fedeli false certezze, lasciando che, sulle scelte da fare, ognuno si dia da sé la risposta che preferisce: «Vedete voi». Veniamo dunque agli aberranti dettagli.

Lasciando intendere che cattolici e luterani possano condividere la Cena del Signore, il de quo non osa tuttavia autorizzare tale prassi perché, a suo dire, non ne avrebbe la competenza (e chi, nel caso, dovrebbe averla sulla terra, al di sopra di lui?). Il fatto è che non parliamo affatto dello stesso rito: la Messa cattolica non è la Cena protestante. Noi cattolici non ci limitiamo a ricordare e imitare la stessa cosa che ha fatto Gesù, ma partecipiamo al Sacrificio incruento con cui Egli stesso, mediante il ministro ordinato, attualizza quello cruento della Croce, in espiazione dei nostri peccati e a gloria di Dio Padre. I protestanti, non avendo il sacramento dell’Ordine sacro, mangiano un semplice pezzo di pane; noi mangiamo, sotto la specie del pane, Gesù Cristo in corpo, sangue, anima e divinità, immolato sulla Croce, risorto da morte e asceso al cielo. La presenza di Gesù nella santa Eucaristia, poi, non dipende dalle convinzioni soggettive dei fedeli, ma è un fatto oggettivo che prescinde dalla fede individuale; un protestante, di conseguenza, si illude che durante la Cena Egli sia presente nel pane (e in qual modo? Soltanto perché il fedele lo crede?). La differenza tra la Cena e la Messa non è quindi una questione di spiegazioni o interpretazioni, ma è sostanziale: quel pane è o non è, a livello metafisico, il Corpo di Cristo.

«Se abbiamo lo stesso Battesimo dobbiamo camminare insieme». Ma il Battesimo suppone la fede, e i protestanti non hanno la nostra stessa fede; è un fatto innegabile che ha una portata decisiva: camminiamo su strade diverse. Basti pensare a quello che è pur ritenuto un punto in comune: la dottrina della giustificazione per grazia; il fatto è che non abbiamo la medesima nozione né della giustificazione né della grazia. La giustificazione forense dei protestanti è un’idea formale che non cambia nulla nel peccatore, ma gli appiccica addosso una giustizia nominale che lo lascia com’è sul piano ontologico; la vera giustificazione è invece un reale rinnovamento dell’anima che la rende di nuovo capace di comunicare alla vita divina e la santifica nell’essere, traducendosi poi nell’agire. La grazia non è quindi una mera copertura dello stato peccaminoso che lo nasconderebbe agli occhi di Dio, ma una comunicazione della Sua stessa santità, che trasforma interiormente l’uomo che non vi frapponga ostacoli. La fede che salva non è autoconvincimento volontaristico, ma virtù teologale infusa dallo Spirito Santo in chi, acconsentendo alle Sue ispirazioni, aderisce alla parola di verità predicata dalla Chiesa. Di conseguenza, non c’è equivalenza tra chiedere perdono a Dio come fa un protestante (e ormai pure tanti cattolici ignoranti) e ricevere l’assoluzione dal sacerdote, la quale è invece indispensabile per riacquistare lo stato di grazia perso con un peccato mortale.

La diverse dottrine («parola difficile da capire»: per quale ragione? Perché non gli piace?) cattolica e protestante risultano così due lingue interscambiabili per dire chi è Gesù e che cosa ha fatto per noi, mentre le scelte morali sarebbero alla fine «un problema a cui ognuno deve rispondere». L’unica questione che conta davvero rimane il servizio dei poveri, che oscura tutto il resto della vita cristiana – compresa la Messa e il catechismo – rendendolo perfettamente irrilevante. In questa demoniaca superbia di fare il bene senza la guida della verità e l’ausilio della grazia si manifesta proprio quella «fantasia di diventare come Dio» che l’improvvisato oratore, spostando come al solito l’attenzione altrove, ravvisa invece nella volontà di erigere muri per affermare il proprio potere escludendo gli altri. Esegeticamente ineccepibile! Il racconto biblico parla piuttosto di una torre con cui l’uomo voleva toccare il cielo e farsi un nome (cf. Gen 11, 4).

