Divino
sacrificio
Un Dio che si fa uomo allo scopo di offrirsi in
espiazione per le Sue creature ribelli e di donarsi ad esse in cibo dopo averle
così riscattate dal potere del male… Nessuna religione ha mai nemmeno
intravisto di lontano un’eventualità del genere, né questo pensiero ha mai
nemmeno sfiorato l’anima religiosa degli uomini di ogni tempo. Senza nulla
togliere ad una sana religiosità naturale nella sua valenza di praeparatio
evangelica, questa è la migliore prova dell’origine
trascendente della religione cristiana. Secondo il dogma definito dal Concilio
Vaticano I, la ragione umana è certo capace di riconoscere Dio e di rendergli
un doveroso omaggio; ma l’uomo peccatore non sarebbe mai stato in grado di
farsi riammettere nella Sua amicizia, se non fosse stato Lui stesso a varcare
il triplice abisso – ontologico, conoscitivo e morale – che Ne separa
quell’essere creato che, anche prima del peccato originale, non sarebbe mai
penetrato nel mistero della Trinità senza la luce della Rivelazione soprannaturale
e l’aiuto della grazia.
Il segreto della vita trinitaria permette di
superare gli evidenti paradossi della fede cattolica, che si ergono come un
ostacolo insormontabile per i credenti del monoteismo semplice. L’Incarnazione
è possibile perché è ad immagine del Verbo che è stato creato l’uomo, ciò che
rende la natura umana suscettibile di essere assunta da Lui. L’oblazione della
Persona teandrica di Cristo, poi, è da Lui offerta al Padre a nome di tutti gli
uomini e, avendo un valore infinito, ha il potere di riparare tutti i peccati
della storia; Dio stesso, in tal modo, riconcilia a Sé l’umanità decaduta e
altrimenti votata alla dannazione eterna. È pur vero che la tirannia del
Maligno, cui l’essere umano si è assoggettato con il peccato originale, avrebbe
potuto essere annientata in un attimo direttamente dal potere divino; ma, come
notava già sant’Ireneo, la giustizia esigeva che la vittoria fosse riportata
nella stessa natura che aveva subito la sconfitta. Che un Dio incarnato nutra
di Sé le creature redente per renderle capaci della Sua eterna vita, infine, è
reso possibile dalla comunanza della carne e dalla Sua abissale condiscendenza.
Nell’odierno contesto ecclesiale, parlare di sacrificio
e di espiazione o fa inorridire o risulta del tutto incomprensibile, ma non si
può annullare la Parola di Dio, scritta e trasmessa: Gesù «è vittima di
espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli
di tutto il mondo» (Gv 2, 2). Il vero problema è che le menti di molti
cattolici sono così profondamente manipolate, dal punto di vista culturale, che
proiettano immediatamente su quei termini rappresentazioni estranee di crudeltà
pagane perpetrate per compiacere gli idoli, ossia i demòni. Inoltre il falso
concetto di misericordia oggi in voga induce a ritenere che a Dio basti
chiudere gli occhi sui peccati perché tutto sia risolto, come se fosse un
controllore neutrale che ignorasse benignamente le infrazioni al regolamento…
Nella realtà, invece, il peccato grave fa perdere al battezzato lo stato di
grazia e lo sprofonda in uno stato spirituale abominevole; qualsiasi colpa umana
provoca altresì uno squilibrio metafisico e morale che esige necessariamente
riparazione: non però un’assurda sofferenza che dovrebbe placare una divinità
assetata di sangue, bensì un atto di amore totale e incondizionato che renda
all’Amore infinito, calpestato e offeso, ciò che gli è dovuto – un atto che
solo Dio nella carne avrebbe potuto compiere. Ecco la Croce.
Tutto questo, evidentemente, non è frutto di
elaborazione intellettuale né una proiezione di bisogni inappagati: non c’è
nulla, nella comune esperienza terrena, che possa anche solo far pensare o
desiderare ciò che promette la fede cristiana, sebbene nell’anima umana, creata
per la somiglianza con Dio, alberghi
il presentimento – o la nostalgia – del Paradiso. Chiunque non si sia lasciato
ridurre dalla cultura dominante in un completo oblio delle proprie origini e
del proprio fine scorge nel mondo le tracce della presenza e dell’azione
divine; ma «ciò che saremo non è stato ancora rivelato» (1 Gv 3, 2). C’è un salto
che si può compiere solo sulle ali dello Spirito Santo; la teologia tradizionale
ci fornisce gli strumenti per aggrapparci ad esse e una conoscenza accessibile
ai mortali nello stato di viatori, dalla quale i mistici si innalzano talvolta
– non senza patire un radicale sconvolgimento che sarebbe intollerabile agli
altri – ad una certa visione del Cielo, in cui sono ammessi ad udire parole indicibili (2 Cor 12, 4).
