Il silenzio che salva
Deus cordis mei, et pars mea Deus in aeternum (Sal 72, 26).
Molte
controversie risulterebbero meno intricate, così come si eviterebbero tante
deviazioni, se tenessimo tutti presente un principio che, per grazia, compresi
negli anni del liceo: le questioni che ci poniamo su Dio sono problemi per noi, ma non per Lui. La realtà
divina, essendo assolutamente indivisa, è esente da qualsiasi tensione, ma per
la limitatezza del nostro intelletto essa ci appare complicata, costringendoci
a ragionamenti complessi che a volte finiscono in paradossi e antinomie; Dio
però, in se stesso, è semplice. È consolante costatare che san Tommaso,
parlando di Lui nella prima parte della Summa,
richiami spesso i limiti della nostra mente e i condizionamenti dovuti al
nostro modo di apprendere, che procede spesso per via negativa, non avendo noi
esperienza diretta di ciò che è in-finito, in-causato, in-terminabile…
Qualsiasi cosa diciamo di Lui, di conseguenza, andrà sempre intesa
analogicamente, senza dimenticare che la Sua realtà eccede infinitamente tutto
ciò che possiamo conoscerne.
Non
mi interessa sentirmi un dio per quel poco che so o che capisco (che fino alla
visione beatifica è e sarà sempre un nulla rispetto a ciò che non so e non
capisco); non mi importa niente apparire qualcuno agli occhi della gente, se un
giorno cadrò nell’oblio perché non avrò amato. Non c’è nulla al mondo che possa
saziarmi, se non Dio. Io voglio Lui e perdermi in Lui. Qualsiasi conoscenza io
possa acquisirne, non potrà mai essere altro che un trampolino per tuffarmi nel
Suo abisso di indicibile silenzio. Quella conoscenza è certamente vera in
quanto fondata sulla ragione e sulla fede, che Dio stesso mi ha dato come due
ali perché io potessi arrivare a Lui con sicurezza, evitando di scambiarlo con
una proiezione della mia psiche o un teorema della mia mente; essa, tuttavia,
mi deve condurre a una viva relazione con Lui che mi prepari a contemplarlo a
faccia a faccia, ardendo in eterno d’amore e gratitudine per l’immensa
degnazione di questo munificentissimo Signore che ha pensato di crearmi e di
donarsi a me.
Molteplici
trappole, però, insidiano il cammino di chi Lo desidera sopra ogni cosa. Ci
sono tante ingannevoli scorciatoie che si presentano come risposte immediate
alla sete di chi cerca Dio. Oggi, come già visto, è facile scambiarlo per
un’idea, una velleità o un’emozione, relegandolo in un rito, un impegno o una
bella teoria che alla fine appagano unicamente l’io, questo moccioso narciso e
accentratore che si rifiuta di convertirsi, mutando continuamente pelle per
adattarsi a tutte le evenienze. Nella Sua misericordia il Signore concede, a
chi è disposto a crescere, delle occasioni di purificazione che ammansiscano l’io
peccatore e lo riplasmino come nuova creatura. È il morire a sé stessi tipico
dell’ascesi cristiana, che consiste nella collaborazione umana volta a
riconoscere, accogliere e assecondare l’opera divina: penitenza,
mortificazione, accettazione delle contrarietà e umiliazioni. San Paolo non si
stanca di esortare a far morire le opere
del corpo, cioè le espressioni dell’uomo vecchio, per dare effetto alla
rinascita battesimale, avvenuta nel mistero, e sviluppare progressivamente il
dono della vita nuova, nutrita dalla grazia.
Proprio
sotto questo aspetto, la mia generazione ha conosciuto un’insidia
particolarmente subdola, che annulla a
priori il pensiero stesso di dover lottare contro il peccato e progredire
nella vita cristiana, lasciando così la grazia senza frutto. I teologi che
l’hanno teorizzata come una scoperta le hanno perfino coniato un nome: l’escatologia realizzata. In soldoni,
quello che ci è promesso nel Vangelo è già presente nella nostra esperienza.