Come può riconoscere chiunque abbia l’uso di ragione, un comportamento buono suppone una retta conoscenza; convinzioni errate si traducono inevitabilmente in azioni cattive. Proprio per questo nella Chiesa esiste il Magistero, mediante il quale Cristo continua a guidare e istruire il Suo popolo. Ora, come si possono considerare legittime opinioni in totale opposizione al Magistero cattolico? Due dottrine contraddittorie non possono essere entrambe vere: devono essere necessariamente vera l’una e l’altra falsa. Lo scomodo principio di non-contraddizione (uno dei fondamenti della logica, che pur ci è noto da quasi due millenni e mezzo) è allora olimpicamente cassato con quello – inedito – della diversità riconciliata, peraltro non ulteriormente spiegato. Con ripetuti calci alla ragione e alla fede, il leader mondiale che non sa rispondere alle domande più banali si è fatto effettivamente un nome mettendosi al posto di Dio e abolendo la Sua legge.

La nuova, informe forma che si vuol dare al cristianesimo corrisponde perfettamente ai criteri di quel protestantesimo liberale (accolto in casa cattolica come modernismo in tutte le sue salse) che è la somma di tutte le aberrazioni rivoluzionarie degli ultimi otto secoli (includendo quelle di catari, valdesi, spirituali, gioachimiti, hussiti e compagnia come prodromi della rivolta luterana). Non è questa la sede per una ricerca approfondita di una loro matrice comune; molti elementi fanno però propendere per quei farisei propriamente detti che oggi finanziano quelle sètte fondamentaliste che si son date il nome di free churches. Poco importa che siano dottrinalmente agli antipodi: la verità non conta nulla, è proprio la confusione che deve regnare incontrastata, in un unico, grande, ipocrita abbraccio che narcotizzi le folle, estenuate dalla crisi economica e angosciate dalla minaccia terroristica, con un’illusione di amore e di pace personificata da un’immagine mistificatoria del Santo di Assisi. Conclusione: guardatevi da questi pessimi attori.


Novena per il 31 ottobre
(e per ogni volta che serve)

Non c’è differenza per il Cielo
tra il salvare per mezzo di molti e il salvare per mezzo di pochi,
perché la vittoria in guerra non dipende dalla moltitudine delle forze,
ma è dal Cielo che viene l’aiuto (1 Mac 3, 18-19).
Tu che, riparando ogni cosa con i tuoi meriti,
sei divenuta Madre e Signora di tutto,
Tu che, per il singolare concorso prestato alla nostra redenzione,
sei vera Regina del mondo,
Tu che, intimamente associata all’opera dell’umana salvezza,
frutto del Tuo olocausto d’amore fuso all’immolazione espiatoria del Cristo,
ci doni con Lui e da Lui la vita divina,
accogli nel Tuo Cuore immacolato la supplica dei figli in balìa della tempesta
e trasmettila ben più perfetta e potente al Sacro Cuore del Figlio Tuo.
Tu conosci i disegni degli empi penetrati nel Santuario di Dio
per trasformarlo, se mai possibile, in tempio del diavolo.
Tu ci hai messi in guardia dalle insidie in cui saremmo caduti
se non avessimo ascoltato i Tuoi ripetuti richiami.
Oggi veniamo a prostrarci ai Tuoi piedi
implorando perdono per tanta inerzia e tiepidezza,
ma confidando al contempo nella paziente bontà del Tuo Cuore di Madre,
per il quale non è mai troppo tardi.
Impedisci d’ora in poi ogni sacrilego incontro
tra chi dovrebbe rappresentare Tuo Figlio
e quelli che in vaste regioni del mondo ne hanno sedotto i fedeli,
separando dal Suo mistico Corpo tante membra, redente dal Suo Sangue prezioso,
con dottrine perverse che falsificano la Sua Parola di verità.
Disperdi con il Tuo scettro regale
tutti i demòni che nella notte di una vigilia santa
saranno stoltamente evocati da chi rifiuta la luce divina,
non più trattenuti da chi, pur avendo missione di istruire e difendere,
preferisce tacere e nascondersi, abbandonando le pecore ai lupi.
Schiaccia sotto il Tuo calcagno la superbia di Satana e dei suoi cultori,
che si tratti di eretici, traditori o ignari gaudenti.
Manda i Tuoi santi Angeli a nostra difesa e protezione,
suscita ardenti e coraggiosi araldi del Vangelo,
rianima i cuori dei Tuoi figli devoti:
che quel giorno non sia ricordato
se non per la Consacrazione del mondo al Tuo Cuore immacolato,
in attesa che Gli sia apertamente consacrata la nazione
che hai scelto in vista del Tuo annunciato trionfo,
Maria!

