Alla ricerca del culto perduto / 1
La rivoluzione liturgica non è consistita unicamente nel
protestantizzare la Messa con l’invenzione di un rito che ne oscurasse il
carattere sacrificale e la facesse percepire come una riunione fraterna in cui
si ricorda l’Ultima Cena; essa, ancor più profondamente, ha stravolto il senso
stesso del culto cui Dio ha diritto e che procura all’uomo i beni
soprannaturali di cui ha bisogno per salvarsi. Ciò è molto evidente già nel
rifacimento della Settimana Santa del 1955 e nelle successive “riforme” di Giovanni
XXIII: quella delle rubriche, attuata nel 1960, e quella del Messale, che le
seguì a stretto giro nel 1962. I cattivi consiglieri di Pio XII lo convinsero a
modificare riti millenari di profondo significato teologico e di grande
efficacia spirituale, aprendo così la strada agli ulteriori interventi
demolitori del successore, che ridusse drasticamente il culto dei Santi e diminuì
fortemente anche l’Ufficio domenicale con la soppressione di moltissimi testi patristici, per non parlare di tutte le vigilie e le
ottave già abolite dal predecessore. Dopo decenni di continui mutamenti, il
clima era pronto per le radicali innovazioni del 1969.
Criteri estranei
Cercando di individuare le coordinate di questi cambiamenti così
notevoli, possiamo coglierne tre: il razionalismo, il funzionalismo e
l’utilitarismo. Il primo, in campo cattolico, spunta già nel XVIII secolo, in
occasione del sinodo spurio di Pistoia del 1786, poi condannato da papa Pio VI
nel 1794: l’intellettualismo illuministico aveva contagiato molti ecclesiastici,
convinti che l’elemento decisivo della Liturgia fosse la comprensione di gesti
e parole, piuttosto che l’inafferrabile azione della grazia, e che la sua
efficacia dipendesse perciò dall’attiva partecipazione del popolo. È indubbio
che una seria formazione liturgica sia estremamente utile, se non necessaria, a
una buona vita cristiana, ma non dobbiamo dimenticare che i frutti della grazia
dipendono soprattutto dalle disposizioni interiori. Coloro che attribuiscono
un’importanza eccessiva all’apporto dell’uomo nel culto cattolico tradiscono
una mentalità naturalistica che ne ignora il carattere precipuo, ossia la
soprannaturalità.
A partire da questa visione deformata, è inevitabile scivolare in
un approccio di tipo funzionalistico: i riti devono rispondere a un’attesa
antropologica e produrre in tal senso effetti verificabili; essi sono validi
nella misura in cui se ne ottengono riscontri immediati. In questa prospettiva
ci si aspetta dalla Messa che susciti emozioni e favorisca la coesione del
gruppo, oppure la si sfrutta come mezzo di propaganda ideologica; il Sacrificio
redentore passa inosservato, sia perché, di solito, non se ne ha neppure la
nozione, sia perché la Consacrazione rimane sommersa da un fiume di parole
umane non pertinenti. Un’ansia spasmodica per la riuscita esteriore degli atti
liturgici crea uno stato permanente di sperimentazione: la creatività e
l’improvvisazione diventano inderogabili regole dettate dalla paura di non
ottenere il risultato sperato; ogni volta bisogna escogitare qualcosa di nuovo
per animare un rito che, effettivamente, non coinvolge più nessuno.
Tale atteggiamento determina col tempo una concezione
utilitaristica della Liturgia: si va in chiesa soltanto se se ne ricava
qualcosa in termini terreni. Il dovere di onorare il Signore, sia per Se stesso
che per tutti i benefici che ci elargisce, è completamente oscurato dalla pretesa
di ottenere un qualche godimento effimero di natura intellettuale, estetica o
semplicemente emotiva. L’assoluta necessità della grazia ai fini della
beatitudine eterna è parimenti caduta in oblio: se c’è un Paradiso, ci si
arriva con i propri sforzi umani, eventualmente orchestrati dalle idee del
predicatore, qualora siano gradite agli orientamenti dell’uditorio. È qui che
si deve instaurare il Regno di Dio e tocca a noi realizzarlo con i nostri
programmi; la Messa serve solo a motivare o almeno confermare impegni già
fissati in modo del tutto indipendente in nome dell’inclusione, della pace e
della salvezza del pianeta.
