Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 30 settembre 2023

 

Il mistico e lo gnostico

 

 

Diriget mansuetos in iudicio, docebit mites via suas (Guiderà i mansueti col giudizio, insegnerà ai miti le sue vie; Sal 24, 9).

In genere si pensa ai mistici come a persone che han la testa fra le nuvole e vivono fuori della realtà, secondo uno stereotipo che ridicolizza il falso misticismo. I veri mistici, invece, hanno i piedi ben piantati nel Fondamento di tutte le cose e sono quindi dotati di uno straordinario realismo e senso pratico, il quale è indispensabile per giungere in vetta, ma è a sua volta ulteriormente acuito dall’unione con Dio. Nel leggere le loro vite, si è colpiti dalla quantità e grandezza delle opere realizzate, spesso con scarsissimi mezzi e malgrado enormi difficoltà; esse furono certamente risultato di grazie non comuni, eppure richiesero la costante collaborazione dei destinatari, che vi impiegarono tutte le proprie risorse umane e vi coinvolsero tanti altri con entusiasmo contagioso.

Lo gnostico – anche quello che si spaccia per cattolico – segue tutt’altra dinamica. Il principio del suo agire non è la cooperazione con la grazia, bensì l’acquisizione di un sapere esclusivo con cui si illude di salvarsi da sé. A volte si parla di tradizione intendendo qualcosa di radicalmente diverso da quel che intende la Chiesa: qui si tratta della fedele trasmissione di quanto fatto e insegnato dal Signore; là di una presunta rivelazione ancestrale che sarebbe comune a tutti i popoli, culture e religioni. Questo secondo concetto, inevitabilmente, relativizza la rivelazione cristiana come una delle tante forme (forse la più perfetta, bontà loro) di quella supposta “tradizione” universale che si rispecchierebbe in dottrine disparate e contraddittorie.

I nuovi manichei

Certi soggetti si sono infiltrati nell’ambiente tradizionalista millantando di essere zelatori della tradizione cattolica; se però indagate un tantino sulle loro fonti, troverete presto qualche autore dichiaratamente gnostico e massone, come per esempio René Guénon, campione di una “cultura” mistificatoria che dissimula la stregoneria dietro la cortina di un falso tradizionalismo e irretisce gli incauti con i suoi incantesimi. Anche senza arrivare a tal punto, tuttavia, non è affatto infrequente incontrare cattolici talmente “duri e puri” da essere in realtà manichei: per loro l’umanità di divide in due gruppi contrapposti e assolutamente non comunicanti, i buoni e i cattivi; gli uni totalmente virtuosi e definitivamente salvi, gli altri totalmente viziosi e irrimediabilmente perduti. Qualora osi osservare che pure questa è gnosi, ti danno del rinnegato e traditore.

Secondo questa visione intrinsecamente settaria, il bene è tutto e soltanto da una parte (la propria, ovviamente), il male tutto e soltanto dall’altra. Chi si trova dal lato giusto della barricata è scusato di qualunque vizio e difetto; chi si trova dall’altro è colpevole pure del bene che fa, in quanto esso è inficiato da princìpi sbagliati. Chi non sposa le idee del partito vincente fin nei minimi dettagli deve necessariamente essere escluso; dato però che non ne può ingoiare subito gli elementi più indigesti, pur di non perderlo lo si indottrina gradualmente, svelandogli i segreti nella misura in cui si lascia cuocere a fuoco lento, rinunciando a poco a poco all’autonomia di giudizio. Coloro che si ostinano a pensare e a porre domande suscitano sospetto; essi van perciò rieducati con ogni mezzo, compresi quelli coercitivi, qualora non basti l’ordinaria manipolazione mentale.

Quali criteri di discernimento?

Come distinguere un mistico da uno gnostico? Il primo desidera ardentemente, ma in modo del tutto disinteressato e a loro esclusivo vantaggio, condividere con gli altri i doni che ha ricevuto per pura grazia e di cui si considera indegno; egli spera che essi li aiutino a diventare santi elevandosi come lui o anche di più. Il secondo, invece, dispensa una pretesa conoscenza superiore, riservata a pochi, per ottenere dagli altri ammirazione e soggezione, rendendoli così sottomessi e dipendenti. L’adepto non può fare a meno di ricorrere costantemente al maestro per esserne diretto e confermato, a meno che non diventi a sua volta un istruttore avvolto da un’aura di falsa autorità. Chi davvero cerca Dio, al contrario, quanto più avanza tanto più si sente misero e inadeguato, pur non trattenendosi dal dar conto di ciò che sperimenta per glorificare Lui ed edificare il prossimo.

Un alto grado di unione con Cristo non presuppone necessariamente che si verifichino miracoli o fenomeni straordinari (i quali, di norma, ne son comunque segno eloquente), ma richiede senz’altro profonda umiltà, costante abnegazione e completo distacco dal mondo e da sé. Chi ama Dio detesta comparire troppo, imporre il proprio parere ed esigere sottomissione, pur ricorrendo ad ogni mezzo lecito per ammonire, persuadere e istruire il prossimo, arso com’è dalla carità. Egli non tollera che si abusi del santo nome di Dio e della Sua verità per manipolare le menti e ottener potere sugli altri, nemmeno per fini buoni, che mai giustificano il ricorso a mezzi cattivi. Quando si scontra contro il muro dell’ostinazione, per non aggravare il male preferisce umiliarsi e sospendere la discussione, per quanto profondamente addolorato per la triste situazione morale e spirituale dell’interlocutore, che corre a rompicollo verso la propria rovina eterna.