(da recitare al termine del santo Rosario)

sabato 15 ottobre 2016


La lucida follia di un materialista


Per follia si intende generalmente una patologia psichiatrica. Qualora non si sia in presenza di un disturbo del genere, il termine può estendersi a quell’obnubilamento della ragione che è causato da un orientamento di pensiero perverso, ovvero da un’ideologia. La forma mentis di un materialista, a lungo andare, induce una vera e propria distorsione mentale che si manifesta poi in affermazioni palesemente assurde, non riconducibili però ad una deficienza patologica, bensì ad una forma di demenza lucida, che non impedisce l’uso abituale delle facoltà intellettuali, ma lo distorce nei suoi procedimenti e lo falsa nelle sue conclusioni, le quali risulteranno come minimo contraddittorie. Ci sono certamente tanti, anche fra i cattolici, per i quali questo non costituisce affatto un problema; per chi invece non vuole rinunciare alla ragionevolezza, lo è eccome. Per non rimanere nell’astratto, ricorriamo ad esempi concreti, anche se preferiremmo di gran lunga dedicarci a cose più elevate; ma l’emergenza ci obbliga ad occuparci anche di questo.

La ricerca dell’unità visibile fra i cristiani (il cosiddetto ecumenismo) richiede necessariamente che si prendano in considerazione gli elementi che li dividono onde poterli superare, non tanto con il dialogo (come se la verità rivelata e la costituzione divina della Chiesa fossero soggette a dibattiti e accordi umani), ma con il riconoscimento degli errori storici e dottrinali e con la loro risoluzione. Se qualcuno sostiene che «il cammino della dottrina […] è l’ultima cosa», a cui «si arriverà alla fine», perché il cammino dell’ecumenismo consisterebbe unicamente nel lavorare insieme per poveri e migranti, non si vede più a che serva la fede. L’appartenenza a questa o quella confessione, con tali premesse, è del tutto irrilevante, come pure quella ad una religione o a un’altra, il credere in Dio o l’essere atei: basta fare «qualcosa di bene per gli altri, insieme» (possibilmente nel senso del Piano Kalergi e del nuovo ordine mondiale).

Come ottenere la pace? È semplice: con un dialogo sincero e i negoziati; se questo non bastasse, si va insieme all’Aja, mano nella mano, per «sottomettersi al giudizio internazionale» pronunciato da una delle massime istituzioni mondialiste. Di giudizio divino, manco a parlarne: il Padre eterno è un vecchietto bonaccione che chiude gli occhi su qualsiasi cosa. La regalità sociale di Cristo, poi, è roba da anteguerra: secondo il mantra dell’inganno rivoluzionario, «il popolo è sovrano» (ripetuto almeno tre volte, inframmezzato due volte da «Tutto dipende da quello che dirà il popolo» e dalla duplice menzione della «sovranità del popolo»). È esattamente il concetto su cui si fondano le repubbliche popolari comuniste… Chiedetelo a un cinese – sempre che non si tratti di una spia. Se quello dell’emporio sotto casa non parla italiano, pazienza: domanda di riserva, potrete chiedere al parroco se c’è qualcosa, in questo mondo, che dipenda dal buon Dio e se, nella Chiesa, c’è ancora posto per Lui; dalla società sappiamo tutti che è stato bandito da tempo. Se, in un contesto simile, mi si raccomanda di pregare per la pace, non vedo a che possa servire.

«Il matrimonio è immagine di Dio, uomo e donna in una sola carne. Quando si distrugge questo, si “sporca” o si sfigura l’immagine di Dio». Ottimo. Ma poi arrivano i problemi, che «si risolvono con quattro criteri: accogliere le famiglie ferite, accompagnare, discernere ogni caso e integrare, rifare. […] Si capisce così?». Purtroppo no – e una lettura completa del mattone sulla gioia dell’amore non aiuta comunque a chiarirsi le idee. Basterebbe chiedersi come mai esistano le cosiddette famiglie ferite e rammentare ai cattolici che non possono divorziare: è meglio prevenire il male che curarlo (sempre ammesso che la pretesa cura sia efficace), ma sulla prevenzione nemmeno una parola. Sarebbe altresì auspicabile che i termini fossero spiegati e tradotti in disposizioni concrete: che significa, per esempio, «integrare, rifare»? Sarebbe tutto qui il frutto della Redenzione? Un’ipocrita copertura del peccato piuttosto che la trasformazione del peccatore in giusto con l’emendazione delle colpe e la correzione dello stato di vita? Pare proprio di sì: il principio c’è, apparentemente nessuno lo nega; ma siccome ci sono anche i peccati, come fare? Copriamo tutto con l’idea di giustizia di san Lutero. Piacerebbe anche a Hegel: tesi biblica sul matrimonio, antitesi storica del divorzio, sintesi gnostica con la “misericordia”, che salva capra e cavoli. Bah!

