Dove vuoi naufragare?
La via della notorietà è irta di tentazioni e di insidie sottili
che il diavolo camuffa in modo magistrale per catturare coloro che gli si
oppongono e ridurli, consapevoli o meno, al suo servizio. Quando uno gode di un
ampio seguito e, a torto o a ragione, si è guadagnata una certa autorevolezza,
comincia a scivolare impercettibilmente verso il culto di sé e, di conseguenza,
a darsi un’importanza eccessiva. Tuttavia «chi si prende troppo sul serio –
celiava l’arguto Chesterton – non è una persona seria». Il peggio è che tale
inturgidimento dell’ego espone l’individuo a pericoli non indifferenti; qualora
si lanci in imprese superiori alle sue forze, infatti, può andare incontro a
catastrofici effetti, tirandosi spesso dietro, a motivo della sua popolarità,
turbe di scontenti e di sprovveduti.
Quale dolore nell’assistere al triste spettacolo di anime
sacerdotali che, vittime del proprio smodato orgoglio, si precipitano nel
baratro della perdizione senza avvedersi delle flagranti contraddizioni in cui
sono cadute! C’è chi dice: «È lecito sollevare dubbi sulla legittimità del
Papa», nel momento in cui proclama in proposito una certezza e pretende
addirittura di farla valere sul piano giuridico; «Toccherà ad un futuro Papa
stabilire se era lecito o no celebrare in comunione con Bergoglio», pur avendo
già deciso da sé che non lo è e istigando i fedeli a frequentare le sue Messe
clandestine; «Io rimango nella Chiesa», ma rifiutandosi di riconoscerne il capo
visibile…
Come peggiorare la situazione
Che vicende del genere accadano nella Chiesa e abbiano per
protagonisti chierici e religiosi è una vera e propria calamità, in quanto la
divide ulteriormente e trascina tante anime sulla via dell’eterna perdizione.
Chi però ha imboccato la via della ribellione aperta non se ne accorge,
accecato com’è dalla propria presunzione e arroganza, che lo rende estremamente
suscettibile e aggressivo con tutti. Intendiamoci: questi difetti non spuntano
da un giorno all’altro ma, a ben vedere, risalgono a molto prima del rovinoso
atto di rottura; non individuati ed estirpati per tempo, si sono
silenziosamente e incessantemente sviluppati fino ad esplodere con forte
virulenza. Quando ciò accade è troppo tardi per porvi rimedio e la tragedia si
compie come un destino già scritto, benché voluto.
In qualunque ambiente – ma soprattutto in quello ecclesiastico –
l’aggressiva pretesa di indicare ai superiori quel che dovrebbero fare oppure
ciò in cui sbagliano è un’arma che si mette loro in mano per essere uccisi.
Chiunque (che sia un giornalista o un semplice mestatore) istighi un ministro
di Dio a comportarsi così dovrà risponderne a Lui e sarà punito in modo
severissimo, non solo nell’altra vita, ma anche già in questa. A nessuna
persona sana di mente, a meno che non sia molto disonesta, verrebbe in mente di
lanciare una petizione per fare pressione sui cardinali affinché riesaminino la
legittimità del Papa. A parte il fatto che tale modo di procedere è del tutto
estraneo alla vita ecclesiale, non si vede proprio quale cardinale sarebbe così
folle da caricarsi di una tale responsabilità.
Non è questione di paura, come facilmente si insinua da chi non ha
nulla da perdere e non sa niente del funzionamento della Chiesa: compiere un
passo come quello comporterebbe quasi certamente uno scisma e sarebbe comunque
iniziativa di una piccola minoranza di cardinali, che passerebbero alla storia
come colpevoli di uno dei delitti più gravi e darebbero ragione agli attuali
detentori del potere. Nessun vero cattolico è disposto, non dico a volere, ma
neppure solo a immaginare di rendersi responsabile di una siffatta sciagura. A
parte le ragioni di coscienza, poi, sotto questo regime basta molto meno per
vedersi, nel migliore dei casi, rimossi dal proprio ufficio e, nel peggiore,
annientati nella propria reputazione (come avvenuto all’Arcivescovo di Parigi).