Deformazioni interiori
Gli effetti di queste false prospettive (già riprovate da Pio VI, ma
tornate in auge con l’ultimo concilio) non han tardato a manifestarsi. La
teologia liturgica è stata travolta dallo storicismo, che interpreta tutto in
senso evolutivo, quando invece il culto è per definizione un insieme di atti
comandati da Dio, non inventati dall’uomo, e per ciò stesso immodificabili. Si
obietterà che è stata la Chiesa a fissare i riti; ciò vale però soltanto per
gli elementi non essenziali: è semplicemente impensabile, infatti, che il suo
Fondatore non abbia prescritto in qual modo Lo si dovesse onorare e quali
fossero i mezzi di comunicazione della grazia. Nel corso dei secoli, certo, la
Liturgia si è progressivamente accresciuta e arricchita, ma sempre conservando
il proprio impianto fondamentale in una mirabile continuità, senza strappi né
stravolgimenti; nel secolo scorso, invece, la si è radicalmente reinventata in
base a una concezione che non trova fondamento nella Tradizione.
Pensare che il mezzo stabilito da Dio per applicare la Redenzione
alle anime debba essere adattato alle mutate condizioni della società
significa sottomettere l’assoluto al relativo, vincolandolo così alle
contingenze dei tempi e facendolo apparire come una realtà accidentale che, a
lungo andare, diventa insignificante. Se, infatti, ciò che è sempre stato
efficace cessa di esserlo in una determinata epoca, ci si può facilmente
convincere che non lo sia stato per ragioni intrinseche, bensì per fattori
estrinseci; non ha senso, peraltro, ritenere che uno strumento che ha sempre
assicurato la propria funzione smetta di farlo a un dato momento. Il primo
esempio di intervento dettato da tale mentalità storicistica fu, nel 1953,
l’abolizione del digiuno eucaristico dalla mezzanotte, giustificato con
speciosi motivi a favore della comunione frequente nel nuovo contesto sociale;
cominciò così il processo che, in settant’anni, ha reso la ricezione
dell’Eucaristia un fatto estremamente banale.
Su questa linea si è finito col posporre la realtà oggettiva dei
Sacramenti, che esige precise condizioni per riceverli, alla sensibilità
e alle esigenze soggettive dei fedeli, le quali, oltretutto, non sono certo
nate spontaneamente, ma sono risultato di una forma di ingegneria sociale. Caso
lampante è quello della comunione sulla mano: mezzo secolo fa nessun cattolico
si sarebbe nemmeno sognato non di pretenderla, ma neppure che fosse possibile,
se i vescovi di alcuni Paesi nordeuropei non avessero cominciato a imporla
abusivamente e un papa non la avesse autorizzata come una concessione; poi l’eccezione
è diventata un obbligo, come ben sappiamo. Ciò non basta, tuttavia, per
considerarla una cosa buona e lecita; al contrario, il soggettivismo sotteso a
questa pratica ha estinto in molti la fede nella Presenza reale e ha ingenerato
un individualismo esasperato che mette l’io al di sopra di tutto, perfino di
Dio, malgrado l’asfissiante comunitarismo di facciata.
