Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 26 maggio 2018


Come animali senza ragione



Si sono infiltrati fra voi alcuni individui, i quali son già stati segnati da tempo per questa condanna, empi che trovano pretesto alla loro dissolutezza nella grazia del nostro Dio, rinnegando il nostro unico padrone e signore Gesù Cristo. […] Costoro bestemmiano tutto ciò che ignorano; tutto ciò che essi conoscono per mezzo dei sensi, come animali senza ragione, questo serve a loro rovina (Gd 4.10).

Approvare il peccato impuro contro natura, o anche solo tollerarlo con la scusa di accogliere le persone, non soltanto demolisce dalle fondamenta la fede e la morale cattoliche, ma spazza via pure la razionalità, l’etica, l’antropologia, la psicologia e la medicina. Giustificare atti che sono fra i più immorali in assoluto – e di sicuro i più ripugnanti che un essere umano possa compiere – espone chi li pratica a gravissime patologie, come tumori, AIDS e malattie veneree. L’assuefazione a quel vizio distrugge altresì la vita psichica e relazionale, costringendo la persona a una parossistica condotta compulsiva, tanto frustrante quanto insaziabile. Un’affettività ancora fluida o un disturbo dell’orientamento sessuale, anziché esser riconosciuti e curati con le risorse di cui oggi disponiamo, si cristallizzano in una variante antropologica che, pur non avendo alcun fondamento filosofico o scientifico, viene imposta come non solo legittima, ma addirittura eccellente e quasi obbligatoria. In questa visione artificiale dell’uomo si annulla la distinzione tra bene e male quali realtà oggettive, come pure la capacità di distinguerli in base alla legge naturale, inscritta nella coscienza, e quella di esercitare libere scelte evitando gli atti intrinsecamente cattivi (e quindi per natura dannosi).

Anche chi non si ritenga credente è moralmente obbligato dalla sua dignità umana a vivere secondo ragione, facendone un uso retto e traendone le conseguenze pratiche: la logica non è facoltativa e la condotta deve essere guidata dalla conoscenza. Impugnare o ignorare ciò non significa essere più liberi, ma degradarsi a bruti. Nessuno ha il diritto di negare l’evidenza, ancor meno se è supportata dalla genetica: l’ideologia gender è assurda già a livello scientifico. Ingiungete ai vostri figli di uscire dall’aula non appena comincino a sentire discorsi che fanno a pugni col buon senso, senza pensare alle ritorsioni della scuola: sottrarsi a un’aggressione psicologica e intellettuale è un diritto inalienabile. La violenta arroganza di chi non ha argomenti va rintuzzata con un’ironia capace di sgonfiare le intimidazioni come un ago un palloncino – almeno finché non si mettano ad arrestare, come in Germania, i genitori di chi tiene i figli a casa… Ma, se siete in tanti, dovranno pur fare i conti con la resistenza.

Se già è grave che esseri ragionevoli diffondano idee aberranti e legiferino in base ad esse, tuttavia, è senza paragone più grave che ministri di Dio si astengano dal combatterle o addirittura le lascino penetrare nella Chiesa come legittime rivendicazioni. La spiegazione ispirata di san Giuda Taddeo è che hanno bisogno di trovare una giustificazione alla propria lussuria; anche l’esperienza comune insegna che chi adultera i princìpi morali lo fa per mettersi in pace la coscienza sporca, illudendosi di attutirne i morsi con vani sofismi. La svolta sempre più rapida e clamorosa cui stiamo assistendo nella Chiesa Cattolica riguardo al sesso e alla sodomia ha radici profonde e risale agli anni in cui la massoneria cominciò a infiltrarsi in seminari e facoltà teologiche; lo sfacelo intellettuale e morale di buona parte del clero è il frutto di quella strategia. L’avanzato degrado ormai raggiunto, anziché spingere alla conversione, reclama una revisione della dottrina motivata da una presunta evoluzione culturale, sul cui carattere pianificato si chiudono volutamente gli occhi.

Ma tale atteggiamento mina alla base la morale cattolica: se la Chiesa può cambiare la valutazione di uno dei peccati più gravi in assoluto, la può modificare su qualsiasi altro; il suo insegnamento si riduce così a un’opinione fra le tante che necessariamente si evolve con il succedersi delle epoche storiche. Non è difficile accorgersi che, su questa china, si vanifica la fede stessa: non solo quella che ha per oggetto la Chiesa come istituzione divina fondata su princìpi immutabili, ma anche la fede nella Rivelazione, dato che i suoi due canali – la Scrittura e la Tradizione – non sono più tenuti in alcun conto. I loro contenuti, infatti, che sono vincolanti in modo definitivo (come si è sempre saputo), sono ormai considerati espressione di determinate culture e di fasi superate, qualora non concordino con l’ideologia del momento. Ma è una bestemmia attribuire alla volontà creatrice di Dio uno stato gravemente peccaminoso, così come è un sacrilegio abusare della Sua grazia per darsi al peccato, distorcendone anche la Parola. Questa è una via diretta all’ateismo: certi preti, vescovi e cardinali non credono più in nulla, se non nelle proprie idee. Come può avere ancora la fede chi approva condotte radicalmente contrarie alla forma di vita che corrisponde alla fede stessa?

