Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 30 maggio 2015


La scure non è un bisturi

 
Sono ben consapevole dei miei eccessi di zelo e, se con essi ho ferito o scandalizzato qualcuno, ne chiedo perdono dal profondo del cuore, innanzitutto a Dio e poi alle persone interessate. Il profeta al quale mi ispiro, quando il Signore lo interpella nel deserto, gli risponde con queste parole: Zelo zelatus sum pro Domino Deo exercituum (1 Re 19, 10). È il modo in cui la Vulgata tenta di tradurre un costrutto caratteristico della lingua ebraica: si ripete il medesimo verbo in due forme differenti per conferire all’espressione la massima intensità possibile; in italiano si potrebbe tradurre: «Ardo di zelo incontenibile per il Signore, Dio degli eserciti». Altro esempio, ma di diverso ambito semantico: Gaudens gaudebo (Is 61, 10), ovvero: «Gioisco di gioia immensa».

È evidente che lo zelo, oltre che ardente, deve essere in pari tempo conforme sia alla ragione che alla carità. Una sua eruzione incontrollata può fare più danno che altro, ottenendo in definitiva un effetto contrario a quello che si prefiggeva. Detto questo, rimane pur vero che il suo strumento più adatto non può essere il bisturi, che si usa invece nella direzione delle anime. Per denunciare e stroncare l’errore ci vuole un altro attrezzo, quello che dà il nome a questo sito. Se nella vita naturale non è la stessa mano ad usare il bisturi e la scure, nella vita dello Spirito è possibile, purché si usi discernimento. Nella confessione, generalmente, non uso la seconda – a meno che non abbia davanti un cuore indurito che non vuol riconoscere i suoi peccati. Siamo tutti peccatori a cominciare da chi scrive: ma Dio solo vede le lacrime che verso per averlo tanto offeso…

Ecco dunque quel che ci vuole: uno zelo intelligente e caritatevole, che non miri cioè a sfogare il proprio sdegno, ma a pulire e dissodare il terreno per potervi piantare qualcosa. L’esasperazione, talvolta, fa brutti scherzi, ma l’importante è rendersene conto subito – anche grazie alla carità delle osservazioni altrui, che sono voce di Dio – e rimediare nel miglior modo possibile. In ogni caso, preferisco cedere di tanto in tanto all’imprudenza infiammandomi come un cerino che cadere in quel letargo spirituale in cui ho visto scivolare anche validi e combattivi confratelli, pur di non ammettere con semplicità che certi gesti e parole, da parte di chi è considerato Capo visibile della Chiesa, sono inammissibili. C’è una prudenza benefica, perfezionata dalla grazia e illuminata dallo Spirito Santo, così come c’è una prudenza letale per l’anima propria e per quelle altrui, quella “prudenza” tipicamente clericale, viscida e tortuosa, che riduce insensibilmente ad un habitus morale di inafferrabile e indefinibile ambiguità.

Due sono le strade possibili; la scelta si impone. Se guardo ai Santi predicatori, non ho alcun dubbio sulla direzione da prendere. San Domenico, per esempio, è rappresentato con una torcia ardente; san Vincenzo Ferrer con la fiamma dello Spirito sul capo; san Luigi Maria Grignion de Montfort, al quale è dedicata la parrocchia virtuale, con la Croce in mano nell’atto di arringare le folle per spronarle alla conversione. Lo zelo “imprudente” di quest’ultimo gli valse di farsi cacciare da tutte le diocesi in cui passava, nonostante la “patente” di missionario apostolico concessagli da Clemente XI. Altri tempi, altri papi… Alla fine, il vescovo della Vandea lo prese sotto la propria protezione e il Santo consumò là le sue ultime energie, prima di rendervi l’anima all’ètà di quarantatré anni. Le imperscrutabili vie della Provvidenza: proprio la regione che, ottant’anni dopo, avrebbe eroicamente combattuto per la sua fede, la quale avrebbe resistito perfino al barbaro genocidio perpetrato dalle colonne infernali inviate dai giacobini di Parigi.

Con questa fede nella guida provvidenziale della storia e in quella materna della Regina celeste, anche noi intraprendiamo la santa battaglia per la rinascita della Chiesa dalle sue radici. Un uragano sta per spazzare via i rami secchi, quei tralci che non sono rimasti uniti alla Vite vera con una fede retta e un’autentica vita di grazia; pur essendo ancora sulla pianta, non ne ricevono più la linfa. È pur vero che il Signore ha il potere di innestarli di nuovo, ma a questo fine è indispensabile una radicale conversione, che al momento è per molti umanamente impossibile a causa di un generale accecamento delle coscienze. Quando però, dopo che tutti gli appelli saranno caduti nel vuoto, arriverà il castigo divino quale ultimo rimedio disponibile, folle e folle correranno alla ricerca di un rifugio spirituale. In fondo in fondo sanno bene di non essere nel giusto: una vocina, per quanto fievole e negletta, sussurra sempre ai loro cuori intorpiditi il richiamo alla verità immutabile che salva; la loro violenta intolleranza verso i pochi che ancora la difendono pubblicamente è solo un tentativo di zittire quello scomodo, ma amorevole bisbiglio.

