Il mistico e lo gnostico
Diriget
mansuetos in iudicio, docebit mites via suas
(Guiderà i mansueti col giudizio, insegnerà ai miti le sue vie; Sal 24, 9).
In genere si pensa ai mistici come a persone che han la testa fra
le nuvole e vivono fuori della realtà, secondo uno stereotipo che ridicolizza
il falso misticismo. I veri mistici, invece, hanno i piedi ben piantati nel
Fondamento di tutte le cose e sono quindi dotati di uno straordinario realismo
e senso pratico, il quale è indispensabile per giungere in vetta, ma è a sua
volta ulteriormente acuito dall’unione con Dio. Nel leggere le loro vite, si è
colpiti dalla quantità e grandezza delle opere realizzate, spesso con
scarsissimi mezzi e malgrado enormi difficoltà; esse furono certamente
risultato di grazie non comuni, eppure richiesero la costante collaborazione
dei destinatari, che vi impiegarono tutte le proprie risorse umane e vi
coinvolsero tanti altri con entusiasmo contagioso.
Lo gnostico – anche quello che si spaccia per cattolico – segue
tutt’altra dinamica. Il principio del suo agire non è la cooperazione con la
grazia, bensì l’acquisizione di un sapere esclusivo con cui si illude di
salvarsi da sé. A volte si parla di tradizione intendendo qualcosa di
radicalmente diverso da quel che intende la Chiesa: qui si tratta della fedele
trasmissione di quanto fatto e insegnato dal Signore; là di una presunta
rivelazione ancestrale che sarebbe comune a tutti i popoli, culture e
religioni. Questo secondo concetto, inevitabilmente, relativizza la rivelazione
cristiana come una delle tante forme (forse la più perfetta, bontà loro) di
quella supposta “tradizione” universale che si rispecchierebbe in dottrine
disparate e contraddittorie.
I nuovi manichei
Certi soggetti si sono infiltrati nell’ambiente tradizionalista millantando
di essere zelatori della tradizione cattolica; se però indagate un tantino
sulle loro fonti, troverete presto qualche autore dichiaratamente gnostico e
massone, come per esempio René Guénon, campione di una “cultura” mistificatoria
che dissimula la stregoneria dietro la cortina di un falso tradizionalismo e
irretisce gli incauti con i suoi incantesimi. Anche senza arrivare a tal punto,
tuttavia, non è affatto infrequente incontrare cattolici talmente “duri e puri”
da essere in realtà manichei: per loro l’umanità di divide in due gruppi
contrapposti e assolutamente non comunicanti, i buoni e i cattivi; gli uni
totalmente virtuosi e definitivamente salvi, gli altri totalmente viziosi e
irrimediabilmente perduti. Qualora osi osservare che pure questa è gnosi, ti
danno del rinnegato e traditore.
Secondo questa visione intrinsecamente settaria, il bene è tutto e
soltanto da una parte (la propria, ovviamente), il male tutto e soltanto
dall’altra. Chi si trova dal lato giusto della barricata è scusato di qualunque
vizio e difetto; chi si trova dall’altro è colpevole pure del bene che fa, in
quanto esso è inficiato da princìpi sbagliati. Chi non sposa le idee del
partito vincente fin nei minimi dettagli deve necessariamente essere escluso;
dato però che non ne può ingoiare subito gli elementi più indigesti, pur di non
perderlo lo si indottrina gradualmente, svelandogli i segreti nella misura in
cui si lascia cuocere a fuoco lento, rinunciando a poco a poco all’autonomia di
giudizio. Coloro che si ostinano a pensare e a porre domande suscitano
sospetto; essi van perciò rieducati con ogni mezzo, compresi quelli coercitivi,
qualora non basti l’ordinaria manipolazione mentale.
Quali criteri di discernimento?