L’evidenza scientifica è che la cosiddetta omosessualità, in realtà, non esiste. Già il termine è in sé contraddittorio, in quanto appone un prefisso esprimente identità (omo-) a un sostantivo indicante un aspetto della persona umana che per sua stessa natura presuppone un’alterità complementare tra individui della stessa specie e di pari dignità, ma non identici. Il termine corretto è invece omofilia, che designa un disturbo dell’orientamento sessuale e affettivo spesso accompagnato da confusione nella percezione della propria identità sessuata, che si determina nell’istante del concepimento. Ora tutti i disturbi, nella misura in cui se ne conoscono le cause e si dispone di mezzi appropriati, sono curabili, almeno in certa misura; la soluzione non è certo trasformarli ideologicamente in varianti della normalità lasciate alla scelta dell’individuo. Chi prova attrazione per persone dello stesso sesso soffre profondamente, ma non a causa di pregiudizi e discriminazioni, bensì per un profondo conflitto interiore che non ha risolto; se dà libero sfogo alla sua tendenza, tale disagio non fa che acuirsi sempre più. Chi giustifica o approva la sua condotta, quindi, lo condanna a un’infelicità così lacerante che, prima o poi, si toglierà la vita o, comunque, si suiciderà un po’ alla volta rovinandosi la salute.

A questo punto è chiaro che chiunque difenda, propagandi o incoraggi quest’incubo, che non ha nulla di allegro, è un criminale; se è un ministro della Chiesa, è pure un traditore, di Cristo e delle anime. Criminali e traditori, finché non siano sottoposti a giudizio, vanno evitati, neutralizzati e privati di qualsiasi supporto, soprattutto economico. L’unica vera accoglienza, l’unico vero aiuto, l’unica vera integrazione, per chi – senza sua colpa e non per una sfrenata lussuria che non ammette confini – ha una tendenza omofila, non è sprofondarlo nell’abisso di un vizio abominevole, ma fornirgli strumenti per riappropriarsi della sua identità, onde superare il dissidio che lo dilania e ritrovare l’armonia interiore. Così, affrancatosi dalla terribile schiavitù di chi cerca se stesso negli altri (condannandosi in tal modo a non trovarsi mai), sarà finalmente libero di amare se stesso e gli altri in modo sano, potendo amare Dio e ricevere il Suo amore. Senza più distorcere la realtà in funzione dei suoi istinti perversi, ritroverà il gusto della verità, tornerà ad apprezzare la bellezza autentica, riscoprirà relazioni pulite e disinteressate, imparerà ad impegnarsi nella gratuità del bene e, con l’aiuto della grazia, potrà avviarsi sull’arduo cammino della santità. Chi insegna questo salva gli altri strappandoli dal fuoco (cf. Gd 23).

La battaglia contro la cosiddetta omofobia, viceversa, è in realtà un passe-partout per rendere accettabile nella Chiesa il vizio contro natura e, in tal modo, portare a termine l’apostasia generale. Secondo il cardinal Müller, essa è parimenti uno «strumento del dominio totalitario sulla mente degli altri», che mira – ci permettiamo di aggiungere – a distruggere la persona umana per assoggettarla ad una tirannia globale. Che dire anzi del neologismo fuorviante e privo di senso? Sarebbe il timore patologico di ciò che è identico, o di chi si considera omosessuale? Di fatto, nessuno di noi ha paura di infelici che si degradano in modo bestiale; semmai ci spaventa la programmata destrutturazione mentale delle masse – con la dissoluzione di ogni logica e buon senso – nonché la caduta verticale della moralità pubblica e privata. Chi si batte per il superamento di discriminazioni e pregiudizi in questo campo, se non è in malafede, è in grave errore; se lo fa pensando di aiutare il prossimo, deve essere ricondotto alla ragione. Chi invece lo fa per giustificare la propria condotta viziosa è già punito nella sua carne dal suo stesso peccato e, se non si ravvede prima di morire, sarà torturato in eterno dal fuoco inestinguibile.

Fra tutti costoro, quanti hanno responsabilità gerarchiche vanno assolutamente fermati, perché è uno scandalo accecante che Pastori cattolici tollerino, tutelino o approvino la sodomia. Come fermarli? Sul piano naturale, con denunce alla magistratura, qualora si abbia notizia di crimini perseguibili dalla legge civile; sul piano soprannaturale, invocando un castigo celeste che li renda inoffensivi. Non facciamoci scrupolo di chiedere a Dio un intervento del genere: ciò corrisponde al sacrosanto diritto di difendere la propria fede ed è anche una forma estrema di carità, in quanto chi tradisce la propria missione fino ad ottenerne l’effetto contrario, cioè la perdizione delle anime, solo nella disgrazia può rinsavire (e quindi salvarsi). Rifiutate altresì ogni ossequio e obbedienza a quanti si dimostrano apostati di fatto, chiedendo con insistenza allo Spirito Santo di supplire interiormente all’assenza di valide guide esterne e di sostenere con la Sua forza la vostra fatica di mantenere la rotta in questa tempesta.

Et, filii Sion, exsultate, et laetamini in Domino Deo vestro, quia dedit vobis doctorem iustitiae […]. Et scietis quia in medio Israel ego sum, et ego Dominus Deus vester, et non est amplius; et non confundetur populus meus in aeternum (Gl 2, 23.27 : Figli di Sion, esultate e rallegratevi nel Signore vostro Dio, perché vi ha dato un Maestro di giustizia […]. E saprete che io sono in mezzo a Israele; io sono il Signore vostro Dio e non ce n’è altri: il mio popolo non sarà confuso in eterno).


Testimonianza dagli Stati Uniti (semplicemente agghiacciante):
https://www.lifesitenews.com/opinion/you-were-born-gay-murder-by-words

sabato 19 maggio 2018


Deriva della gerarchia cattolica: come uscirne?



