Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

Piccole glosse al dibattito sul papato

 

Sursum corda!



Sive enim mente excedimus, Deo; sive sobrii sumus, vobis (2 Cor 5, 13).

«Se siamo fuori di noi, è per Dio; se siamo assennati, è per voi». Ancora una volta dobbiamo ringraziare il Signore per le indicazioni che ci dona mediante l’Ufficio Divino, quando una frase, inaspettatamente, arresta la lingua e cattura la mente, riempiendo di colpo il cuore di luce e di pace. L’Apostolo, parlando anche a nome dei suoi collaboratori, riconosce con franchezza che qualunque cosa attenti all’onore e alla santità di Dio lo manda fuori di sé, mentre la sollecitudine per il bene delle anime l’obbliga ad essere più calmo e pacato. I lettori di queste pagine – almeno quelli che ragionano da manichei – potranno aver l’impressione che negli ultimi mesi l’orientamento di chi scrive abbia virato, rispetto alle posizioni precedenti, per chissà quali reconditi interessi; la vera preoccupazione, in realtà, è quella di trattenere i fedeli dal gettarsi, per seguire cattive guide, nel precipizio dello scisma o almeno della separazione di fatto.

Col tempo pure lo stile sembra cambiato. Quando Bernadette, per ordine della Signora, si mise a scavare nella grotta, all’inizio uscì dell’acqua fangosa, che ella bevve tuttavia per obbedienza, anche a costo di passare per pazza; ben presto, però, si formò un rivolo d’acqua purissima e benefica che ancora oggi, a Lourdes, attingono migliaia di pellegrini. Il primo sgorgare di un getto trascina di solito terra e sassi, ma poi si schiarisce scorrendo; così, analogamente, ciò che la grazia ispira si mescola inizialmente alle scorie umane, ma nel suo stesso operare le elimina a poco a poco, purché l’anima sia docile. Censurare il passato con il senno di poi non sarebbe molto onesto, ma soprattutto impedirebbe di cogliere l’azione discreta e progressiva della grazia, che si è adattata alla debolezza dell’uomo per farlo progredire in modo lento ma sicuro, correggendolo come un’esperta educatrice e innalzandolo al di sopra delle dispute volgari.

Altro cambiamento è la rinuncia a far nomi e cognomi, almeno in campo ecclesiastico. La ragione è che nel mirino devono finire non le persone, bensì gli errori e i peccati. Questa scelta, benché già contenga in se stessa una motivazione più che valida, ha successivamente mostrato molteplici vantaggi. Il primo è che si evita il rischio di commettere peccato mortale rivelando, sia pure in modo veridico, atti e comportamenti ignoti al grande pubblico che possono rovinare la reputazione di qualcuno, a meno che essa non sia già gravemente compromessa. Un altro è la differenziazione dalla prassi mondana, abituale in certo giornalismo, degli attacchi ad personam, volti a screditare piuttosto che ad edificare. Infine avviene che chi si sente chiamato in causa, sebbene non sia nominato, si autodenunci con le proprie reazioni: se l’accusa non ti riguarda, perché t’agiti? Non sarebbe più intelligente tacere ignorando la questione?

Disturbo psichiatrico o missione di guastatore?

A quanto pare, però, c’è chi fatica a dimostrare un po’ di buon senso, prima importunando altri per coinvolgerli nella sua ossessiva campagna mediatica, poi strepitando indecorosamente contro chi gliela smonta. Basterebbe domandargli che titolo abbia per occuparsi di questioni canoniche del più alto livello, visto che, fra le altre enormità, non sa che la sede impedita non è una condizione in cui un vescovo si ritiri di sua sponte, bensì una circostanza che subisce suo malgrado. Ahi ahi ahi, che brutti scherzi gioca l’arroganza! In termini psichiatrici, tale comportamento è detto delirio, disturbo descritto come «sintomo psicotico caratterizzato dalla presenza di convinzioni o idee errate, non corrispondenti alla realtà, non condivisibili e persistenti, nonostante le evidenze contrarie»… a meno che non si tratti di una manovra studiata a tavolino per spingere i conservatori a rompere la comunione gerarchica e andarsene una buona volta fuori dai piedi. I complottisti più sfegatati propenderanno senz’altro per la seconda ipotesi, salvando così la salute mentale dell’interessato.