Come distinguere un mistico da uno gnostico? Il primo desidera
ardentemente, ma in modo del tutto disinteressato e a loro esclusivo vantaggio,
condividere con gli altri i doni che ha ricevuto per pura grazia e di cui si
considera indegno; egli spera che essi li aiutino a diventare santi elevandosi
come lui o anche di più. Il secondo, invece, dispensa una pretesa conoscenza
superiore, riservata a pochi, per ottenere dagli altri ammirazione e
soggezione, rendendoli così sottomessi e dipendenti. L’adepto non può fare a
meno di ricorrere costantemente al maestro per esserne diretto e confermato, a
meno che non diventi a sua volta un istruttore avvolto da un’aura di falsa
autorità. Chi davvero cerca Dio, al contrario, quanto più avanza tanto più si
sente misero e inadeguato, pur non trattenendosi dal dar conto di ciò che
sperimenta per glorificare Lui ed edificare il prossimo.
Un alto grado di unione con Cristo non presuppone necessariamente
che si verifichino miracoli o fenomeni straordinari (i quali, di norma, ne son
comunque segno eloquente), ma richiede senz’altro profonda umiltà, costante
abnegazione e completo distacco dal mondo e da sé. Chi ama Dio detesta
comparire troppo, imporre il proprio parere ed esigere sottomissione, pur ricorrendo
ad ogni mezzo lecito per ammonire, persuadere e istruire il prossimo, arso
com’è dalla carità. Egli non tollera che si abusi del santo nome di Dio e della
Sua verità per manipolare le menti e ottener potere sugli altri, nemmeno per
fini buoni, che mai giustificano il ricorso a mezzi cattivi. Quando si scontra
contro il muro dell’ostinazione, per non aggravare il male preferisce umiliarsi
e sospendere la discussione, per quanto profondamente addolorato per la triste
situazione morale e spirituale dell’interlocutore, che corre a rompicollo verso
la propria rovina eterna.
Il più triste effetto dell’apostasia generale
Quoniam abundavit iniquitas, refrigescet caritas multorum (Poiché ha sovrabbondato l’iniquità, si raffredderà la carità di
molti; Mt 24, 12). Tanti reagiscono al dilagare dell’errore e dell’incredulità in
modo scomposto, con toni astiosi, quasi ne fossero assolutamente indenni,
quando invece la loro condotta può esser macchiata da peccati ricorrenti, se
non abituali, in materia grave. Essi pensano di opporsi efficacemente alla
perversa opera dei demolitori, mentre in realtà ne subiscono l’effetto più
subdolo e nascosto, se non si correggono: la perdita della carità e la
separazione da Dio. Il loro esprimersi non è un’umile e pacata condivisione
delle conoscenze ottenute con i mezzi naturali e con quelli soprannaturali,
bensì un continuo sbraitare contro i mali esterni che impedisce loro di riconoscere
quelli interni, ben più gravi perché ne distruggono la vita spirituale.
In tal modo l’analisi stessa della realtà oggettiva finisce col
diventare parziale, falsata, ideologica, ripetitiva e monocorde; il risultato
del loro lavoro è sterile o addirittura dannoso, dato che provoca in chi legge
inconvenienti analoghi a quelli di chi scrive. Puoi soltanto compiangere chi è
caduto in questa dinamica di natura gnostica e tutt’altro che cattolica; più
tenti di liberarlo dalla trappola, più ti si avventa contro con odio rabbioso,
roso com’è dalla superbia. Chi si è nominato da sé cavaliere senza macchia
della verità e del bene, d’altronde, non può accettare di aver commesso un
errore così madornale: ha davanti agli occhi un masso talmente grosso che non
lo vede. Piuttosto che farti impressionare dalle sue invettive o paralizzare
dai suoi ricatti morali, affidalo alla misericordia di Dio e tira dritto per la
tua strada con timore e tremore, ringraziando il Signore con la faccia a terra
di averti preservato da quella terribile sorte.
Uomo, non negare al tuo amor proprio quei rimedi che hanno il
potere di salvare l’anima (Filoteo
Sinaita, Quaranta capitoli sulla sobrietà, 14).