Omnes declinaverunt, simul inutiles facti sunt: non est qui faciat bonum, non est usque ad unum. Tu vero, Deus, deduces eos in puteum interitus (Sal 52, 4; 54, 24).

«Sono tutti andati fuori strada, insieme son diventati inutili: non c’è chi faccia il bene, non ce n’è neppure uno. Ma tu, o Dio, li farai finire in un abisso di rovina». Chi devia dal retto sentiero della dottrina e della prassi cattoliche non soltanto si rende inutile e stolto, ma corre pure il rischio di precipitare all’Inferno con tutti quelli che lo seguono. Ma com’è possibile che buona parte della gerarchia cattolica sia venuta meno al suo compito e stia andando miseramente alla deriva? Deve pur esserci una spiegazione. Un dato meramente cronologico indica che le attuali guide della Chiesa si sono formate – guarda caso – dopo il Concilio Vaticano II. In maniera sintetica, si può affermare che nell’ultimo mezzo secolo sono state imposte un’educazione teologica, una forma liturgica e una prassi pastorale che hanno assunto e incorporato la contraddizione, il soggettivismo e il relativismo, deformando la mente dei chierici e assuefacendola ad essi.

È così che anche gli avvenimenti più sconvolgenti possono essere “normalizzati” con una cortina fumogena di vuote parole e di volgare ipocrisia, regolarmente quanto clamorosamente smentite dagli atti. La casta clericale non ne è minimamente scossa, assorbita com’è dalla sua vita beata e gaudente; il suo cervello registra unicamente informazioni filtrate e ingentilite dal politicamente corretto dei quotidiani. Se mai fossero costretti a guardare in faccia la realtà, d’altronde, sarebbero colti da una crisi di panico, trovandosi totalmente sprovvisti delle risorse psicologiche e spirituali necessarie per far fronte alla temibile presa di coscienza. Questo mondo buono, progredito e civile, retto da apparati costituzionali, partiti omo-democratici, commissioni europee, agenzie delle nazioni unite, organizzazioni non governative, comunità di sant’egidio, gruppi abele e mafie varie, incarna i più alti ideali del loro umanesimo integrale… cioè della nuova religione che ha sostituito quella cattolica. Sareste così crudeli da svegliarli dal loro bel sogno?

Ora ci domandiamo: esiste un antidoto a tale spudorata degenerazione? Ovviamente, sì: avrebbe forse potuto, lo Sposo della Chiesa, abbandonarla tutta a questa deriva? Ebbene, no: ci ha lasciato i mezzi indispensabili per immunizzarci dall’errore. Chi ne è stato inizialmente infettato, rispetto a chi ne è rimasto del tutto esente, ha il vantaggio di esserne vaccinato e di aver sviluppato potenti anticorpi, che gli hanno poi permesso di individuare gli antidoti e di assumerli in modo equilibrato, evitandone frequenti effetti collaterali. Se le menti del clero sono state contaminate dai virus di una formazione, di una liturgia e di una prassi improntate a princìpi contraddittori, soggettivistici e relativistici, la cura non può consistere se non in una regolare assunzione della teologia classica, della Messa e del Breviario antichi, nonché della disciplina tradizionale di chierici e religiosi.

L’unico rimedio, dunque, non può essere altro che una riappropriazione della Tradizione al fine di reinnestarsi, con l’aiuto della grazia, sull’albero da cui si è stati recisi, così da riconnettersi alle radici. Per Tradizione, evidentemente, non intendiamo un guscio vuoto di forme e precetti esterni sclerotizzatosi negli anni Cinquanta nell’illusorio tentativo di frenare una crisi di fede già avanzata, bensì l’intero patrimonio cristiano, il quale abbraccia venti secoli e comprende sia l’Oriente che l’Occidente. Ma senza la teologia patristica e scolastica, la liturgia di sempre e un po’ di ascesi è impossibile anche solo comprendere gli scritti e le vite di Santi e Dottori: sarebbe come studiare la vita dell’orso polare nel deserto del Sahara. In altre parole, bisogna rientrare, per quanto possibile, nel loro ambiente vitale; altrimenti li si tratta come mero pretesto di esercitazioni intellettuali o come lontane autorità di una sterile precettistica che non santifica nessuno.

La marea montante del male sta travolgendo tutto con la benedizione del clero; è un’inarrestabile inondazione che non trova più alcuna barriera. Anche le persone di retta coscienza assistono impotenti al dilagare istituzionale di crimini orrendi, immoralità innominabili, plateali menzogne, dissacrazioni blasfeme e accecanti ingiustizie. Gli agenti del nemico sono ormai presenti ovunque, comprese le scuole e le parrocchie, dotati di un potere incontrastato che sembra paralizzare qualsiasi opposizione. Con il pretesto dell’educazione sessuale obbligatoria, bambini e adolescenti, per essere poi violabili anche nel corpo, sono violati nella mente e nella psiche da commissari del regime che nessuno può fermare e che con le proprie “lezioni”, dove ce ne fosse ancora bisogno, tolgono i freni inibitori alle loro più morbose pulsioni per incitarli alle più ripugnanti forme di perversione, che possono pure filmare e divulgare sulla Rete praticamente in diretta.