Come trovare e diffondere pace
Certi discorsi e prese di posizione non sono altro che un frutto
della superbia, non certo dell’amore per Cristo e per la Chiesa. Chi invece è
mosso da quest’ultimo movente è lieto di soffrire adempiendo il proprio dovere
nel silenzio e nel nascondimento, in un martirio bianco che, al momento fissato
da Dio, porterà immancabilmente i suoi benefici frutti. L’umiltà e la
mansuetudine, inoltre, disarmano i superiori ostili e li lasciano senza parole;
garantito dall’esperienza. Non è mera tattica, bensì reale effetto di una
sincera volontà di servire il Signore nella verità; l’affettazione, del resto,
si fa scoprire facilmente e non arriva lontano. Chi predica il Vangelo deve pur
decidersi, presto o tardi, a imitare effettivamente Gesù nella condotta tenuta
durante il ministero pubblico.
Spesso si citano, a questo proposito, la cacciata dei mercanti dal
Tempio e le dispute con i farisei, dimenticando che, nel primo caso, la santa
ira presuppone una purezza di intenzione che non hanno se non i Santi e che,
nel secondo, era la Sapienza incarnata a parlare. Se noi sacerdoti meditassimo
di più la Sua parola e perdessimo meno tempo in diatribe che non ci competono,
riusciremmo forse ad acquistarne una scintilla che illuminerebbe le nostre
menti e quelle dei fedeli orientandole verso il bene reale della Chiesa,
anziché verso azioni dalle tragiche conseguenze. Sembra però che la Sacra Scrittura
non sia più attuale e che vada sostituita da un’inflazione di pretese rivelazioni
che non danno alcuna garanzia di provenire dal Cielo.
Chi ascolta il Signore nel silenzio e nel raccoglimento potrà
comprendere senza difficoltà l’umile implorazione di san Barsanufio: «Prego
giorno e notte per essere purificato dalle passioni visibili e da quelle che
sono nascoste. […] Beato colui che, purificato dall’ira e dalle altre passioni,
osserva tutti i Comandamenti e dice: “Sono un servo inutile” (cf. Lc 17, 10)» (Epistola
65). Sul terreno delle passioni disordinate allignano le tentazioni. Ora, ci
sono tentazioni gravi ma evidenti; ci sono però tentazioni ancora più gravi e
non evidenti. Che un chierico o religioso ceda ad una tentazione della carne, è
cosa gravissima; che ceda alle tentazioni dell’orgoglio spirituale lo è,
tuttavia, ancor di più. Della prima, infatti, può agevolmente rendersi conto;
le seconde lo accecano completamente.
Chi si riconosce servo inutile non corre questo rischio; anzi, gode
di una beatitudine segreta che non è nota se non a chi la sperimenta, ma
traspare nel volto, nel parlare e nell’agire. Possono pure levargli l’incarico,
il sostentamento e l’alloggio; non potranno mai portargli via l’intimo gaudio
di servire il Signore per puro amore. Egli stesso è quel tesoro nel quale,
secondo la sublime elevazione di san Bonaventura, la mente e il cuore del
discepolo stanno fissi, saldi e irremovibilmente radicati. Tale stato genera
quella profondissima quiete che il Leopardi poté soltanto presagire,
mentre chiunque, anche analfabeta, preghi con fede semplice e viva la può
gustare nella contemplazione. Davvero ’l naufragar m’è dolce in questo mare…
Chi cerca umilmente la verità ed è disposto ad abbracciarla a qualunque prezzo troverà nondimeno opposizioni esterne da parte di quanti sono pronti a sacrificare tutto a un’idea o a un partito preso. C’è una radicale differenza tra il politicante che cerca di compiacere l’elettorato e il Pastore che si sforza di procurare il vero bene del suo gregge: per il primo, il bene comune è un’etichetta variabile da appiccicare a interessi coperti; per il secondo, esso consiste in una costante conformazione alla volontà di Dio, costi quel che costi. Il primo si industria a non scontentare nessuno; il secondo si fa nemici ovunque e, malgrado la sua aspirazione ad essere in pace con tutti, è costretto ad andare sempre contro corrente: ieri con i modernisti, oggi con i tradizionalisti, gli uni e gli altri prigionieri del nominalismo. Che Dio ci guardi dall’affogare nelle farneticazioni e ci mantenga uniti a Sé nell’unità del Corpo Mistico, fuori del quale non c’è salvezza.
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