Una mano dal Cielo
– A san Filì,
dacce ’na mano! Certo che pure te, a li tempi tua, n’hai viste de cotte e dde
crude dentro a ’sta città… Ma com’hai fatto?!?
– Semplice: me so’ fatto santo.
A un prete romano può capitare di trovarsi a passare, in una gelida
e tersa mattinata d’Inverno, davanti alla Chiesa Nuova e, spinto da una forza
interiore, di entrarvi per buttarsi in ginocchio davanti al corpo di san
Filippo Neri lasciando prorompere dal cuore queste parole e ricevendo nel
pensiero la disarmante risposta sopra riportata. Per quanto la Roma
rinascimentale fosse corrotta nei costumi, i Santi dell’epoca rimarrebbero
esterrefatti nel costatare il grado di decadenza cui è giunta, a cominciare
dalle sue guide, larga parte della
Chiesa di oggi, non soltanto per le deviazioni morali, ma anche e soprattutto
per quelle intellettuali. La metafisica, la logica e l’etica non erano ancora state
sovvertite da Kant, Hegel e Heidegger, né la teologia era rimasta influenzata,
ad opera dei vari Küng e Rahner, dalle loro aberrazioni. Quella risposta,
tuttavia, rimane ancora valida; anzi, essa appare come il primo e principale
antidoto alla degenerazione del clero.
Il cuore del problema
Per amor di verità, non si può addossare tutta la colpa ai soli
intellettuali tedeschi. In Vaticano l’immoralità allignava da tempo, ben prima
dell’ultimo, devastante concilio. Non c’erano solo prelati massoni o modernisti
camuffati, ma pure cultori del peggiore dei vizi, che già allora si
proteggevano o ricattavano a vicenda. Eppure sarebbe bastato recitare con
attenta devozione le preghiere di preparazione alla Messa (attribuite a
sant’Ambrogio ed esprimenti le disposizioni necessarie per celebrarla) per
rendersi conto dell’inescusabile incoerenza. Quella assegnata al Lunedì, in
particolare, domanda la purezza richiesta al sacerdote dal suo stato e da ciò
che si accinge a fare: è la natura stessa del sublime atto sacro che sta per
compiere ad esigere nella sua persona condizioni precise, in mancanza delle
quali esso sarà realizzato in modo valido, sì, ma indegno se non sacrilego,
qualora egli si trovi in peccato mortale.
«Re dei vergini, amante della castità e dell’integrità, con la
celeste rugiada della tua benedizione estingui nel mio corpo il fomite
dell’ardente libidine, perché rimanga in me una costante castità del corpo e
dell’anima. Mortifica nelle mie membra gli stimoli della carne e ogni
eccitazione libidinosa e con gli altri tuoi doni, che ti piacciono in verità,
donami una vera e perpetua castità, affinché io sia in grado di offrirti il
sacrificio di lode con corpo casto e cuore puro. Con quanta contrizione del
cuore e abbondanza di lacrime, infatti, con quanta riverenza e tremore, con
quanta castità del corpo e purità dell’anima va celebrato questo celeste e
divino sacrificio, nel quale davvero si assume la tua carne, nel quale davvero
si beve il tuo sangue, nel quale le realtà più basse si uniscono a quelle più
sublimi, quelle terrene a quelle divine, al quale prendono parte i santi Angeli
con la loro presenza, nel quale tu sei sacrificio e sacerdote mirabilmente e
ineffabilmente costituito!».
La realtà oggettiva della Messa provoca un attonito stupore e un
religioso timore da cui l’anima si sente sopraffatta e al contempo spronata a
chiedere l’aiuto soprannaturale indispensabile per porsi nelle disposizioni
adeguate, così da poter offrire il Sacrificio nel modo meno indegno possibile.
Si sa che numerosi sacerdoti si sono dannati oppure scontano in Purgatorio pene
durissime per le loro negligenze nel culto; che ne sarà di quelli che profanano
la propria persona consacrata e poi, senza scrupoli di sorta, celebrano
sacrilegamente i divini misteri? Come osano presentarsi in quello stato –
sempre con le parole di sant’Ambrogio – al cospetto della tremenda maiestas, se anche chi è in stato di grazia, nell’accedere a quel sacro
convito, continua a temere e tremare per la consapevolezza dei peccati passati,
che ne hanno macchiato il corpo e inquinato la mente, motivo per cui non può
fare altro che affidarsi alla bontà e misericordia di Dio?
