Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 25 gennaio 2025


L’ex-galeotto e il monaco gnostico

 

 

Sono circa le sette del mattino. Alla Messa in un antico monastero, durante l’omelia del Padre priore, un uomo si mette a un tratto a borbottare vivacemente, poi esce disgustato dalla chiesa. Incrociando un prete, gli esterna le proprie rimostranze. È un uomo semplice che ha conosciuto il carcere, ma mostra un sincero zelo religioso, sebbene un po’ confuso per mancanza di istruzione. La predica del monaco non gli va giù per nessuna ragione: è scandalizzato e indispettito al tempo stesso. «Ma come… Allora il buon Dio ha sbagliato tutto… La colpa del male è sua… Dove va a finire il libero arbitrio?». Per quel poco che ha potuto udire anche il prete, il religioso stava discettando sulla nostra struttura antropologica, che a suo dire sarebbe viziata all’origine, come per difetto di fabbricazione, in quanto incapace di resistere all’assalto del peccato per debolezza congenita. Come se non bastasse, tutta la creazione, essendo soggetta alla corruzione, sarebbe costitutivamente imperfetta: il passo di san Paolo secondo cui essa soffre nelle doglie del parto (Rm 8, 22) subisce così un’interpretazione che non può non apparire tendenziosa, o per lo meno non in sintonia con la Tradizione.

In effetti quell’uomo, pur nella sua semplicità, ha perfettamente colto nel segno. Il sacerdote che la Provvidenza ha messo sul suo cammino cerca di rimediare come può, in una conversazione di pochi minuti. Evidentemente non gli parla di gnosi e dintorni, ma gli conferma che l’origine del male non può essere attribuita a Dio, bensì alla libera scelta dell’uomo, il quale non è stato sopraffatto, nella sua “fragilità”, da un’irresistibile forza esterna, preesistente e in sé sussistente, ma si è sottomesso al diavolo con la propria disobbedienza al comando divino. Il discorso del monaco, in ultima analisi, annulla la responsabilità umana e la rigetta sul Creatore. Da questa visione discende inevitabilmente un’idea distorta di misericordia: una sorta di indulgenza paternalistica che è dovuta ad un povero minus habens e che non gli si può negare, almeno finché la sua crescita interiore (tema su cui il Padre batte parecchio) non l’abbia elevato ad uno stadio superiore di consapevolezza. Non sarà mica quello in cui si vorrebbe superato il concetto di colpa personale e di peccato come offesa a Dio, nonché la necessità di perdono, redenzione, espiazione, riparazione…? Di tutto ciò, in effetti, non v’è traccia nella predicazione del suddetto, così come ne è assente la grazia.

E dire che, proprio in quel luogo, l’Apostolo delle genti ha suggellato la sua missione col martirio… Il suo insegnamento dogmatico e morale, che è uno dei principali fondamenti della fede cattolica, è semplicemente cancellato dalle teorie che, in modo più o meno surrettizio, insinuano certi moderni predicatori, attivi ad ogni livello della gerarchia. Non è questo il momento di attardarsi sulle radici cabalistiche di quella visione, ma le sue ricadute pratiche sono fin troppo evidenti, a sprezzo non solo di san Paolo, ma anche dei martiri cui è intitolata l’abbazia, Vincenzo e Anastasio, nonché dei testimoni della fede di ogni tempo. I cultori di quel “pensiero”, con le loro idee, giustificano qualsiasi peccato, anche il più sordido; non stupisce perciò che, nelle azioni, si rivelino affaristi senza scrupoli, dediti a vizi abominevoli e attaccati al potere come ventose. Porsi problemi in merito, però, è del tutto anacronistico, tipico di indietristi da reprimere e rieducare con commissariamenti e restrizioni… Intanto, da parte sia di vecchie volpi che di nuovi arrivati, continua l’arrembaggio ai beni immobiliari degli Ordini religiosi e delle diocesi, non ultimo il Vicariato di Roma: colpa, ovviamente, del Creatore che ci ha fatti difettosi.


4 commenti:

  1. Già maestro dei novizi, poi priore e abate di fatto, detto religioso è relativamente noto, nella capitale, per i numerosi corsi che impartisce, nonostante la regola gli prescriva il silenzio e la clausura, a laici avidi di conoscenze esclusive. I testi preferiti, piuttosto che quelli della tradizione di appartenenza, sono quelli della spiritualità orientale, che forse meglio si prestano – saremmo tentati di insinuare – a riletture di sapore gnostico, quello tipico delle sue omelie. Gli ardenti adepti sono inebriati dalle continue scoperte di cui sono resi partecipi: il messaggio cristiano, in realtà, non è quello che ci han presentato, ma è ben altra cosa… Travisando gli autori della Filocalia, essi si smarriscono in un’aura spiritualistica che benda loro completamente gli occhi sullo stato reale di una comunità monastica votata all’estinzione, visto che nessuna vocazione vi resiste più di qualche mese. Dato che l’abate di diritto, finché non si è ritirato per l’età, era tenuto in pugno dall’onnipotente priore, di fronte al quale persino un commissario pontificio con pieni poteri non ha resistito più di un semestre, non è difficile indovinare a chi vada ascritto tale incontestabile successo.