Su un altro versante, certi “giochi” alla moda (come le tavolette Ouija o il Charlie challenge) li avviano a forme apparentemente innocue di occultismo, esponendoli alle infestazioni maligne tramite sedute spiritiche semplificate. Alle devastanti sofferenze psichiche causate in loro dalla crisi del matrimonio, quella stessa società in dissoluzione che l’ha provocata propone a rimedio lo Yoga o la meditazione trascendentale, di recente illustrata in Vaticano da una cantante lesbica dedita al satanismo. Il dialogo aperto auspicato dal cardinal Ravasi, curiosamente, dà la parola sempre e soltanto ai nemici della fede, senza che sia mai offerta un’opportunità di replica. Ma, a parte questo caso eclatante di sodomia intellettuale, le risposte gerarchiche all’assalto di demoniaca sovversione di cui siamo testimoni sono immancabilmente ambigue, compiacenti o prone ai poteri occulti in nome della tolleranza verso una diversa visione del mondo, se non in scoperta apologia del vizio contro natura, celebrato in tutta Italia con chiesastiche veglie e fiaccolate.

Il moderno “clero giurato”, castrato dal rispetto della legalità e delle istituzioni democratiche, non sa far altro che irridere, ostracizzare o compatire le poche Cassandre che stanno suonando l’allarme. Di questa realtà allucinante, che supera la più accesa fantasia, le loro menti offuscate si sforzano di fornire letture pacate, analisi articolate, valutazioni equilibrate… come se fosse possibile conciliare la verità e il bene con il vizio, la menzogna e l’errore. L’assimilazione acritica di una pseudoesegesi storicistica che nega persino i dati fondamentali della fede, di una pseudoteologia antropocentrica che potrebbe fare a meno anche di Dio, di una pseudostoria della Chiesa impregnata di pregiudizi illuministici e di leggende nere, di una pseudomorale della situazione che dissolve ogni norma oggettiva, di una pseudospiritualità psicologistica o socialeggiante, a seconda dei gusti… ha creato dei filtri mentali che ottundono il giudizio intellettuale e rendono sospetta qualsiasi affermazione netta e precisa sulla realtà concreta.

Nel bel mezzo del marasma, imperturbabili nella loro ignavia sanza ’nfamia e sanza lodo, ci sono loro, gli ineffabili conservatori conciliari, ai quali ben si addice la lucida, severa e poco conciliante analisi dei semiariani da parte di un grande vescovo che anche oggi sarebbe cacciato ed esiliato, sant’Atanasio d’Alessandria († 373): «Volete essere figli della luce, ma non rinunciate ad essere figli del mondo. Dovreste credere alla penitenza, ma credete alla felicità dei tempi nuovi. Dovreste parlare della grazia, ma preferite parlare del progresso umano. Dovreste annunciare Dio, ma preferite predicare l’uomo e l’umanità. Portate il nome di Cristo, ma sarebbe più giusto se portaste il nome di Pilato. Siete la grande corruzione, perché state nel mezzo. Volete stare in mezzo tra la luce e il mondo. Siete maestri del compromesso e marciate col mondo. Io vi dico: fareste meglio ad andarvene col mondo e ad abbandonare il Maestro, il cui regno non è di questo mondo».

Quelli che stanno nel mezzo, i funamboli del normalismo, sono un fattore di putrefazione perché, per difendere le proprie posizioni, né si oppongono efficacemente agli eretici né permettono ai credenti di seguire la volontà di Dio manifesta, sic et simpliciter, senza artificiosi sofismi. Le loro critiche ai primi sono sempre garbate, sfumate, mai sopra le righe, mentre la coerenza dei secondi mette in imbarazzo la loro deliberata mediocrità o ne intralcia i meschini interessi. Così, da una parte, lasciano libero corso ai virus che infettano il Corpo mistico; dall’altra, neutralizzano i rimedi che potrebbero risanarlo. Il loro culto più intenso, dopo il denaro e il potere, va al fondatore (già canonizzato o in via di esaltazione) piuttosto che a Gesù Cristo, trattato tutt’al più come un soggetto letterario o un reperto archeologico. Chi vuole facili sicurezze, in ogni caso, non deve far altro che aggregarsi a loro e lasciarsi indottrinare. Ma noi, grazie a Dio e a Maria, abbiamo ormai trovato il vero antidoto, unica via verso una santità reale, che non sia soltanto una parola.

Fiant sicut foenum tectorum, quod priusquam evellatur exaruit, de quo non implevit manum suam qui metit, et sinum suum qui manipulos colligit. Sacerdotes tui induantur iustitiam, et sancti tui exsultent* (Sal 128, 6-7; 132, 9).

* Siano come l’erba dei tetti, che secca prima ancora d’esser strappata, di cui non si riempie la mano chi miete né il grembo chi raccoglie covoni (= il Signore nel giudizio dei salvati; cf. Mt 3, 12; Ap 14, 15-16). I tuoi sacerdoti indossino la giustizia e i tuoi fedeli esultino.

sabato 12 maggio 2018


Sentir cattolico, pregar cattolico



Hanno sintetizzato in laboratorio una nuova religione spacciandola per aggiornamento pastorale, poi ce l’hanno inculcata con ogni tipo di indottrinamento e con forme di terrorismo psicologico da regime sovietico: chi osasse pensare con la sua testa di fedele cattolico, dotato del sensus fidei e dei doni dello Spirito Santo, è stato ridicolizzato, isolato, ostracizzato o calunniato. Ma chi, per grazia, ha resistito al lavaggio del cervello è sempre più confermato nel suo orientamento dall’indecente spettacolo di ciò che osserva nella Chiesa, frutto maturo di quel nuovo regime che, pur avendo mantenuto il nome e qualche sparuto elemento del precedente (giusto per confondere le idee), è tutt’altra cosa, in quanto non riconosce più alcuna autorità divina, ma solo l’arbitrio umano, che si è arrogato il potere di stravolgere anche ciò che è più sacro.