Noi, comunque sia, scegliamo di rimanere sobri per la salute spirituale dei lettori, già fin troppo scossi da questi ultimi dieci anni ed esposti a ulteriori dissonanze. Il danno peggiore, nella vicenda considerata, è che un’eventuale riflessione sensata sulla rinuncia di Benedetto XVI è previamente squalificata e compromessa da un teorema basato su mere congetture, presentate però come fatti assolutamente certi. Esso, pur prendendo l’avvio da qualche osservazione plausibile, ne spinge l’analisi in un vicolo cieco, impedendo così ogni possibile sviluppo in una direzione percorribile. Chiunque infatti tentasse, dopo questo pasticcio, di riaprire il discorso, seppure con metodo più serio, sarebbe immediatamente bollato come un folle affetto dal medesimo delirio. È lo stesso trucco adoperato da chi diffonde ad arte bufale colossali o video catastrofici prodotti in studi cinematografici per screditare l’informazione indipendente e avvalorare le menzogne di quella ufficiale. Peggio ancora, è la stessa tattica del demonio, il quale sfrutta frammenti di verità per dare una parvenza di solidità all’inganno che vi costruisce sopra.

Pur senza accantonare troppo frettolosamente la diagnosi psichiatrica, non troviamo altra spiegazione che quella del guastatore a un’insistenza che ha del grottesco nel pretendere di trovare significati reconditi, opposti al significato evidente delle dichiarazioni, in ogni esternazione, orale o scritta, di un defunto. In quel modo si può intendere tutto e il contrario di tutto con qualsiasi testo, ricevendo immancabile conferma del proprio assunto ma finendo, a lungo andare, col perdere i contatti col reale e rinchiudersi in una bolla narrativa. Una volta deciso che chi parla stia sistematicamente utilizzando un linguaggio criptico (che a uno solo è dato di decifrare, ovviamente nel senso da lui voluto), si può trarre qualunque conclusione, fino a sostenere che, se appioppi a un prete scomunicato l’attributo teologicamente pazzo, lo stai in realtà elogiando come un folle in Cristo… Qui è arduo non pensare a una forma delirante, a meno che non sia un espediente per farne apparire affetti quanti condividono l’argomentazione e ne sostengono il propugnatore: ben pensata come trappola! Certo è che chi vuol sempre vedere il contrario di ciò che è evidente rimane accecato di fronte a qualunque evidenza.

I vantaggi dell’umorismo

Ci conforta assai renderci conto che, al di fuori di un certo ambiente ecclesiale un po’ surriscaldato, la stragrande maggioranza della gente è completamente all’oscuro di questo genere di beghe; se ne venisse a conoscenza, o rimarrebbe scioccata del fatto che i cattolici non abbiano di meglio da fare, o se ne… disinteresserebbe regalmente. Se qualcuno si sente investito dal Cielo della missione di salvare la Chiesa, fa sempre in tempo ad accorgersi che c’è già Chi ci pensa; come fedele cristiano, dovrebbe esserne al corrente. Se poi ritiene suo dovere richiamare i superiori a compiere la propria missione, li vediamo già tremare al solo pensiero di trovarsi davanti un Savonarola redivivo, pronto a minacciar loro i peggiori castighi temporali ed eterni. Una prosopopea del genere può far breccia soltanto in soggetti afflitti da un’ignoranza sconfinata, felicemente immune dalle più elementari nozioni del catechismo e della storia cristiana, tolto qualche relitto isolato dal contesto (e perciò travisato) e immerso in un mare di sciocchezze e luoghi comuni da far arrossire un massone.

«Se siamo fuori di noi, è per Dio; se siamo assennati, è per voi». Un po’ di sana ironia è l’unica risposta che merita la presunzione e l’arroganza, ma è pure un ottimo espediente per mantenere l’equilibrio mentale, così da perdere le staffe esclusivamente per l’onore di Dio. «Chi si prende troppo sul serio – celiava l’arguto Chesterton – non è una persona seria». La serietà non esclude del resto quel benefico umorismo che permette di continuare a dormire sonni tranquilli nonostante gli squallidi attacchi di chi scarseggia dell’una e dell’altro, oltre che di buon gusto e di cultura. Coraggio, cari fedeli: non perdete né il senno né il sonno per qualche trombone stonato che esegue su commissione una pessima partitura; per un po’ ci si può pure ridere, ma poi basta. Piuttosto che perder tempo dietro a elucubrazioni da romanzo giallo di penultima categoria, intensificate l’impegno di santificazione personale con la preghiera, la penitenza e l’esercizio della carità, lasciando a Dio la cura dei problemi che superano le vostre possibilità.

Sursum corda! Habemus ad Dominum.