Risalire la china
Come insegnano i vecchi manuali di ascetica, più si accontenta il
corpo, più il corpo pretende. Più si adatta la Liturgia alla temperie
socio-culturale, analogamente, più quest’ultima rivendica dei diritti su di
essa; più diminuisce l’impegno che richiede, più si vuole ridurlo e lo si
tralascia; più la si semplifica, meno la si cura e vi si fa attenzione, finché
non rimane altro che una praticaccia distratta, raffazzonata, annoiata e
noiosa, dalla quale perciò ci si esenta ogni volta che si può. Il Sacrificio
redentore, ormai, è una stanca messa in scena che non serve più neppure a
radunare la comunità, visto che – secondo quanto asserito quattro anni
fa dalla conferenza episcopale, prona a un governo illegittimo – si può
pregare anche a casa… A che scopo, allora, spender milioni di euro per
costruire quei mostri che chiamano chiese? La cosiddetta “riforma” liturgica,
condotta con criteri tipicamente massonici e protestanti, è arrivata al
capolinea. A noi rimboccarci le maniche e risalire la china con tutto l’amore
di cui la grazia ci rende capaci.
A tal fine non basta, evidentemente, riprendere materialmente usi e maniere del tempo che fu, i quali non appartenevano necessariamente alla Tradizione in senso proprio, ma erano, in parte, abitudini di una data epoca o regione. Anche riguardo ai riti più venerandi, non è sufficiente la mera esecuzione esteriore perché portino i loro frutti spirituali; il cristiano non è un archeologo o antiquario cultore di pezzi da museo, bensì un innamorato di Dio che si abbevera avidamente alle fonti della grazia per poter contraccambiare l’impareggiabile carità di Colui che lo ha amato per primo, redimendolo dal peccato ed elevandolo alla Sua inestimabile amicizia. Al di fuori di questa umile consapevolezza e delle disposizioni ad essa attinenti, rimane solo il fariseismo di chi crede di potersi rendere giusto dinanzi a Dio con la puntigliosa osservanza di pratiche religiose orgogliosamente eseguite senza che cambi nulla nel cuore. Che il Signore ce ne guardi.
Anche il Vespro della domenica è sparito. Io sono nato nel 1962, ero molto piccolo, ma ricordo la mia prima Comunione, ancora alla balaustra, mentre del Vespro della domenica ho un ricordo vaghissimo, ricordo che il Sacerdote esponeva il SS. Sacramento; conosco il Vespro unicamente per averlo ascoltato nei cd. Ora non si fa più, almeno a Reggio Emilia. Tante cose scomparvero con la demolizione dell'altare maggiore, della balaustra e degli altari laterali della mia parrocchia (su quello della Madonna il Sacerdote ci aveva insegnato a tenere una pagella con dei fiori da colorare ad ogni visita per il mese di maggio); tutto questo lo ricordo bene. Ricordo che molti fedeli erano disorientati e di noi bambini alla fine pochissimi continuarono a frequentare le funzioni, soprattutto dopo la Cresima.
RispondiEliminaSemplicemente grazie….grazie di cuore!
RispondiEliminaHo trovato interessante l'accenno alla comunione frequente, per il motivo che, personalmente, non condivido la raccomandazione ai fedeli di comunicarsi sempre se si è in stato di grazia. Il mio "sentire" mi spingerebbe a comunicarmi solo se ho vissuto veramente bene la celebrazione fino a quel momento, ma riconosco che il mio potrebbe essere un atteggiamento sentimentalista, come se condizionassi l'efficacia trasformante del corpo di Cristo alla mia disposizione emotiva del momento. Le sarei grato di un chiarimento sulla questione.
RispondiEliminaNon si tratta tanto di emozioni o sentimenti, quanto di disposizioni morali e spirituali: fede viva, animo compunto, propositi fermi, devozione attenta e così via.
EliminaOgni peccato contro la dignità della persona umana è un peccato contro il Volto di Cristo. Ogni atto di violenza, irriverenza o disprezzo contro la persona umana è un peccato contro il Volto di Cristo. L'aborto che impedisce al volto di un bambino di vedere un altro volto umano alla luce del giorno è un peccato contro il Volto di Cristo. La tortura e lo scherno crudele sono peccati contro il Volto di Cristo. Lo sguardo duro e pietrificato che osserva una persona senza vederla è un peccato contro il Volto di Cristo. Gli occhi che giudicano, lo sguardo che condanna, è un peccato contro il Volto di Cristo. Il rifiuto di vedere Cristo nel volto del malato, dello straniero e dell'immigrato è un peccato contro il suo Volto Santo.
