Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 27 settembre 2025


L’ipocrisia del Vaticano di oggi

 

Attendite a fermento pharisaeorum, quod est hypocrisis (Lc 12, 1).

In ogni circostanza, con estrema precisione, la parola del Signore fa da discrimine nel distinguere e dividere la verità dalla menzogna, l’onestà dalla slealtà, la realtà dall’apparenza. Da questo punto di vista siamo inguaribilmente divisivi, poiché non sopportiamo l’ipocrisia e siamo incapaci di andare a braccetto con gli ipocriti; per far ciò dovremmo rinunciare sia alla fede che alla ragione. Non c’è bisogno di avere un dottorato in teologia (in quest’epoca, anzi, è meglio non averlo): bastano la retta ragione e una fede semplice e viva, cose di cui, purché lo voglia, può disporre chiunque, compresa la vecchina che sgrana il rosario e il campesino analfabeta dell’America Latina. Solo chi ha messo sordidi interessi al posto di Dio – nonché della propria stessa dignità – gioca con le parole esibendosi come pessimo attore nel teatrino ecclesiale postconciliare.

Necessarie precisazioni

Chiariamo subito che siamo arcistufi di polemiche sul Vaticano II e sui papi che lo hanno seguito: è un binario morto, seguendo il quale non si ottiene alcun vantaggio ai fini della conservazione della vera fede e si rischia invece di collocarsi fuori della Chiesa. Tali questioni, oltretutto, non sono di nostra competenza e, perciò, decidiamo una volta per tutte di astenercene, soprattutto dopo aver osservato l’esito rovinoso del percorso di quanti le hanno trattate. Il bene della Chiesa e delle anime non consiste nel far nascere innumerevoli aggregazioni scismatiche che rinchiudono i fedeli in veri e propri ghetti, mentre riducono la Tradizione ad appannaggio di gruppi ribelli e fanno apparire la Messa antica come la bandiera di separatisti fanatici avversi al progresso sociale ed ecclesiale: teniamo presente l’abilità del potere mediatico nel deformare la percezione di ciò che è buono.

Se con le persone deve sempre prevalere la carità, sul piano dei princìpi bisogna comunque esser chiari e fermi, non per qualche interesse particolare, ma per amore della verità e per il bene delle anime. Per questo può succedere che un sacerdote accolga con affabilità un gruppo di pellegrini lefebvriani che non hanno dove andare per la Messa, pur rimanendo convinto che sia stato un grave errore consacrare dei vescovi contro il volere del Papa e che i sacerdoti da loro ordinati non siano semplicemente irregolari, ma in oggettivo stato di scisma, pur essendo soggettivamente persuasi del contrario. Non è una questione di cavilli canonici, ma una ferita inferta al Corpo Mistico che può far piangere di dolore davanti al tabernacolo per la sorte di tanti chierici, religiosi e fedeli che, vivendo separati, rischiano una deriva di tipo settario e privano la Chiesa tutta del loro apporto.

Due pesi, due misure

Veniamo adesso, però, al riprovevole comportamento di chi ha potere in Vaticano. È opportuno rammentare che la Curia Romana non è un organo di diritto divino, bensì un’istituzione di diritto ecclesiastico che coadiuva il Sommo Pontefice nel governo della Chiesa universale; il suo operato, di conseguenza, merita l’ossequio dovuto a un’espressione del primato petrino, ma rimane soggetto al giudizio della retta ragione e della sana dottrina. Come non vogliamo diventare protestanti per una pretesa fedeltà alla verità regolata dal libero esame, così non siamo papolatri che si arrampicano sui vetri nel vano tentativo di giustificare tutto e il contrario di tutto, ma consideriamo fatti e parole con la massima onestà intellettuale di cui siamo capaci, senza voler compiacere nessuno: «Se ancora io piacessi agli uomini, non sarei servo di Cristo» (Gal 1, 10).