Visto che non si era ancora raggiunto l’apice della contraddittorietà, bisognava spendere una parola sull’omosessualità (termine peraltro già contraddittorio in sé, visto che l’esercizio della sessualità richiede necessariamente l’incontro di due identità sessuali distinte e complementari, altrimenti si scade a meri atti impuri contro natura). La teoria del gender è una «colonizzazione ideologica», l’indottrinamento dei bambini una «cattiveria», ma «una cosa è che una persona abbia questa tendenza, questa opzione – e c’è anche chi cambia il sesso – e un’altra cosa è fare l’insegnamento nelle scuole su questa linea, per cambiare la mentalità». «Dalle tue stesse parole ti giudico, servo malvagio» (Lc 19, 22): hai appena affermato il principio portante dell’ideologia del genere, che cioè l’identità sessuale sia un’opzione; per questo sarebbe lecito modificarla e, di conseguenza, sarebbe obbligatorio essere comprensivi con chi lo fa. Peccato che questa assurda aspirazione sia di fatto doppiamente impossibile: a livello metafisico, perché nell’istante del concepimento Dio infonde nell’embrione un’anima dotata di identità sessuata; a livello fisico, perché non basta intervenire sulla morfologia degli organi di riproduzione, dato che la determinazione del sesso comprende una serie di fattori che rendono la realtà ben più complessa.

Se le colossali sciocchezze sciorinate dall’oratore volante siano frutto di malizia o di abissale ignoranza crassa, lo lasciamo discernere al Signore; certo è che qualunque scienziato o teologo serio si fa grasse risate a sentirle. Non è possibile essere realmente una donna se si ha un corpo maschile né viceversa: chi ha una percezione soggettiva della propria identità sessuale in contrasto con la realtà oggettiva soffre semplicemente di un disturbo della personalità che si può curare. Chi soffre di disturbi ormonali può ugualmente essere curato; chi ha subìto traumi e non riesce a gestire comportamenti compulsivi può essere aiutato a liberarsene con il concorso della scienza e della grazia. Continueremo a dirlo, a scriverlo e a gridarlo dai tetti a dispetto di qualsiasi legge umana che pretendesse di impedircelo: temiamo il giudizio di Dio, non quello di morti nello spirito che si sono messi al servizio dei poteri occulti e stanno sprofondando all’Inferno senza neanche accorgersene – ma trascinando con sé il nostro amato Paese.

Per tornare al loro megafono ecclesiastico, non è vero che «la vita è la vita e le cose si devono prendere come vengono»: è l’espressione del più puro qualunquismo relativistico, che condanna le persone a rimanere prigioniere della loro sofferenza per tutta la vita in questo mondo, con il rischio di dannarsi eternamente nell’altra. Proprio chi, con implicito rimprovero, richiama a stare «attenti a non dire: “È tutto lo stesso”» crea un’enorme confusione su un «problema morale» delicatissimo, che a suo dire «si deve risolvere come si può», quando invece è già stato pienamente risolto dal Magistero. In questa pacchiana mistificazione egli osa pararsi in modo blasfemo con l’autorità di Gesù, il quale, anziché guarire i malati, chiamare i peccatori a conversione e liberarli dalle loro condotte perverse, avrebbe fatto come lui: ricevere in udienza privata, con una risonanza mediatica mondiale, una donna trasformata esteriormente in uomo e accompagnata da un’altra donna con cui si è congiunta civilmente. Risulta a qualcuno che duemila anni fa avvenissero cose del genere? o che Cristo avrebbe benedetto un simile abominio?