La vera sfida di sempre
Non alludiamo, naturalmente, alla fiducia temeraria che oggi è
suscitata da un ingannevole concetto di misericordia. Colui che si è fatto
crocifiggere per liberare l’uomo dal peccato e dalla morte eterna può forse
indurlo con una falsa pietà a rimanere com’è sentendosi scusato delle proprie
colpe e incoraggiato a perseverare nel male? Il peccato grave non è mera idea,
bensì un fatto oggettivo che priva l’anima della vita soprannaturale e le fa
meritare la dannazione, così come un virus pericoloso priva il corpo della
salute e lo espone al decesso. Non ci si può illudere con giochi di parole, poiché
la realtà della colpa non cambia e la coscienza segnala chiaramente la malizia
di un atto; solo chi si ostina a soffocarne la voce con artifici ideologici
riesce ad andare avanti senza fare i conti con essa, ma prima o poi, volente o
nolente, sarà costretto a farli con il Giudice divino – e allora sarà troppo
tardi. Dobbiamo tutti interrogarci costantemente sullo stato dell’anima, ma soprattutto
chi (almeno per ragioni statistiche) è più vicino al trapasso e ha
responsabilità maggiori di quelle dei comuni mortali.
A costo di essere ripetitivi, torniamo a ribadire – con in più il
conforto dei Santi – che l’unica vera urgenza rimane la santificazione
personale; ciò vale per ogni battezzato, ma quanto più per i sacri ministri! La
denuncia degli abusi perpetrati da chierici di ogni ordine e grado mira a
mettere in loro una sana inquietudine e a ottenere giustizia per le vittime in questo
mondo; essa non deve tuttavia trasformarsi in scusa per trascurare il proprio
impegno di purificazione dal peccato e di progresso nella virtù: sarebbe
soltanto l’ennesima tentazione di distrazione, un ulteriore diversivo
utilizzato dal diavolo per rovinare le anime sotto apparenza di zelo. San
Filippo Neri ci redarguirebbe con la sua arguzia così penetrante ed efficace,
che aveva in dote da buon fiorentino, ma aveva arricchito di una nota di
amabile ironia grazie al prolungato e quotidiano contatto con il popolo di
Roma. L’aiuto è pronto a offrircelo, ma vuole trovare in noi almeno un minimo
di buona volontà. «Io ’na mano ve la do, ma pure voi dateve da fa’ un pochetto,
no? Siate boni, se potete…».
Il segreto della vittoria
Gli amici di Dio uniscono con disinvoltura uno sguardo impietoso
sui mali del tempo a una serena speranza teologale, capace di sorriso e
perfino, a volte, di ilarità. Essi rifuggono tanto dalla severa prosopopea del
castigatore di costumi quanto dagli infingimenti accomodanti degli ignavi; la
prima è una forma di vanitosa superbia, i secondi un indice di egoistico
attaccamento alla propria tranquillità. Il lacerante dolore da loro provato per
le offese rivolte al Cielo e per la rovina delle anime è lenito dall’esperienza
dell’ineffabile amore del Cristo e dissimulato dal desiderio di preservarne gli
altri, che non sono in grado di sopportarlo come loro in quanto privi delle
grazie di cui essi godono. Se sono sacerdoti, dopo la Consacrazione fissano
l’Agnello immacolato, immolato e adagiato sul corporale, rapiti dall’abissale
condiscendenza del Redentore e pervasi da un invincibile sentimento di essere,
grazie a Lui, più forti del mondo intero con tutti i suoi armamenti e le sue
ricchezze.