Il più triste effetto dell’apostasia generale

Quoniam abundavit iniquitas, refrigescet caritas multorum (Poiché ha sovrabbondato l’iniquità, si raffredderà la carità di molti; Mt 24, 12). Tanti reagiscono al dilagare dell’errore e dell’incredulità in modo scomposto, con toni astiosi, quasi ne fossero assolutamente indenni, quando invece la loro condotta può esser macchiata da peccati ricorrenti, se non abituali, in materia grave. Essi pensano di opporsi efficacemente alla perversa opera dei demolitori, mentre in realtà ne subiscono l’effetto più subdolo e nascosto, se non si correggono: la perdita della carità e la separazione da Dio. Il loro esprimersi non è un’umile e pacata condivisione delle conoscenze ottenute con i mezzi naturali e con quelli soprannaturali, bensì un continuo sbraitare contro i mali esterni che impedisce loro di riconoscere quelli interni, ben più gravi perché ne distruggono la vita spirituale.

In tal modo l’analisi stessa della realtà oggettiva finisce col diventare parziale, falsata, ideologica, ripetitiva e monocorde; il risultato del loro lavoro è sterile o addirittura dannoso, dato che provoca in chi legge inconvenienti analoghi a quelli di chi scrive. Puoi soltanto compiangere chi è caduto in questa dinamica di natura gnostica e tutt’altro che cattolica; più tenti di liberarlo dalla trappola, più ti si avventa contro con odio rabbioso, roso com’è dalla superbia. Chi si è nominato da sé cavaliere senza macchia della verità e del bene, d’altronde, non può accettare di aver commesso un errore così madornale: ha davanti agli occhi un masso talmente grosso che non lo vede. Piuttosto che farti impressionare dalle sue invettive o paralizzare dai suoi ricatti morali, affidalo alla misericordia di Dio e tira dritto per la tua strada con timore e tremore, ringraziando il Signore con la faccia a terra di averti preservato da quella terribile sorte.

Uomo, non negare al tuo amor proprio quei rimedi che hanno il potere di salvare l’anima (Filoteo Sinaita, Quaranta capitoli sulla sobrietà, 14).


sabato 23 settembre 2023


Un cuore che batte

 

 

Pubblichiamo qui di seguito la trascrizione di un intervento di recente apparso nella Rete a proposito della legge di iniziativa popolare mirante a limitare il ricorso all’aborto. Con ciò non si intende assolutamente avallare l’erronea idea che le donne abbiano il diritto di decidere della vita dei figli che portano in grembo ed eventualmente di sopprimerla; non esiste infatti alcun diritto di scegliere atti in sé cattivi e, di conseguenza, sempre illeciti.

Il 7 Novembre prossimo scadrà il termine per la presentazione delle firme a sostegno della legge di iniziativa popolare mirante a correggere la Legge 194 del 1978, che legalizzò l’aborto. I promotori propongono di inserire in essa un comma aggiuntivo che obblighi il medico, durante la visita preliminare, a mostrare l’ecografia del nascituro alla donna che chiede di abortire e a farle udire il suo battito cardiaco. In Ungheria e negli Stati della confederazione americana in cui tale modifica è stata introdotta il numero di aborti è drasticamente diminuito, dimostrando così l’efficacia di questa strategia politica.

Dal punto di vista morale, non esistono obiezioni serie. Come spiega papa Giovanni Paolo II nell’enciclica Evangelium vitae, quando non è possibile abrogare completamente una legge abortista è lecito offrire il proprio sostegno a proposte miranti a limitarne i danni (cf. EV 73). È infatti evidente che chi le lancia è assolutamente contrario a quella legge e non intende in alcun modo approvarla ma, non potendone realisticamente prevedere l’abrogazione in tempi brevi, si adopera per ridurne il più possibile gli effetti negativi. Questa non è una forma di cooperazione materiale all’accettazione di una legge iniqua, dato che la contesta, né alla sua applicazione, visto che cerca proprio di restringerla.

Certi ambienti cattolici di orientamento tradizionale hanno criticato questa iniziativa con un eccesso di acribia morale, secondo il quale non si dovrebbe in alcun modo cercare di correggere una legge intrinsecamente malvagia, neanche per limitare i danni da essa causati. Tale posizione, come appena visto, non è conforme al Magistero pontificio e, oltretutto, paralizza qualunque tentativo di agire in modo efficace, neutralizzando di fatto l’impegno a tutela della vita e riducendolo a scritti, convegni e conferenze il cui bacino di utenza è sempre lo stesso e i cui risultati appaiono piuttosto scarsi. Questo atteggiamento, paradossalmente, viene a coincidere, a livello pratico, con quello dei difensori della Legge 194, per i quali essa è intoccabile.

Non è vero, inoltre, che questa proposta accetti, rafforzandolo, il falso principio, individualistico e libertario, dell’autodeterminazione della donna: essa presuppone solo l’ammissione che ci troviamo di fronte a un esercizio del libero arbitrio che, per quanto riprovevole, allo stato attuale non può essere impedito, se non con la persuasione. A tal fine si fa appello tanto alla ragione (spiegando alla madre che non ha il diritto di disporre della vita del figlio) quanto al sentimento materno (che è una nobile forma di percezione del reale). Non sussiste poi alcuna responsabilità per i promotori se la loro proposta, una volta arrivata in Parlamento, sarà eventualmente sostenuta da forze politiche che in questa materia mantengono posizioni ambigue.

Per valutare adeguatamente il problema, ricordiamo che, sebbene la Legge 194 lo abbia reso legale, l’aborto rimane un crimine abominevole in qualsiasi caso, dato che si tratta della deliberata soppressione di un essere umano innocente. Se alcune circostanze possono eventualmente attenuare la colpa morale, in se stesso è sempre un atto intrinsecamente cattivo in altissimo grado, motivo per cui non deve mai essere compiuto. La legislazione canonica commina la scomunica a chi lo commette, ma è reo di peccato mortale – e quindi escluso dai Sacramenti fino a quando non si penta sinceramente e riceva l’assoluzione – pure chiunque vi collabori anche solo materialmente, lo approvi interiormente o esteriormente, oppure vi istighi o costringa una donna.