Il Signore della storia sta permettendo le atrocità e le ignominie di cui siamo testimoni per mostrare a cosa si riduce uno Stato che non pone più Dio a proprio fondamento e una Chiesa che non crede più in Lui, bensì nell’uomo. L’aborto, l’infanticidio e le manipolazioni genetiche sono la cifra più espressiva e drammatica di quanto è stato compiuto nella società e nelle anime: il senso religioso è stato crudamente espulso dai cuori ed evacuato come un escremento, così da trasformare le persone umane in automi incoscienti che producono e consumano, senza ulteriori prospettive. Per arrivare a questo, hanno divelto gli altari da quel mistico utero in cui nelle chiese, per essere formati all’eterna beatitudine, riceviamo la vita celeste; hanno strappato la Scrittura a quel grembo della Tradizione che l’ha generata, per poi sezionarla come un cadavere e amputarne quanto contraddiceva alle loro tesi prefabbricate; hanno estratto l’immutabile essenza dell’identità sacerdotale, tutta centrata sul Sacrificio redentore, per sostituirla con un nucleo estraneo e mutante, così da produrre un organismo adattabile a tutti i terreni.

Il copione recitato dai novatori riproduce in realtà uno schema vecchio di quasi mezzo millennio: il percorso seguito dall’anglicanesimo è molto simile per ciò che riguarda liturgia, insegnamento e ministero. Quel che ancora manca alla realizzazione del loro nefasto programma è l’invalidazione del sacerdozio (con quella della Messa, di conseguenza) e l’orrenda, interminabile carneficina con cui i fedeli sudditi di Sua Maestà, capo della loro nuova religione, stritolarono i cattolici ricorrendo ai più crudeli e spaventosi supplizi. Ciò che succede oggi in Gran Bretagna è discendente diretto di quegli avvenimenti, soltanto moltiplicato dallo strapotere di una società segreta fondata, non a caso, da due pastori anglicani; ma che anche la gerarchia cattolica di quel Paese si sia infine allineata ad essa grida vendetta contro il Cielo e contro gli innumerevoli martiri.

Nel disperato tentativo di fornire una spiegazione plausibile a tale ignominiosa acquiescenza, mi è perfino venuto in mente che, forse, la magistratura britannica è in possesso di uno scottante dossier sul clero inglese con cui tiene i vescovi in pugno, visto quanto successo in Irlanda per annullare l’opposizione della Chiesa all’aborto. Non è da escludere, ma per cedere a un ricatto sarebbe bastato un vile silenzio. Invece la plateale, incondizionata approvazione del barbaro assassinio di Liverpool, scevra dal benché minimo dubbio morale, induce a pensare che la gerarchia cattolica sia passata armi e bagagli al nemico. D’altronde il giudice dell’Alta Corte ha potuto motivare la sentenza di morte citando il Romano Pontefice, che non ha fiatato contro la presunta strumentalizzazione delle sue parole, mentre il suo portavoce nel settore (che non nominiamo più per ragioni di decenza) si è profuso in dichiarazioni a favore. Per capire a fondo il balletto vaticano sulla vicenda, basta vedere la bizzarra maniera in cui monsignor Bergoglio e la dottoressa Enoc si sono stretti la mano; è chiaro che la massoneria prende molto sul serio le pari opportunità.

Capisco che gli animi evirati dall’ecclesialmente corretto provino disagio rispetto a certi inviti, ma chi ha la grazia di sentir cattolico – grazie a una lettura onesta, non addomesticata, di Scrittura e Tradizione non purgate – sa perfettamente che ad esso corrisponde pure un pregar cattolico. Fino a cinquant’anni fa, si è sempre invocato Dio contro i nemici reclamando il Suo intervento. Se Egli si è acquistato la Chiesa a prezzo del proprio sangue (cf. At 20, 28), essa ha tutto il diritto di pretendere di essere da Lui difesa da quanti la attaccano sia dall’esterno che dall’interno, sia fisicamente che spiritualmente. I salmi imprecatori sono testi ispirati dallo Spirito Santo e sono stati recitati da Gesù stesso durante la Sua vita terrena. Noi non siamo di quelli che si credono più perfetti della Trinità santissima; pertanto li usiamo per pregare prendendoli così come sono, senza espungerne nemmeno una parola. Noi non ci sentiamo padroni della Scrittura e della Liturgia, come certi luminari che starebbero meglio appesi al soffitto.

Chiedere insistentemente al Signore di intervenire per ripristinare l’ordine da Lui stabilito e violato da chi serve il diavolo è non soltanto lecito, ma doveroso: è giusto che l’osservanza dei sacrosanti diritti di Dio sia ristabilita, sia per l’onore che Gli spetta, sia per il bene dell’uomo. Esigere il castigo per chi li calpesta risponde a un’insopprimibile esigenza di giustizia che il Creatore stesso, facendolo a Sua immagine e somiglianza, ha posto nella coscienza dell’uomo. Non si tratta certo di augurare la pena eterna a chicchessia, ma di sollecitare dal Cielo una correzione che sarà salutare anche a chi sbaglia, specie se rimane sordo a qualsiasi avviso. Rammentargli il Giudizio e metterlo in guardia dal rischio di dannarsi, poi, è un’opera di misericordia; tutti i Santi lo hanno fatto, spesso con prediche infiammate e severi ammonimenti. Chi sente cattolico, infatti, lo vede sul ciglio del baratro infernale, già avvolto dalle fiamme, e fa quel che può per ritrarlo di là.