Ci fermiamo qui per non aggravare lo scandalo. Ci limitiamo a concludere che, se l’unico compito dei cristiani è servire migranti indotti senza porsi domande sulle cause, se la pace è garantita da negoziati e tribunali massonici senza bisogno della signoria di Cristo, se la sovranità appartiene al popolo manipolato da chi promuove divorzio, aborto, eutanasia, omosessualismo, contraccezione e fecondazione artificiale, se l’identità dell’essere umano è alla mercè di fantasie farneticanti, se i Comandamenti divini devono cedere il passo al politicamente corretto… la Chiesa Cattolica deve essersi trasformata in un’agenzia dell’ONU, il cui presidente parla da materialista ateo e collabora con i poteri forti che controllano il mondo. In quanto tale, può pure definirsi «un povero peccatore come gli altri»: se se lo dice da sé, non abbiamo certo intenzione di smentirlo. Il fatto è che – costi quel che costi – vogliamo rimanere cattolici, membri del Corpo mistico uniti al Capo e guidati con sicurezza da un Suo vicario affidabile e degno. Non ci rimane che pregare perché il Signore, nonostante i nostri peccati e la nostra tiepidezza, ce lo ridoni il prima possibile.
 

sabato 8 ottobre 2016


Nella tana del lupo


Ecce crucem Domini: fugite, partes adversae! Vicit leo de tribu Iuda, radix David.

Di per sé è uno dei luoghi più santi della terra e dei più significativi per la fede cattolica. Dio ha però permesso che diventasse – temporaneamente – la sede del falso profeta e dei suoi cortigiani, controllata dalla dittatura degli ecclesiastici in grembiulino, ovvero dalle cordate di sodomiti dediti al culto di Satana. Le tombe di tanti Pontefici santi o beati fanno da scudo, malgrado tutto, alla pioggia mefitica di demòni che Leone XIII vide abbattersi sull’edificio. Nonostante la maledizione ruttata da un maomettano proprio nei giardini adiacenti, appena due anni fa, quel luogo custodisce la sacra memoria dei primi martiri romani, nonché quella della suprema testimonianza resa a Cristo dal loro primo Vescovo, Pastore universale e Roccia della fede. È stato dunque giusto e doveroso riappropriarsene simbolicamente, lo scorso 4 giugno, compiendovi un atto riparatorio e impetratorio al tempo stesso a nome di tutta la Chiesa, questa povera Chiesa terrena sconvolta dall’apostasia ormai sempre meno latente e sempre più conclamata.

Tutti i traditori camuffati stanno mollando i freni, dal mondano segretario che pochi mesi fa, senza alcun riguardo per quanto stabilito una volta per tutte dal Figlio di Dio, tra una partita a tennis e una festa in discoteca ha promulgato una nuova visione bipartita del papato, al portavoce pinocchiesco, ormai pensionato, che ha esaltato le nobili cause perseguite da un defunto propagatore di crimini e vizi; dal “vescovo dei poveri” che l’ha visitato moribondo senza indurlo almeno alla penitenza finale, ai parroci invasati che non solo spingono i pubblici concubini al sacro banchetto, ma incitano i fedeli a peccare ancor di più: secondo la nuova dottrina, più grossi e numerosi sono i peccati, più il Signore è contento di noi e abita volentieri nelle anime. Una semplice costatazione si impone: non vogliono più saperne della verità cristiana; perciò l’hanno sostituita con una sgangherata teoria che offende, prima ancora della fede, il raziocinio (almeno in chi si ostina a farne uso).

Certo, si rischia di scadere nella maldicenza e di mancare alla carità, nonché di amplificare gli scandali. Ma come non rilevare che molti di questi “profetici” innovatori sono ottimi amici del mondo che conta, di quello, cioè, che vive in totale contraddizione al Vangelo e si adopera in ogni modo a pervertire la società? Il prelato proveniente dalla comunità trasteverina che organizza incontri interreligiosi lavora evidentemente per la stessa causa dell’amico recentemente passato all’altra vita, visto come ha caldeggiato il riconoscimento legale delle “unioni” tra persone dello stesso sesso. Dove sarà finito, fra l’altro, il fiume di denaro della diocesi umbra che ha amministrato dilapidandone l’intero patrimonio immobiliare (compreso quello vincolato da volontà testamentaria) e lasciando dietro di sé, per giunta, una voragine di trenta milioni spariti nel nulla, per la quale è sotto indagine? E che fine avran fatto i beni della comunità terapeutica impiantata sul suo territorio, dopo l’eliminazione del fondatore ottenuta con un’accusa infamante?