Formiamo dunque dei focolai di resistenza, dei cenacoli di preghiera e di carità operosa che non solo sostengano la lotta, ma siano pronti ad accogliere quanti, quando sarà il momento, chiederanno aiuto di fronte alla minaccia. Al cancro generalizzato che ha invaso la Chiesa militante a partire dal clero può porre rimedio unicamente un intervento dall’alto; coloro che, scossi dal terrore, apriranno gli occhi sui propri peccati e accetteranno di rinunciarvi realmente, troveranno luoghi accoglienti e risplendenti della luce di Dio per ricominciare una vita nuova nella grazia. Perché ciò sia possibile bisogna però prender le distanze dagli ambienti ecclesiali in cui regnano confusione dottrinale e corruzione morale: la donna dell’Apocalisse deve fuggire nel deserto per esservi protetta e nutrita da Dio (cf. Ap 12, 6). È là che il Signore cresce i Suoi con la manna nascosta (cf. Ap 2, 17) e la Vergine Madre prepara il Suo esercito di piccoli, quelli che il Montfort preconizzò quali apostoli degli ultimi tempi. Che Ella stessa ci mostri i passi concreti da compiere.
 

sabato 23 maggio 2015


La rivincita della grazia

 
Exsurgat Deus, et dissipentur inimici eius (Sal 67, 2).

Nessun Sinedrio, antico o moderno, potrà mai tappare la bocca agli apostoli di Cristo: «Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini» (At 5, 29). Queste parole di san Pietro, tante volte citate a sproposito dai disobbedienti alla legittima autorità della Chiesa, erano rivolte a coloro che avevano condannato a morte il Maestro per le sue pretese divine e, ora, stavano cercando di soffocare la predicazione cristiana. Avevano le loro ragioni: il Capo del collegio apostolico si stava imponendo, con la sola autorità spirituale conferitagli da Cristo, come guida del nuovo Popolo eletto, l’Israele rinnovato dalla fede nel Messia e in procinto di accogliere nel suo seno, secondo le antiche profezie, i pagani convertiti; il suo ascendente religioso era tale che la gente deponeva gli ammalati sul suo passaggio perché almeno la sua ombra li coprisse (cf. At 5, 15). Stava così emergendo una nuova gerarchia, sempre più riconosciuta anche da sacerdoti, anziani e dottori della Legge (cf. Lc 23, 50; At 6, 7; 15, 5); quella antica, ormai esautorata da Dio, sarebbe stata spazzata via, pochi decenni più tardi, dalla guerra giudaica.

Gli uomini ai quali non bisogna obbedire – come appare chiaramente – sono quindi quelli che rigettano la divinità di Gesù e la sua unicità assoluta come Salvatore. Quelli invece che sono non solo autorizzati, ma obbligati a disobbedire ai primi sono quelli che continuano a professare pubblicamente questa fede, noncuranti del fatto che essa sia rinnegata perfino da uomini di Chiesa che ne fanno ancora formalmente parte unicamente perché nessuno ha condannato ufficialmente le empietà che affermano. Che sia il capo di un dicastero vaticano dedicato alla cultura o un “monaco” mediatico, fondatore di una pseudo-comunità monastica priva di precisa identità confessionale, nel momento in cui negano la Risurrezione come evento reale si escludono da sé dal Corpo mistico e dalla salvezza eterna; che sia un cardinale amante del sassofono o rubicondi bevitori di birra scappati fuori da un quadro di Brügel, se giustificano la sodomia e l’adulterio permanente sono degni di un’orrenda pira… a meno che non ritrattino una volta per sempre.

