Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 29 aprile 2017


Sacro accecamento



Errore, ignoranza, plagio, ideologia, malizia, presunzione… possono essere tutte cause di cecità intellettuale e spirituale. Gli esempi concreti, oggi, abbondano a dismisura, purtroppo. Uno non si immaginerebbe certo però, di primo acchito, che essa potesse esser provocata anche da una vasta cultura e da idee molto chiare, di per sé ben fondate. Difficile a credersi, anche in ambito teologico si può essere accecati dalle proprie stesse certezze, se queste ultime formano un sapere chiuso, una dottrina sclerotizzata, un sistema perfetto in cui ogni quesito ha una risposta immediata, definitiva, indiscutibile… In fin dei conti, si ricade nella fattispecie dell’ideologia, ammantata tuttavia di un alone soprannaturale che la rende incontestabile, soprattutto per il fedele non iniziato che, come il povero Renzo nei Promessi sposi, non può obiettare nulla al dotto latinorum di don Abbondio, pur avvertendo nella propria coscienza di uomo semplice e retto, per quanto ignorante, che qualcosa non va nelle sconnesse ragioni del voltafaccia pretesco.

Quando un sistema teologico che si vuole perfetto circoscrive in modo selettivo i propri riferimenti a una data epoca o a un singolo autore quasi ci si potesse trovare tutto lo scibile, escludendo quanto non è riconducibile ad essi e proibendo qualsiasi possibile sviluppo, accusa già solo per questo un errore epistemologico di fondo. Le singole affermazioni saranno anche di per sé vere, ma, incastrate in quella visione rigida e fissa, perderanno buona parte della loro profondità ed efficacia. Il piatto letteralismo con cui sono lette le riduce a mere proposizioni da mandare a memoria senza alcun incentivo a meditarle, approfondirle e aprirle a ulteriori sviluppi. Questo, anzi, sarà severamente scoraggiato come pericolo di deviazione dottrinale; ciò che conta è il teorema (o il complesso di teoremi) con il quale si fonda la propria autorità dispotica e si condanna inesorabilmente chiunque si discosti anche solo leggermente dal sentiero tracciato, magari per ampliarlo semplicemente un po’ onde permettere di percorrerlo a qualcuno in più, che altrimenti ne rimarrebbe escluso.

Il sistema di pensiero è così serrato che sembra inattaccabile, ma certe sue conclusioni, essendo del tutto inaccettabili, ripugnano sia al buon senso umano che al sensus fidei soprannaturale, tradendo così le debolezze logiche nascoste nei singoli passaggi argomentativi. Può allora accadere che proprio coloro che si ritengono maestri imbattibili nello scoprire e denunciare i paralogismi altrui vi cadano regolarmente senza accorgersene o, se ne sono consapevoli, li nascondano deliberatamente per non ammettere i propri errori; in quest’ultimo caso, oltre all’attitudine ideologica, c’è pure la malizia. Senza ardire giudicare la coscienza di nessuno, ci sono comunque degli indizi che fanno perlomeno sospettare una mancanza di rettitudine. Il primo e più evidente è che questi detentori del sapere, con le loro nozioni e le loro sottigliezze, riescono a giustificare tutto e il contrario di tutto: di fronte allo stesso caso morale, per esempio, uno trae con assoluto rigore una conclusione, un altro una conclusione diametralmente opposta. Anche un bambino capirebbe che qualcosa non funziona: in questo modo uno può fare quello che gli pare e autorizzare altri a farlo, coperti da un’autorità presentata come divina e, quindi, inappellabile.

Nell’antica Grecia, un modo simile di argomentare costituiva per certi sedicenti filosofi un’attività estremamente redditizia: le folle accorrevano appassionate alle conferenze di questi oratori, capaci di dimostrare un assunto e, subito dopo, l’esatto contrario. Socrate si oppose energicamente a questa prassi di distorsione del ragionamento… e fu condannato a morte. Quando i sofisti ecclesiastici avevano, oltre al sapere, anche il potere, si poteva rischiare una fine analoga (almeno sul piano morale), pur senza essere affatto modernisti. Non è ragionevole né onesto far di ogni erba un fascio: possibile che lo Spirito Santo non abbia ispirato ai teologi più nulla di buono, dopo il XIII secolo? Si può forse ridurre il mistero di Dio a sentenze teologiche stereotipate e immodificabili? Il dogma stesso, pur tracciando una linea invalicabile alla fede del popolo cristiano, non vieta un’ulteriore approfondimento della verità rivelata, purché non lo contraddica nella sostanza. Pretendere di rinchiudere l’Altissimo in formule di scuola (per quanto in sé utili e perfino necessarie) sconfina nell’empietà e nell’idolatria. Dobbiamo ammettere che nella fede non finiremo mai di scavare e che ci sono comunque elementi che ci sfuggono, o perché non rivelati o perché non ancora chiariti in modo soddisfacente.