Come se li saranno spartiti, tutti quei soldi, con la holding finanziaria dei radicali? Del resto la nota organizzazione di volontariato, a forza di distribuire preservativi nel Terzo Mondo, è diventata una potenza politica ed economica a livello planetario, al punto che il fondatore è stato ministro nel governo presieduto dall’uomo della Trilaterale. A suo tempo – si dice – il Papa venuto da lontano era giunto alla decisione di scomunicarli (a ragione, visto che sono di fatto protestanti e massoni), se l’onnipotente segretario particolare, poi succedutogli sulla cattedra in patria, non fosse intervenuto per difenderli, così come ha sempre appoggiato, in modo più che decisivo, la giudaizzante setta dei neocatacombali. I soldi degli uni e degli altri, a quanto pare, hanno appianato ogni controversia, per non parlare di quelli inviati in Argentina per preparare l’ascesa del nuovo cavallo vincente tirandolo fuori dalla città della pampa in cui l’aveva relegato la depressione e spedendolo in Germania a farsi riformattare… Ci vuole un bello stomaco per sopportare tutto questo senza cedere ai conati.

Un altro presule della stessa covata presiede ora, guarda caso, una delle diocesi più grasse d’Italia, che per lascito possiede nientemeno che una florida industria di cancelli automatici. Data l’urgenza pastorale di costruirvi una moschea, i primi beneficiari potrebbero esserne i suoi fedeli musulmani, oltre i ben noti produttori di condom. E poi, visto che la povertà è un valore e va quindi incentivata, bisogna prodigarsi a foraggiare tutti quei baldi giovani che, al prezzo di migliaia di dollari ed equipaggiati della tecnologia più recente, scappano dalla miseria africana e, giunti sul nostro patrio suolo, son costretti a fronteggiare istituzioni civili che si limitano a fornire vitto, alloggio e paga giornaliera a gente che non fa un bel nulla e scorrazza indisturbata sul territorio nazionale, mentre un disoccupato italiano deve sentirsi dire, all’ufficio di collocamento, che i pochi posti disponibili sono per i poveri immigrati… Le associazioni dedite all’accoglienza, d’altra parte, trattengono per sé ciò che non spendono dei sovvenzionamenti ricevuti dal governo; conviene cercare impiego da loro, purché si sposi l’ideologia dell’integrazione e della multiculturalità.

Veramente un diluvio di misericordia per tutti, uno straripamento così veemente che chi scrive, tra poco, ne sarà investito in pieno. Niente paura: chi si è rifugiato nel Cuore immacolato della Madre di Dio è al riparo di una fortezza inespugnabile. Per questo ci siamo consacrati a Lei nel giorno stesso in cui lo si celebra, anche per ottenere che il piccolo resto fedele rimanga irremovibilmente piantato sulla Roccia perenne stabilita da Cristo, incurante del rompicapo dell’uno, due o nessuno. Nel luogo della sua sede bisogna ripetere continuamente l’esorcismo scolpito sulla pietra che regge, al centro delle braccia aperte, un monumento sottratto all’impura superstizione egizia e sottoposto alla salvifica Croce. Sono i nemici invisibili che bisogna attaccare, pur con tutta l’umiltà possibile e guardandosi bene dalla vanagloria. Dopo la consacrazione in San Pietro, in effetti, turbe di demòni hanno aggredito per settimane il promotore dell’evento. Beata incoscienza di chi si butta a corpo morto nelle mani del Signore perché faccia di lui quel che vuole!

Audaces Providentia iuvat, per parafrasare l’antico adagio latino. È pur vero che le iniziative audaci si pagano salate, ma Gesù permette anche questo per un bene superiore; se non altro, ci insegna con i fatti ad assicurarci prima adeguate protezioni spirituali: non ci manda mica allo sbaraglio. È ora di scendere in guerra con il passaggio non del Piave né del Rubicone, bensì del Tevere, per preparare l’invio di un vero Papa che, forse, verrà da Oriente e si farà cattolico. Come si fa a dirlo? È un pensiero insistente che non ha una ragione precisa, salvo il fatto che c’è una Chiesa separata che, nonostante i compromessi con il regime comunista di un tempo, si è conservata indenne dalla corruzione dell’Occidente ed è protetta da un capo di Stato devoto alla Madonna e a un grande taumaturgo di nome Serafino. Certo, anche quest’ultimo, come quasi tutti i suoi connazionali, aveva una visione negativa del Papato; ma bisogna ascrivergli a scusante che il Pontefice dell’epoca, di idee liberali, sembrava esser sceso a patti con l’anticristo còrso che aveva invaso la sua terra.

