Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 8 agosto 2015


L’elisir dell’eterna giovinezza

 
Ad Deum qui laetificat iuventutem meam.

Il chierichetto che risponde al sacerdote ai piedi dell’altare può ben intendere queste parole sacre anche in senso letterale: nulla può render più lieta la giovinezza del privilegio di poter assistere così da vicino al più potente e sublime atto d’amore che possa compiersi sulla terra. Tutti i presenti, tuttavia, possono ripeterle a voce o nel cuore partecipandovi pienamente: anche un novantenne può rallegrarsi di poter continuamente ritrovare la giovinezza dell’anima a quel Sacrificio che espia le colpe sue e del mondo intero. Chiunque vi prenda parte con fede, pregando, adorando e unendosi all’oblazione del Verbo incarnato, ne rinasce interiormente rinnovato, visto che l’Eucaristia, secondo la dottrina cattolica, rimette i peccati: non per quanto attiene all’offesa a Dio (che è sanata dalla Confessione), ma per quanto attiene alla pena (che, anche dopo il perdono, va comunque soddisfatta per ragioni di giustizia).

Siamo ad anni-luce dal modo ormai generalizzato di considerare la santa Messa e di parteciparvi. Anche quel poco che resta dei riti introduttivi – quell’atto penitenziale con cui si apre una serie di parti giustapposte che spezzano il continuum del rito antico – viene quasi sempre affogato in un primo sermone (la monizione introduttiva) che fa da cappello all’arringa pseudo-biblica, quando non è semplicemente sostituito, come avviene in alcuni Paesi nord-occidentali, da triti convenevoli mondani miranti a mettere il pubblico – pardon, l’assemblea – a suo bell’agio, conditi magari con qualche battuta esilarante per rompere il ghiaccio… Purtroppo l’effetto, almeno per chi abbia ancora un minimo di fede e di buon gusto, è di solito quello di raggelare il cuore in una morsa di noia e di tristezza, piuttosto che di laetificare l’anima.

È così che, in una parrocchia del Lazio profondo, si è giunti a stabilire la “tradizione” che il parroco dia inizio ai festeggiamenti di Ferragosto celebrando la Messa nel locale santuario mariano «perché sia di buon auspicio» – parola di catechista – alla settimana di bagordi, divertimenti e serate danzanti organizzata dalla Pro-loco… Il men che si possa dire è che qualcosa, nella mente dei fedeli, si è completamente capovolto. Siamo ben oltre la concezione della religione come instrumentum regni o come puntello dell’ordine civile (se di ordine si può ancora parlare): questa è una religione concepita come elemento puramente decorativo che accompagna tappe ed eventi di un’esistenza vissuta nel più puro materialismo, un elemento del tutto relativo agli interessi contingenti di chi la pratica senza più il minimo pensiero a ciò che essa veicola e promette. A che serve la chiave del Paradiso a chi non ci crede più?

In fondo, si sta così bene sulla terra; l’allegria è qualcosa di ben più immediato e a buon mercato della letizia spirituale. Certo, ci sono le malattie, i problemi di lavoro, le famiglie che si sfasciano… ma, finché non capita a te, te la puoi sempre cavare con un sospiro di commiserazione: «È la vita!». Ma, se disgraziatamente il cancro arriva a te o a un familiare, di colpo la musica cambia e ne accusi subito il buon Dio, miracolosamente ricomparso sulla scena. Si è talmente persa l’abitudine di presentarsi davanti a Lui con timore e tremore, consci dei propri peccati, che ci si crede in diritto di recriminare come se il Creatore fosse in obbligo nei confronti dell’uomo, al quale tutto sarebbe dovuto. In fin dei conti, non è forse questo il criterio con cui oggi si crescono i bambini, per poi detestarli cordialmente una volta diventati, in questo modo, insopportabili adolescenti? Non saranno certo i convegni ad alto livello né le riviste specializzate a migliorare la situazione di una gioventù che si trova al mondo senza una ragione per vivere e, di conseguenza, si abbandona alle esperienze più devastanti sul piano fisico, psichico, morale e spirituale.

Se eventualmente i tuoi genitori si sono separati e si sono “rifatti una vita”, ti sarà sicuramente di grande conforto sapere che non sono scomunicati (cosa che nessuno, comunque, si era mai sognato di affermare) e che le porte della Chiesa sono per loro spalancate, dato che ne fanno sempre parte (ma come pubblici peccatori e, quindi, come membra malate): sono “semplicemente” in peccato mortale, in stato di adulterio permanente, ma – a sentire certi discorsi – potrebbero benissimo fare il catechismo e portare ai bambini la propria testimonianza di vita, come quella donna convivente che ha mostrato loro la gravidanza quale dono di Dio – dono che, sia detto per inciso, avrebbe il diritto sacrosanto di venire al mondo in una vera famiglia… Se poi soffri come un cane perché tua madre ti ha imposto un “nuovo papà” e vedi il tuo ogni quindici giorni con la sua nuova “compagna”, niente paura: in parrocchia c’è qualcuno che può aiutarti a cercare il senso della vita (guardandosi bene, in ogni caso, dal mostrarti quel senso che conosciamo da appena duemila anni).

Vedete dove si va a finire cambiando la Messa? Se si è potuto buttare per aria ciò che c’era di più sacro e inviolabile al mondo, si possono anche inventare “nuovi modelli di famiglia”, di sessualità, di accoppiamento… Tutto può evolversi, compresa la natura umana; tutto è dato culturale, storico, sociale, compresa la Legge di Dio e la sua interpretazione. Va tutto bene – ci dicono dalla sala-comandi: stiamo per schiantarci, ma basta convincersi che in realtà è un progresso. Che importa se la vita nella società moderna è diventata un incubo, un vicolo cieco, un enigma assurdo e senza soluzione…? A questo punto, «mangiamo e beviamo perché domani moriremo» (1 Cor 15, 32). Hanno ragione loro, le pecore che vanno al macello distraendosi dal pensiero di ciò che le attende; a togliere loro qualsiasi scrupolo, ci pensa il capo.