L’altro indizio di malizia è che, in certi ambienti tradizionalisti, le vere posizioni riguardo a punti scottanti non sono manifestate a tutti, ma solo a chi si lega ad essi e a mano a mano che si lascia influenzare; se le manifestassero subito, la maggior parte scapperebbe. Questo comportamento – ahimé – è tipico dei metodi di reclutamento propri delle sètte, nonché di organizzazioni analoghe che oggi spopolano nella Chiesa Cattolica sotto la veste di “cammini” o di opere di Dio… C’è un volto pubblico, costruito per il volgo e i principianti, e un volto nascosto per gli iniziati. Gira e rigira, si ricade sempre nella stessa sottile tentazione con cui il demonio ha fuorviato fin dall’inizio innumerevoli cristiani: la gnosi. A un certo punto, quando il candidato ne è giudicato degno, gli son svelati gli arcani di una dottrina esoterica che, in definitiva, contraddice in molti punti fondamentali alla dottrina comune, la sola vera e quindi l’unica, in realtà, mediante la quale ci si possa salvare (la stessa contraddizione di cui si accusano gli avversari in quanto eretici…).

Com’è possibile che, a partire dalla difesa della fede tradizionale, si finisca per negarla o svuotarla sul piano pratico, cadendo in un procedimento settario, iniziatico e gnostico? A tanto pericolo ci si espone ogniqualvolta ci si ponga fuori della comunione gerarchica della Chiesa. Non è questione puramente giuridica, bensì sostanziale: la comunione ecclesiale assicura la circolazione dei beni soprannaturali nelle membra del Corpo mistico. È innegabile che sia diventato estremamente arduo e penoso permanere in comunione con Pastori dalle posizioni ambigue; ma qualora essi affermino o comandino qualcosa di chiaramente contrario all’insegnamento di Cristo, non bisogna ascoltarli e l’obbedienza va rifiutata. Il problema si pone più per i sacerdoti che per i fedeli, i quali sono relativamente liberi di scegliere dove curare la propria fede. Per quei ministri per i quali non c’è più posto nelle ordinarie strutture pastorali e che, dall’altra parte, hanno fiutato il pericolo nascosto, l’unica soluzione praticabile sembra quella della vita eremitica, visto che tutte le porte si sbarrano al loro passaggio; ma intorno a loro possono inaspettatamente fiorire opere nuove, le vere sorprese dello Spirito.

sabato 22 aprile 2017


Uomini di Dio



Viam veritatis elegi (Sal 118, 30).

Cercasi uomini di Dio. No burocrati, gestori, assistenti sociali, ideologi, opinionisti, animatori, intrattenitori… ma nemmeno sofisti in tonaca, pedanti eruditi, saccenti sputasentenze, pedissequi rubricisti, infallibili censori, astiosi restauratori… Uomini che non solo posseggano la retta dottrina  e una sana teologia, ma ne vivano, le incarnino e le facciano risplendere agli occhi di quanti cercano la verità, ardere nei cuori che la amano e fruttificare nella vita dei fedeli. Uomini che non offrano solo idee chiare e argomentazioni (apparentemente) incontrovertibili, ma che guidino le anime nelle vie di Dio, siano di casa nel Suo cuore, trabocchino di unzione spirituale, gustino e facciano gustare le Sue incomparabili dolcezze, comunichino la Sua compassione e tenerezza, risplendano di luce soprannaturale, rendano “tangibile” la grazia.

L’intellettualismo astratto ha partorito e continua a partorire rivoluzioni contro natura, ma genera parimenti inquisitori che in nome della loro dottrina, considerata l’unica versione valida e legittima, sono pronti a condannare senza appello chiunque non si allinei. Lo stesso difetto congiunge estremi opposti, perché ne costituisce la stessa origine: la realtà divina è scambiata per un teorema, il pensiero prevale sull’essere, l’amore della verità è soffocato dalla passione per la disputa. La grande eresia della modernità è nata dalle derive della tarda scolastica e può infettare qualsiasi ambiente, anche di segno contrario. Che uno sia progressista o tradizionalista, può ugualmente smarrirsi in un mondo cerebrale costruito per giustificare le sue idee, perdendo i contatti tanto con la propria anima che con il Dio vivente (non quello dei filosofi di pascaliana memoria).

Chi ha sinceramente scelto la via della Verità rifugge inorridito da quel sentimento di eccellenza intellettuale e culturale in cui i massoni – e molti ebrei – ripongono la propria sicurezza. Vogliamo metterci sul loro stesso piano per confutarli? Vogliamo utilizzare le loro stesse armi? Finiremo col degradare, sfigurare e, infine, rinnegare quella Verità che pensiamo di difendere, la quale non è un sistema di pensiero, ma una Persona. L’atteggiamento gnostico-iniziatico che combattiamo finirà col contagiare anche noi, sedotti dalle nostre “conoscenze superiori” e ormai sordi all’appello del Verbo incarnato, morto e risorto per risuscitarci a quella Vita che è Egli stesso, che l’uomo ha perso in modo irrimediabile, per quanto dipende da lui, e che nessuna conoscenza ha il potere di rendergli, se non quella che è oggetto della fede umile e compunta di chi non cessa di ripetere: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».

La correttezza dottrinale è indispensabile per una sana vita spirituale, ma non la sostituisce; la radice non è tutta la pianta, sebbene la pianta non possa farne a meno. L’accanimento teologico di cui certuni fanno una ragion d’essere tradisce spesso una fondamentale estraneità a Dio, tenuto a debita distanza con impeccabili formule dogmatiche e ineccepibili prestazioni rituali. La familiarità divina, invece, impedisce di sviluppare dotti ragionamenti su premesse non sicure presentate come certezze inconfutabili quando non lo sono affatto; ciò ripugna a una coscienza retta, guidata dallo Spirito Santo. Un solo esempio fra tanti: quando si afferma che ogni vescovo riceve la giurisdizione direttamente dal Papa come fosse una verità di fede, in realtà si spaccia come un dato indiscutibile ciò che finanche nella teologia preconciliare era discusso; c’è sì un’importante affermazione in questo senso nell’enciclica Mystici Corporis di Pio XII, ma – con tutto il rispetto per il Magistero pontificio e per uno dei maggiori papi della storia – questo non basta a farne un dogma.