Anche tu, dopo la Comunione, puoi prendere parte a questa vittoria dichiarando a Gesù, realmente presente in te come nel Tabernacolo, la tua totale appartenenza a Lui con le parole di sant’Ignazio di Loyola: «Prendete, Signore, e accettate tutta la mia libertà, la mia memoria, il mio intelletto e tutta la mia volontà, tutto quello che ho e possiedo. Voi me lo avete dato; a voi, Signore, lo rendo. Tutto è vostro: disponetene in tutto secondo la vostra volontà. Datemi il vostro amore e la vostra grazia, che questa mi basta». Il grande amico di Pippo buono ci insegna a metterci a totale disposizione del nostro Capitano, senza più curarci di nient’altro che del Suo santo volere. Gesù ci prende in parola e non perde tempo, ma ci dà immediatamente ordini impellenti che non si possono né fraintendere né dilazionare; glielo abbiamo chiesto noi… e la carità non sopporta ritardi, né quella verso di Lui né quella verso il prossimo.
Caro padre, ha per caso letto il libro Habemus Papap o le discussioni che lo hanno seguito? Cosa ne pensa della tesi sostenuta?
RispondiEliminaNon ho letto il libro, ma solo un paio di articoli su di esso. Mi sembra apprezzabile sia per l'accurata documentazione storica e teologica che per la rinuncia a voler definire la questione; tuttavia non si può assolutamente condividere l'idea che uno scisma, sicuramente provocato da una nuova elezione con un papa regnante, sia un'eventualità migliore della situazione attuale.
Elimina“Gestis verbisque”: il nuovo documento sulla validità dei sacramenti.
RispondiEliminaRev.padre, se e quando potra', ce lo decodifichera' ?
Era necessario un intervento che condannasse i gravissimi abusi liturgici perpetrati in diversi luoghi; tuttavia manca al testo ogni forza cogente (ci vorrebbe un'Istruzione, non una "Nota"), ammesso che un testo giuridicamente vincolante possa ancora avere effetto, visto come larga parte della Chiesa ignorò, a suo tempo, l'Istruzione "Redemptionis Sacramentum".
EliminaL'approccio teologico, peraltro, è sempre quello tipico della cosiddetta "riforma liturgica", che non distingue la redenzione oggettiva (ossia l'opera di salvezza, realizzata una volta per sempre) da quella soggettiva (ossia l'applicazione dei suoi frutti alle singole anime mediante i Sacramenti). Il risultato è che si considera la storia salvifica un processo ancora in corso (mentre questa è la fase di attuazione di un fatto già compiutosi in Cristo) e non si distingue adeguatamente il sacerdozio ordinato, per mezzo del quale Cristo agisce a vantaggio della Chiesa, da quello (metaforico) dei fedeli, che ricevono l'azione del Signore e vi si associano in risposta.
Grazie!
EliminaIl termine "metaforico" però caro don Elia non mi sembra appropriato. Metaforico significa non reale, mentre il sacerdozio dei fedeli anche se inferiore e in ordine a quello dei sacerdoti, è comunque reale. Che ne dice?
EliminaTra il sacerdozio ordinato e il cosiddetto sacerdozio comune c'è una differenza di essenza, non solo di grado; di conseguenza ho evitato il termine "analogico", che potrebbe far pensare alla proporzionalità di una realtà omogenea. Un'analogia si può cogliere solo nella somiglianza degli atti di preghiera e di offerta, tenendo però presente che quelli del sacerdote sono azioni efficaci di Cristo, che per mezzo di lui produce degli effetti sul piano dell'essere; quelli del fedele, invece, sono azioni sue che lo dispongono a ricevere quegli effetti e causano eventuali cambiamenti soltanto sul piano morale e spirituale.
EliminaPrima di tutto la preghiera e il Vangelo
RispondiEliminaOmelia di don Leonardo Maria Pompei, Sabato 3 Febbraio 2024
https://www.youtube.com/watch?v=7_ssIv-B7Q8
Bel pro memoria per noi tutti.
perché ascoltando non intendano
RispondiEliminaDomenica di Sessagesima in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB).Omelia di don Alberto Secci. vai a lavorare!
Domenica 4 Febbraio 2024
https://www.youtube.com/watch?v=sG46hD4FQ-8&t=2s
Bisogna stare con Gesu' perche' pian piano si sveli la Verita' che ci salva.
Il nuovo documento sulla validità dei Sacramenti - Gestis verbisque - getta una luce inquietante su ciò che accade da qualche decennio nella Chiesa Cattolica.