Questo non significa certo anticipare una condanna definitiva o mettersi al posto dell’unico Giudice. Un genuino pregar cattolico è esente dall’agitazione dell’ego, dato che, confidando nell’onnipotente Provvidenza divina, si rimette fiducioso alle Sue infallibili disposizioni. Patientes igitur estote, fratres, usque ad adventum Domini […] quoniam adventus Domini appropinquavit. […] Ecce, iudex ante ianuam assistit (Gc 5, 7-9; stavolta lo lascio in latino per costringervi a cercarlo nella Bibbia e a meditarci su). Non c’è nulla di più salutare e consolante che assaporare la Parola divina – anche quando ci turba – piuttosto che frastornarci con tante parole umane che non cambiano i cuori in meglio, a meno che non siano veicolo di verità e di profezia, in quanto ispirate dalla prima. Un sentir cattolico non separa questa meditazione dalla preghiera né dalla grazia sacramentale, che consentono di attuare nella vita le parole del Signore che ne sono oggetto.

Sit autem sermo vester: est, est; non, non ; ut non sub iudicio decidatis (Gc 5, 12). Un autentico cattolico dice la verità con semplicità, senza nasconderla né manipolarla, perché «il di più viene dal maligno» (Mt 5, 37). La perfida Albione ha sancito il pubblico trionfo dei demoni, i quali, dopo il sacrificio umano loro offerto con l’avallo della gerarchia, si son dati a una danza sfrenata. Se questo ci strazia il cuore, ricorriamo ai mezzi che il Signore ci ha lasciato: Tristatur aliquis vestrum? Oret. Aequo animo est? Psallat (Gc 5, 13). Abbiamo a disposizione tutto il necessario per resistere e per portare a termine la missione affidataci. Chi prega cattolico è immancabilmente consolato, istruito, diretto, fino ad essere elevato al godimento della «pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza» (Fil 4, 7), custodendo il suo cuore e i suoi pensieri in Cristo Gesù. Tristitia vestra vertetur in gaudium […] et gaudium vestrum nemo tollet a vobis (Gv 16, 20.22): crediamo o no alle Sue promesse?

Beato l’uomo che tu istruisci, Signore, e che ammaestri nella tua legge, per dargli riposo nei giorni di sventura, finché all’empio non sia scavata la fossa. Perché il Signore non respinge il suo popolo, la sua eredità non la può abbandonare; ma il giudizio si volgerà a giustizia, la seguiranno tutti i retti di cuore. Chi sorgerà per me contro i malvagi? Chi starà con me contro i malfattori? Se il Signore non fosse il mio aiuto, in breve io abiterei nel regno del silenzio. Quando dicevo: «Il mio piede vacilla», la tua grazia, Signore, mi ha sostenuto. Quand’ero oppresso dall’angoscia, il tuo conforto mi ha consolato. Può essere tuo alleato un tribunale iniquo, che fa angherie contro la legge? Si avventano contro la vita del giusto e condannano il sangue innocente. Ma il Signore è la mia difesa, roccia del mio rifugio è il mio Dio. Egli ritorcerà contro di essi la loro malizia, per la loro perfidia li farà perire, li farà perire il Signore, nostro Dio (Sal 93, 12-23).

sabato 5 maggio 2018


Alfie: dalla rabbia allo zelo



Dominus omnipotens vindicabit in eis; in die iudicii visitabit illos. Dabit enim ignem et vermes in carnes eorum, ut urantur et sentiant usque in sempiternum (Gdt 16, 20-21).

Son cose che succedono ai vivi (a chi è moralmente vivo, anziché in coma indotto): all’indicibile dolore per il barbaro assassinio di un bimbo innocente, nonché per la vergognosa figura che ci ha fatto la Chiesa Cattolica, si alterna una rabbia colossale che non ha requie all’idea di non poter fare apparentemente nulla. Alfie Evans è stato deliberatamente soppresso nella notte tra il 27 e il 28 aprile, quando un’infermiera gli ha iniettato un cocktail di farmaci che lo ha condotto al decesso poco più di due ore più tardi, visto che il piccolo, pur essendo rimasto privo di cibo e di ventilazione per ben trentasei ore e combattendo con un’infezione ai polmoni provocata da tubi pieni di muffa che non venivano cambiati da appena cinque mesi, non voleva arrendersi alla sentenza di morte e continuava a lottare come un leone per sopravvivere.

In questa vicenda da lager nazista la Chiesa inglese ha brillato a tutti i livelli per complicità con gli aguzzini: come se non bastasse lo scandalo accecante provocato dalle ripugnanti dichiarazioni del Vescovo di Liverpool e della conferenza episcopale, il cardinale Vincent Nichols, Arcivescovo di Westminster e Primate d’Inghilterra, dopo aver richiamato in diocesi il valente don Gabriele Brusco si è sentito in dovere di rincarare la dose difendendo il personale del lager in nome del best interest del paziente e accusando quanti hanno difeso Alfie di averlo strumentalizzato per motivi politici… Invece il suo discernimento sobrio, informato, sapiente e alieno da emozioni (come quello da lui raccomandato) scambia allegramente i sostegni vitali per accanimento terapeutico e l’eutanasia per una cura. Dal canto suo il cardinal Parolin, sagace Segretario di Stato di Sua Santità, pur deplorando l’incomprensibile irremovibilità dell’apparato britannico, ha accennato alle zuffe in cui, in casi del genere, «tutti gridano, cercando di tirare acqua al loro mulino»… C’è qualcuno fra noi che avesse un qualche interesse personale nel prender posizione in questa pazzesca storia da dottor Mengele, a parte, forse, quei banchieri ebrei che non hanno impedito a un importante artefice della loro fusione (fervente cattolico) di pubblicare una vibrante lettera aperta ai vescovi inglesi?