Se questo modo di procedere, non del tutto onesto, si applica a questioni da cui dipendono le scelte morali o l’esercizio del ministero, è evidente quanto sia pericoloso. Una volta presa una decisione ideologica di fondo, in sé difficilmente giustificabile, ma a mio avviso incontrovertibile, posso pure sentirmi autorizzato ad agire abitualmente, come sacerdote, in modo del tutto illegittimo e indipendente, perché ho stabilito a priori, nel mio tribunale personale, che è l’autorità a sbagliare e che io sono non solo giustificato, ma obbligato a fare così. Peccato che questa conclusione, di fatto, contraddica a tutta una serie di verità rivelate che sono pur convinto di difendere… Come soleva ripetere in romanesco il mio primo parroco, buon’anima: «Qua ognuno se fa la Chiesa pe’ cconto suo». Era un prete formato all’antica, poi costretto al cambiamento e perciò tormentato da un terribile conflitto interiore, ma con queste realistiche intuizioni coglieva nel segno.

Il cristianesimo latino ha indubbiamente una tradizione ricchissima nel campo della mistica; non per nulla ho raccomandato più volte di nutrirsi abbondantemente di questo tesoro per poter resistere nella spaventosa prova che stiamo attraversando. I testi sono a disposizione di tutti e i Santi che ne sono autori non aspettano altro che ricorriamo alla loro intercessione. Il dramma è che trovare qualcuno che concretamente viva e aiuti a vivere i loro insegnamenti, nella Chiesa Cattolica, è oggi un’impresa quasi disperata. L’Oriente cristiano non è certo del tutto esente da errori teorici o pratici, ma il vantaggio è che, al di là di polemiche teologiche più o meno pretestuose, la sua spiritualità attinge direttamente ai Padri e, di conseguenza, ne risente in modo molto relativo. L’essere in stato di scisma è un peccato grave per chi ci si pone deliberatamente, non per chi ci nasce e crede in buona fede a ciò che gli hanno insegnato. Intransigenza per intransigenza, anche molti ortodossi considerano eretici i cattolici… Di questo passo, se ne verrà mai fuori?

La prassi che consente una nuova unione dopo il matrimonio è certamente un abuso, ma non è equiparabile al divorzio, tanto è vero che non si ripete il sacramento, il quale si può celebrare una sola volta. Sulla fondazione teologica di tale deroga, poi, non c’è affatto unanimità – segno, questo, che con il vago concetto di oikonomía non riescono a giustificare in modo soddisfacente questa forma di indebita tolleranza. Ma siamo poi sicuri che da noi, anche a prescindere dalla “riforma” introdotta dal Pontefice regnante, le dichiarazioni di nullità matrimoniale rispondano tutte a verità e siano sempre ottenute con procedimenti perfettamente limpidi e corretti, specie quelle a favore dei potenti? Oppure, anche nel glorioso passato, con quali argomenti dottrinali si legittimava il fatto che cristianissimi re e imperatori, assistiti da confessori e cappellani personali, si concedessero il conforto di dozzine di concubine, fra le quali le “favorite” godevano a corte di una posizione pubblica riconosciuta? A ben vedere, anche oggi un capo di governo divorziato e convivente può accedere alla santa Comunione, se ad amministrargliela è un arcivescovo incaricato della “nuova evangelizzazione”, già professore di teologia e di conseguenza aduso a “contestualizzare” i fatti…

Visto che nessuno è senza peccato, rendiamo allora tutto tranquillamente indifferente? No di certo. È solo per mostrare che, nonostante i compromessi storici e gli accomodamenti politici, la santità è comunque possibile, sia da noi che presso gli ortodossi. Il Rinascimento ha visto fiorire santi di prima grandezza, nonostante la gerarchia cattolica versasse in buona parte in una corruzione morale che avrebbe fatto impallidire gli autori, tanto letti e amati, dell’antichità greco-romana. Chi sostiene che lo stato di scisma impedisce allo Spirito Santo di agire ha evidentemente assimilato una teologia che pone dei limiti invalicabili anche a Lui, ma che il Magistero cattolico non ha mai fatto propria. Nell’Ortodossia, per la mancanza di un’unica autorità dottrinale, ci sono certamente deviazioni teoriche e pratiche, nonché, nell’ambito della spiritualità, pericolosi sconfinamenti nell’esoterismo; ma l’autentica santità si riconosce da segni inconfondibili. Non si può servire per errore il diavolo, se per Cristo si è versato il sangue, fisicamente o moralmente.

