Ascolta, figlio…
Ausculta, o
fili, praecepta magistri… (san Benedetto abate)
Nessun vantaggio per noi dal meditare la Parola del
Signore e dal nutrirci del Suo Corpo e Sangue, se poi non ne viviamo
nell’esistenza di ogni giorno; tanta grazia e degnazione nei nostri confronti
deve pur produrre, con la nostra cooperazione, un effetto di santificazione:
«Portate dunque un frutto degno della conversione» (Mt 3, 8). Ma com’è
difficile riconoscere, momento per momento, la volontà di Dio! A seconda delle
singole inclinazioni di carattere, oscilliamo dal lassismo più permissivo al
rigore più scrupoloso, con tutto un ventaglio di atteggiamenti che, salvo
quello equilibrato, sono espressione della nostra natura ferita o dei
suggerimenti menzogneri del demonio. Quest’ultimo, con quanti sono avviati
sulla via del bene, si trasforma spesso in angelo
di luce per spingerli a rovinosi eccessi o in falso paraclito per
giustificarne i cedimenti; una volta ottenuto lo scopo, in ogni caso, si
manifesta per quello che è: implacabile accusatore.
Ecco perché ci è così necessario un maestro di vita
interiore che ci insegni a discernere fra i movimenti dell’anima e ad
individuarne l’origine: così potremo distinguere tra ciò che viene realmente da
Dio e ciò che invece nasce dalla nostra psiche o è insinuazione del nemico. Sia
ben chiaro: a nessun risultato potremo mai pervenire in questo campo senza aver
dapprima conformato la nostra vita e i nostri atti all’universale volontà
divina, valida per tutti in ogni circostanza ed espressa nei Comandamenti come
la Chiesa li ha sempre spiegati e applicati. Ciò che la legge morale proibisce
va escluso a priori dall’orizzonte delle possibili scelte e non dev’essere mai
fatto da nessuno, per nessun motivo e in nessuna situazione; le nostre orecchie
siano sorde a qualsiasi discorso “teologico” o “pastorale” che apra
surrettiziamente spiragli all’immoralità, soprattutto in materia grave, se non
vogliamo farci trascinare nel baratro dell’incosciente suicidio collettivo in
cui si è gettata la società moderna.
La scelta della guida spirituale richiede a sua
volta acuto discernimento; per questo è necessaria una preghiera insistente,
pressante, offerta con forti grida e
lacrime (Eb 5, 7), sostenuta da opere di carità e, se possibile, culminante
in un pellegrinaggio: il Signore non farà mancare la Sua risposta. È evidente
che tocca pure a ciascuno esprimere il proprio giudizio mediante l’esercizio
della ragione e del sensus fidei: un direttore di
coscienza che non sia cristallino nella sua fedeltà alla dottrina definita o
manifesti cedimenti sul piano morale va subito scartato, a prescindere da
qualsiasi altra considerazione; sarebbe come affidare la propria salute ad un
medico incompetente. Certo, molti risponderanno che questa, oggi, è merce
rarissima: ne convengo pienamente, ma proprio per questo rinnovo il mio invito
ai sacerdoti a segnalarsi e i fedeli stessi a far loro conoscere la parrocchia virtuale. È anche possibile
collaborare senza iscriversi sulla lista, ma offrendo semplicemente la propria disponibilità
a ricevere persone della zona da me indirizzate.
Un’insidia particolarmente sottile, anche per
sacerdoti molto sinceri e ben formati, è quella di cui ho dovuto prender
coscienza io stesso nel corso degli anni. Non mi riferisco allo spontaneismo
grezzo che impazza da decenni in parrocchie, associazioni e movimenti; chiunque
abbia iniziato un vero cammino spirituale sa bene che, per la nostra natura
corrotta, ciò che è spontaneo è l’egoismo e il peccato, mentre la virtù e
l’amore richiedono una lunga purificazione e un paziente allenamento. Penso
piuttosto a quell’illusione, così diffusa, che spinge a guardare subito alle
vette senza prima aver risollevato la persona dal pantano della valle – in
altre parole, senza averne prima verificato le condizioni morali e la vita di
preghiera. Chiudere una ferita senza purgarla è il miglior modo perché
l’infezione si diffonda fino a provocare la morte… in questo caso dell’anima.