Ad ogni modo, la situazione odierna è un’evidente dimostrazione del fatto che certi perfidi Iudaei, malgrado i ripetuti castighi divini, non si sono mai arresi; se non altro, bisogna dar loro atto di tenace perseveranza – intelligente per la capillare infiltrazione nella Chiesa, un po’ meno per l’essersi messa al servizio di un perdente. Intendiamoci: non siamo antisemiti, caso mai qualcuno si fosse già messo a urlare allo scandalo. I poveretti che morirono nei campi di sterminio – quanti furono realmente, non lo sapremo mai – ci finirono inviati dai loro stessi correligionari più ricchi e potenti che, invece, si trasferirono in America e, presi i comandi del potere politico e finanziario, hanno poi utilizzato la shoah come un’arma imbattibile per ottenere tutto ciò che volevano, a cominciare dalla creazione di uno Stato ebraico in pieno ambiente arabo…

Il sionismo dietro l’olocausto?!? A parte il fatto che Adolf Hitler, come molti dei suoi più stretti collaboratori, aveva sangue giudeo nelle vene, ci sono sufficienti testimonianze per farsi venire il legittimo sospetto che la storia del secolo scorso vada riscritta: dei privilegiati, selezionati da commissioni composte di Ebrei, ebbero la possibilità di evitare la deportazione (come per esempio Etty Hillesum, che tuttavia preferì patire con il suo popolo). Quanta gente, ahimé, dovrebbe tapparsi la bocca, anziché profondersi in espressioni di sdegno interessato!… Non c’è bisogno di diventare revisionisti: basta guardare la realtà storica senza retorica né manipolazioni. E poi, chi mai si è strappato le vesti per i milioni di Ucraini che Stalin, negli anni Trenta, fece crepare di fame? Qualcuno ha mai sentito parlare di holodomor? O forse quelli erano meno uomini degli altri? E i dieci milioni di contadini sterminati allo stesso modo già dal buon Lenin, che requisì tutti i raccolti per sfamare l’Armata Rossa durante la spaventosa guerra civile provocata dal suo colpo di Stato? Ebreo anche lui, nessuno ne parla…

In realtà, il nostro amore inesprimibile a Gesù, a Maria, agli Apostoli e ai primi Martiri ci fa amare visceralmente il popolo che Dio ha scelto per rivelarsi e incarnarsi. È questo amore che ci spinge a gridare loro: «Venite a Cristo, al Messia che Dio vi ha mandato! Non abbiate paura di aprirgli le porte!». San Pietro non si trattenne dall’esortare alla conversione nemmeno il supremo tribunale d’Israele, responsabile della crocifissione del Salvatore (cf. At 5, 30-31). Se oggi i successori degli Apostoli si guardano bene dall’imitarlo, seguiamo l’esempio della Vergine Madre. Nella chiesa romana di Sant’Andrea delle Fratte, nel 1842, con la sua apparizione convertì all’istante l’agnostico Alfonso Ratisbonne, poi divenuto col fratello ardente evangelizzatore degli Ebrei. Tutto è possibile a Dio; basta sottomettersi a Lui acconsentendo all’azione dello Spirito Santo e accogliendo la testimonianza apostolica (cf. At 5, 32).

Spiritus Domini replevit orbem terrarum (Sap 1, 7): non c’è neppure un angolo dell’universo che possa sottrarsi alla sua presenza benefica, tranne il cuore dell’uomo che lo respinge. La Pentecoste, quest’anno, cade nel giorno dedicato a Maria Ausiliatrice e Corredentrice: invochiamo con forza la Sua intercessione perché lo Spirito Santo ci colmi nella mente e nel cuore, in modo che possiamo rivolgere a tutti un’efficace chiamata alla conversione, specie a coloro che, pur possedendo con noi le promesse divine, non ne hanno ancora riconosciuto l’adempimento. Nel giorno fissato, Cristo sorgerà per disperdere quelli che, fra di loro, hanno scelto il campo avverso pur di non piegarsi alla volontà del loro Dio. Allora, rimosse le cause della corruzione e della violenza che devastano la terra, ogni uomo vedrà la salvezza – e chi l’avrà meritata ne godrà in eterno.

Confirma hoc, Deus, quod operatus es in nobis. […] Regna terrae, cantate Deo […] qui ascendit super caelum caeli, ad orientem […]. Mirabilis Deus in sanctis suis; Deus Israel ipse dabit virtutem et fortitudinem plebi suae. Benedictus Deus! (Sal 67, 29.33-34.36).
 

sabato 16 maggio 2015


Due facce, un tradimento

 
Un giorno incoraggia la Marcia per la vita (limitandosi peraltro a due parole di circostanza affogate nei saluti), il giorno seguente riceve in Vaticano, insieme con migliaia di bambini, una sterminatrice di bambini non nati, che non ha mai dato il minimo segno di ravvedimento e non si sogna nemmeno di abiurare le sue idee assassine, anzi vi persiste con accanimento, ricevendo addirittura un cordiale incoraggiamento dall’individuo in questione… Si è forse convinta, con questo, di poter esser riaccolta nella Chiesa Cattolica senza conversione, come pure il dittatore cubano conquistato dalla «saggezza e umiltà» del de quo, ma dimentico – o ignaro – della mai ritirata scomunica inflitta ai comunisti, in ciò accomunati agli abortisti? Con questo regime ecclesiastico, effettivamente, hanno entrambi di che ben sperare.
 
