Attraversare il torrente
Torrentem
pertransivit anima nostra (Sal 123, 5).
Sia sul fronte ecclesiale che su quello geopolitico, ci troviamo in
acque particolarmente tumultuose: per dirla con le parole della Sacra
Scrittura, stiamo attraversando un torrente in piena e potremmo esser travolti
dalla furia delle acque. Tuttavia il salmo, utilizzando il perfetto, ci
proietta già verso il termine della prova, facendoci pregustare la gioia e il
sollievo di chi, giunto all’altra riva, volge indietro lo sguardo come per
misurare l’entità del pericolo scampato. Chi è disposto a perseverare nella
fede si sente realmente già al sicuro, sapendo che il Signore non lascia
trascinare via coloro che Gli restano aggrappati con la volontà, sostenuta
dalla grazia, di adempiere il Suo volere fino in fondo, costi quel che costi.
Venti di guerra
La propaganda di regime sta rispolverando tutto l’arsenale della
retorica interventista, manco fosse il 1914 e non avessimo alle spalle mezzo
secolo di pacifismo da invertebrati. Ci vorrebbe qualche novello Marinetti con
la sua malsana estetica di esplosioni e mitragliate o un D’Annunzio capace di
ridestare guerriere velleità d’eroismo patriottico… almeno nella realtà virtuale,
visto che la nostra gioventù è ipnotizzata dal cellulare e non vede più nemmeno
ciò che le cade sotto gli occhi. Tra alcool, droghe, occultismo e pornografia,
i valorosi combattenti che dovrebbero salvare il “libero” Occidente dalla
pretesa minaccia russa sono proprio ben messi: il maresciallo Cadorna avrebbe
la sua proverbiale carne da cannone…
Ironia a parte, due generazioni di ucraini sono già state falciate
da un conflitto che si sarebbe potuto concludere dopo appena due mesi, se
l’allora primo ministro britannico Johnson non si fosse precipitato a
dissuadere il guitto Zelensky dall’intavolare trattative con il presidente
Putin. L’ossessione di Londra e Parigi per l’intervento militare a sostegno di
uno Stato perdente con il quale non hanno alcun impegno ha del grottesco e si
spiega unicamente a partire dagli interessi privati della dinastia di usurai
aschenazisti che le controllano: l’erede dei Rothschild, Nathaniel, perora da
anni la causa di Kiev, la cui colonizzazione economica, politica e socio-culturale
è cominciata all’indomani della dissoluzione dell’Unione Sovietica.
La storia dovrebbe insegnare (soprattutto ai giacobini) che non è
il caso di cimentarsi con la Russia ma, a quanto pare, essa non è più magistra vitae – se mai lo è stata. A ogni buon conto, Putin ha già trasmesso a
francesi e inglesi la lista delle loro città che, in caso di attacco diretto,
sarebbero distrutte in pochi minuti dai suoi missili ipersonici; c’è da sperare
che l’ennesimo avvertimento sortisca il suo effetto. Intanto la bellicosa
Unione Europea vara un piano da ottocento miliardi di euro per un massiccio riarmo.
Ci vorrà davvero un bel gruzzolo per riportare all’efficienza l’industria
pesante, dopo il suo sistematico smantellamento; se pensano di scipparlo ai risparmiatori,
i Paesi membri dovrebbero prepararsi ad avere qualche problema di ordine
interno.
Sembra una corsa contro il tempo per prevenire qualunque accordo;
il percorso negoziale tra i due veri protagonisti, Putin e Trump, appare
peraltro piuttosto accidentato. Curioso, comunque, che i “mostri” presentati
dalla propaganda come irrecuperabili guerrafondai siano gli unici a volere la
cessazione delle ostilità, mentre gli araldi dell’istituzione che ha garantito
all’Europa ottant’anni di pace fan di tutto per porle fine. Pare che si sia
verificata una spaccatura all’interno della massoneria anglo-americana, i cui
servizi segreti han creato e diretto l’Unione al fine di tenere sotto controllo
il Vecchio Continente: la Gran Bretagna, uscitane a bella posta, starebbe
tentando di riesumare il suo ruolo “imperiale” di guida mondiale.