Non vorremmo, nostro malgrado, fare il gioco di chi, dopo averla resa complice, vuol screditare la Chiesa Cattolica in funzione di un occulto programma eugenetico o in vista della normalizzazione dell’eutanasia (di fatto, peraltro, già depenalizzata). Come fa però un credente a non vomitare di sdegno di fronte al nauseabondo e oltraggioso equilibrismo ecclesiastico? Ma «l’ira dell’uomo non opera la giustizia di Dio» (Ira enim viri iustitiam Dei non operatur, Gc 1, 20); è Lui che si riserva di applicarla: «Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Sì, vicino è il giorno della loro rovina e il loro destino si affretta a venire. Nel tempo che avrò stabilito, io giudicherò con rettitudine» (Dt 32, 35; Sal 74, 3). Una tentazione molto forte, in casi come questo, è quella di sostituirsi al giusto Giudice; ma unus est legislator et iudex (Gc 4, 12). Presto sarà il Signore stesso a far pulizia, come avvenne nel IV secolo: una Chiesa che in massima parte (compreso il papa, Liberio) aveva ceduto al compromesso del semiarianesimo, con Giuliano l’Apostata si ritrovò di colpo nuovamente alle prese con la persecuzione, che credeva definitivamente cessata.

Allora, piuttosto che tentar di soffocare l’ira con qualche sottile sofisma o con volontaristici sforzi, bisogna trovare la maniera di investire in positivo questa enorme energia, che altrimenti si ritorce contro il soggetto o chi gli sta vicino. In un cristiano, tutto ciò che prova, purificato nel crogiuolo della penitenza e offerto per le purissime mani di Maria, dev’essere volto ad alimentare un santo zelo, anzitutto nella preghiera: «Riversa su di loro la tua collera e il furore della tua ira li raggiunga» (Sal 68, 25). Solo una decisione cattiva della volontà è peccato: un’emozione negativa, finché non si traduca in libera scelta, non ricade sotto il giudizio morale; ciò non toglie che l’energia psichica ad essa legata, nel caso non sia evacuata, ci possa alla lunga intossicare, determinando nascostamente i nostri comportamenti. Ecco allora l’importanza del (vero) discernimento.

La prima raccomandazione di sant’Ignazio è che, in stato di desolazione o di turbamento, non si faccia assolutamente alcuna deliberazione, ma si attenda di esser tornati in stato di quiete interiore. Nel primo caso, infatti, siamo terribilmente esposti e vulnerabili alle suggestioni diaboliche. Già lo stesso concentrarsi, sul piano psicologico e intellettuale, su un singolo caso può servire molto bene agli scopi del demonio: l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è distolta da altri problemi urgenti (come la guerra in Siria) o da casi altrettanto gravi, ma molto frequenti (come le atroci esecuzioni per fame e per sete di malati, a lor dire terminali, abitualmente praticate negli ospedali del Regno Unito). Per altri versi, la cocente delusione seguita alla prolungata tensione emotiva può ingenerare alla fine, nell’animo dei buoni, un senso di impotenza che rende la vittoria del diavolo ancor più splendida, spegnendo lo sguardo soprannaturale sulla storia e la certezza che è Cristo ad averne il controllo assoluto, per quanto misterioso.

Ma, in particolare, in circostanze come quelle attuali Satana può insinuare nei cuori un sentimento di profonda vergogna per l’appartenenza a una Chiesa che ha appena offerto, a livello planetario, uno spettacolo semplicemente disgustoso: «Hai visto cos’è l’istituzione a cui appartieni? Guarda come s’è ridotta, grazie a me, la Sposa del tuo Dio! E quella gerarchia a cui sei tenuto a obbedire, anche se avresti voglia di mandarla al diavolo…? Tanto è già quasi tutta mia… E come puoi credere ancora in Uno che non fa nulla per ripulire questo letamaio? È uno sconfitto e lo è sempre stato: ora è finalmente chiaro. Ma andiamo: adorare un poveraccio morto su una croce…! Chi rende culto a me, se non altro, ha gusti più fini… Lascia perdere: sei un fallito».

La mossa più efficace, in tali casi, è porre in piena luce le trame occulte del demonio per renderne palese e denunciarne la perversità; già solo questo le neutralizza. Il cornuto, com’è ovvio, non si arrende facilmente e riparte alla carica con ulteriori perfide trovate, benché tutte stravecchie e di provata inefficacia: «Ma perché non fai vedere chi sei e non te ne vai sbattendo la porta in faccia a quegli ipocriti senza attributi? Sai quanta gente ti verrebbe dietro? Siete voi la vera Chiesa! Uscite da quella falsa e abbandonatela al suo destino!…». Povero diavolo! Come se non sapessimo che un frate tedesco, cinque secoli fa, per avergli dato retta rinnegò la fede, sprofondò nel vizio e alla fine, tanto disgusto aveva di se stesso, morì suicida… Esempi infelici di simile superbia, purtroppo, non mancano neanche ai nostri giorni e ci ammoniscono, se ce ne fosse bisogno, che creare congreghe eretiche o scismatiche non è certo la soluzione.