Come si è potuto giungere alla legalizzazione dell’aborto in Italia? Ripercorriamo rapidamente la storia. Nel sistema penale italiano, fino al 22 Maggio 1978, l’aborto era un delitto severamente punito, benché con pene non proporzionate alla sua gravità. Per influenzare la pubblica opinione, un partito insignificante finanziato da Oltreoceano, negli anni Settanta del secolo scorso, lanciò una campagna a favore costellata di crimini commessi sfacciatamente per attirare l’attenzione delle masse. Fu però il disastro di Seveso, il 10 Luglio 1976, ad offrire un ottimo pretesto per autorizzare il cosiddetto aborto terapeutico a motivo di supposte malformazioni dei feti di donne esposte alla nube tossica di diossina, sebbene non si sapesse quasi nulla, all’epoca, degli effetti di quella sostanza sulla salute. I successivi esami clinici non riscontrarono nei feti abortiti alcuna malformazione, mentre i bambini che nacquero subito dopo risultarono perfettamente sani.

Quand’anche si fossero riscontrate malformazioni, quell’autorizzazione, concessa da due ministri democristiani con l’avallo del capo del governo, Giulio Andreotti, fu comunque un atto gravemente immorale, dato che non è mai lecito sopprimere un essere umano innocente, neppure se deforme o incapace: una scelta del genere non ha affatto carattere terapeutico, bensì eugenetico ed è pertanto degna del regime nazista. Tuttavia il varco era ormai aperto e l’onda emotiva seguita all’incidente di Seveso fu abilmente cavalcata per facilitare l’approvazione della legge abortista, avvenuta meno di due anni più tardi, neppure due settimane dopo il ritrovamento del corpo senza vita di Aldo Moro. Il referendum abrogativo del 17 Maggio 1981, promosso dal Movimento per la Vita, fu purtroppo un clamoroso insuccesso, anche a causa della confondente modalità di voto: molti scrissero NO pensando di opporsi all’aborto anziché all’abrogazione della legge che lo aveva legalizzato.

Oltre ad aver causato più di sei milioni di vittime solo nel nostro Paese, privato così di altrettanti cittadini, quella sciagurata legge ha ingenerato una mentalità perversa, secondo la quale la scelta di abortire sarebbe un diritto inalienabile della donna, quasi si trattasse dell’asportazione di un organo e non dell’omicidio di un essere umano che non può in alcun modo difendersi. Per favorire questa deformazione intellettiva, molti designano il feto come un semplice grumo di cellule, quando invece le attuali conoscenze scientifiche dimostrano senza ombra di dubbio che, fin dall’istante del concepimento, l’embrione è già dotato di tutte le potenzialità che ne faranno un bambino, se non intervengono fattori di disturbo. Quel modo di esprimersi è perciò totalmente antiscientifico e degno non di persone istruite, bensì di selvaggi o di ignoranti.

Secondo un noto esponente vaticano, quella legge sarebbe un pilastro della società… dobbiamo intendere, evidentemente, della società disumana in cui ci troviamo a vivere, ormai assuefatta a quel crimine orrendo, eseguito con modalità raccapriccianti e favorito da enormi interessi economici. Non è il momento, questo, di soffermarci sullo sfruttamento di organi e tessuti prelevati da feti ancora vivi ai fini della produzione di farmaci, cosmetici, alimenti e bevande, mostruosa prassi messa in evidenza dalle vicende sanitarie di questi ultimi anni. Ora è il momento di agire per tentare il possibile in vista dell’arginamento del genocidio di Stato che prosegue da quasi mezzo secolo. Non ci muove un’illusoria fiducia nelle cosiddette istituzioni democratiche, bensì la fede nella Provvidenza, la quale richiede la nostra collaborazione.

Siete perciò tutti esortati a recarvi in municipio per apporre la vostra firma a sostegno del progetto di legge Un cuore che batte. Ogni comune ha ricevuto i moduli necessari a questo scopo; gli impiegati che si rifiutino di fornirli possono essere denunciati per abuso d’ufficio. Se poi la proposta arriverà in Parlamento, occorrerà sicuramente integrarla, onde renderla davvero efficace, con l’introduzione di una sanzione per il medico che non ottemperi all’obbligo di eseguire l’ecografia e di un divieto di accedere all’aborto per la donna che non possa certificarla. Dato che non siamo in grado di prevedere il futuro, non lasciamoci influenzare da chi profetizza un insuccesso certo, ma compiamo il bene possibile con la certezza che, comunque vada, Dio ne farà occasione di grazia.

https://youtu.be/DaIiPxHrstE?si=3umc0rqDw69V-Ntr


sabato 16 settembre 2023

 

Novena per il sinodo

 

 

Ancora una volta – ma, com’è presumibile, ancora peggio delle altre volte – dal 4 al 29 Ottobre prossimi il Vaticano sarà teatro di un vano tentativo di pervertire la verità rivelata e di scardinare la costituzione divina della Chiesa. Per aumentare la pressione, sono stati invitati anche molti che non sono chierici e neppure cattolici e che, di conseguenza, non hanno nulla a che fare con quella che si definisce una riunione di vescovi. Dietro la cortina fumogena di discorsi inconsistenti e parole prive di contenuto reale, i manipolatori in abito ecclesiastico cercheranno di far accettare, sotto forma di richieste provenienti dalla “base”, la volontà di equiparare il sacerdozio a una qualunque funzione sociale, di riconoscere la sessualità come un bene di consumo, di sdoganare sodomia e pederastia (di cui non pochi di loro sono fervidi praticanti) e di consacrare dottrinalmente altre “conquiste” della moderna società di marca luciferina.

Nihil sub sole novum

Il metodo è vecchio: è dagli anni Settanta del secolo scorso che la cricca radical-progressista, pagata da banchieri sedicenti giudei, utilizza le strutture degli Stati e della Chiesa per imporre la propria agenda facendola passare per volontà del “popolo”… di un popolo, ovviamente, selezionato in base a criteri funzionali ai fini prestabiliti. Chi non si spalma senza remore sui perversi programmi di lor signori, tanto nella società civile quanto nella comunità ecclesiale, è irreversibilmente bollato come nemico del progresso e dell’umanità; di conseguenza, è condannato al disprezzo, all’esecrazione e all’isolamento. Ogni legge, umana e divina, è calpestata in nome di una misericordia o accoglienza arbitraria e selettiva con cui si legittima ogni abuso, ingiustizia e menzogna. Del resto il peccato contro natura, una volta diventato scelta di vita, provoca una generale deformazione interiore in cui l’insincerità, l’indifferenza, la slealtà e la cattiveria sono ormai la regola. Con quegli individui è impossibile avere un confronto franco e leale, ma bisogna necessariamente giocare d’astuzia, evitando di offrire loro il destro per farsi mettere fuori gioco.