RispondiEliminahttps://lanuovabq.it/it/la-riparazione-al-volto-santo-guarigione-per-noi-e-il-mondo
Volto Santo di Gesu', guardami! Guardami con misericordia.
Mercoledì delle Ceneri e Quaresima a S. Anna al Laterano
RispondiEliminahttps://chiesaepostconcilio.blogspot.com/2024/02/mercoledi-delle-ceneri-e-quaresima-s.html#more
Egr. Don Elia,
RispondiEliminaho letto con interesse e con piacere la sua disamina dei nefasti cambiamenti rapportati alla liturgia, ad ooera di accoliti liberal-modernisti riconducibili a certa massoneria ecclesiastica (cui sembra non fossero esclusi neanche alcuni pontefici).
Concordo pienamente col fatto che lei disposizioni interiori siano fondamentali per essere graditi al Signore; e che in assenza delle predette disposizioni, anche la veneranda santa messa di origine apostolica, potrebbe rivelarsi un mero formalismo.
Tuttavia, se il rito "di sempre", è la MESSA, così come voluta dal Signore, è necessario tornare assolutamente ad essa. Come i Santi e i Mistici, hanno testimoniato: il latino è odiato da satanasso, così come i ministri dell'altare (Alter Cristus).
D'altronde, così si sono santificati milioni di cattolici di ogni epoca, ceto sociale, illetterati e letterati, convertendo massoni e nemici acerrimi della Santa Chiesa.... Il formalismo farisaico, è sempre dietro l'angolo, questo si, e c'è sempre stato.... Ma, converrà che il pressapochismo, la sciatteria, l'indifferenza, fino all'irriverenza, che in alcuni casi può rasentare il sacrilegio, che non di rado sperimentiamo nella messa ecumenica montiniana (di stampo anglicano), sono pressoché assenti nel Vetus Ordo, per via della purezza e sacralità dei gesti e delle formule immutate, grazie al latino. Questa purezza si riverbera indiscutibilmente con maggior Grazia, sui fedeli che assistono al "Sacrificio incruento della Croce", e non al banchetto/cena conviviale che tanto piaceva all'eresiarca di Eisleben. E non è strettamente necessario che l'Alter Cristus, sia un mirabile San Pio da Petrelcina, sebbene sia sempre desiderabile.
Non mi fraintenda:ci si santifica anche nella Messa riformata: alla quale, sempre per "Grazia", e senza merito alcuno, mi riesce, quasi ogni santo giorno, ad assistervi; e dove cerco indegnamente di dare lode alla Ss.ma Trinità, nella realtà parrocchiale, ove mi ha posto il Signore. Ma ho potuto constatare ahimè anche l'abissale distanza, che separa i due riti. Infatti, nelle rare occasioni in cui posso partecipare, percorrendo lunghe distanze, alla veneranda Santa Messa in rito antico, tutto mi sovrasta (dal sacerdote volto ad orientem, all'altare riccamente ornato, al velo muliebre indossato in segno di umiltà, ecc), dal gregoriano, al silenzio e al raccoglimento, che pervade tutti gli astanti: a partire dai più piccoli, i bambini, che mi destano sempre meraviglia. Ed è tutto dire!
Del resto, i Padri ci ammonivano che la Lex orandi, é la lex credendi (come si prega, si crede).... E alterare l'equivalenza ha portato, con il metodo della finestra di Overton, alla sua naturale conseguenza: apostasia diffusa, naturalismo e ateismo pratico.
E sebbene non fosse tutto perfetto, neanche prima...quello di cui siamo nostro malgrado costretti a testimoniare da 60 anni, lascia ormai troppe volte, sconcertati e scandalizzati...
Tradidi quod et accepi (1Cor 15,3).