I nostri padri non facevano dispute teologiche, ma credevano con semplicità quello che sapevano e si sforzavano di farsi santi nella quotidianità, aiutati da uomini di Dio che, oltre a insegnare loro la dottrina, li attiravano con l’esempio di una vita buona, pregavano e facevano penitenza per loro, si consumavano in confessionale e li dirigevano con umiltà e sapienza. La scomparsa pressoché totale di tali guide è causa di una sofferenza indicibile per l’anima, mentre in quella parte della Chiesa che è passata nella macina di una persecuzione inimmaginabile esse sono tornate ad abbondare. Sarà un caso? Lungi da me lincitare chicchessia a farsi ortodosso… ma diamo almeno un’occhiata al di fuori della nostra torre d’avorio e porgiamo orecchio alle voci di testimoni non antichi, ma attuali, che ci raccontano meraviglie accadute nel nostro tempo e germogliate dal martirio. Riconosceremo allora il timbro inconfondibile di un’unica voce che continua a riecheggiare e, se Dio ce ne fa la grazia, riusciremo a farla risuonare ancora anche da noi.

sabato 15 aprile 2017


Il nuovo Verbo



Gli antichi ordini religiosi si basavano su forme concrete di vita che incarnavano il Vangelo sotto un determinato aspetto; le congregazioni più recenti, nell’Età moderna, si caratterizzavano invece per una sequela Christi orientata ad uno specifico servizio caritativo. I fondatori, in ogni caso, non facevano altro che rispondere ad una chiamata speciale da parte di Dio, scoperta mediante un’esperienza di conversione o di vita interiore particolarmente intensa. Tutto nasceva dai fatti – di origine soprannaturale, sì, ma fatti. Gli attuali movimenti ecclesiali, invece, sono stati per lo più generati da un’idea o da un progetto: non c’è anzitutto l’esperienza di qualcuno che, lasciandosi afferrare dall’iniziativa divina, ha cercato di vivere il Vangelo in modo radicale, ma un’intuizione personale con cui lo si interpreta in una certa chiave e si elabora poi un sistema di pensiero o, più semplicemente, una visione della Chiesa e del mondo.

In questo contesto non è più il Vangelo ad avere il primato, ma il nuovo Verbo del fondatore, come una lente attraverso la quale si legge il primo e un criterio che imposta la vita. Nella coscienza di un adepto, inoltre, non è più l’autorità ecclesiastica ad avere il compito di valutare le nuove proposte, ma le idee del guru-fondatore a giudicare quella, mentre il movimento assurge a modello unico per la Chiesa intera, che per essere autentica e sana dovrebbe conformarvisi: «Se tutti la pensassero come noi e facessero la nostra stessa esperienza, la Chiesa sarebbe finalmente ciò che deve essere». Dato che, molto spesso, nella stessa diocesi e nella stessa parrocchia sono presenti più movimenti, si pone il problema di “fare unità”: ecco allora che si organizzano incontri a scopo di conoscenza reciproca ed eventi che diano l’opportunità di mettere in contatto “carismi” diversi – oppure, molto più pragmaticamente, si appaltano le diverse attività e celebrazioni ripartendole equamente fra tutti, a seconda delle “specialità”.

È così possibile, fra l’altro, assistere in certe occasioni a Messe “ecumeniche” in cui i rappresentanti di ogni organizzazione propongono qualcosa di caratteristico: un canto, un gesto, un’animazione… Il novus ordo, in fin dei conti, è un contenitore in cui si può infilare di tutto, vista pure la sua scarna secchezza e il categorico appiattimento rituale; ci sono anzi buone ragioni per credere che proprio i fantasiosi contributi dei movimenti abbiano permesso di durare così a lungo a un prodotto artificiale talmente legato all’epoca del suo confezionamento da essere invecchiato nel giro di pochissimi decenni. Anche molti membri di ordini e congregazioni religiose che, grazie al “rinnovamento conciliare”, sono sprofondati in una crisi spaventosa hanno “salvato” la propria vocazione grazie ai nuovi cammini suscitati dallo “Spirito”, reinterpretando il carisma del fondatore e la missione del loro istituto alla luce delle nuove esperienze… che corrispondono ovviamente a quelle delle origini, poi messe al bando dal legalismo farisaico.

Questa disposizione a rileggere e giudicare tutto a partire dalle idee di qualcuno risale, in definitiva, a quell’evento a causa del quale – per dirla con le sofferte parole di un eremita – la Chiesa Cattolica è entrata in un buco nero dal quale non riesce più ad uscire. Questo non era certo nelle intenzioni di chi convocò la grande assise, ma di fatto coloro che ne presero il controllo vollero ridefinire e rifare tutto, nella Chiesa, in base ai princìpi della nouvelle théologie. Forse ci sarebbe voluto un pizzico di prudenza in più unita a salutare fermezza, piuttosto che l’incauto ottimismo che faceva presagire una “primavera” religiosa. In ogni caso, è successo – e da allora il cattolico medio ha una nuova forma mentis, mediamente non cattolica… Il laico impegnato nei movimenti, invece, vede di solito la realtà attraverso la feritoia dei “valori” che gli hanno inculcato: tutto ciò che cade fuori della sua ristretta visuale semplicemente non esiste o, se per accidente lo vede, è semplicemente irrilevante. Cristo è l’idea che se ne è fatta il fondatore o eventualmente, per i più istruiti, questo o quel teologo à la page. Vogliamo curare la Chiesa con lo stesso virus che l’ha fatta ammalare? L’omeopatia spirituale, che io sappia, non l’hanno ancora inventata.