Oggi questo discorso risulta inaccessibile alla
maggioranza dei fedeli che frequentano le nostre chiese, pur essendo la chiave
della loro salvezza eterna. Tra la Rivelazione divina e l’odierno vissuto
ecclesiale, in effetti, si è interposta la famosa svolta antropologica, la quale, basandosi filosoficamente sul
pensiero di Kant, Hegel e Heidegger, che hanno bandito la metafisica classica
ed eliminato la nozione stessa di trascendenza, ha capovolto l’orientamento
naturale dell’uomo verso Dio e ridotto quest’ultimo a funzione della ragione o
del benessere. Buona parte di quei poveri cristiani che ancora lo fanno non va
più a Messa per adorare il Signore e ricevere la Sua grazia, ma per ottenere, a
seconda delle esigenze personali, una gratificazione sociale, emotiva o
intellettuale, quando non ci va semplicemente per abitudine sociologica o,
eventualmente, per rinnovare l’auto-celebrazione del gruppo. «È la loro festa»,
affermavano perentoriamente mamme agguerrite a proposito della Prima Comunione
dei figli, dopo un anno che il parroco, poco aggiornato e notorio guastafeste,
ripeteva che si tratta del Sacrificio del Calvario. E poi – argomento
inoppugnabile – in tutte le altre parrocchie si battono le mani in chiesa…
«Il mio cuore è sconvolto dentro di me, il mio
intimo freme di compassione», ma «il mio popolo è duro a convertirsi: chiamato
a guardare in alto, nessuno sa sollevare lo sguardo» (Os 11, 8.7). «Poiché
questo è un popolo ribelle, sono figli bugiardi […]. Essi dicono ai veggenti:
“[…] diteci cose piacevoli, profetateci illusioni! Scostatevi dalla retta via,
uscite dal sentiero, toglieteci dalla vista il Santo d’Israele”» (Is 30, 9-11).
Sei tu, crocifisso mio Signore, che si sono tolti dalla vista… con la
complicità ampiamente assicurata, purtroppo, da tanti Tuoi ministri. Non è soltanto
una questione di latino: il modo di pregare del Canone Romano – e della vera
Messa nel suo insieme – è ormai insopportabile a molti sacerdoti e fedeli, semplicemente
perché è innegabilmente rivolto al Padre Tuo e non si presta ad essere
appiattito sull’orizzonte circoscritto dell’assemblea che si è messa al Suo
posto. Provate a togliere a un bambino viziato il giocattolo preferito del
momento – anche se domani lo butterà via e ne pretenderà un altro più
“aggiornato” ancora…
Non facciamoci falsi scrupoli di tornare alla Messa
di sempre: non abbiamo alcuna voglia di uscire dai binari con la sedicente “chiesa
in uscita”. Non è cinico egoismo, ma dolente realismo. L’unico rimedio ancora
disponibile per salvare chi non vuol sentire alcun richiamo… è il castigo, un castigo
procurato, fra l’altro, proprio da quel falso profeta che, dicendo cose piacevoli (esattamente ciò che il
mondo incredulo e i non più cristiani voglion sentirsi dire), li sta
trascinando nel baratro. Chi riuscirà ad accorgersi in tempo che sta
precipitando potrà afferrare la mano tesa e scoprire un’oasi in cui ancora si
adori il Dio vivente – non quello dei teologi di oggi o dei filosofi di
pascaliana memoria. Farà in pari tempo la scoperta di quel rito che attua in
ogni tempo e in ogni luogo il Sacrificio dell’umana redenzione – ben altro che la
triste festicciola che piace agli adulti immaturi più che ai loro figli, i
quali, in ogni caso, tra pochissimi anni non saranno più bambini e si
lasceranno definitivamente alle spalle la Messa con tutto il corredo dell’infanzia.
Nei piani divini c’è una speranza per tutti; ma ci vuole chi la mantenga
accesa.
Caro Don Elia,
RispondiEliminainfinite grazie per questi magistrali commenti. Certamente in controtendenza rispetto alla cultura pseudo-religiosa dominante, ma che asprono spiragli di luce sul buio più fitto a tutte le persone di "buona volontà", che ancora sentono il richiamo interiore, magari appena sussurrato, della Verità, e che, nonostante il lavaggio massificato dei cervelli e delle coscienze, si vogliono lasciare sedurre da esso.
Grazie don Elia, perché lei sta mantenendo accesa la speranza per noi e per averci ricordato il vero significato della Santa Messa, Sacrificio divino a cui siamo chiamati per adorare il Signore e ricevere la Sua Grazia. Vorrebbe dare qualche consiglio a chi si accosta per la prima volta alla S. Messa secondo il rito antico? E anche qualche testo di riferimento per conoscerla e ovviare alla poca conoscenza del latino? La prego: ci aiuti ancora a scoprire ed apprezzare quel rito che meglio manifesta l'attualizzazione del Sacrificio dell' umana redenzione perché torni a splendere agli occhi della vista il nostro Crocifisso Signore. Dio la benedica.
RispondiEliminaCome consiglio: concentri la Sua attenzione sul cuore di ciò che realmente accade nella santa Messa, anche se non comprende tutto; la pura fede è sufficiente per cogliere l'essenziale ed esservi coinvolti. Si accorgerà allora che non è possibile "capire" una realtà che ci supera infinitamente e tuttavia ci assume ed eleva a Dio.
EliminaCome testo: si procuri un messalino bilingue della Messa antica tramite una libreria antiquiaria in linea o una casa editrice di orientamento tradizionale.
Come richiesta: preghi perché io stesso possa sempre più scoprire e apprezzare le ricchezze della liturgia di sempre e aiutare altri a farlo.
Grazie don Elia, questo è cibo per l'anima!
RispondiEliminaPartecipiamo con tutto l'amore che Dio ci ha messo in cuore, al Divino Sacrificio, offerto dal Sacerdote, nella Santa Messa, riparando allo scempio dei Ministri e del popolo infedeli, che stanno svendendo la Verità, pezzo per pezzo, fino a mettere Gesù su ciò che non è la Croce della nostra salvezza. Ultimamente ne stiamo vedendo di molte varietà e forme, persino con simboli politici e di potere, che sono l'antitesi del cristianesimo e non sono certo la Croce di Cristo. Abbi pietà di noi Signore, siamo ben degni delle tue punizioni, saranno forse le uniche che ci faranno chiedere perdono e ci metteranno di fronte alla nostra disubbidienza.
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