Reverendo don Elia, vorrei chiederle se potesse essere attendibile l'interpretazione dell'elenco dei Papi di S. Malachia (il cui testo secondo più studiosi è autentico). Il motto dell'attuale pontificato sarebbe in italiano " La Santa Romana Chiesa giacera' nell'estrema persecuzione" (interna?) ed il prossimo e ultimo pontificato dell'elenco sarebbe "Pietro il Romano, che pascerà le pecore in molte tribolazioni: dopo di che la città dei sette colli sarà distrutta , e il Giudice tremendo giudicherà il popolo" (se pascerà le pecore sarà un buon pastore?)..Se fosse attendibile l'interpretazione, sotto il prossimo papato dovrebbe esserci un potente intervento divino, probabilmente quello profetizzato da molti beati e santi tra cui la Beata Elisabetta Canori Mora nel suo diario, la Beata Taigi, s. Gaspare etc..a cui seguirebbe il periodo della restaurazione cattolica
RispondiEliminaNon sono in grado di rispondere.
EliminaSe posso permettermi: Cosa significa amare? Cosa significa ri-amare Colui che mi ha amato per primo, che mi ha pensato, che ha permesso che io fossi dal nulla ? Come ri-amare l'Incommensurabile Infinito Inesplicabile Amore? Sarebbe possibile alla creatura restituire quanto le e' stato dato?
RispondiElimina
RispondiElimina«Ave Verum Corpus natum de Maria Virgine,
Vere passum, immolatum in cruce pro homine,
Cuius latus perforatum fluxit aqua et sanguine,
Esto nobis praegustatum in mortis examine.
O Iesu dulcis, O Iesu pie, O Iesu, fili Mariae,
«Ave, o vero corpo, nato da Maria Vergine,
che veramente patì e fu immolato sulla croce per l'uomo,
dal cui fianco squarciato sgorgarono acqua e sangue:
fa' che noi possiamo gustarti nella prova suprema della morte.
O Gesù dolce, o Gesù pio, o Gesù figlio di Maria.
Pietà di me. Amen.»
"Ave Verum Corpus" W A Mozart, Leonard Bernstein 1990
https://www.youtube.com/watch?v=taE0DVg4xSQ
Quando vado a capo coperto a nutrirmi della Sua grazia immagino di riceverLo crocifisso e sanguinante , chiedo alla Santa Vergine Addolorata di degnarsi di scendere nel mio cuore e di accoglierLo tra le Sue braccia e di baciarLo e stringerLo a se' per me mentre il mio cuore in ginocchio accompagna la mia richiesta di pieta' e di perdono per averLo così torturato.
Miserere mei, Deus !
https://twitter.com/messainlatino/status/1317922018478690306?ref_src=twsrc%5Etfw%7Ctwcamp%5Eembeddedtimeline%7Ctwterm%5Escreen-name%3Amessainlatino%7Ctwcon%5Es1
RispondiEliminaE se il nostro Creatore Redentore sanguinasse nelle nostre mani?
CONFESSIONE: non mi viene NIENTE da dire!!
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/BmrwPUvqvuqR1uR6KS8i4NtpG
SOLO I SACERDOTI TOCCANO E AMMINISTRANO LA SANTA EUCARISTIA
RispondiElimina[Tratto dalla Summa Theologiae, Parte III, Quaestio 82, articolo 3]
https://donleonardomariapompei.blogspot.com/2012/11/san-tommaso-daquino-solo-i-sacerdoti.html?m=1
Le Comunioni sacrileghe. Provocazioni molto scomode di Claudio Nalin ( figlio spirituale di S. Pio). Queste parole sono molto incisive purtroppo sono anche troppo poco ascoltate e sono sempre meno le anime coraggiose che, per Amore alla Verità e al Bene Vero delle anime, si espongono. Se si ascolta con sincerità e con onestà intellettuale queste riflessioni è sicura una disposizione nuova nel proprio cuore e nel corso della propria vita.
RispondiEliminahttps://gloria.tv/post/AbWboWDdog1k3oniZ4mJMJvPk
"Sacro significa che non ti appartiene..."
RispondiEliminaDon Leonardo M.Pompei
https://www.youtube.com/shorts/3H9aqWhJpos