Abbiamo dunque due modi d’agire opposti, vertenti sullo stesso oggetto ma riguardanti due diverse categorie di persone: il pellegrinaggio giubilare della Fraternità Sacerdotale San Pio X, regolarmente registrato, scompare dal sito vaticano all’ultimo momento, causando impreviste difficoltà a decine di sacerdoti e migliaia di fedeli che devono sormontare l’ostracismo della Chiesa accogliente, inclusiva e dialogante; il “giubileo” organizzato da un’associazione di sodomiti, invece, si svolge senza il minimo intoppo, anzi con il palese favore di numerosi prelati a tale inaudita e provocatoria esibizione. Questa ingiustificabile disparità di trattamento, unita all’udienza concessa da Prevost, con incredibile tempismo e la grancassa mediatica all’unisono, al gesuita araldo dello sdoganamento della perversione, dissolve ogni patetica illusione circa il pontificato delle correzioni senza strappi

In nome della carità e della giustizia

Si può discutere all’infinito sulla situazione giuridica della Fraternità, ma un fatto è innegabile: i suoi sacerdoti e vescovi non obbediscono alla legittima autorità ecclesiastica e operano al di fuori di qualsiasi quadro canonico. Per conservare la fede non si può rifiutare l’obbedienza in tutto, ma basta opporsi agli ordini illegittimi o contrari alla legge divina: nel primo caso si fa ricorso, nel secondo si è moralmente obbligati a disobbedire. Quanti esplicano un’attività pastorale in modo totalmente indipendente dall’autorità negano de facto l’apostolicità della Chiesa (che è una verità di fede) e, volenti o nolenti, si costituiscono come una sorta di Chiesa parallela. Benché singoli chierici e fedeli possano eventualmente trovarsi ancora in stato di grazia per via dell’errore invincibile, la condizione oggettiva della loro aggregazione è lo stato di scisma.

Detto questo, è comunque gravemente contrario alla carità e alla giustizia impedire loro di pregare nelle chiese e, al contempo, accogliervi a braccia aperte gruppi di persone che vivono stabilmente in peccato mortale (di un peccato, per giunta, fra i più ripugnanti) e non hanno la minima intenzione di pentirsene, anzi si presentano come organizzazioni che rivendicano un riconoscimento ecclesiale, a livello pratico e dottrinale, del loro riprovevole stato. Se poi il rifiuto di ammettere i lefebvriani da parte di chi è pronto a ospitare chiunque si richiama a ragioni canoniche, perché mai si cedono a scismatici orientali gli edifici consacrati al culto cattolico e vi si invitano eretici protestanti a predicare? Tale insanabile contraddizione si spiega unicamente o con la malafede o con disturbi mentali: ci dicano, di grazia, per quale delle due ipotesi dobbiamo propendere.

Conclusioni provvisorie

Come già accennato all’inizio, siamo inclini alla prima: l’ipocrisia di una banda di depravati che ha sì preso il potere in Vaticano, ma è inevitabilmente manovrata dalle società segrete con i ricatti e il denaro. I loro burattinai sono occultisti della peggiore specie che fecero di tutto per impedire una riconciliazione con monsignor Lefebvre e lo manipolarono con false informazioni per spingerlo sulla strada dello scisma. In questa luce tutto torna: ai tradizionalisti bisogna continuare a opporre motivi per restare separati, così da avere un nemico da esecrare per difendere le “riforme” conciliari, che rappresentano piuttosto l’invenzione di una nuova religione in totale discontinuità con quella di Cristo. È la stessa strategia dei sionisti: creare, finanziare e armare un nemico (prima il partito nazista, poi il movimento Hamas) che serva a giustificare le loro riprovevoli azioni.

Le menti che stanno dietro gli uni e gli altri sono le stesse: sono quei banchieri aschenazisti che prendono gli ordini dai demoni cui rendono culto. Essi odiano la Tradizione, poiché la Messa e l’Ufficio tradizionali fanno scappare gli spiriti immondi e sono una barriera alla loro avanzata. Se perciò amiamo davvero la Chiesa, rimaniamo al suo interno per mantenerne vivo il sacro patrimonio e perseverarvi sulla retta via, dalla quale nessun ipocrita potrà mai costringerci a deviare, purché coltiviamo una vita spirituale autentica, solida e intensa. Continuiamo a obbedire ai soli ordini legittimi, senza lasciarci incastrare in forme di controllo mentale e operativo che, col pretesto di difendere la Tradizione, incanalano e neutralizzano il dissenso, il quale non è altro che senso critico e indipendenza di giudizio, cioè le cose che il regime teme di più e sulle quali non ha il minimo potere.


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