Ci sono purtroppo, per quanto contrari, anche personaggi che, a dispetto delle intenzioni dichiarate, di fatto favoriscono gli avversari, i quali stanno operando in maniera evidente per concentrare gli oppositori in “riserve indiane” da cui non intralcino più la realizzazione dei loro disegni. In tal modo si abbandona la Chiesa ai modernisti, anziché cercare di contrastarne dall’interno l’azione pervertitrice con un’attività non solo buona, ma pure lecita e fecondata, grazie alla preghiera, dall’abnegazione e dal sacrificio. Non si contribuisce di certo al bene della Chiesa militante frammentandola, bensì servendola con perseveranza nel posto assegnato dalla Provvidenza, mossi da spirito soprannaturale e sorretti dalle tre virtù teologali, le quali si sviluppano nella misura in cui vengono esercitate con atti frequenti e ripetuti.

Lontano da tutte le false piste

Mentre le mosse dei novatori, pur così nocive, sono estremamente banali e prevedibili, il pericolo rappresentato da quanti separano i fedeli dal corpo ecclesiale è ben più subdolo e, per certi versi, causa maggior dolore. Che l’ideologia spadroneggi in campo progressista, non fa meraviglia; che sia così anche in quello di chi sostiene di difendere la Tradizione, invece, lascia sgomenti. L’esame obiettivo dei fatti nella loro pura oggettività sembra un miraggio irraggiungibile: tutto è ridotto a opinione, interpretazione, polemica in funzione di uno scopo prestabilito. Non si prendono neppure in considerazione le ragioni di una posizione differente, per quanto scevra da qualunque interesse o passione, ma si contrattacca sparando all’impazzata e dando fondo alle scorte di munizioni, ossia di pseudoargomentazioni trite e ritrite, ma talmente insostenibili da poter far presa unicamente su chi è digiuno di sana dottrina (che non si acquisisce col lavaggio del cervello) e di autentica cultura (che non è vanitoso sfoggio di sterile erudizione).

Il fatto che il diritto canonico sia disatteso o manipolato per fini illeciti da certi membri della gerarchia non ci autorizza a disattenderlo né a manipolarlo a nostra volta, nemmeno per fini considerati buoni, i quali mai giustificano il ricorso a mezzi cattivi. Chi scrive, pur esprimendo a volte giudizi su atti e parole di alcuni di essi, non si è mai ribellato a ordini legittimi né ha mai incitato altri a farlo con la pretesa di stabilire se un superiore è degno o meno di esigere obbedienza. Nel corso della storia della Chiesa i Santi hanno sempre obbedito, perfino a ordini ingiusti e a superiori indegni, riconoscendo per fede l’autorità loro conferita da Dio e confidando nella Provvidenza. Le iniziative illecite con cui alcuni si propongono di “salvare” la Chiesa (la quale, grazie al Cielo, ha già un Salvatore) mancano in modo vistoso di spirito soprannaturale e abbondano, in compenso, di superbia e ostinazione nella volontà propria, le quali sono i peggiori nemici di una sana vita spirituale.

La vera obbedienza non esclude che per necessità, in casi eccezionali, uno si autorizzi a usare una certa misura di dissimulazione, senza però giungere fino alla menzogna. Una cosa, nondimeno, è evitare gli scogli per non provocare rappresaglie, un’altra è esercitare il sacro ministero in modo del tutto indipendente, senza alcun mandato, cosa che nessuna circostanza particolare può render lecita. Qui ci troviamo sul piano della costituzione divina della Chiesa, vale a dire della struttura che Gesù Cristo stesso, in quanto Dio e suo Capo, le ha dato per assicurarne la coesione e la durata. Coloro che, in maniera mistificatoria, manipolano il diritto e la teologia che gli è sottesa commettono un peccato contro lo Spirito Santo, l’impugnazione della verità conosciuta, arrecando altresì alle anime un danno enorme e talvolta irreparabile, considerata la profonda ignoranza religiosa in cui versano tanti cattolici e lo stato emotivo di esasperazione che ne offusca l’intelletto.

Come prepararci al sinodo?

Cosa possiamo dunque fare, lecitamente e fruttuosamente, per contrastare l’azione demolitrice dei modernisti, che il mese prossimo, come si può facilmente presumere, toccherà un nuovo culmine? Anzitutto pregare con fede, unendo alle invocazioni mortificazioni e rinunce; poi approfondire le nostre conoscenze dottrinali con il Catechismo e buoni testi apologetici; infine parlare con carità e pacatezza per ristabilire la verità sui punti contestati. Senza lasciarci prendere dall’agitazione o dallo scoraggiamento a causa delle notizie che verranno diffuse sul sinodo, pratichiamo l’esercizio della presenza di Dio, che ci aiuterà a conservare la pace e a vedere tutto, con sguardo soprannaturale, come disposto o permesso dalla Provvidenza in vista di un bene maggiore; evidentemente il Signore non ha ancora terminato la cernita dei Suoi veri discepoli. Nell’imminenza dell’apertura, poi, dal 25 Settembre al 3 Ottobre prossimi offriamo a Dio la novena riportata in calce.