Dietro le quinte
Non è poi così arduo fiutare quali poteri rivali stiano fomentando
le opposte fazioni. Da quanto si può arguire, il giudaismo talmudico dei soliti
noti (Rothschild, Soros, Rockefeller…), avendo perso la roccaforte di
Washington a favore del giudaismo chassidico dei lubavitcher, sta
puntando sulla negletta Europa, dove ha piazzato i suoi uomini alla testa dei
principali Paesi, per scongiurare la saldatura tra gli Stati Uniti, che le sono
sfuggiti di mano, e una Russia rafforzata dalle sanzioni e anch’essa affiliata
alla setta Chabad. Il vicepresidente Medvedev è del resto un ebreo (o cazaro)
purosangue, malgrado l’occultamento delle sue origini, come pure l’ucraino Zelensky;
cambia solo l’obbedienza, la razza è la stessa.
Con buona probabilità, la stessa competizione tra talmudisti e
chassidici si ripercuote all’interno della Chiesa Cattolica: da un lato le
pedine dei Rothschild, che si stanno giocando il tutto per tutto nel tentativo
di prolungare il presente pontificato, e dall’altro i conservatori
(filoamericani nonché filosionisti), che aspettano il conclave per riprendere
in mano la situazione. È naturale che i primi non si rassegnino facilmente a perdere
pure il Vaticano, vista la sua influenza a livello planetario; qualcuno di loro
si aggira probabilmente per la Città eterna, come David Rockefeller, con la
scusa della Libia, fece nei giorni dell’agonia di Giovanni Paolo II. Ora non
rimane altro che attendere l’annuncio della morte di papa Francesco.
Lo scenario si farà forse un po’ meno nebuloso col discorso di re
Carlo, emissario dei Rothschild ed erede di una monarchia votatasi a Satana
cinque secoli fa, al Parlamento italiano, espressione di uno Stato partorito,
nell’Ottocento, dalla massoneria britannica e aggiornato, a metà del Novecento,
da quella americana, la quale sta di nuovo passando il testimone, a quanto
pare, alla loggia-madre. Il reduce della Casa Bianca, dal canto suo, sembra
incaricato di liquidare istituzioni sorpassate, non più efficienti e troppo
costose, Nazioni Unite e Alleanza Atlantica in primis; la
Confederazione, essendo sull’orlo della bancarotta, deve evidentemente
risparmiare e investire per sé. Sarebbe auspicabile che anche le basi di cui è
disseminato il nostro territorio fossero una buona volta smantellate, visto che
non sussiste più il pretesto della loro installazione.
Tra Scilla e Cariddi
Allo stato attuale, abbiamo da una parte una Washington targata
Lubavitch e disposta quindi ad appoggiare qualsiasi atrocità commetta Isnaele
(come se finora non avesse fatto nulla), dall’altra una Bruxelles controllata
dai Rothschild che spinge l’Europa al massacro contro la Russia, con un
Vaticano dominato da un uomo vicino al Bilderberg, il cardinal Parolin, erede
di quel Silvestrini (membro della mafia di San Gallo e padrino di
personaggi come Rupnik) che tanto si adoperò per l’intesa coi regimi comunisti.
Il Segretario di Stato, con la voce di un papa che non può parlare, ha provato
a protestare a favore di Gaza incassando una replica in perfetto stile
giudaico, disgustosamente ipocrita e arrogante (la quale, tradotta, suona: «Per
noi non esiste il diritto internazionale: facciamo quel che ci pare e abbiamo
sempre ragione»). Che fare? Pregare, ancora pregare, accanitamente pregare finché
non si realizzi la divina Parola: «Siamo passati per il fuoco e l’acqua, poi ci
hai fatti uscire verso il refrigerio».
Transivimus per ignem et aquam, et eduxisti nos in refrigerium (Sal 65, 12).
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