La risposta che dobbiamo dare a noi stessi (più che al demonio, con cui non bisogna mai entrare in dialogo, se non per zittirlo con la Parola di Dio) è che la Chiesa di Cristo è una sola e non può non essere così. Come castigo per l’apostasia di fatto di una parte consistente della Chiesa militante e per l’ostinata impenitenza di tanti suoi membri, Egli ha permesso che fosse occupata da un potere avverso che obbedisce direttamente al nemico, cioè da una casta di ecclesiastici pervertiti affiliati alla massoneria o da essa controllati, a cominciare dal loro capo. In realtà, però, sono loro ad esser fuori della Chiesa, non certo noi. Le cariche che detengono sono puramente apparenti. La radice sacramentale del loro stato assicura la validità dei loro atti di culto, così come la necessaria visibilità dell’ordinamento ecclesiale può eventualmente garantire, finché non vengano smascherati, quella dei loro atti amministrativi, ma in coscienza non siamo tenuti a seguirli in materia di fede e di morale, siamo anzi moralmente obbligati a disobbedire, qualora il loro insegnamento sia contrario alla verità rivelata. Questo pensiero deve sostenere la nostra resistenza fino a quando non sia venuto fuori tutto il marcio, in modo che lo si possa evitare.

Non sono più le pecore ad esser protette dal pastore, ma i lupi, nella fattispecie quegli «apparati medici e legali» che (parola di vescovo), basandosi «sulla compassione e sulla salvaguardia dei diritti del singolo bambino», hanno fatto «tutto ciò che è umanamente possibile». Questo – si badi bene – in un ospedale già coinvolto in un allucinante scandalo di espianto non autorizzato di organi da minori ivi ricoverati e, ora, renitente a rendere la salma del piccolo, in persistente spregio di ogni legge. Prende sempre più piede, oltretutto, il sospetto che Alfie, pur nato sano, poi inspiegabilmente colpito da una non meglio identificata sindrome neurodegenerativa, sia stato danneggiato a livello cerebrale da un’overdose di vaccini che gli ha provocato convulsioni e crisi epilettiche, mentre pare che il suo presunto stato terminale sia riconducibile a un forte sedativo somministratogli nello stesso ospedale.

La nostra uscita di sabato scorso ha immediatamente riscosso una dozzina di visualizzazioni dal Regno Unito, subito dopo misteriosamente scomparse dalle statistiche. L’inaspettato picco di visite dalla Germania, quasi mai spuntata prima, si spiega facilmente con il riferimento al nazismo. Per un paio di giorni la plancia di comando del blog, senza che io facessi nulla, è passata di punto in bianco dall’italiano all’inglese. Curioso… che ci sia un grande fratello che ci sorveglia? Se è così, You should know that we’ll never stop telling the truth, most honorable flunkies of Her Majesty. Ci sia consentito tale seppur piccolo sfizio: riuscire a trasformare tutta l’ira umana in sacro zelo è da santi – e noi, ahimè, ne siamo ben lontani… Ma, senza attardarci in sterili esternazioni di sdegno, dobbiamo investire la carica psicologica in azioni ragionate. Ce n’è abbastanza – se non bastassero altri motivi – per intensificare la campagna di opposizione ai nuovi vaccini e per risparmiare ai propri figli la loro assunzione, a costo di far loro scuola a casa.

Non è il momento dei fervorini pateticamente autoconsolatorii che cavalcano l’onda emotiva per qualche giorno, per poi rientrare tacitamente nel flusso dell’acquiescenza al potere, in attesa del prossimo orrore. Bisogna mobilitarsi contro la cultura necrofila (e contro la prassi corrispondente) che ci stanno gradualmente inculcando secondo lo schema della finestra di Overton. Ma occorre pure privare di ogni appoggio economico, ricevuto mediante le offerte dirette o la dichiarazione dei redditi, i camaleontici Pastori che hanno un abito diverso per ogni occasione: è l’unico argomento a cui sono davvero sensibili; così, se non altro, non continueremo a finanziare l’invasione del nostro Paese. Gridando loro in faccia cosa pensate della loro ipocrisia, ricordate loro il Giudizio e la pena eterna: «Il Signore onnipotente li punirà, nel giorno del giudizio li visiterà. Metterà nelle loro carni fuoco e vermi, perché brucino e lo provino per l’eternità» (Gdt 16, 20-21 Vulg.). Nella Geenna «il loro verme non muore e il fuoco non si estingue» (Mc 9, 48; cf. Is 64, 24). Ma anzitutto mettiamoci tutti insieme a urlare verso il Cielo perché intervenga. Veni, Domine Iesu!

Vieni, o Signore Gesù. L’umanità non ha la forza di rimuovere la pietra che essa stessa ha fabbricata, cercando di impedire il tuo ritorno. Manda il tuo angelo, o Signore, e fa’ che la nostra notte si illumini come il giorno (cf. Sal 138, 12). Quanti cuori, o Signore, ti attendono! Quante anime si consumano per affrettare il giorno in cui tu solo vivrai e regnerai nei cuori! Vieni, o Signore Gesù. O Maria, che lo hai visto risorto; Maria, cui il primo apparire di Gesù ha tolto l’angoscia inenarrabile prodotta dalla notte della Passione; Maria, a te offriamo la primizia di questo giorno. A Te, Sposa del divino Spirito, il nostro cuore e la nostra speranza. Così sia! (Venerabile Pio XII, Messaggio Urbi et orbi per la Pasqua 1957).