Ex ore infantium et lactentium perfecisti laudem propter inimicos tuos (Dalla bocca dei bambini e dei lattanti hai realizzato una lode a motivo dei tuoi nemici; Sal 8, 3): recitiamola con questo spirito di fede e di abbandono. Meditando su questo versetto, ci si può domandare in che modo Dio realizzi una lode dalla bocca di chi ancora non sa parlare; ciò si chiarisce quando si comprende che, secondo la parola del Vangelo, dobbiamo noi stessi diventare quei piccoli (nḗpioi) ai quali son rivelati i misteri del Regno dei cieli (cf. Mt 11, 25; 18, 3) e quei neonati (bréphē) che bramano il buon latte spirituale, privo di inganni (cf. 1 Pt 2, 2). Perché la nostra preghiera abbia il potere di abbattere gli avversari, è perciò necessario che l’anima nostra si sforzi di diventare come quella di un lattante battezzato, già libera dal peccato originale, ma non ancora macchiata da peccati personali. Per riformare la Chiesa, ognuno cominci dunque dal riformare se stesso.


Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.

Maledicti qui declinant a mandatis tuis (Sal 118, 21).


SALMO 57

Se davvero proferite senz’altro la giustizia, pronunciate sentenze rette, figli degli uomini. In realtà, nel cuore operate iniquità; sulla terra le vostre mani ordiscono ingiustizie. I peccatori sono impazziti fin dalla nascita, han deviato fin dal grembo materno; hanno proferito falsità. Il loro furore è simile a quello di un serpente; è come quello di un aspide sordo che si tura le orecchie, che non ode la voce degli incantatori, del mago che lo incanta abilmente. Dio frantumerà i loro denti nelle loro bocche; il Signore frantumerà i molari dei leoni. Non addiverranno a nulla, come acqua che scorre via; egli tiene teso il suo arco finché non siano abbattuti. Saran tolti di mezzo come cera che si scioglie; cadde sopra di loro il fuoco e non videro più il sole. Prima che le vostre spine diventino un cespuglio, così con ira li inghiottirà da vivi. Il giusto si rallegrerà quando vedrà il castigo; si laverà le mani nel sangue del peccatore. E si dirà: «C’è senz’altro una ricompensa per il giusto; c’è senz’altro un Dio che li giudica sulla terra».


Pietà di noi, Signore! Meritiamo questo e molto peggio a causa dei nostri peccati, ma sappiamo che non ci farai mai mancare la Tua grazia se, seguendoti sulla via del Calvario, la chiediamo con cuore umile e contrito, piuttosto che per interesse nostro o di questa o quella fazione. Malgrado la nostra debolezza, con il Tuo aiuto siamo pronti a qualunque sacrificio, pur di esserTi fedeli nell’unità del Tuo mistico Corpo. Aiutaci a stare saldi e operosi nel posto che ci hai assegnato nella Tua vigna, la quale rimane Tuo geloso possesso, nonostante sia devastata dai cinghiali. Non permettere che le nostre scelte sconsiderate favoriscano i Tuoi nemici, che si trovino all’esterno o si siano infiltrati in essa. È il Tuo stesso onore ad essere in gioco, Signore, con la dignità e la salvezza della Tua santa Sposa: che cosa aspetti ad intervenire? Fa’ Tu ciò che è necessario, ma non è in nostro potere. Tu solo sei il nostro Bene, il nostro Amore, il nostro Dio: con Te abbiamo tutto e nulla potrà mai mancarci.


Innalzati, tu che giudichi la terra, rendi la retribuzione ai superbi. Fino a quando i peccatori, Signore, fino a quando i peccatori si glorieranno, proclameranno e proferiranno l’iniquità, parleranno tutti coloro che operano l’ingiustizia? Hanno umiliato il tuo popolo, Signore, e devastato la tua eredità (Sal 93, 2-5).

Tu, sorgendo, avrai pietà di Sion, poiché è ora di averne pietà, poiché è giunto il tempo (Sal 101, 14).

Risposta del Cielo: È stata tappata la bocca di quanti proferiscono iniquità (Sal 62, 12).


- Una decina del Santo Rosario


Ti preghiamo, o Signore: difendici da tutti i pericoli dell’anima e del corpo e, per intercessione della beata e gloriosa sempre Vergine Madre di Dio, Maria, del beato Giuseppe, dei beati tuoi apostoli Pietro e Paolo, di san [patrono del luogo o titolare della parrocchia] e di tutti i Santi, concedici con benevolenza la salvezza e la pace, affinché, annientate tutte le avversità e gli errori, la tua Chiesa ti serva con tranquilla libertà. Per Cristo nostro Signore. Amen.

Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo. Amen.


https://lascuredielia.blogspot.com/p/la-gioia-della-santa-presenza-di-dio.html


sabato 9 settembre 2023

 

Per amore della verità

e della giustizia

 

 

La verità provocò l’odio. Non si poterono tollerare con animo tranquillo gli avvertimenti del santo uomo di Dio, il quale, certamente, cercava la salvezza di coloro che in tal modo ammoniva. Essi gli resero male per bene. Cosa avrebbe egli detto, infatti, se non ciò di cui era pieno? e cosa avrebbero risposto quelli, se non ciò di cui erano pieni? (sant’Agostino, Sermo CCCVII in Decollatione beati Ioannis Baptistae, 1; PL 38, 1406).

Sempre il Signore soccorre coloro che sinceramente desiderano compiere la Sua volontà, sciogliendo le perplessità e donando loro indicazioni sul da farsi. È l’Ufficio Divino ben meditato, molto spesso, a fornirle quando uno meno se lo aspetta, rischiarandone la mente e pacificandone il cuore. Il passo di sant’Agostino sopra riportato calza perfettamente – mutatis mutandis – al tentativo di dirimere la polemica da poco scoppiata sulla Fraternità Sacerdotale San Pio X. Con ineccepibile professionalità, precisione di dati e di termini, innegabile pacatezza e obiettività, la dottoressa Scrosati (alla quale va tutta la nostra solidarietà) si è limitata a fornire un quadro dei fatti oggettivi attinenti alla situazione di scisma in cui detta società si trova e all’illegittimità del ministero esercitato dai sacerdoti che ne sono membri. Più d’uno si è domandato se, con quel che sta succedendo nella Chiesa, era opportuno prender di mira chi cerca di arginare la crisi. La risposta è che, mentre è ben evidente la minaccia di coloro che, gettata la maschera, hanno mostrato il loro volto di apostati, è molto più nascosto il pericolo proveniente da chi, per ragioni in apparenza sante, divide la Chiesa e impone ai fedeli precetti e divieti senza averne alcuna autorità, ma rivendicandola con procedimenti mistificatori.