La “riconciliazione” con Cuba, in fin dei conti, può pure rispondere, nelle intricate trame della geopolitica, a una qualche forma di logica, per quanto perversa. L’informazione ufficiale ci ha tenuto completamente all’oscuro del fatto che i Russi stiano riaprendo sull’isola le basi militari chiuse appena pochi anni fa; come biasimarli, visto che la N.A.T.O., oltre a piazzare il suo “scudo” in Polonia e a voler fagocitare l’Ucraina, culla dell’antica Rus’, concentra navi nel Mar Baltico? Ecco allora che gli odiati yankees, improvvisamente, aprono le braccia agli inveterati nemici della porta accanto promettendo investimenti per risollevarne l’economia distrutta (leggi: per ridurre il regime sotto il loro controllo). Ma che c’entra, in tutto questo, l’argentino, che avrebbe cooperato al “disgelo” in modo decisivo? E se fosse stato proprio il nichilista Occidente in declino a sceglierlo come figura carismatica capace di ridargli un po’ di respiro di fronte ad un Oriente rampante che gli fa da minaccioso contrappeso?

L’Occidente soffre di odio contro se stesso: solo una mente lucida e acuta come quella di Benedetto XVI poteva cogliere nel segno con una diagnosi così esatta e folgorante; non per nulla l’hanno avversato fino a spingerlo alle dimissioni… La storia insegna che l’Impero Romano crollò perché roso dall’interno da una crisi spirituale di chiaro stampo nichilistico, che la rapida diffusione del Cristianesimo poté solo rallentare, prima di creare un mondo nuovo sulle rovine dell’antico. Le invasioni barbariche furono soltanto l’ultima spallata ad una società che non aveva più ragioni per vivere e impegnarsi; ma se Nerone avesse dato ascolto a san Paolo (comparso davanti a lui per essersi appellato all’imperatore onde sottrarsi alla persecuzione giudaica) o Domiziano alla nipote santa Domitilla, anziché relegarla a Ponza, l’Impero sarebbe diventato cristiano ben tre secoli prima di Teodosio e la storia, certamente, avrebbe seguito un altro corso.

Oggi, nella Città eterna, non c’è più un Apostolo delle genti; quanto a colui che occupa il soglio di Pietro… sembra proprio lavorare per il fronte opposto: senza darlo ad intendere esplicitamente, anzi dando l’impressione di combatterlo, ma guardandosi accuratamente dal fare nomi e cognomi – il che è ancora più pernicioso per i semplici. Le sue condanne sono talmente vaghe e generiche che non dànno fastidio a nessuno; al contrario, ne aumentano a dismisura la popolarità a tutto vantaggio dei suoi sostenitori occulti. Da questo punto di vista, anche i plateali abbracci agli abortisti rientrano in una logica precisa, dove il minimo gesto e la singola parola sono calcolati con matematica astuzia: con il contentino ai cattolici testoni, arriva puntualmente la conferma agli sponsor invisibili… Dopo due anni e passa di questa squallida manfrina, bisogna essere tonti o disonesti per non volersi accorgere di nulla e ripetere beatamente che è tutto normale.

D’altra parte il signor B. ha una consolidata esperienza della tattica: cambiar faccia a seconda di chi s’ha davanti. Personaggi di alto rango, nel suo Paese, confermano in via ufficiosa – non potendo dirlo pubblicamente – che alcune teste, all’epoca della dittatura, saltarono anche grazie alle sue delazioni. È pur vero che molti dei desaparecidos (quelli reali, non i trentamila denunciati dalle donne della Plaza de Mayo pagate dall’Internazionale Socialista) erano terroristi della peggiore specie che, ammazzando i militari e stuprandone le mogli, si erano scandalosamente arricchiti in un clima di assoluta impunità; ma la repressione andò un po’ troppo oltre, sostenuta dal governo americano, e si fermò soltanto in seguito alla sciagurata avventura delle Falkland. Con questi dati, il cerchio sembra chiudersi: l’abile provinciale gesuita lavorava forse per la C.I.A.?

Fantapolitica? Può darsi. In ogni caso, anche relegando tutto questo nel genere del romanzo di spionaggio, rimane un fatto innegabile: parlando di pace – con i bambini o con chiunque altri – il leader mondiale evita rigorosamente di indicare l’unico possibile fondamento di una pace reale: il riconoscimento della signoria di Cristo nell’osservanza dei suoi comandamenti. La star che manda le folle letteralmente in delirio non parla mai dei diritti di Dio sul mondo, ma unicamente di quelli dell’uomo; non individua mai la vera radice di guerre e disordini nel peccato, ma li riconduce a cause secondarie come la sete di denaro e di potere; non riporta mai le persone alla loro responsabilità morale, ma vezzeggia come uno scolaretto alle prese con un tema su traccia di stucchevole e banale moralismo: bisogna esser buoni, aiutarsi, volersi bene… Bravo, piccino: dieci e lode per il contenuto, cinque meno meno per la forma.