Questo può esser vero se si aggiunge: in
germe; altrimenti l’idea è contraddittoria: ciò che è atteso non può essere
già compiuto; «ciò che si spera, se visto, non è più speranza» (Rm 8, 24).
Basta un piccolo ragionamento per demolire certe fantasie; eppure è proprio
quel piccolo ragionamento che oggi sembra a molti così arduo, anche perché
nessuno insegna più a ragionare, come faceva san Tommaso con i suoi allievi. Il
fatto è che quell’elementare uso del raziocinio metterebbe in crisi interi
movimenti ecclesiali che fondano la loro proposta proprio sull’illusione che
quanto promesso da Gesù sia già realtà piena – per i membri del movimento,
ovviamente, per gli altri no.
Nella
mia giovinezza si viveva immersi in quest’aura da Gerusalemme celeste da cui,
volenti o nolenti, s’era tutti più o meno contagiati, tanto da chiedersi in
sordina a che mai servissero ancora i Sacramenti (se non ad autocelebrarsi),
mentre l’osservanza dei Comandamenti era un fantasma del passato. Poco importa
che le storie personali di molti ferventi cattolici di allora siano attualmente
cumuli di macerie: evocare tali soggetti non è bon ton; semmai si rimpiange con nostalgia il bel tempo andato o ci
si accanisce a reiterare le stesse esperienze fallimentari, in cui si era pur
convinti di aver trovato tutto. Se poi la dissonanza con la realtà effettiva
raggiunge livelli intollerabili, ci si butta dai sogni ad occhi aperti in una
paranoia apocalittica che rileva in ogni soffio di vento un segno certo della
catastrofe imminente, matrice dell’universale palingenesi. Ma di accettare la
necessaria purificazione dell’io con umiltà e pazienza, neanche a parlarne: se
il paradiso in terra, che credevamo realizzato, non c’è ancora, bisogna che
arrivi quanto prima, almeno entro il 2017; lo dice la Madonna…
Non
sto dicendo che l’attuale situazione del mondo e della Chiesa non sia semplicemente
tragica e che non ci si debba prudentemente preparare a probabili eventi
catastrofici, come uno scisma, una guerra mondiale o un cataclisma naturale;
una purificazione generale è comunque necessaria, ma è anche invocata
dall’anelito comune a una liberazione dall’oppressione del male, che ha toccato
livelli mai visti e assunto forme inedite. Il fatto è che non potrà resistere
alla prova se non chi sarà intimamente unito a Dio perché si sarà personalmente
purificato e avrà trovato unicamente in Lui tutto
il proprio bene. Vedete che, alla fine, la mistica (quella autentica) è l’unica
via d’uscita. Una vita spirituale
completamente estroflessa in dispute teologiche o in una spasmodica ricerca di
notizie, profezie e presunti messaggi è una vera e propria trappola del
diavolo, come già l’escatologia realizzata di certi teologi di grido:
l’uomo interiore, in questo modo, viene lasciato morire di inedia; nel momento
in cui dovrà reagire, si scoprirà estinto.
Rientra
nel cuore. Non è intimismo. Nel cuore dei battezzati abita la Trinità
incorruttibile: immergiti nella Sua vita ineffabile; anticipa realmente, per
quanto possibile su questa terra, il Paradiso. Porgi l’orecchio alla voce del
silenzio, a quell’unica parola impronunciabile che comunica la vita a chi la
accoglie in cuore tacito e puro. Non fuggire da te stesso, ma riscopri il tuo
vero io, quello che da tutta l’eternità era nella mente di Dio e che per tutta
l’eternità sei chiamato ad essere. Lasciati purificare dalla viva fiamma della
carità divina, non temere di perderti; o, meglio, acconsenti a perderti per poterti
ritrovare. San Nicolao della Flüe, della cui nascita si celebra il sesto
centenario, per tutta la vita non ebbe altro anelito che quello di essere uno in
Dio, ciò che chiamava einig wesen.