La liturgia tradizionale si appoggia sull’invincibile sostegno dell’Ausiliatrice con queste potenti parole: «Per il trionfo della religione cristiana immoliamo a te, Signore, la vittima di espiazione; perché essa ci giovi, presti aiuto la Vergine ausiliatrice, grazie alla quale tale vittoria si è compiuta». Capite? Si chiede un trionfo che si è già realizzato in radice e che deve solamente estendersi fino alla pienezza. Fate una pernacchia a chi nega che l’Islam sia un’ideologia di conquista, rinfacciando di professarla, viceversa, a quei cattolici che si sforzano di obbedire al mandato missionario di Cristo. Chiunque può agevolmente verificare che tra Vangelo e Corano, oggettivamente, c’è un incolmabile abisso. Noi crediamo che conquistare gli uomini alla nostra santa religione è la loro salvezza e, pertanto, preghiamo e operiamo per questo. La Regina sta formando il Suo esercito e lo vuole tenere a battesimo; chi è pronto risponda: Adsum!

sabato 1 ottobre 2016


Vogliamo indietro la nostra eredità


Tu es qui restitues haereditatem meam mihi (Sal 15, 5).

I salmi, tradotti da san Girolamo, sprigionano un’inesauribile carica profetica. Dio ci sta restituendo quell’eredità di infinito valore che ci era stata tolta con il pretesto dell’aggiornamento e del rinnovamento. Il diavolo dispone al suo servizio di buoni parolai; ma i parolai sono solo parolai. Chi crede nel Verbo e lo ascolta seriamente prima o poi li smaschera, perché le loro ciarle non resistono al fuoco che divampa dalla Parola eterna. Ve lo garantisce qualcuno che, durante la sua “formazione” al sacerdozio, è stato ossessionato dai suoi superiori con i mantra della manipolazione mentale: l’ascolto dello Spirito, la Parola scrutata e ruminata, il lasciarsi trafiggere e giudicare, e via di questo passo… Un giovane si fida spontaneamente delle sue guide e si accende facilmente con discorsi ammalianti che non hanno immediata incidenza sulla sua condotta.

Dato che la meditazione della Bibbia, con un metodo sostanzialmente protestante, si praticava solo con i rimandi a margine, facendo raramente ricorso ai Padri e al Magistero, un suo risultato non infrequente erano i voli spirituali ad altezze da cui difficilmente si scorgevano difetti e trasgressioni concrete, ciò che rendeva la loro correzione estremamente improbabile. A questo, del resto, si era fortemente incoraggiati dalle mensili Messe di classe con il rettore, nel corso delle quali ognuno doveva prender la parola dopo l’omelia per condividere i frutti della sua scrutatio. Il grave abuso liturgico, regolarmente perpetrato nel vivaio dei futuri sacerdoti, era praticamente obbligatorio: tacere in quel momento, infatti, era mal visto, mentre chi si effondeva in considerazioni altamente edificanti godeva di grande stima, a prescindere dalle sue segrete tendenze…

Sei tu, Signore, che mi restituirai la mia eredità. A me l’hai restituita per la mediazione della Madre celeste e grazie alla consacrazione a Lei proposta dal Montfort. Ci sono voluti vent’anni per liberare la mente e il cuore dalla cappa intellettuale calata a bella posta sulle anime dei seminaristi per impedire loro foss’anche di sapere che c’è una Tradizione; ma a Dio nulla è impossibile e, se i suoi tempi sono lunghi, è in ragione della nostra debolezza ad adattarci a ciò che Egli potrebbe realizzare in un istante. Ora non posso fare altro che rendergli grazie dal profondo del cuore, per mezzo di Maria, con un unico e continuato atto di offerta, che si condensa nell’unione quotidiana al Suo divino Sacrificio. Non mi sfugge di certo che ci sia ancora molto da lavorare, soprattutto nell’ascesi personale e nell’apprendimento della liturgia di sempre; ma ormai il dado è tratto e non si torna indietro: una storia si chiude, con le sue lotte infruttuose e i suoi sprechi di energia, e un’altra se ne apre radiosa, pur nel dolore per l’attuale contingenza ecclesiale.

Nei piani della Provvidenza, ad ogni modo, anche il lungo cammino è servito a qualcosa. Il Signore mi ha fatto assimilare il bene parziale e frammentario che, nonostante tutto, mi è stato trasmesso per suscitare in me il desiderio di accogliere il tesoro della Chiesa nella sua pienezza – quell’eredità, appunto, che mi teneva in serbo. La fame e sete di Lui e delle Sue ricchezze, a mano a mano che venivano rimossi i paraocchi e corretti gli errori, ha scavato in me lo spazio per le disposizioni necessarie. Senza profonda adesione interiore, l’attaccamento alla Tradizione potrebbe scadere in una vanitosa ricerca di originalità, in una frivola dedizione ai fronzoli, in un’ossessiva mania per le rubriche o in interminabili dispute su questioni marginali. La tragedia del nostro tempo richiede dei guerrieri addestrati a Sparta, non dei cicisbei di Versailles o degli eruditi da salotto… gente che sappia combattere e sia pronta a resistere a tutto.

