Chi è guarito guarisce
Rinfranchiamo ancora l’anima alle sorgenti della divina Parola.
Dalla lettera di san Paolo Apostolo ai Romani (12, 16-21)
Fratelli, non siate sapienti secondo voi stessi; non rendete a
nessuno male per male; abbiate cura di fare il bene non solo davanti a Dio, ma
anche davanti a tutti gli uomini. Se è possibile, per quanto dipende da voi,
siate in pace con tutti; non difendetevi da soli, carissimi, ma lasciate spazio
all’ira – sta scritto infatti: «A me il castigo; io retribuirò» (Dt 32, 35),
dice il Signore – ma «se il tuo nemico ha fame, dàgli da mangiare; se ha sete,
dàgli da bere; facendo questo, infatti, accumulerai carboni ardenti sul suo
capo» (Pr 25, 21-22). Non esser vinto dal male, ma vinci il male con il bene.
Dal Vangelo secondo Matteo (8,
1-13)
In quel tempo, essendo Gesù disceso dal monte, lo seguirono grandi
folle. Ed ecco che un lebbroso, accostatosi, lo adorava dicendo: «Signore, se
vuoi, mi puoi purificare». Gesù, stesa la mano, lo toccò e disse: «Lo voglio:
sii purificato». Subito la sua lebbra fu purificata e Gesù gli disse: «Bada di
non dirlo a nessuno, ma va’, mostrati al sacerdote e offri il dono che Mosè ha
prescritto, a testimonianza per loro». Quando fu entrato in Cafarnao, gli si
accostò un centurione pregandolo e dicendo: «Signore, il mio servo giace in
casa paralizzato e soffre moltissimo». Gesù gli disse: «Io verrò e lo curerò».
Il centurione, rispondendo, disse: «Signore, io non sono degno che tu entri
sotto il mio tetto, ma soltanto di’ con la parola e il mio servo sarà guarito. Anch’io,
infatti, sono costituito sotto l’autorità, ma ho sotto di me dei soldati e dico
a uno: “Vai” ed egli va; a un altro: “Vieni” ed egli viene; al mio servo: “Fa’
questo” ed egli lo fa». Udito ciò, Gesù ne restò ammirato e disse a coloro che
lo seguivano: «In verità vi dico: in Israele non ho trovato fede così grande.
Vi dico anzi che molti verranno da Oriente e da Occidente e si metteranno a
mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli. Invece i figli del
regno saranno gettati fuori, nelle tenebre esteriori; là sarà pianto e stridore
di denti». Gesù disse al centurione: «Va’ e, come hai creduto, ti sia fatto» –
e il servo guarì in quell’istante.
Colui che, poco dopo la Sua nascita, è stato indicato ai Magi da
una stella, sulle rive del Giordano ha ricevuto la testimonianza del Padre e,
in occasione delle nozze di Cana, ha rivelato il proprio potere soprannaturale
trasformando l’acqua in vino, continua a manifestare la sua gloria divina con due
miracoli avvenuti per effetto della sola Sua volontà. Un lebbroso, che Gli si
avvicina esprimendo la propria fede in Lui, si sente dire semplicemente: «Io
voglio che tu sia guarito» e questo accade. L’altro caso è quello del servo del
centurione romano di Cafarnao, che viene guarito a distanza, semplicemente
perché il Salvatore dispone che avvenga ciò che il centurione desidera.
Abbiamo così due guarigioni miracolose che non sono effetto di
particolari atti compiuti da Gesù, ma risultano un semplice adempimento del Suo
volere. Quello che rende possibile il dispiegamento del potere di Gesù, però, è
la fede di coloro che si rivolgono a Lui. Il lebbroso dice: «Se vuoi, tu
puoi purificarmi»; con grande semplicità, Gesù si limita a rispondere: «Lo
voglio: sii purificato» (Mt 8, 2-3). La fede del lebbroso conosce la potenza
del Salvatore, ma si abbandona al Suo volere, senza pretendere il miracolo.
Gesù risponde a quella fede manifestando che essa è vera, fondata, ma in più
rivela la Sua bontà: non c’è soltanto un potere assoluto che agisce in modo
incontrastato, ma questo potere è messo a servizio della bontà, è un potere
indirizzato al bene dell’uomo. La fede del lebbroso arriva così alla carità,
poiché la bontà di Gesù suscita in lui l’amore per Dio; perciò quella fede si
compie conducendolo all’unione con Lui.
Nel caso del centurione abbiamo qualcuno che intercede a
favore di un altro, di un subalterno, che tuttavia aveva con lui una relazione
profonda sul piano umano: era un uomo obbediente sul quale il padrone contava.