Siamo seri: questo è tradimento. Tradimento di Dio, di Cristo, della Chiesa… e, quindi, anche dell’uomo bisognoso di salvezza. Tradimento e inganno, simulazione, menzogna: c’è ormai da vergognarsi ad essere cattolici. Ma noi, per grazia di Dio, cattolici siamo nati e cattolici moriremo, alla faccia di chi vuole sputtanarci – il quale farebbe bene a trarre insegnamento dagli eventi: quando meno se lo aspetta, un ictus può arrivare a chiunque, compresi i carnefici di congregazioni fiorenti e fedeli al Vangelo… È vero che l’erba cattiva non muore mai, ma solo perché il buon Dio è misericordioso e aspetta che si converta perché non finisca a bruciare per tutta l’eternità. Guai a chi abusa della sua infinita misericordia o la tradisce deformandola: sarebbe meglio per lui non esser mai nato.

Per avere un’idea del clima di intolleranza e di terrore che, in nome della misericordia e della tenerezza, regna attualmente nella Chiesa, basti pensare che l’unico prelato presente alla Marcia romana per la vita, domenica scorsa, è un cardinale che ha già pagato cara la sua libertà di fedele ministro di Cristo: uno su più di duecento porporati; su oltre trecento vescovi italiani, solo qualcuno ha inviato un messaggio di sostegno, senza scomodarsi. C’erano troppe talari in giro, quel pomeriggio: gente poco raccomandabile, se non pericolosa. Quei complici camuffati del sistema avranno preferito una sana pennichella, dimentichi della sorte riservata a vili, increduli, abietti, omicidi, fornicatori, fattucchieri, idolatri e mentitori (Ap 21, 8).

È pur sempre meglio perdere la testa come preti refrattari che finire per sempre nello stagno ardente di fuoco e zolfo; ma chi ci pensa più, ora che i “missionari” pontifici potranno rimettere qualsiasi censura, comprese le scomuniche riservate ai Vescovi diocesani, che si vedranno brutalmente scavalcati sul proprio stesso territorio? Alla faccia della tanto decantata collegialità! Quel che è peggio è che per l’aborto – a detta del prelato preposto alla nuova evangelizzazione (nel senso di annuncio di un altro vangelo) – il perdono sarà concesso a tutte le condizioni (anche senza pentimento?) ed esteso a tutti i soggetti coinvolti (anche a chi non si confessa?)… È come dire: abortite pure a più non posso.

Ad ogni modo, i bambini sopravvissuti alla strage, lunedì scorso, sono stati istruiti sui modi di costruire la pace in compagnia della principale promotrice del massacro, calorosamente salutata dal loro “maestro”, che non ha menzionato neppure una volta la fede, il peccato e l’errore: forse intendeva la “pace” dell’inceneritore… Quelli che non sono riusciti ad ammazzare prima che nascessero, ora li pervertono con il loro mondialismo ateo e demoniaco: che tutte le religioni abbiano in comune il comandamento dell’amore del prossimo, è un’enorme bugia inventata da chi serve il padre della menzogna.

Fuori, fuori, uscite di là! Non toccate niente d’impuro. Uscite da essa, purificatevi, voi che portate gli arredi del Signore! (Is 52, 11).
 

sabato 9 maggio 2015


Uscire da Babilonia


Uscite, popolo mio, da Babilonia, per non associarvi ai suoi peccati e non ricevere parte dei suoi flagelli (Ap 18, 4).

Il ricorso a questo testo ispirato, nel discorso che stiamo sviluppando da alcuni mesi, presenta di primo acchito due inconvenienti non trascurabili, ma in realtà facilmente superabili. Innanzitutto, queste parole si riferiscono propriamente al piano socio-politico-economico, non a quello della falsa religione incaricata di legittimare il regime della bestia (cf. Ap 13, 1ss.11ss). In secondo luogo, la loro lettura è distorta, da ben cinque secoli, da un illegittimo filone interpretativo che identifica Babilonia con la Chiesa Cattolica. Chiunque abbia un po’ di buon senso si chiede ovviamente come avrebbe potuto, l’autore sacro, bestemmiare in tal modo la Sposa del suo Signore; ciononostante, tale argomento continua ad essere ampiamente utilizzato da una multinazionale della carta stampata che, mediante il plagio sistematico e un turpe sfruttamento di persone manipolate, strappa alla Chiesa milioni di fedeli per ingabbiarli nelle sue angoscianti menzogne, che ripugnano a qualsiasi intelletto sano e minimamente istruito.