Devo peraltro dare atto che Gesù può condurre un’anima docile e sincera all’intima unione con Lui in qualsiasi circostanza: come lo ha fatto nelle carceri comuniste, così può farlo anche in quelle prigioni spirituali che sono la maggior parte delle attuali strutture formative della Chiesa Cattolica, nelle quali si usano spesso metodi simili a quelli dell’indottrinamento marxista. Proprio i progressi in questa intima unione con Cristo, tuttavia, innescano un processo di liberazione interiore che, per Sua impagabile grazia, può sfociare nella riscoperta della Tradizione, ovvero di quelle radici da cui eravamo stati recisi. In tale cammino ci sono inevitabili purificazioni interiori e occorrono pure, a certe svolte, tagli dolorosi; tutto si rivela però, alla fine, disposto con insperata bontà e inarrivabile sapienza. La Regina del cielo si premura instancabilmente di addolcire e facilitare i passaggi con quella squisita saggezza, colma di delicata preveggenza, che solo le madri posseggono.

Ella vede bene le condizioni dei Suoi poveri figli, convinti di conoscere la verità salvifica senza possederla veramente e di praticare la vita cristiana pur non facendolo effettivamente. Molti di loro vivono in un’ignoranza quasi invincibile: è pur vero che, con i mezzi di oggi, chiunque può trovare con estrema facilità informazioni sulla dottrina cattolica, ma la falsa persuasione di conoscerla, instillata dall’aver frequentato un cattivo catechismo e ricevuto – spesso senza le disposizioni necessarie – i Sacramenti, costituisce di solito un ostacolo praticamente insormontabile. Su questo errore di fondo si sovrappone quell’imperante soggettivismo per il quale ognuno è sicuro che l’insegnamento del Vangelo (se almeno lo avesse letto una volta!) coincida con le sue opinioni personali. I ministri, a loro volta, trasmettono ciò che hanno ricevuto, oscillando tra un attivismo convulso e varie forme di spiritualismo, con diverse combinazioni possibili.

La cartina di tornasole, in tutti i casi, è la condotta morale. A un sacerdote realmente cattolico basta una confessione per scovare la ruggine sotto uno smalto brillante. Quando una persona ammette nella propria esistenza il peccato grave abituale e se ne giustifica o non mostra sincero pentimento, è certo che il suo impegno cristiano è fasullo. La sua vita interiore sarà quasi certamente un girare estasiato intorno all’ombelico, con il pericolo prossimo di scivolare più in basso. L’invito ad alzare lo sguardo per fissarlo sul Crocifisso la troverà recalcitrante, se non irritata: il suo ego pretende infatti che anche il padre spirituale fissi beato il suo ombelico e ne tessa le lodi… ma un buon direttore, lungi dallo stare al gioco, la metterà di fronte a un bivio, a costo di vederla sparire: ci penserà il buon Dio, che – sempre nei Salmi – ci raccomanda di non essere come il mulo e il cavallo, onde non dover dominare la nostra arroganza con il morso e le briglie (cf. Sal 31, 9).

Che differenza tra i miasmi della palude e l’aria fina della montagna! Quale visione si scopre a chi accetta di risalire la china con umiltà, pazienza e perseveranza! Ovviamente è necessaria una guida. Date la caccia ai sacerdoti tradizionali e, se necessario, stanateli perché vi mostrino la strada e si mettano alla testa di gruppi di fedeli che vogliono indietro la loro eredità. Nessuno dei modernisti al potere potrà fermarci, purché siamo disposti a lottare e, quando sarà inevitabile, a scendere nelle catacombe. In Unione Sovietica i sacerdoti cattolici giravano in incognito nelle case per celebrarvi la Messa e coltivare le anime; secondo monsignor Schneider dobbiamo prepararci a fare lo stesso, con la differenza (niente affatto trascurabile) che i nostri persecutori sono quelli che dovrebbero difenderci. No problem: verrà il giorno – già fissato – in cui il Signore, con un cenno, porrà fine alla prova e innalzerà di nuovo quanti avranno mantenuto la lampada accesa con l’olio prezioso che sappiamo bene, ormai, dove trovare.