Benché la Fraternità non goda, all’interno della Chiesa Cattolica, di alcun riconoscimento canonico, la designiamo per comodità con il nome che aveva quando ancora esisteva, prima di esser soppressa il 6 Maggio 1975 – con atto forse ingiusto, ma assolutamente legittimo – da monsignor Pierre Mamie, successore sulla cattedra di Losanna-Ginevra-Friburgo di monsignor François Charrière, il quale, il 1° Novembre 1970, l’aveva eretta come Pia Unione, ossia come forma di aggregazione ecclesiale che dipendeva direttamente dall’Ordinario e non poteva incardinare sacerdoti. Il fatto che il ricorso di monsignor Lefebvre alla Santa Sede sia rimasto senza risposta, pur essendo una grave inadempienza, non invalida l’atto di soppressione; l’esecuzione di quest’ultimo avrebbe forse potuto esser sospesa fintanto che, una volta accolto il ricorso, la questione non fosse stata definita. Nessun dubbio che l’ignorare un legittimo ricorso sia stata una soluzione disonesta, ma così è avvenuto; continuare ad agire come se i fatti non fossero accaduti costruendosi un mondo a parte, a lungo andare, rischia di far perdere i contatti con la realtà, come dimostra altresì il pervicace riferirsi a un codice che non è più in vigore dal 27 Novembre 1983.

Odio per la verità e scelte inammissibili

Come osserva l’Ipponate, il proclamare la verità genera l’odio in quanti la rifiutano, i quali non posson sopportare gli ammonimenti di chi, per pura carità, tenta di avvertirli del pericolo in cui si trovano e si preoccupa della loro salvezza. L’uno e gli altri esprimono ciò che riempie la mente e il cuore: da un lato, la tranquilla pazienza del medico che formula una diagnosi; dall’altro, l’animosità e l’acredine di chi non ha veri argomenti da esibire, ma solo tre o quattro idee ripetute fino alla nausea, che non dimostrano né confutano un bel niente. È assurdo pensare che possa sussistere uno stato di necessità (situazione circoscritta nel tempo e nello spazio) che coinvolga la Chiesa nella sua interezza e duri da decenni; perché ciò fosse vero, bisognerebbe che tutti e singoli i membri della gerarchia fossero eretici formali da cinquant’anni, cosa che non è neppure ipotizzabile da chi ha la fede cattolica: si sarebbe così costretti a concludere che il Signore non avrebbe mantenuto la Sua promessa riguardo all’indefettibilità della Chiesa (cf. Mt 16, 18). Ci sono poi i tre mantra, logori fino alla consunzione, riguardanti le dottrine eterodosse del Vaticano II: collegialità, ecumenismo e libertà religiosa. I veri cattolici, in realtà, non ci pensano più, mentre un bravo candidato al sacerdozio, con un po’ di abilità, può evitare quegli scogli, visto che le convinzioni dottrinali, purtroppo, non sono affatto un criterio di discernimento negli attuali seminari.

Ovviamente c’è ben poco di cui rallegrarsi circa le condizioni della Chiesa visibile nel suo complesso, ma ciò non giustifica certo la creazione di una struttura gerarchica parallela fondata – udite, udite – su un’applicazione straordinaria del diritto canonico, la quale sarebbe giustificata da una situazione eccezionale. Con questo principio la Chiesa si polverizzerebbe: chiunque fosse convinto di essere autorizzato ad applicare il diritto in modo straordinario (e, per giunta, secondo un codice non più in vigore) potrebbe sentirsi legittimato ad agire in modo del tutto indipendente, come pare ritenere un recente epigono dell’arcivescovo francese scomparso nel 1991. Due anni fa, su queste pagine, non potemmo trattenerci dal rendergli giustizia contro un indecente attacco basato su un’accusa ridicola; oggi siamo costretti a dissociarci vigorosamente dalle sue scelte successive: erigere un seminario clandestino e ordinare sacerdoti senza poterli incardinare è una grave violazione dell’ordinamento canonico, nonché un intollerabile abuso della fiducia di giovani la cui appartenenza alla Chiesa è posta in serio pericolo e il cui futuro può esser pregiudicato per sempre.

Affermare che, per rimanere fedeli a Cristo e alla Tradizione, sia necessario, anzi doveroso rendersi canonicamente indipendenti (a parte la contraddizione in termini) è contrario alla volontà di Cristo e alla costante Tradizione della Chiesa. Pretendere di giudicare in foro esterno, senza averne l’autorità, chi all’interno della gerarchia è un lupo travestito da agnello in quanto, in nome di Dio, agisce contro Dio, è un tentativo di sovvertire l’ordine costitutivo della Chiesa, divinamente stabilito. Si tratta in realtà di una prassi tipicamente rivoluzionaria che nessun gioco di parole può far passare per resistenza, se in realtà è ribellione: altro è resistere in coscienza, altro è l’aperta insubordinazione. Una cosa è rifiutare l’obbedienza a singoli ordini illegittimi, se necessario facendo ricorso all’autorità superiore; un’altra è esercitare il sacro ministero senza missio canonica, il che comporta la sospensione a divinis e inclina all’eresia, in quanto misconosce sul piano pratico che il presbitero non può operare legittimamente se non in obbedienza a chi governa una diocesi o l’istituto religioso di appartenenza. Non si guariscono i mali della Chiesa militante causando mali peggiori e incentivando lo spirito di divisione, confusione, antagonismo. Non è affatto chiaro, peraltro, come e da chi possa esser stabilito quando sarà terminata la fase di generale sovversione e si potrà ricominciare ad obbedire.