Ad ogni modo, che simile interpretazione sia fasulla appare evidente non appena se ne indaghi l’origine storica. Un falso religioso, divenutolo per sfuggire alla giustizia dopo aver ucciso un uomo in duello ed essersi rifugiato in un convento agostiniano, aveva pensato bene di risolvere il proprio conflitto interiore proiettandolo all’esterno e scatenando una ribellione ideologica contro il Romano Pontefice; i prìncipi tedeschi, prendendo la palla al balzo per sottrarsi all’obbedienza imperiale, lo avevano preso sotto la propria protezione impedendo l’applicazione della condanna. A questo punto l’ispirato “riformatore” aveva proceduto, dopo tredici secoli di latitanza divina, al ripristino del cristianesimo autentico reinventandone dottrina, istituzioni e gerarchia; con una lettura strumentale della Sacra Scrittura, rescissa dal grembo della Tradizione che l’aveva prodotta, aveva poi creduto di giustificare il tutto bollando la Chiesa di Roma nel modo infamante che abbiamo appena visto. È peraltro innegabile che il Papato del Rinascimento non brillasse per virtù morali, ma nessuno si era mai sognato, come soluzione, di buttare tutto per aria…

I veri riformatori, i Santi, si erano già messi all’opera in ben altra maniera, senza certo scatenare una rivoluzione che non solo autorizzò chiunque lo volesse a proporsi come fondatore di una nuova confessione cristiana (quella giusta, evidentemente), ma scatenò oltretutto una serie catastrofica di guerre feroci che per un secolo e mezzo seminarono morte e distruzione, devastando l’Europa e frantumandone l’unità spirituale e culturale con l’erezione di un “muro di Berlino” ante litteram. La Chiesa Cattolica, dal canto suo, si riformò dall’interno con un movimento dal basso e dall’alto coordinato dalla Provvidenza: il risveglio spirituale suscitato dal pullulare di nuovi ordini religiosi e dalle iniziative di vescovi illuminati fu sancito e incentivato da un Concilio ecumenico che provocò un rinnovamento interno e un’espansione missionaria che hanno del miracoloso. Anche la corte papale dovette gioco-forza adeguarsi, sotto la spinta non di contestazioni chiassose o di rivolte violente, ma di una fioritura della santità senza precedenti.

In quell’epoca pur così corrotta e turbolenta, in ogni caso, non si registrano deviazioni dottrinali da parte dei Pastori, a differenza della nostra. Qui sta il punto: nessun paragone con i pretesti della rivoluzione protestante può reggere il confronto. L’attuale corruzione morale del clero e dei fedeli ha per causa proprio l’abbandono della sana dottrina. Se vogliamo, qualche analogia esiste tra il modernismo e il nominalismo tardo-medievale; ma ora il tradimento della retta fede non è più imputabile a singoli ribelli, bensì ad una parte sempre più consistente della sacra gerarchia. L’epoca odierna si può comparare soltanto con il IV secolo, quando i vescovi ortodossi erano scacciati dalle proprie sedi e l’arianesimo impazzava, sostenuto dall’Impero. Anche in questo caso, però, un dato assolutamente inedito fa saltare qualsiasi confronto: il nemico della verità, a Roma, non è più l’imperatore, ma il suo stesso (preteso) Vescovo.

Quest’ultimo, pur vestendo i panni del difensore dei poveri, appoggia in realtà l’ideologia del sistema che li stritola, facendosene propagandista e “profeta”. La subdola tattica di un colpo al cerchio e uno alla botte non può ingannare noi, ma travia le masse succubi dei poteri mediatici, i quali dànno sistematicamente risalto all’uno ignorando l’altro. Ad ogni modo, qualsiasi discorso ufficiale è di fatto azzerato da gesti e battute dall’effetto incalcolabile: un papa che a suo dire può sbagliarsi, a meno che non pronunzi una definizione dogmatica (caso rarissimo), può anche fare a meno di aprir bocca; per capire le sue idee e le sue intenzioni, del resto, è più che sufficiente quanto dice per telefono, per incoraggiarli, ai leader di un partito inesistente che, per le misteriose vie della “provvidenza” massonica, tenendo banco per oltre un quarantennio hanno imposto al nostro Paese divorzio, aborto, droga e contraccezione selvaggia; oggi, nonostante la malattia e l’età avanzata, persistono imperterriti con eutanasia, omosessualismo e gender ideology. La raccomandazione di non mollare – parafrasiamo così la metafora oscena utilizzata dal supremo Pastore – dichiara in due parole da che parte egli stia…