Se parlo con tanta sicurezza è semplicemente perché, da quando ho lasciato la mia famiglia per mettermi al servizio del buon Dio, più di trent’anni fa, ne ho viste e sentite letteralmente di tutti i colori nella Chiesa Cattolica: dall’estrema sinistra rivoluzionaria all’estrema destra tradizionalista, passando per le varie sfumature intermedie, ho mio malgrado conosciuto praticamente di tutto, non sempre per esperienza diretta – cosa che non è comunque possibile – ma almeno per contatti o informazioni sufficienti a farmi un’idea adeguata delle diverse posizioni. In tutto questo ventaglio di esperienze estremamente variegate, non ho ancora trovato un posto in cui poter dire: «Qui va bene, non ci sono problemi (troppo) gravi». Non farò per questo l’errore di idealizzare il monachesimo russo, ma non posso negare che esso eserciti su di me, da parecchi anni, un fascino magnetico che solo il fatto della millenaria divisione vale a frenare.

Confesso di avere ormai la nausea per la squallida farsa che da mezzo secolo si recita in casa nostra e di non avere più la minima stima per i commedianti che si ostinano a trascinarla stancamente, quasi tutti lamentandosi monotonamente per l’attuale stato di cose, ma senza voler ammettere di aver sbagliato strada e di dover radicalmente cambiare. La maggior parte, anzi, continua a lasciarsi stolidamente incantare dalle sirene spirituali del momento: che sia il cappuccino carismatico, lo pseudomonaco mediatico o il defunto cardinale eretico, si tratta solo di ignobili mistificatori che hanno condotto il popolo cristiano e le sue guide dritto nelle sabbie mobili di una falsa spiritualità, tendenzialmente gnostica, in cui il Sacrificio redentore non ha più alcuna rilevanza (anzi non viene più nemmeno nominato) e la vita morale non deve assolutamente entrare (anzi è bandita come fariseismo tout court). Il successo strepitoso del falso profeta è stato preparato da questi e altri personaggi, assurti a maestri indiscutibili di un nuovo e gelatinoso Verbo.

Se la Provvidenza ha permesso lo scisma del 1054, lo ha fatto forse in previsione dei tempi odierni, perché una parte della Chiesa si mantenesse indenne dall’apostasia modernista. Se anche il Patriarca di Costantinopoli, purtroppo, sembra essersi accodato al corteo dell’imperante ecologismo chiesastico, in fondo ateo e naturalista, la parte più numerosa dell’Ortodossia, uscita da una spaventosa persecuzione dai tratti apocalittici, mantiene salda la fede dei Padri, almeno nella sostanza. La rinascita del monachesimo, in seno al Patriarcato di Mosca, ha semplicemente del prodigioso. Nonostante i ripetuti e feroci tentativi di estinguerlo, ha mantenuto vive le tradizioni degli antichi asceti, dei venerati padri spirituali, dei folli in Cristo, dei taumaturghi che leggono nei cuori e toccano la coscienza anche dei più convinti nemici di Dio…

Per far conoscere questo mondo diverso, fantasticamente reale, in cui il Cielo è di casa e le sue meraviglie all’ordine del giorno, non posso fare a meno di consigliare la salutare lettura di un libro straordinario che lo descrive in presa diretta, in modo franco e realistico, senza dissimularne le asperità e le durezze, ma facendo comunque risplendere la luce soprannaturale che da esso emana. È un’umanità a tutto tondo, autentica, di carne e sangue, che emerge dalle storie vissute che vi sono raccontate, ma al tempo stesso un’umanità trasfigurata dalla preghiera e dalla grazia. Niente a che vedere con gli spettri nutriti di concetti astratti che girano da noi, che hanno perso ogni contatto con sé stessi e con la realtà oggettiva, smarriti come sono nel loro mondo virtuale di idee bislacche. Come dono pasquale, eccovi una bella recensione del libro, che vi farà certamente decidere di acquistarlo su due piedi e di divorarlo avidamente – ma non senza meditare seriamente le vivide lezioni che ci danno questi testimoni dell’unico Verbo, sempre uguale e sempre nuovo. Christòs voskrése! Vo ìstinu voskrése! Cristo è risorto! È veramente risorto!

sabato 8 aprile 2017


Perché guardare a Oriente



Per chi avesse dei dubbi in proposito, il nostro guardare alla Russia non nasce da un’idealizzazione romantica né da un personale gusto slavofilo. È pur vero che ci sentiamo doppiamente orfani (di Chiesa e di Nazione), ma non per questo ci sentiamo autorizzati a sceglierci a piacimento un’ideale o spirituale patria alternativa, anche perché – psicologicamente parlando – non sarebbe altro che una fuga illusoria. No. Ciò che guida il nostro orientamento è una duplice costatazione. Sul piano religioso, è il fatto che la Madonna abbia espressamente e ripetutamente chiesto la consacrazione di quel grande Paese al Suo Cuore Immacolato. Sul piano geopolitico, è il fatto che la Russia, insieme con la Cina, costituisca a livello politico, economico e militare un valido polo alternativo a quello euro-americano, responsabile di averci sprofondato in uno sfacelo che non risparmia più nulla e diventa sempre più pervasivo, non trovando più ostacoli neanche da parte della Chiesa Cattolica, i cui vertici, in buona parte, assecondano anzi la demoniaca opera di sovversione, quando non vi cooperino attivamente.

La macchina propagandistica occidentale, ovviamente, si è da anni scatenata senza ritegno in una campagna diffamatoria priva di scrupoli nei confronti del capo del Cremlino. È interessante sapere che un ufficiale del Pentagono sia stato intercettato mentre sbraitava con i suoi sottoposti in Siria per ottenere che i bombardieri americani fossero ben camuffati così da essere scambiati per aerei russi. È curioso che, dopo un presunto bombardamento con i gas, zelanti giornalisti armati di telecamere si siano trovati tempestivamente sul posto e abbiano ripreso le vittime senza riportarne danni, mentre degli operatori sanitari le maneggiavano allegramente senza guanti e, magari, senza neppure la mascherina. È incredibile che, dopo la presa di Aleppo, siano stati trovati militari occidentali nelle zone controllate dai “ribelli”. È quanto meno sospetto che la propaganda si faccia quanto mai aggressiva, proprio ora che Assad, grazie al sostegno russo, sta riprendendo il controllo del Paese e vincendo una guerra progettata, armata e guidata da israeliani, americani e sauditi.