9 commenti:

  1. Si potrebbe pensare anche al "modus operandi" della massoneria infiltratasi nella Chiesa, che ama far trapelare notizie autentiche mascherandole da teorie strampalate. Pure Riccardi dà la stessa impressione quando pretende che la rinuncia di Benedetto XVI ricalchi quella di san Celestino V, quando invece la comparazione mostra proprio che si tratta di due atti completamente diversi.
    Per mezzo di un suo portaparola e sotto un’apparenza bislacca, la massoneria potrebbe star dicendoci la verità in linguaggio cifrato, supponendo però che nessuno lo capisca: «Noi sappiamo perfettamente che Ratzinger non ha mai abdicato e che Bergoglio non è papa, ma di fatto abbiamo il potere e, pur non detenendolo legittimamente, continuiamo ad esercitarlo a nostro piacimento. Voi, in ogni caso, non potete farci niente; se fate qualcosa, sarà esclusivamente a vostro danno e a nostro vantaggio».
    Il portaparola, punto sul vivo, si è spinto fino a fornirci la chiave interpretativa dell’enigmatica rinuncia di Benedetto XVI. Il canone 333, comma secondo, del Codice di Diritto Canonico recita testualmente: «Il Romano Pontefice, nell’adempimento dell’ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio».
    In fondo è ciò che affermò monsignor Gänswein alla Gregoriana nel Giugno del 2016, sia pure camuffando anch’egli il nucleo di verità con un farraginoso discorso sul "papato allargato": mosso dalle necessità della Chiesa, Ratzinger ha determinato un modo collegiale di esercitare l’ufficio di Sommo Pontefice, con un papa “attivo” e uno “contemplativo”. Il problema è che il Papa, in tale determinazione, non può arrivare fino a modificare la natura del proprio ufficio, che per istituzione divina è per essenza monarchico e non può essere condiviso.
    Nonostante questo clamoroso errore (dovuto probabilmente a un’impostazione intellettuale più kantiana che tomista), rimane comunque il fatto – almeno fino a che "coloro a cui compete" non sollevino la questione – che chi in questo momento esercita la "suprema potestas" è Bergoglio e che di conseguenza, senza cadere nelle rozze semplificazioni che non distinguono l’obbedienza nelle cose lecite (che va osservata) da quella nelle cose illecite (che va rifiutata), bisogna obbedirgli, se non ci si vuole porre fuori della Chiesa come società visibile, mettendo così a repentaglio la propria salvezza eterna.
    La sicumera di un giornalista che non ha alcuna competenza in una materia così delicata, come pure l’intollerante rifiuto di ogni obiezione e l’ostinato negarsi a un leale dibattito, si spiega soltanto con l’ipotesi che agisca per mandato di poteri occulti, cosa che, tuttavia, non lo esime dalla tremenda responsabilità che si assume nel diffondere confusione e sconcerto fra i fedeli, mettendo in pericolo l’unità visibile della Chiesa. Presto o tardi bisogna rispondere a Dio del proprio operato malvagio, per il quale, in assenza di pentimento, si merita l’Inferno.

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  2. Dopo lo storico che si è scoperto professore di morale, abbiamo il giornalista che si improvvisa canonista, teologo, biblista e moralizzatore. In un’epoca di sfrontata mistificazione come la nostra, queste amenità non stupiscono più di tanto, ma ci sollevano con un po’ di ilarità.
    Detto questo, la sceneggiata protratta da due anni dal sedicente storico dell’arte poggia palesemente su di una "petitio principii", cioè prende a fondamento proprio ciò che va dimostrato. È piuttosto strano che la massoneria incarichi qualcuno di commettere un errore logico così grossolano, a meno che non intenda deviare l’attenzione verso un falso bersaglio, tattica attribuita proprio dal giornalista in questione, pur senza alcuna prova, a Benedetto XVI nell’atto di rinunciare. Qual è allora il vero bersaglio? Probabilmente i cattolici conservatori, esplicitamente invitati dall’intervistato a uscire dalla Chiesa. Possono star freschi.

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  3. Il fatto che, in una questione controversa, non si mettano a confronto opinioni diverse, ma si dia spazio a una sola voce in un imbarazzante monologo, senza contraddittorio neanche da parte del conduttore, la dice lunga: non è un modo onesto di argomentare. Il vero scopo di questo teatrino, del resto, è svelato alla fine dell’intervista senza giri di parole: i cattolici fedeli devono andarsene. Dove? Evidentemente o dai neodonatisti di monsignor Lefebvre o dagli esaltati del prete scomunicato due volte; così lascerebbero campo libero ai progressisti. Ribadisco la conclusione dell’Anonimo delle 11,22: stanno proprio freschi! Noi stiamo a casa nostra e ci rimaniamo, aspettando, tranquillamente seduti sulla riva del Tevere, di veder passare i cadaveri dei nemici di Dio.