Senza aver almeno cominciato a correggere le cattive abitudini e a combattere
vizi e peccati, non si va da nessuna parte nel mondo dello spirito, ma si
nutrono soltanto orgoglio e presunzione. Non si affronta una scalata con le
gambe rotte, né si attacca in prima linea se il nemico è nelle retrovie.
Un vero padre, in vista del loro bene, non risparmia
ai suoi figli lotte e sudori. Va anzitutto bandita con decisione quella
tenerezza morbosa – e in fondo egoistica e peccaminosa – che non fa maturare i
piccoli e fa regredire i grandi, ma che nell’odierna società ha contaminato le
relazioni di ogni genere o quasi. Una sana virilità incute generalmente timore,
anziché infondere fiducia e sicurezza; ad attrarre è per lo più quella
malintesa virilità violenta, propinata da cinema e videogiochi, che è piuttosto
una reazione alla paura e alla frustrazione. Un atteggiamento fermo e deciso viene
spesso percepito e giudicato come troppo rigido e severo da chi vorrebbe
unicamente conferme che lo esimessero dal rimettersi in discussione; ma non per
questo bisogna rinunciare – almeno con chi è abbastanza intelligente da
accettarle – a porre esigenze morali e opportune proibizioni di quanto è
dannoso. Ciò risulta più facile con i bambini, almeno con quelli non ancora
troppo guastati dagli stessi genitori e dall’ambiente sociale; con i giovani e
gli adulti è meglio mettere in chiaro le cose fin dall’inizio, per evitare di
perdere tempo e di farne perdere.
Certo, non si può non tener conto del fatto che
nella cultura attuale, dopo la demolizione della pedagogia tradizionale e
l’imposizione di teorie educative aberranti, non si possono applicare tali e
quali i metodi del passato, che sono improponibili alla nostra debolezza;
bisogna tuttavia coglierne i princìpi ispiratori e le dinamiche metodologiche
per adattarli con equilibrio alle necessità di oggi. Il ricorso ai vecchi
trattati di ascetica, di primo acchito, provoca un’acuta e dolorosa
consapevolezza delle altezze da cui siamo precipitati; ma, senza scoraggiarsi
troppo presto, fa bene inoltrarvisi a poco a poco per distillarne almeno gli
elementi essenziali, indispensabili per ricostruirsi una sana disciplina. Che parola desueta! Eppure
qualunque sportivo vi si sottopone per poter sviluppare le proprie capacità
fisiche e ottenere dei risultati… Se tenessimo alla salute dell’anima almeno
quanto a quella del corpo, quali diete e privazioni non le infliggeremmo! «Il
Regno di Dio soffre violenza e i violenti se ne impadroniscono» (Mt 11, 12).
Cerca dunque un buon maestro per ascoltare i suoi
precetti e, soprattutto, per metterli in pratica. In attesa di trovarne uno
reale, puoi anche reperirne uno virtuale procurandoti il libro di un certo fra’
Semplice, intitolato Il setaccio, nel
catalogo in linea delle Edizioni Segno; puoi altresì scrivere all’autore all’indirizzo
di posta elettronica riportato dietro il frontespizio. Non sarà come aprire il
cuore, di presenza, ad uno starec che
ti legge nell’anima e ti risponde proprio quella parola che avevi bisogno di
ricevere; ma per cominciare è già qualcosa… Se poi la Provvidenza vorrà, potrai
fare la sua conoscenza o – se avrai pregato con tutto il cuore – trovare un
angelo in carne e ossa vicino a casa tua, là dove Dio ti ha posto a far
brillare la Sua luce in questo mondo tenebroso che Lo rifiuta, ma non sa di
averne una nostalgia indicibile.
mi procuro volentieri il testo di Fra' Semplice. Anche se nel mio caso sono già passato per l'indirizzo telematico e l'incontro reale. Non escluderei invece di avere incontrato sul serio uno starec.....
RispondiEliminaGrazie do Elia, ogni suo scritto è come balsamo sulle ferite. In attesa del dono immenso di una guida in carne e ossa, seguirò il suo consiglio iniziando da il "setaccio". Dio la benedica sempre
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