RispondiEliminaDiebus Saltem Dominicis : "La venerazione dovuta alla Parola di Dio"
RispondiEliminahttps://onepeterfive.com/diebus-saltem-dominicis-the-veneration-due-gods-word/
È interessante la tempistica di questo documento. Sembra "quasi" scelta apposta per dare un' impressione di ortodossia e di imparziale equidistanza fra le fazioni in lotta, a meno di un mese da fiducia supplicans
RispondiEliminaProprio così, anche senza voler essere maligni.
EliminaAve, Giuseppe, uomo giusto, la Sapienza è con Te.
RispondiEliminaTu sei benedetto fra tutti gli uomini
e benedetto è il Frutto di Maria, Tua Sposa fedele, Gesù.
San Giuseppe, degno Padre putativo di Gesù,
prega per noi peccatori e ottienici la divina Sapienza,
adesso e nell’ora della nostra morte.
Amen.
(San Luigi Maria Grignion de Montfort)
Ottienici di usare bene il dono dell'intelligenza
Visita ad Anna Maria Taigi, la chiesa romana è San Crisogono.
RispondiEliminaUn sole domestico
Resta da capire se il vero sole fosse l’incredibile prodigio solare che la accompagnò per lunghissimo tempo
oppure lei stessa come simbolo di una femminilità tradizionale tanto poco visibile quanto mai abbastanza lodata dove si fondono modestia, sopportazione e dedizione.
In mezzo ad una società come la Roma papalina del 1800 - credo abbastanza gretta, misogina e meschina -
l’inseparabile sole domestico sarebbe apparso troppo occulto, arcano e magico tanto da esporla facilmente
a sospetti, critiche e malignità se moderazione, riservatezza e semplici virtù quotidiane non avessero
spostato l’equilibrio dall’altra parte.
profezie3m.altervista.org/archivio/StellaMaris_SoleTaigi.htm
Effettivamente la sua originalità fu nell’aver condiviso brillantemente affetti e responsabilità familiari con
incredibili carismi mistici, oltretutto senza natali altolocati e dunque privilegi acquisiti, gestendo in contemporanea ambedue gli aspetti per l’intera esistenza, fatto inusuale e non accertato in precedenza.
Fu venerata soprattutto nel XIX secolo con una fama che si estese ben oltre i confini nazionali, forse per
effetto delle calibratissime profezie: lo attestano gli studi specialistici e le biografie dell’epoca pubblicate all’estero ed anche oggi pare più ricordata nei paesi anglosassoni, vista l’accuratezza maggiore del sito Wikipedia inglese ed il sito dedicatole, sempre in inglese.
https://en.wikipedia.org/wiki/Anna_Maria_Taigi
http://taigivision.org/
Spesso è citata per l’inquietante profezia dei tre giorni di buio che quasi stride per gli accenti cupi con l’equilibrio e la serenità che manifestò in vita.
http://www.papaboys.org/si-fara-buio-su-tutta-la-terra-ce-chi-sostiene-che-sta-arrivando-il-tempo-di-questa-profezia/
Il destino di salma incorrotta la condusse ad una inevitabile esposizione post-mortem che perdura ancora.
Leggendo qua e là tuttavia pare che dopo alcune ricognizioni si dovette intervenire con interventi di
maquillage per arginare una corruzione incipiente: forse la modestia infine ha prevalso sullo splendore.
Parliamo di "apparizioni mariane", perché nonostante i pronunciamenti regolarmente emessi dalle competenti autorità ecclesiastiche, vengono spesso dati per sicuri giudizi che invece non hanno fondamento. Sentiamo in proposito mons. Andrea Caniato, con una precisazione anche sul fenomeno Medjugorie.
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/3QzH3MEULez323S6VGZbySaLk
Rev.don Elìa, ogni tanto capita che qualche lettore Le chieda di pronunciarsi su questa o quella apparizione non conoscendo forse che Lei si e' piu' volte espresso in merito . Per caso ho trovato questa attestazione di Mons.Andrea Caniato relativa alla esistenza di una normativa del 1978 emanata dalla S.Sede per procedere nel discernimento di presunte apparizioni e rivelazioni. Conoscerla potrebbe essere utile ai cari lettori? Ave Maria!