Per poterlo realizzare, Gli rivolgeva continuamente questa preghiera: «Mio
Signore e mio Dio, togli da me tutto ciò che mi allontana da te. Mio Signore e
mio Dio, dammi tutto ciò che porta a te. Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e
dammi tutto a te».
Grazie don Elia, edificante come sempre.
RispondiEliminaMi permetto di aggiungere una preghiera del Montfort, da ripetere spesso in questo periodo in cui Maria Santissima è a noi sempre più vicina ma per questo tristemente rifiutata dal mondo:
"Rinuncio a me e mi dono a te mia cara Madre" Maria Santissima.
Sia lodato Gesù Cristo
Molto bello. Grazie Elia
RispondiElimina"Si Satanás pudiera amar, dejaría de ser malvado"
RispondiElimina— Santa Teresa de Jesús
"Se Satana amasse, avrebbe smesso di essere male"
buongiorno don Elia... "Mio Signore e mio Dio, togli da me tutto ciò che mi allontana da te. Mio Signore e mio Dio, dammi tutto ciò che porta a te. Mio Signore e mio Dio, toglimi a me e dammi tutto a te"... toglici prima di tutto il movimento dei nostri pensieri,la preghiera è una lotta a causa di questi.La S.Messa è una lotta...troppe parole e suoni degli uomini che distolgono dal Sacrificio...la vita è una lotta,pensiamo di vivere l'abbandono di Dio.Solo all'ombra e nel silenzio del Tabernacolo ritroviamo Dio...il maligno lo sa che solo nel silenzio incontriamo e sentiamo di Dio,solo nel silenzio possiamo spogliarci di noi stessi,per questo fa il possibile per non farci incontrare,santa domenica.
RispondiEliminaSe fossimo morti ovvero il nostro Spirito è con Dio e il nostro corpo in disfacimento sarebbe tutto lineare e Santo perché saremmo nella pienezza della vita eterna.
RispondiEliminaMa ora la sfida è vivere da vivi in una realtà che ci veicola morte. Più tu sei ateo, più tu consumi, più tu ti tatui la pelle più puoi dire: io esisto. Ma che delirio...
La nostra vocazione non ci è stata ancora rivelata.
Ora alla fine di ottobre con le celebrazioni luterane il male dovrebbe manifestarsi a pieno. Speriamo che si faccia autogol e la luce spazzi via le sozzure radicate sul soglio petrino.
Come l'emoroissa rimaniamo attaccati al lembo della veste di Gesù e Maria.
A tutti i partecipanti Santo silenzio per i prossimi esercizi spirituali.
Oremus
Bisogna far tacere il terremoto , il fuoco , il vento forte , per riscoprire " il sussurro di una brezza leggera ", letteralmente " la voce di un sottile silenzio "che mi permettera' di ascoltare il mio Signore e mio Dio . Il Vangelo ci insegna come si cammina in questo mondo turbolento : Fede in Gesu' , occhi fissi su Gesu' , non distoglierli neanche per un istante , non presumere nelle nostre capacita' (Pietro troppo fiducioso lo ha tradito tre volte), tutta la nostra vita e' un cammino sulle acque turbolente ma se affondiamo basta chiamare il Suo Nome ed Egli ci porgera' la Sua mano , ci trarra' in salvo .
RispondiEliminaDio ama tirare fuori l'umanita' dalle tenebre del peccato .
https://www.youtube.com/watch?v=N--SrLTRR48
Sia avanzando che retrocedendo, sia colpendo che colpiti, invocate il nome di Gesù, in Lui solo è salute – S. Giovanni da Capestrano
RispondiEliminami consenta don Elia un accorato appello al Cardinale Robert Sara perchè non indietreggi davanti ai lupi;la Vergine SS potenzi nel cardinale il coraggio della Fede la sua fedeltà al Vangelo.Sosteniamolo con la preghiera.