Siamo peraltro ben consapevoli che riguardo alla Cina, d’altra parte, non ci sia proprio da star tranquilli. La tipica perfidia dei suoi dirigenti comunisti si coniuga a una saggezza millenaria che ha permesso ai cinesi di sfuggire ai tentativi di colonizzazione; lo stesso marxismo ha assunto una tinta propria, mentre l’attuale sviluppo in senso capitalistico (che ha del prodigioso), lungi dal minacciare l’egemonia della classe al potere, l’ha resa invincibile e potrebbe mettere in scacco il sistema economico basato sul dollaro (che, com’è ormai risaputo, è carta straccia). L’impero cinese rimane un enigma. Ciò che è certo è che detiene un terzo del debito pubblico degli Stati Uniti (che è una voragine senza fondo); in cambio di carta straccia sta comprando, uno dopo l’altro, i gioielli dell’industria europea; è ormai padrone, di fatto, di buona parte dell’Africa; ha forti legami con l’America Latina; ha invaso il mondo con i suoi emigranti e i suoi prodotti. La Russia è legata ad esso da accordi militari, economici ed energetici; oltre alle imponenti infrastrutture che stanno rendendo l’Asia continentale un immenso spazio comune, è stata creata una banca di sviluppo che l’affranca dai ricatti della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale, mentre le transazioni finanziarie in yuan sono garantite da un sistema alternativo al SWIFT.

Sulla Cina – e soprattutto sui suoi attuali rapporti con il Vaticano – bisognerà tornare. Qui ci preme capire semplicemente da che parte tiri il vento nei destini del mondo (e nei piani divini che li governano). Visto come stanno le cose, le continue provocazioni occidentali alla Russia non possono che apparire totalmente irrazionali. Vladimir Putin, parlando ai giornalisti, ha chiaramente messo in guardia gli idioti che ci dirigono dal compiere atti irreparabili, ma sembra proprio che da noi ci sia chi voglia a tutti i costi la guerra; tanto loro (idioti, ma non del tutto) hanno rifugi sotterranei dotati di ogni comfort dove si può egregiamente sopravvivere per anni. Del resto una nuova guerra globale (come già le prime due) servirebbe alle menti che manovrano gli idioti per instaurare il nuovo ordine mondiale. Se è vero che la globalizzazione ha favorito soprattutto la Cina, mentre artificiali crisi finanziarie hanno indebolito l’economia occidentale, questo procedere apparentemente contraddittorio fa pensare a un potere occulto che, stando al di sopra degli uni e degli altri, si stia servendo di tutti all’unico scopo di raggiungere i suoi scopi, per poi sbarazzarsi di tutti quando non servano più.

Per questo risulta sempre più necessaria la consacrazione della Russia: per poter contrastare efficacemente quanti si sono messi a servizio delle potenze infernali per chiudere la partita, in definitiva, con il Nazareno liquidando il mondo che da Lui è nato, deve scendere in campo una potenza soprannaturale, ma è pur necessario che ci sia chi si metta a sua disposizione come attivo strumento. Se a questo fine si pensa che sia necessaria una previa conversione del popolo russo alla fede cattolica, credo che, almeno per ora, ci si possa mettere una pietra sopra. Per toglierci ogni fantasia idealizzante e ogni pretesa di stampo integralistico, ci basta ascoltare le omelie del patriarca Kirill. In una di esse, egli sottolinea con forza il fatto di essere stato intronizzato proprio nel giorno in cui si celebra san Marco di Efeso, cioè l’unico metropolita ortodosso che si rifiutò di firmare i decreti di unione al Concilio di Firenze. La coincidenza è interpretata da Kirill come un esplicito richiamo ad adempiere la sua missione di difensore dell’Ortodossia; egli ricorda che l’unione con la Chiesa latina, immersa in un contesto estremamente degradato e corrotto, non può essere dettata da motivi politici. Ora, se è vero – come è vero – che gli orientali, specie in occasioni particolarmente solenni, non rievocano il passato se non per mandare precisi messaggi, non ci è difficile intuire che cosa valgano realmente, per i Pastori della santa Russia, le farse degli incontri ecumenici e delle dichiarazioni congiunte, tanto enfatizzate a casa nostra.

Il ritorno della Russia all’unità cattolica dell’unica Chiesa di Cristo rimane comunque un obiettivo, ma non saranno certo quattro modernisti finocchi a raggiungerlo con le loro ridicole manfrine. La Chiesa russa è governata da uomini, i quali avvieranno un dialogo serio con i cattolici solo quando avranno di fronte altri uomini come interlocutori – uomini di Dio, intendo. Per questo dobbiamo chiedere alla Madonna di suscitarli e di condurli ad avere dei ruoli di responsabilità nella Chiesa Cattolica; dall’altra parte c’è già chi (sicuramente dietro suggerimento del suo Patriarca) ha messo se stesso e il proprio Paese sotto la protezione della Madre di Dio, per cui dobbiamo semplicemente pregare che si lascino effettivamente guidare da Lei. Quando Suo Figlio vorrà – e nel modo in cui vorrà – ritroveremo anche la piena comunione; per ora supplichiamoli di servirsi degli strumenti da Loro scelti per affrancarci dal potere nefasto della banda di depravati che sta rovinando anche i nostri bambini per farne dei sudditi incoscienti delle loro voglie perverse.