Sì, sarebbe certamente molto utile. Vedrò di parlarne prossimamente. Grazie!
EliminaUn abate stava attraversando il deserto con i fratelli, quando si accorsero che quello che faceva loro da guida aveva sbagliato strada.
RispondiEliminaEra notte, e i frati dissero all'abate: "Che facciamo? Questo fratello ha sbagliato la via, e noi rischiamo di smarrirci e di morire tutti nel deserto. Non sarebbe meglio fermarci qui per la notte, e riprendere il cammino alla luce del sole?". L'abate rispose: "Ma se diciamo a costui che ha sbagliato, egli si rattristerà. Sentite dunque: io farò finta di essere stanco e dirò che non me la sento di proseguire e che resto qui fino a domattina".
Così fecero, e anche gli altri dissero: "Anche noi non ne possiamo più dalla stanchezza e ci fermiamo con te ". E così riuscirono a non contristare quel fratello, che non seppe mai d'aver sbagliato strada.
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Una vergine aveva detto ad un anziano: “Sono duecento settimane che digiuno sei giorni (su sette), ed ho imparato a memoria il Vecchio ed il Nuovo Testamento. Che mi rimane da fare?" Il vegliardo le risponde: “Hai mai accolto il disprezzo come un onore, e sei capace di optare per la privazione piuttosto che per il guadagno?" La vergine riconosce francamente: “No, padre" L’anziano continua: “Puoi tu preferire degli estrani ai tuoi genitori, e la povertà al potere" “Non ne sono capace" confessò nuovamente la vergine. "Ebbene - conclude il vegliardo - “tu non hai né digiunato sei giorni (alla settimana), né hai appreso il Vecchio ed il Nuovo Testamento, hai soltanto ingannato la tua anima".
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Un monaco, relativamente vicino ad un borgo, diceva a fratelli: 'Sono tanti anni che sono qui, e non sono mai andato al borgo. Voi, al contrario, andate tutti i giorni” I fratelli riportarono l'opinione a Poemen, ed egli disse: “Sarebbe stato meglio che egli fosse andato al borgo, e non si glorificasse nei suoi pensieri, dicendosi: Io non sono uscito e, giudicando gli altri: Voi siete usciti ed andati al borgo”.
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In un cenobio, un fratello fu falsamente accusato di impurità: e si recò dal padre Antonio. Vennero allora i fratelli dal cenobio, per curarlo e portarlo via. Si misero ad accusarlo: «Tu hai fatto questo». Ed egli a difendersi: «Non ho fatto nulla del genere». Accadde per fortuna che si trovasse colà il padre Pafnuzio Kefala; egli disse questa parabola: «Sulla riva del fiume vidi un uomo immerso nella melma fino al ginocchio; e vennero alcuni per dargli una mano, ma lo fecero affondare fino al collo». E il padre Antonio, riferendosi al padre Pafnuzio, dice loro: «Ecco un vero uomo, capace di curare e di salvare le anime». Presi da compunzione per la parola degli anziani, essi si inchinarono davanti al fratello; poi, esortati i padri, lo riportarono al cenobio.
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Alcuni anziani si recarono dal padre Poemen e gli chiesero: "Se vediamo dei fratelli che sonnecchiano durante la liturgia, vuoi che li scuotiamo, perché rimangano desti durante la veglia?" Ma egli disse loro: "Veramente, se io vedo un fratello che sonnecchia, metto la sua testa sulle mie ginocchia e lo lascio riposare".
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Amma Sincletica ha detto: "Ci sono molte persone che vivono sulle montagne e si comportano come se fossero in città; perdono il loro tempo. È possibile essere solitari nella mente vivendo nella folla ed è possibile per coloro che sono solitari vivere nella folla dei loro pensieri”.
Io sono l'Immacolata Concezione...il Messaggio di Lourdes. Meditazione di Padre Massimo Malfer. TRK
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/vMFTBrybep3L21BzL83FNBu3k
Bella Tu sei qual sole, bianca più della Luna e le stelle più belle, non son belle al par di Te....!