Una parola definitiva sui lefebvriani

Per chiudere il cerchio, ritorniamo a monsignor Lefebvre. Non ci azzardiamo certo a scrutarne le intenzioni, che Dio solo conosce e ha già giudicato, bensì gli atti e le loro conseguenze. Ordinare vescovi non semplicemente senza mandato pontificio, ma contro l’espressa volontà del Papa, è un atto per sua stessa natura scismatico. Se mi dài un pugno in pieno viso rompendomi il setto nasale, val poco la scusa che non avevi l’intenzione di rompermelo, giacché l’atto di colpire con forza la faccia di qualcuno comporta, per sua stessa natura, quella conseguenza; se pertanto non hai davvero l’intenzione di rompermi il naso, non devi colpirmi in pieno viso. Così è di un atto che, per sua stessa natura, spezza la comunione ecclesiale. La smettano una volta per tutte con le acrobazie intellettuali di chi scinde il potere d’ordine dal potere di giurisdizione, i quali sono inseparabili: l’ordinazione episcopale è conferita in vista del governo pastorale del Popolo di Dio, anche se non sempre esercitato in forma diretta. Consacrare un vescovo non è come amministrare la Cresima: sono sì entrambi atti sacramentali, ma di portata ecclesiologica ben diversa.

In conclusione, non sussiste alcun ragionevole dubbio che l’organizzazione che si denomina Fraternità Sacerdotale San Pio X sia in stato di scisma; affermare di essere in comunione con il Papa solo perché lo si nomina nel Canone è un’espressione fraudolenta, se poi non gli si obbedisce in nulla. Per tal motivo i sacerdoti appartenenti alla Fraternità esercitano il sacro ministero in modo illegittimo; il fatto che la Santa Sede abbia autorizzato i fedeli a partecipare alle Messe da loro celebrate e perfino concesso a quei sacerdoti la facoltà di assolvere dai peccati e di assistere ai matrimoni è un’evidente anomalia giuridica, che ingenera la falsa impressione che sia tutto in ordine, quando invece così non è affatto. Dato però che non abbiamo l’autorità di proibire ai fedeli di ricevere i Sacramenti da loro, possiamo soltanto sconsigliarlo e raccomandare di non lasciarsi influenzare da quanto inculcano, poiché chi aderisce formalmente a un movimento scismatico, condividendone le idee e frequentandolo in via esclusiva, incorre nella scomunica.

Quanto ai sacerdoti membri che soffrono di questa situazione, ma sono ostaggio di una minoranza oltranzista che rifiuta per principio qualunque ipotesi di accordo, consigliamo loro di domandare l’ammissione a uno degli istituti tradizionali approvati dalla Santa Sede, come alcuni han già fatto. All’eventuale richiesta di accettare i documenti del Concilio Vaticano II si può ottemperare con una riserva mentale, cioè con un’adesione limitata a quanto in essi corrisponde all’insegnamento costante della Chiesa e vincola perciò la coscienza. In realtà quell’evento infelice, se non fossero proprio i lefebvriani a tenerne vivo il ricordo, è stato sostanzialmente rimosso dalla memoria dei credenti: gli autentici cattolici non vi pensano più, mentre i progressisti si son spinti ben oltre, lasciandoselo alle spalle. La volontà del Signore è che, onde non uscire dalla Comunione dei Santi, restiamo nell’unico ovile, servendo il Corpo Mistico con la parola, il sacrificio, l’esempio e preparando così la nuova fioritura che la Provvidenza sta già realizzando in modo discreto ma irresistibile.


sabato 2 settembre 2023

 

Dalle bestemmie degli apostati

uno sprone ad evangelizzare

 

 

La vita mi è divenuta come una specie di sogno, e sogno mi sembra tutto ciò che io vedo. Non sento più né grandi gioie né grandi afflizioni. Se talvolta ne provo ancora, è solo per poco tempo, tanto da meravigliarmene io stessa, rimanendomene poi con l’impressione come di una cosa sognata. Ciò è così vero che, se volessi rallegrarmi di quella gioia o rattristarmi di quell’afflizione, mi sarebbe tanto impossibile quanto a una persona assennata concepire gioia o dolore per un sogno. Il Signore si è degnato di affrancarmi da tutte queste impressioni, prima in me così vive perché non mortificata né morta al mondo (santa Teresa d’Avila, Vita scritta da lei stessa, cap. XL, 22).

I Santi ci insegnano il sano distacco interiore proprio di chi è radicato in Dio. Non possiamo certo pretendere di raggiungere i loro livelli, ma dobbiamo comunque sforzarci di imitarli per avvicinarci il più possibile. La grande riformatrice del Carmelo ci dimostra che è possibile limitare, fin quasi ad annullarlo, l’impatto dei fatti esterni sull’anima. Alla sua epoca, diversi Paesi d’Europa eran devastati da luterani, calvinisti e altri eretici, responsabili di orribili massacri di cattolici, specie di consacrati. Ella non rimaneva certo indifferente all’eco che gliene giungeva; aveva però a tal punto soffocato le passioni umane e reciso l’attaccamento al mondo da non esserne più emotivamente sconvolta, ma semmai confermata nel proposito di immolarsi a Dio per la Chiesa, con le sue sorelle, nella vita di silenzio, austerità e nascondimento cui il Signore l’aveva condotta. Da lei impariamo a mantenerci immuni dagli effetti delle notizie che, anche nostro malgrado, ci raggiungono tramite gli altri.

Nella misura del possibile, ignoriamo tranquillamente detti e misfatti dei traditori che attualmente occupano i vertici della Chiesa; attendiamo piuttosto a pregare per essa confidando nella Provvidenza, come insegna un carmelitano vissuto nel secolo successivo, fra’ Lorenzo della Risurrezione (1614-1691): «Egli non si meravigliava delle miserie e dei peccati di cui sentiva parlare ogni giorno, ma anzi era sorpreso che non ce ne fossero anche di più, vista la malizia di cui il peccatore è capace. Si limitava a pregare per il peccatore, senza affliggersi troppo, ben sapendo che Dio poteva rimediare a tutto quando voleva» (La presenza di Dio, Milano 1924, 15). Certo, è inevitabile sentir ribollire il sangue nelle vene e rimanere un po’ scossi quando Colui che si ama sopra ogni cosa è scandalosamente bestemmiato, sulle pagine di un quotidiano di bassa lega, dal direttore della (un tempo) prestigiosa rivista dei gesuiti. Anche in questo caso, però, plachiamo le passioni e lasciamo parlare la Scrittura.