No, noi non ci lasciamo ingannare da quest’enorme impostura. Noi volgiamo lo sguardo a Colui che è stato trafitto per i nostri peccati e che, mediante una sincera conversione di mente e di costumi, ci garantisce quella pace che sorpassa ogni intelligenza (Fil 4, 7). Noi lo troviamo vivo e, al tempo stesso, in stato di perpetua immolazione su ogni altare sul quale si rinnovi il santo Sacrificio; noi attingiamo senza sosta a questa fonte di purificazione e di santificazione che ringiovanisce continuamente il nostro cuore. Chi potrà mai descrivere la gioia celeste di un peccatore perdonato e trasformato dalla grazia la cui anima è incessantemente lavata dal Sangue prezioso del Redentore? Gioia, gioia, gioia, torrenti di lacrime di gioia per questo amore inconcepibile, così eccelso e così vicino… Venite alla sorgente della gioia, voi tutti che siete affaticati e oppressi, che avete fame di verità e di bene, che morite di sete ad un passo dal fiume della vita… Il Figlio di Dio vi aspetta da tempo immemorabile per donarvi la vita senza fine, un’eterna giovinezza.
 

1 commento:

  1. Caro Don Elia,
    le sue riflessioni sono come aria fresca e pulita nella canicola che sale dall'asfalto rovente.... Come la veste bianca del giorno del battesimo per togliersi di dosso indumenti madidi d'un sudore che non rimanda neppure a un lavoro fatto...
    "Enorme impostura" scrive lei...
    Enorme superbia dell'uomo che ormai celebra la propria adultità, l'uscita di casa, la compagnia di altri buontemponi e si vanta del proprio accompagnarsi di chiunque voglia fare festa, insieme, non si sa bene a Chi o perchè, ma cercando di essere tutti lì, disposti a ogni trovata pur di rendere godibile lo spettacolo!
    Nessuno si sente malato... Chi andrebbe a una festa con la febbre o il mal di testa?
    Tutti sani, tutti giovanilisticamente gioiosi, felici di fare numero...
    Siamo tanti e come siamo bravi... Adesso: non "prima", con tutte quelle "menate"...
    Eppure non è cambiato proprio nulla, in Cielo come in terra.
    Ci sono due esiti possibili: salvezza o perdizione.
    C'è il peccato originale, una natura segnata, che muove Dio a pietà: perciò il sacramento (in primis il battesimo) è strumento di umiltà: da soli di lì non ne usciamo, nemmeno se siamo tanti, festosi e bravi a organizzare belle cose...
    Il peccato che ci segna è causa delle sofferenze e delle prove che viviamo.
    E, oltre i nostri limiti e i nostri peccati, il male eccede persino la nostra natura ferita, per l'azione del Maligno, che c'è e opera nel mondo di cui Gesù l'ha detto principe.
    Ancora è solo il "contrasto sacramentale", la partecipazione alla vita divina, l'immersione in ciò che Lui ha fatto per noi a poterci "transnaturare".
    Mentre una nuova chiesa ci immerge nel mondo, blandendone la simpatia, tacendone il peccato e anzi zittendo chi lo facesse notare, Dio propone la possibilità di un salto di natura, recuperando ciò che il peccato ci ha tolto.
    Chiaramente non è una "magia": la lotta non cessa, la tentazione permane, le cadute possono sempre esserci... Serve un cuore puro per vedere Dio. Il demonio è vinto, da Dio, ma resta principe di questo mondo, la terra, per chi preferisce volare a quella quota, sotto il Cielo. La vera sapienza è CRISTO, L'UNICO NECESSARIO ALLA SALVEZZA, L'UNICA VERA PACE, NON QUELLA CHE DA' IL MONDO!
    L'uomo, anche cristiano, anche ecclesialmente impegnato, anche presente alla messa, resta schiavo di prepotenti persuasori occulti, legato ai fili invisibili che rendono illusoria la libertà di cui va cianciando e vanta acquisita: essendo ancora soggetti al principe del mondo, essendo ancora aperte le due possibilità, essendo di fatto vissuta la natura comprensiva degli effetti del peccato originale (ridotto il sacramento a "festa" e non a scelta, insuperbiti invece che umili e poveri in spirito), continuiamo a farci guidare dalla "ragione" del mondo.
    Sembra sciocca la ragione di Dio... Troppo esigente, addirittura foriera di scontro, mentre noi vogliamo soprattutto condividere, mescolare e fare festa... altro che "ora et labora"... altro che lotta spirituale... Ricchi premi e cotillons e speriamo che non piova se no i fuochi artificiali saranno rovinati, con le bancarelle...
    Perciò restiamo marionette anche dopo l'eliminazione del burattinaio che crediamo di aver scacciato, mentre già ci facciamo tirare i fili dal successore, nelle cangianti, variopinte e multiformi fattezza con cui ci sa imbrogliare.
    Solo il senso del Padre, la via di casa, la Sua festa liberante per noi è vera liberazione. Altrimenti usciamo ancora, per finire tra i porci ad invidiare le ghiande che mangiano... La chiesa in uscita va alla casa del Padre solo per mangiare e per la festa. Non torna alla casa del Padre. La usa per farne discoteca. Ricchi premi e molti, moltissimi co(ti)ions

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