Anche qui la fede incondizionata ottiene il miracolo, ma è una fede
particolarmente umile. Pure quella del lebbroso lo era, dato che lo aveva
spinto a prostrarsi davanti a Gesù, ma il centurione vuole addirittura evitare
che Gesù entri in casa sua. In realtà non è necessario, visto che a Gesù basta
pronunciare una parola. Ora, questa umiltà denota un alto livello di
perfezione, poiché è l’umiltà di chi riconosce non solo di non poter pretendere
nulla (come già il lebbroso), ma neppure di poter far venire il Signore presso
di sé, neppure di poterlo accogliere; è l’umiltà di chi riconosce la propria
assoluta indegnità.
Eppure, anche in questo caso, la bontà del Signore valica quella
distanza così grande. Se il Figlio di Dio, quando si è incarnato, ha varcato
l’abisso che separava il Creatore dalla creatura, a maggior ragione va incontro
a coloro che non avrebbero potuto avere contatti con Lui: il lebbroso non
poteva avvicinarsi a nessuno; il centurione era un pagano – ed è per questo che
non voleva costringere il Maestro a entrare in casa sua, sapendo che, secondo
la legge mosaica, si sarebbe contaminato. Ora, è proprio di Dio poter varcare
il duplice abisso che c’è tra Lui e la creatura, l’abisso che riguarda il piano
dell’essere (Dio e la creatura esistono in due ordini, su due piani diversi) e
l’abisso che separa l’infinitamente Santo dai peccatori; e il Signore lo fa.
Questa è la nostra salvezza: per noi, esseri umani peccatori, non ci sarebbe
stata alcuna speranza, se non fosse stato il Figlio di Dio a prendere l’iniziativa
di scendere tra noi e a venirci incontro.
È questo fatto che suscita la fede di coloro che si rivolgono al
Cristo: è proprio questa immensa degnazione, questa condiscendenza senza limiti
che dà fiducia agli uomini, ai peccatori, ai pagani, a coloro che sarebbero
naturalmente esclusi; è questo che accende la speranza nei cuori di coloro che
desiderano salvezza e non si sono rassegnati alla propria condizione decaduta e
condannata. Ora, il Vangelo sprona anche noi ad avere la stessa fede, a
riconoscere la bontà del Signore, che si è chinato su di noi per darci prima di
tutto la grazia di conoscerlo, la grazia della Sua amicizia, la grazia della comunione
con Lui, ma poi anche i benefici temporali di cui abbiamo bisogno, quelli che
possiamo legittimamente chiedergli, purché la nostra intenzione sia retta,
purché, cioè, desideriamo quegli aiuti materiali allo scopo di servirlo meglio,
di compiere la Sua volontà e di dimostrargli il nostro amore in risposta
all’amore che ha avuto per noi.
Comprendiamo bene, a questo punto, le raccomandazioni di san Paolo.
Chi ha questa fede umile e incondizionata, evidentemente, non si considera
sapiente da se stesso, secondo le proprie opinioni e concezioni, ma riconosce
di aver ricevuto tutto da Dio e che deve a Lui anche ciò che sa. Chi ha questa
fede umile e desidera rispondere all’amore di Dio si rende conto di non dover
rendere al prossimo male per male e capisce di non aver bisogno di difendersi
da sé in modo conflittuale, ma che può contare sull’intervento di Dio e sulla
Sua provvidenza, sui Suoi doni multiformi e variegati. Chi ha questa fede umile
si sforza di essere in pace con tutti, per quanto dipende da lui, poiché la
bontà di Dio, quando raggiunge un cuore umano, se quel cuore non è
completamente freddo, duro ed estraneo, gli fa sentire il bisogno spontaneo di
farle eco, di trasmetterla ad altri, di comunicarla. La bontà di Dio, infatti,
colma il cuore umano di una gioia e di una pace che non possono rimanere
racchiusi nel cuore stesso.
Chi ha questa fede umile cerca di fare del bene per rendere testimonianza al Signore, per far sapere ad altri quanto Dio è buono e fino a che punto possono contare su di Lui. Chi ha questa fede umile, anche se subisce dei torti, si rimette con fiducia e tranquillità al giudizio di Dio e, a chi gli ha fatto del male, fa del bene, affinché l’amore disinteressato lo rimetta in discussione: «Se il tuo nemico ha fame, dàgli da mangiare; se ha sete, dàgli da bere; così facendo, accumulerai carboni ardenti sul suo capo» (Rm 12, 20), ossia lo riempirai di una sana inquietudine. In tal modo, tu non sarai vinto dal male, ma vincerai il male con il bene. Chiediamo dunque al Signore la grazia di poter accogliere, senza frapporre ostacoli, la Sua bontà, che si manifesta in mille modi, e quella di potere, a nostra volta, donare la stessa bontà, così che tanti altri possano conoscere l’amore di Dio.
Nessun commento:
Posta un commento