RispondiEliminahttp://www.culturacattolica.it/attualit%C3%A0/in-rilievo/ultime-news/2017/10/25/scriviamo-la-nostra-amicizia-e-stima-al-card-robert-sarah
EliminaSe il nostro sapere non conduce ai piedi
RispondiEliminadel Tabernacolo è tutta pula al vento .
S.Antonio Maria Claret
http://www.reginamundi.info/15MINUTICONGESU/
Non sono i politici a cambiare il mondo ma solo i Santi , specie i Santi con la Croce . I Santi ci fanno guardare "oltre" , di la' , verso la nostra Patria . Bisogna tornare a promuovere con vigore la santita'.
RispondiElimina" Senza di me non potete far nulla "!
Ci vuole la Grazia di Gesu' che deve vincere in noi .
Alma, buscarte has en mí
RispondiEliminaMÁS poemas de Santa Teresa de Ávila
Alma, buscarte has en Mí,
y a Mí buscarme has en ti.
De tal suerte pudo amor,
alma, en mí te retratar,
que ningún sabio pintor
supiera con tal primor
tal imagen estampar.
Fuiste por amor criada
hermosa, bella, y así
en mis entrañas pintada,
si te perdieres, mi amada,
Alma, buscarte has en Mí.
Que yo sé que te hallarás
en mi pecho retratada,
y tan al vivo sacada,
que si te ves te holgarás,
viéndote tan bien pintada.
Y si acaso no supieres
dónde me hallarás a Mí,
No andes de aquí para allí,
sino, si hallarme quisieres,
a Mí buscarme has en ti.
Porque tú eres mi aposento,
eres mi casa y morada,
y así llamo en cualquier tiempo,
si hallo en tu pensamiento
estar la puerta cerrada.
Fuera de ti no hay buscarme,
porque para hallarme a Mí,
bastará sólo llamarme,
que a ti iré sin tardarme
y a Mí buscarme has en ti.
“In fondo , dice Padre Antonio Maria Sicari–carmelitano- Teresa racconta niente altro che l’attuazione della promessa fatta da Gesù a tutti i discepoli: «Se uno mi ama osserverà la mia Parola, e il Padre mio lo amerà e noi verremo a Lui e prenderemo dimora presso di Lui» (Gv 14,23), una promessa che comincia già a realizzarsi, per tutti, al momento del Battesimo e che si approfondisce ad ogni comunione eucaristica”.
RispondiEliminaQuanti anni abbiamo ?
Quanti anni ci restano ?
Quanti doni abbiamo ricevuto ?
Li abbiamo fatti fruttificare ?
Abbiamo corrisposto all'Amore di Gesu' Crocefisso ?
Non perdiamo tempo .
Anima, cercati in me,
RispondiEliminaE, cercami in te.
L’amore è arrivato a tanto,
a riprodurti in me, o Anima,
che nemmeno il più grande pittore
potrebbe, con tanto talento,
disegnare una tale immagine.
Per amore fosti creata,
bella, bellissima, e per questo
dipinta nelle mie viscere,
se ti perdessi, amata mia,
dovresti cercarti in me.
Perché so che troverai
nel fondo del mio cuore il tuo ritratto,
dipinto in modo così rassomigliante
che, vedendoti, ti rallegrerai
di vederti così splendidamente dipinta.
Se per caso, non sapessi
in quale luogo trovarmi,
non andare di qua e di là,
ma, se vuoi trovarmi,
cercami in te.
Poiché sei il mio focolare,
la mia casa, la mia dimora,
Chiamo, in ogni momento,
se trovo chiusa
la porta del tuo pensiero.
Fuori di te, non cercarmi,
poiché per trovarmi,
basta che mi chiami;
e a te verrò senz’indugio.
Cercami in te.
Santa Teresa d'Avila (1515-1582), carmelitana, dottore della Chiesa Poesie, n° 8
« Alma, buscarte has en mí »