Non è il momento delle grandi manifestazioni pubbliche, che vengono comunque ignorate, ma espongono i sacerdoti promotori a provvedimenti disciplinari che possono facilmente trasformarsi in esclusione irreversibile. Il Signore non ci chiede di correre al massacro per farci mettere fuori gioco in modo irrimediabile; è Lui che salverà la Chiesa, non noi. Questo è il momento della preghiera, della penitenza e della riparazione. Bisogna sì alzare la voce perché in alto capiscano che non tutti sono con loro e che non potranno mai imbavagliare chiunque dissenta; ma non è questo che affretta l’intervento di Cristo, bensì i sacrifici nascosti di quanti si immolano silenziosamente per pura fede, speranza e carità, rimanendo aggrappati alla verità rivelata e ai mezzi della grazia per non essere risucchiati nel vortice e aiutare altri a venirne fuori.

sabato 1 aprile 2017


Fatima e la Russia




Un giorno, l’Immacolata regnerà sul Cremlino e dal Cremlino sul mondo intero (san Massimiliano Maria Kolbe).

In viaggio tra il Giappone e la Polonia, negli anni ’30, padre Kolbe attraversò l’Unione Sovietica sulla Transiberiana. Facendo tappa a Mosca, avrebbe pronunciato queste parole profetiche sulla Piazza Rossa, secondo le testimonianze raccolte dal servita Pierre Caillon (cf. La consécration de la Russie aux très Saints Cœurs de Jésus et de Marie, Paris 1983, 16-17). L’ardente apostolo dell’Immacolata non poteva certo conoscere il “Segreto” di Fatima, le cui prime due parti sarebbero state rivelate da suor Lucia, per ordine del Vescovo di Leiria, soltanto nel 1941. Questa predizione, perciò, può essere di aiuto per comprendere come mai la Madonna abbia chiesto la consacrazione della Russia al Suo Cuore Immacolato: proprio quell’immenso Paese, evidentemente, ha un ruolo speciale nei disegni di Dio per gli ultimi tempi.

Nell’apparizione del 13 luglio 1917 ai tre pastorelli (che ne ignoravano finanche l’esistenza e sul momento credettero che il nome indicasse una donna) la Vergine aveva legato all’adempimento delle Sue richieste la promessa della pace e la conversione della Russia, che altrimenti avrebbe sparso nel mondo i suoi errori. Com’è noto, la rivoluzione bolscevica non era ancora avvenuta, anche se il socialismo serpeggiava da decenni nel Paese, contagiando soprattutto intellettuali e studenti. Non c’è bisogno di ricordare le tragiche conseguenze della mancata risposta agli appelli di Fatima, ma forse non si sono colti fino in fondo i profondi e devastanti effetti a lungo termine del secondo conflitto mondiale e dei regimi comunisti. In società radicalmente destrutturate dalla guerra più sanguinosa e distruttrice della storia, i germi dell’ideologia marxista, malgrado la sua intrinseca perversità e inconsistenza, hanno attecchito con una facilità sorprendente anche senza essere imposti con la violenza, contaminando perfino il clero cattolico ed esplodendo poi nella rivoluzione culturale e sociale del 1968.

Il principio secondo cui le idee prevalgono sulla realtà, che deve essere perciò modificata in base ad esse, ha ormai attaccato anche ciò che di più evidente e naturale ci sia, cioè l’identità dell’uomo e della donna. Ciò che anche a un veterocomunista avrebbe fatto orrore è oggi il cavallo di battaglia dei suoi figli e nipoti, quei sessantottini che hanno occupato i gangli vitali del potere, incistandosi in modo definitivo soprattutto nella magistratura, nelle università e nell’informazione. La propaganda pestifera che da decenni diffondono a tappeto, congiunta ai sistematici abusi di una giurisprudenza “interpretativa”, ha gradualmente condotto le società occidentali ad accettare l’inaccettabile, se non a caldeggiarlo, con tanto di benedizione clericale. Gli stessi obiettivi, evidentemente, sono stati perseguiti con studiata metodicità sia all’interno dello Stato che della Chiesa: la convergenza di intenti è ormai così scoperta che non si può non pensare ad un’unica mente pianificatrice.

In questo quadro si comprende facilmente come mai, nella stessa Chiesa Cattolica, il messaggio di Fatima, quando non si è potuto ignorarlo, sia stato tanto osteggiato, la sua realizzazione sabotata, i suoi diffusori ostracizzati. La prima a subire gli effetti di tale opposizione fu proprio suor Lucia, che nel 1988 fu obbligata dalla Segreteria di Stato vaticana (rappresentata in quel momento, guarda caso, da due massoni filosovietici matricolati, il cardinal Casaroli e il futuro cardinal Silvestrini) a non rilasciare più dichiarazioni, non comparire più in pubblico e non ricevere nessuno, se non i cardinali e chi fosse a ciò autorizzato dalla Santa Sede. Nello stesso tempo le veniva ingiunto di firmare delle lettere in cui affermava che la consacrazione del mondo al Cuore Immacolato aveva soddisfatto alle richieste di Nostra Signora e di non importunare più in futuro il Santo Padre a questo proposito.