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  2. (Segue)

    In realtà, il campo in cui eccelle il maestro di esicasmo, dalla presenza peraltro gelida e sprezzante, è quello finanziario. Siccome il monastero, a suo tempo, si è ritrovato di punto in bianco alle prese con l’esazione di un milione e mezzo di euro di tasse arretrate, la mannaia dei tagli si è prontamente abbattuta sui lavoratori in nero. I locali ceduti in comodato alle parrocchie vicine per l’accoglienza dei profughi, dovendo esser venduti al più presto, son stati reclamati senza tanti complimenti, malgrado il contratto sottoscritto e registrato. Eppure nell’abbazia sono in funzione un’azienda agricola, una birreria, una liquoreria e un negozio per la vendita della produzione propria, se non dimentico nulla. Un intero edificio è appaltato a una società che vi gestisce un albergo a quattro stelle, una pertinenza è adibita a casa di riposo, un’altra a centro congressi, un’altra ancora a ricovero per malati di morbo di Alzheimer… Ci son perfino i gesuiti con una casa-famiglia per immigrati. La foresteria, poi, ha per anni incassato dagli ospiti – ovviamente senza rilasciare la ricevuta fiscale – una tariffa prestabilita che in nessun modo poteva considerarsi offerta spontanea ed era intascata personalmente dal priore senza venire annotata in alcun registro.

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  3. (Segue)

    Che dire? Tutte attività senz’altro lecite, ma non proprio limpide a livello amministrativo, da quanto è dato dedurre. Ancor più anomala è la presenza, nel cuore del fondo di venticinque ettari, di un deposito di materiali edilizi gestito da una ditta a cui vengono assegnati importanti appalti pubblici. Una volta superato il cancello, sul quale campeggiano severi divieti di accesso, si rimane esterrefatti per lo spettacolo che si presenta alla vista: si direbbe una discarica abusiva a cielo aperto; un vero e proprio scempio in un’area che, nel bel mezzo della città, rappresenta un’oasi naturalistica di raro valore. Ancor maggiore, peraltro, è l’importanza storica e spirituale del complesso, che comprende un’abbaziale del XII secolo senza paragoni in tutta Roma e due chiese rinascimentali. Tutti e tre gli edifici sacri sono abbandonati all’incuria più totale, al punto che ognuno di essi è minacciato da forti infiltrazioni d’acqua, visibili a chiunque. Eppure si tratta di un luogo carico di memorie cristiane: i pellegrini giungono da ogni parte del mondo per venerarli, ma i loro custodi come li trattano? Lo stato della celebre abbazia può sicuramente interessare diverse istituzioni: Soprintendenza alle Belle Arti, Guardia di Finanza, Polizia Ambientale… per rimanere nell’ambito civile.

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  4. (Segue)

    L’Ordine, dopo il 1870, ha ottenuto il fondo dallo Stato italiano in enfiteusi perpetua a condizione di averne cura. I monaci di allora, effettivamente, lo bonificarono dalla malaria piantandovi migliaia di eucalipti; ma quelli di oggi… Dal canto suo, la Santa Sede ha cercato di intervenire ma, a quanto pare, senza molto successo. A questo punto vien da pensare che l’inamovibile priore sia in possesso di informazioni sensibili che lo rendano intoccabile. Il suo monastero, d’altra parte, fa gola a molti, non ultima la comunità trasteverina che, dietro la facciata dell’assistenza a zingari e barboni, lavora per i servizi segreti. Quest’ultima ha un piede nel sito tramite una realtà ad essa molto legata, la casa generalizia delle sedicenti discepole dell’esploratore francese che si fece eremita nel Sahara per portare i musulmani a Cristo ed evitare che invadessero l’Europa. Quando si dice tradimento… Nella loro apparente povertà, le sorelline di Gesù han comprato ed edificato tutta la collina che domina l’abbazia, ma per scopi – ovvio – squisitamente spirituali; certamente la politica non c’entra. Il nostro monaco gnostico, probabilmente, spiegherà questa bella situazione appellandosi alla fragilità di cui l’uomo soffre per colpa del Creatore. Io invece, non essendo così progredito, fo ancora ragionamenti terra-terra: sono un povero realista, come il galeotto (e san Tommaso d’Aquino).

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