A questo punto, il perentorio invito ad uscire da Babilonia si fa obbligo impellente, se non vogliamo farci complici dei suoi crimini e subirne l’imminente castigo. Per pura e immeritata grazia, noi apparteniamo alla Città di Dio, quella celeste Gerusalemme che si manifesterà discendendo dal cielo (cf. Ap 21, 2.10). Se la città di Satana si è infiltrata nella Chiesa fino ad occuparne i seggi più alti per metterli al proprio servizio, noi rigettiamo quanti abusivamente li occupano, non la Chiesa con le sue legittime istituzioni, in attesa che il Padrone della Vigna ci doni di nuovo un Pontefice degno. Nel frattempo raccogliamoci sotto la ferula di Pastori fedeli che ci guidino a pascoli sani e ad acque non contaminate. Il momento dello spartiacque è prossimo; è tempo di prendere posizione in modo reciso, senza più intempestive prudenze.

Grazie a Dio, con il valido concorso della vostra preghiera, l’incontro con il Prelato amico è stato molto consolante e promettente. Egli mi ha dimostrato profonda umanità e simpatia (nel senso etimologico di sentire/patire con altri) ed è disposto ad incontrare i sacerdoti che lo desiderano. Alcuni già stanno rispondendo all’appello; chiedo loro, adesso, di manifestare per posta elettronica (all’indirizzo parrocchiavirtuale.slmgm@gmail.com) la propria disponibilità ad iscriversi – magari sotto pseudonimo, per garantire la riservatezza – su una lista da pubblicare sul sito per i fedeli che cerchino una guida pastorale sicura, capace di dispensare una dottrina autentica e di celebrare una liturgia degna; è sufficiente indicare un recapito telefonico e la zona di attività. I fedeli stessi possono segnalarsi inviando un messaggio al medesimo indirizzo. Se è volontà di Dio, la parrocchia virtuale potrà presto offrire una serie di servizi (catechesi, lectio divina, intercessione in linea; direzione spirituale per telefono o per e-mail) accompagnati da iniziative puntuali (appuntamenti di preghiera a distanza e, quando possibile, giornate di spiritualità, raduni e ritiri). Si accettano idee e suggerimenti: la fantasia dello Spirito (quello di sempre) è inesauribile!
 

domenica 3 maggio 2015


In periferia o nel cuore?

 
Si insiste molto ultimamente, nei nuovi generi letterari del “magistero mediatico” (interviste, chiacchierate, discorsi a braccio…), su una certa idea di misericordia e su quelle che, con icastica concisione, sono state battezzate periferie esistenziali, le quali risultano destinatarie privilegiate di quella (quasi) universale misericordia che, dopo due millenni di predicazione cristiana, è stata scoperta soltanto l’altro ieri. Come mai nessuno ci avesse pensato prima né – a quanto pare – avesse mai fatto caso a quelle turbe di infelici costrette ai margini della storia dall’egoismo dei cattolici (non certo dei calvinisti che hanno inventato il capitalismo né dei massoni che lo hanno imposto a livello planetario)… resta un indecifrabile mistero; ma – come per tutti i misteri – bisogna crederci e basta, soprattutto se è parola del nuovo messia. Se un altro pretendesse la stessa acquiescenza stolida e cieca, sarebbe immediatamente denunciato come manipolatore di coscienze o bieco integralista; ma lui no, anzi…
 
Ad ogni modo, nell’intervento di oggi vorrei soffermarmi su una realtà che, nell’odierna Chiesa Cattolica, occupa un posto decisamente periferico e che, proprio per questo, dovrebbe godere di una predilezione speciale, da parte non solo del supremo Pastore, ma pure di quanti si dimenano a imitarlo pedissequi onde emergere dalla massa nella speranza di una promozione (ovviamente non per carrierismo o spirito mondano, ma per pura carità evangelica). Non mi sembra giusto chiamarci noi stessi con quel termine dalle risonanze estremistiche con cui siamo stati bollati senza appello, tradizionalisti… Le parole hanno un peso; chi accetta un nome finisce col diventare suo malgrado ciò che il nome esprime. Siamo semplicemente fedeli e sacerdoti che, per la salvezza del mondo e dell’anima propria, vogliono rimanere attaccati alla fede trasmessa e alle radici della vita di grazia – né più né meno. Le verità e i mezzi della salvezza eterna non li abbiamo certo inventati noi, ma li abbiamo ricevuti da Cristo e, pertanto, non possiamo fare altro che conservarli integri come ci sono stati consegnati, dato che dovremo renderne conto.
 