È a tutti evidente, in realtà, che le condizioni poste dalla Madonna, specificate nell’apparizione avvenuta a Tuy il 13 giugno 1929, non sono state adempiute: la Russia non è mai stata nominata nei ripetuti atti consacratorii (eccetto che nella Lettera apostolica Sacro vergente anno di Pio XII, del 7 luglio 1952), né mai sono stati coinvolti tutti i vescovi del mondo. Lo stesso Giovanni Paolo II, che dopo l’attentato del 1981 prese molto più sul serio le rivelazioni di Fatima, fu sempre restio a nominare esplicitamente la Russia, nonostante i reiterati e pressanti appelli di suor Lucia, del cardinal Wyszyński e di numerosissime personalità, per non parlare della petizione americana che raccolse milioni di firme. Egli stesso ammise implicitamente questa inadempienza introducendo a braccio, nel testo della preghiera pronunciata il 25 marzo 1984 sul sagrato di San Pietro, davanti alla statua della Capelinha, le seguenti parole: «Illumina specialmente i popoli di cui Tu aspetti la nostra consacrazione e il nostro affidamento».

Sarebbe troppo lungo ripercorrere nei dettagli quelle che sono state chiamate le quattro campagne di occultamento. Basti ricordare che nel 1931 Gesù apparve a suor Lucia per comunicarle un enigmatico quanto inquietante messaggio: «Fa’ sapere ai miei ministri, dato che seguono l’esempio del Re di Francia nel ritardare l’esecuzione della mia richiesta, che lo seguiranno nella sciagura». Queste parole indicano innanzitutto che le richieste della Madonna rispecchiano il volere del Figlio, cosa che le rende ancora più obbliganti. Esse vanno spiegate in riferimento alla volontà manifestata dal Sacro Cuore a santa Margherita Maria Alacoque che la Francia Gli fosse consacrata. A questo scopo ella fece pervenire a Luigi XIV una lettera datata 17 giugno 1689. Il rifiuto del re mostrò tutte le sue conseguenze a un secolo esatto di distanza: il 17 giugno 1789 il Terzo Stato, a Parigi, si costituiva in Assemblea Nazionale, dando così inizio alla madre di tutte le rivoluzioni. Il re Luigi XVI, deposto e imprigionato nel 1792, sarà ghigliottinato l’anno successivo. Per la prima volta nella storia un popolo rigettava il legittimo ordine costituito (che in quel caso aveva comunque bisogno di riforme) per elaborarne uno a suo piacimento, mettendo così l’uomo al posto di Dio. Dopo la diffusione capillare della massoneria su scala europea, resa possibile dalle campagne napoleoniche, e le conseguenti rivoluzioni “liberali”, la rivoluzione bolscevica non sarà altro che l’apice, quanto mai sanguinoso, di questo processo sovversivo.

Oggi, superato il piano politico, economico e sociale, sono arrivati a toccare l’ordine naturale. Che cosa ci aspetta, dunque? Non proviamo certo gusto a recitar la parte dei “catastrofisti”, ma non possiamo fare a meno di registrare la visione descritta da suor Lucia nel suo diario il 3 gennaio 1944: «E sentii lo spirito inondato da un mistero di luce che è Dio e in Lui vidi e udii – la punta della lancia come una fiamma che si allunga fino a toccare l’asse terrestre e questa sussulta: montagne, città, paesi e villaggi con i loro abitanti vengono sepolti. Il mare, i fiumi e le nubi escono dagli argini, traboccano, inondano e trascinano con sé in un vortice un numero incalcolabile di case e persone: è la purificazione del mondo dal peccato in cui si è immerso. L’odio e l’ambizione provocano la guerra distruttrice! Nel palpito accelerato del cuore e nel mio spirito udii risuonare una voce soave che diceva: “Nel tempo, una sola fede, un solo battesimo, una sola Chiesa, santa, cattolica, apostolica. Nell’eternità, il Cielo!”» (Carmelo di Coimbra, Un cammino sotto lo sguardo di Maria. Biografia di suor Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato di Maria, Roma 2014, 290-291).

La visione può ben descrivere la collisione tra un grosso asteroide e il nostro pianeta, con lo spostamento del suo asse e la conseguente esondazione dei mari. Sembra che qualcosa del genere sia già avvenuto nella preistoria: è l’ipotesi che meglio spiega il diluvio universale, come pure la conformazione di certi crateri e, nelle regioni settentrionali, una glaciazione quasi istantanea. Le visioni profetiche sono tuttavia condizionate: sono cioè avvertimenti che devono scuoterci e si realizzano solo se non vengono presi sul serio. Piuttosto che avvenga qualcosa del genere, non sarà meglio un’invasione straniera, se può servire a liberarci dal regime totalitario dei pervertiti che governano l’Unione Europea, nonché da quello dei sodomiti che attualmente spadroneggiano pure nella Chiesa Cattolica? A condizione che sia l’Immacolata a regnare sul Cremlino, il Cremlino può anche esercitare un benefico dominio sul mondo intero. Con questa intenzione, dunque, iniziamo la pratica dei cinque sabati in vista della festa del Cuore Immacolato di Maria, che nel calendario tradizionale cade il 22 agosto. Russia, adempi la missione che, mediante la Madre di Dio, il Cielo ti ha assegnato!