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  4. A quel giovanotto rampante (e ben pagato) non importa nulla né del papato, né della Chiesa, né della fede, dato che lavora come guastatore o come fomentatore d’odio, sicuramente su commissione di qualche potere alle sue spalle, magari del Vaticano stesso. La sua indifferenza per ciò di cui parla traspare chiaramente dal modo di agire completamente opposto alla deontologia professionale e dallo sprezzante cinismo con cui reagisce alle obiezioni, tipico, del resto, della sua generazione senza ideali e senza scopi nella vita, fuorché il successo e il godimento immediati. Paragonarsi a Nostro Signore nel portare la divisione, poi, è un atto di blasfema e inaudita audacia che conferma la sua totale estraneità ad una sana vita di fede. Non siamo certo così ingenui da lasciarci catturare dalla sua penosa sceneggiata, che può funzionare da diversivo soltanto con i candidi o i fanatici.

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  5. È l’ignoranza salita in cattedra di uno che tratta il papato come un’istituzione mondana, spingendosi fino ad attribuire a Benedetto XVI un modo di operare esoterico, che nulla avrebbe di cattolico.

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  6. Da un po' di tempo a questa parte constato, o constatiamo, lo spero, che un certo numero di commentatori, forse subendo il vento, chi del pentimento, chi di "interessi" cambiati, chi della paura di spingere altri a scelte estreme, chi temendo "nonsisachecosa", cambiano, o quantomeno, ammorbidiscono fino al confine estremo opposto, le proprie idee. Non solo, ma su sponde opposte di quello stesso fiume in piena che ci sta conducendo all'abisso, si controbattono furiosamente opinioni e convinzioni, senza neppure pensare che affrontarsi direttamente in un un corretto e ragionevole confronto, potrebbe portare buoni frutti, se non ragionevoli ripensamenti da entrambi le parti. Quest'ultima proposta, presupponendo da entrambi le parti, onesta convinzione delle proprie posizioni, ma apertura mentale disponibilità al confronto.
    Invece ci si accusa, screditandosi reciprocamente; spesso attaccando non tanto le idee, sulle quali pare escludersi a priori, qualunque confronto, ma direttamente le persone (senza fare nomi, ovviamente) e accusandosi di coinvolgimento in mafie o combutte varie ideate per innescare di tutto e il contrario di tutto!!
    Pensate che tutto questo possa servire ad altro se non a fare perdere la fiducia nell'una e nell'altra parte? E a creare sconforto?
    A causa di questo andazzo ormai diffuso ovunque, nessuno, in questo momento della storia, cosi' grave in maniera evidente ed incontestabile, puo' piu' essere credibile e garanzia di operare nel giusto agli occhi degli altri!!
    L'invito, inespresso, ma non per questo meno palese, è "non fidarsi di nessuno", almeno in questo campo!
    Mi spiace dovermi esprimere cosi', perché da anni Vi seguo, ma oggi sono veramente e sinceramente confuso per cio' che leggevo prima e che leggo ora; sembra essere tutto cosi' ondivago, variabile, possibilista e contemporaneamente chiuso e accusatorio, tanto da far temere che esso stesso sia soggetto a pressioni di chissa' quale provenienza.
    La preghiera e la Fede sono e saranno sempre la colonna a cui affidarsi, il solo porto sicuro che non deluderà mai!
    Per il resto....., liberi da qualunque preconcetto, verso chicchessia,
    dobbiamo mirare solo alla Verita', sempre chiedendoci: "cui prodest" una posizione piuttosto che l'altra? Purtroppo cosi' stando le cose, ora saremo sempre e sempre di piu' nel dubbio!! A questo siamo arrivati, purtroppo!
    AL

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    1. L'unico fondamento del cristiano è Dio e la Sua verità, non gli uomini e le loro opinioni. Qui si cerca appunto di rimanere e aiutare altri a rimanere ancorati alla fede, alla grazia, alla preghiera, senza collocarsi su una sponda o sull'altra, ma seguendo il Signore dentro la Sua Chiesa.

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    2. E noi tutti ringraziamo dell'aiuto prezioso! E' certamente tutto vero, come altrettanto vero e' che comunque si scredita qualcuno, senza far nomi (?.) Qualcuno che, a mio modesto parere, non sta andando contro la Verita', tutt'altro, ma sta cercando di verificare la contingenza di numerose circostanze, dichiarazioni e fatti, che qualora confermati, sarebbero, realmente di fondamentale importanza per la Chiesa visibile. Mentre invece costui si scontra col rifiuto di qualunque presa in considerazione che non sia denigratoria a priori. Questo, secondo me, non fa del bene a nessuno, men che meno alla verita'

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    3. Come osservato nei commenti precedenti, quel "qualcuno" opera sicuramente su commissione di poteri occulti e non è interessato alla verità, ma mira a spingere i cattolici fedeli fuori della Chiesa. Ciò è dimostrato dalle numerose scorrettezze metodologiche e dall'assoluta mancanza di rispetto per la deontologia professionale, dato che mischia allegramente l'osservazione di problemi reali a sue interpretazioni personali, dando per certe cose che non lo sono affatto.

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