Stranamente, però, su questa singolare periferia della Chiesa, attualmente, non cade nemmeno una goccia di quella tanto sbandierata misericordia che è invece largamente concessa, nei fatti, a chi cambia sesso, pratica la sodomia, vive in adulterio permanente, eccetera eccetera. Paradossalmente, oggi un musulmano, in una parrocchia cattolica, trova un’accoglienza ben più calorosa di quella riservata a un cristiano fedele alla Tradizione… Quest’ultimo, tuttavia, non chiede se non di poter seguire la propria coscienza e di essere rispettato per questo; invece non riceve altro che insulti e porte sbattute in faccia, in un’epoca in cui, in certi Paesi europei, “cattolici” e protestanti si scambiano allegramente le chiese – quelle non ancora messe in vendita – e accolgono a braccia aperte i “fratelli” di fede islamica in quanto adorerebbero lo stesso Dio (forse quello sincretico che adorano loro, non certo noi). Che dire? Ci dev’essere una logica un po’ particolare dietro questi comportamenti, logica che sfugge, evidentemente, alla nostra limitatezza di vedute.
 
Bisogna essere più aperti, che diamine! È certamente colpa nostra se quella “misericordia” così arbitraria non ci tange… Guardo caso, anche il misericordioso e clemente Allah appare un tantino capriccioso nei confronti degli uomini. Ma insomma, perché non ci convertiamo tutti, una buona volta, allo spirito della “nuova pentecoste” per unirci con tutti i credenti? Forse perché di Pentecoste ce n’è già stata una e, dato che il buon Dio fa le cose come si deve, non ha bisogno di ripetersi – e, soprattutto, non si contraddice. Le promesse di Gesù sono perennemente valide ed efficaci; l’assistenza del Paraclito da Lui garantita alla Chiesa non è mai stata sospesa nemmeno un istante, da parte sua; sono semmai i cristiani che possono respingerla, come è successo in tutti i movimenti ereticali fino al protestantesimo, al modernismo e al… francescanismo.
 
Il rischio della mondanità spirituale fu denunciato già nel 1953 da uno dei teologi più amati nel nuovo corso: «Nessuno di noi è totalmente al sicuro da questo male. Un umanesimo sottile, avversario del Dio Vivente, e, segretamente, non meno nemico dell’uomo, può insinuarsi in noi attraverso mille vie tortuose. […] Il “peccato contro lo Spirito” è sempre possibile» (H. de Lubac, Meditazioni sulla Chiesa, 446-447). Sessant’anni dopo, le uniche modifiche da apportare a questo testo profetico riguardano l’aggettivo sottile che qualifica l’umanesimo, oggi divenuto palese e grossolano, e la possibilità – ormai ampiamente realizzata – che esso si insinui nei cattolici, fra i quali ha sostituito la fede e domina incontrastato sotto le sue apparenze.
 
Di fronte a tale esito, non possiamo più sentirci nemmeno periferia: pur rimanendo – come potrebbe essere diversamente? – dentro la Chiesa una, sancta, catholica et apostolica, noi usciamo con decisione da questo baraccone che ne ha conservato le strutture esterne, ma ha venduto l’anima al diavolo. Si tengano pure il loro surrogato di misericordia, non ne abbiamo assolutamente bisogno: non perché siamo farisei che si ritengono esenti dalla debolezza umana e non bisognosi del perdono divino, ma perché Dio ci ha fatto grazia e, perdonandoci tutti i peccati sinceramente e validamente confessati, ci ha donato una vita nuova, alla quale non rinunceremo neppure a costo del martirio.
 
Va bene uscire… ma per andare dove? Grazie alle vostre preghiere, la risposta che attendevo è arrivata, attraverso una lettrice, prima di quanto sperassi. Possiamo formare una parrocchia virtuale che, mediante gli strumenti informatici a nostra disposizione, metta in comunicazione le persone pronte a rispondere alla chiamata divina a formare il cuore del futuro Corpo mistico. Dato che senza sacerdozio non c’è Chiesa, si può approntare una lista di ministri affidabili operanti in Italia – e, se Dio vuole, anche all’estero – ai quali rivolgersi per la direzione spirituale e i Sacramenti a seconda della zona di residenza, facendo se necessario dei sacrifici per raggiungerli, come già fanno tanti. Per garantire il legame con la tradizione apostolica, ho pensato a un Pastore fedele che potrebbe prenderci sotto la sua protezione, dando ai sacerdoti che ne avessero bisogno la possibilità di esercitare legittimamente il ministero. Bisogna ora pregare, quindi, per l’incontro che, a Dio piacendo, avrò con lui tra qualche giorno. Forza e coraggio, il tempo stringe.
 
Il Signore ricostruisce Gerusalemme, raduna i dispersi d’Israele; risana i cuori affranti e fascia le loro ferite (Sal 147 [146], 2-3).