Le risposte del Cielo

Ancora una volta, è nell’Ufficio Divino che il Signore parla per rischiarare la situazione: «Sempre costoro errano col cuore; essi non han conosciuto le mie vie. Nella mia ira ho giurato loro: “Non entreranno nel mio riposo”» (Sal 94, 10-11). Riguardo ad essi, ai più giovani si può raccomandare: «Non siano come i loro padri, generazione malvagia e irritante, generazione che non ha reso retto il suo cuore e il cui spirito non si è affidato a Dio» (Sal 77, 8). Il nocciolo del problema è la mancanza di fede e la conseguente disobbedienza: «Non hanno osservato l’alleanza di Dio e nella sua legge non han voluto camminare. Così han dimenticato le sue benefiche azioni e le meraviglie che aveva loro mostrato. […] Non han creduto in Dio né sperato nella sua salvezza. […] Si sono volti indietro e han tentato Dio, esasperando il Santo d’Israele» (Sal 77, 10-11.22.41). Di conseguenza non solo rischiano di mancare la mèta, ma riceveranno gli stessi castighi dell’Egitto, cioè della potenza demoniaca al cui servizio si son posti: «Mandò contro di loro la sua ira sdegnata: sdegno, ira e tribolazione scagliati per mezzo degli angeli cattivi» (Sal 77, 49).

«La sinagoga dei peccatori è stoppa ammucchiata; la sua fine è una fiamma ardente» (Sir 21, 10). Se non si convertono, gli apostati bruceranno per sempre all’Inferno; dalla Sacra Scrittura si evince altresì che quanti han peccato con parole particolarmente blasfeme subiranno anche in questa vita un tremendo castigo quale estremo appello al ravvedimento. Nel Secondo Libro dei Maccabei si narra del generale ellenistico Nicanore, il quale, dopo aver minacciato di radere al suolo il tempio di Gerusalemme appena riconsacrato, fu pesantemente sconfitto in battaglia (cf. 2 Mac 14, 32s; 15, 25ss). Interessante è la sorte riservata alle sue spoglie mortali: per ordine di Giuda Maccabeo, convocati nel tempio i sacerdoti, il popolo e l’esercito, la lingua che aveva parlato con arroganza contro Dio fu triturata e data in pasto agli uccelli; la mano che, nell’iniquo giuramento, era stata levata contro la Sua santa casa, sospesa verso il sacello; la testa mozza, appesa sulla sommità della fortezza quale segno evidente dell’aiuto divino (cf. 2 Mac 15, 30ss).

Magnifico programma

Dettagli truculenti a parte, ciò che di quell’episodio più gonfia il cuore di gioia è la modalità della vittoria di Giuda Maccabeo, che affrontò un’enorme armata, dotata di elefanti, con forze decisamente sproporzionate. Prima della battaglia, egli arringò le truppe esortandole con le parole della Scrittura e ricordando loro le vittorie già riportate. Poi ravvivò il loro valore indicando il fine ultimo della lotta: non si trattava solo di proteggere le proprie famiglie, ma soprattutto di preservare il culto e la fede. Egli aveva inoltre visto in sogno il santo sommo sacerdote Onia e il profeta Geremia, dal quale aveva ricevuto una spada d’oro quale dono di Dio per sconfiggere gli avversari (cf. 2 Mac 15, 7ss). Dopo aver pubblicamente invocato il Signore, che dà la vittoria a chi la merita non in base alla potenza delle armi, ma come a Lui piace, Giuda e i suoi attaccarono continuando a pregare: «Combattendo con le mani, ma pregando il Signore col cuore, abbatterono non meno di trentacinquemila nemici, magnificamente rallegrati dalla presenza di Dio» (2 Mac 15, 17).

Se Dio non ci chiama a combattere fisicamente, facciamolo con la preghiera e l’apostolato, purché ci manteniamo costantemente, con la mente e col cuore, alla santa presenza del Signore, cosa che non impedisce affatto l’esecuzione dei nostri compiti, anzi la facilita e la perfeziona. Per riparare ai discorsi blasfemi contro il Redentore, recitiamo spesso il Credo e parliamo di Lui in quanto Dio, difendendo la storicità dei Vangeli e l’interpretazione tradizionale della Chiesa. Non lasciamoci intimidire da reazioni beffarde o da espressioni di stolida ignoranza: a noi è stato concesso di conoscere la verità che salva; oltre ad esserne debitori a chiunque desideri conoscerla, abbiamo il dovere di difenderla contro chi la nega o la offusca. Per adempiere bene questo compito, occorre sicuramente studiare, ma soprattutto leggere e rileggere il Nuovo Testamento, chiedendo allo Spirito Santo, con fiducia e insistenza, di illuminarci la mente e di ispirare i nostri discorsi. La preghiera continua è la spada d’oro che il Signore pone nelle nostre mani per far vendetta dei Suoi nemici.

Alleluia! Cantate al Signore un cantico nuovo; la sua lode nella Chiesa dei santi. Si rallegri Israele per colui che lo ha fatto e i figli di Sion esultino per il loro re. Lodino il suo nome in coro, con il cembalo e la cetra cantino a lui. Poiché il Signore si è compiaciuto del suo popolo ed esalterà i mansueti nella salvezza. I santi esulteranno nella gloria, si rallegreranno nei loro giacigli. Le lodi di Dio nella loro gola e spade a doppio taglio nelle loro mani, per compiere il castigo fra le nazioni e rimproverare i popoli, per rinchiudere i loro re nei ceppi e i loro nobili in manette di ferro, perché eseguano in loro la sentenza scritta: questa è la gloria per tutti i suoi santi. Alleluia! (Sal 149).