Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 28 novembre 2015


A testa alta per umiltà

 
Quando cominceranno ad accadere queste cose, alzatevi e levate il capo, perché la vostra liberazione è vicina (Lc 21, 28).

Non è un’ossessione di chi parla, ma la convinzione di un autorevole prelato che ha pagato cara la sua parrhesía: stiamo attraversando una prova apocalittica. Più e più volte, nella storia cristiana, cataclismi naturali e pubblici sconvolgimenti sono stati interpretati come segni della fine imminente; ma l’uomo non era ancora in grado di provocare terremoti e maremoti bombardando la ionosfera con onde elettromagnetiche ad altissima intensità che, riflesse verso il suolo, sviluppassero una potenza devastante, né di fabbricare armi nucleari, chimiche e batteriologiche che, messe in mano a fanatici indemoniati, diventassero un incubo per i popoli del mondo. Più e più volte il dilagare della peste aveva decimato interi Paesi, ma non virus militari creati in laboratorio. Più e più volte conflitti sanguinosi avevano falciato le nuove generazioni, ma mai questo era successo, in una non dichiarata guerra planetaria, negli ospedali pubblici e a spese dei cittadini. Più e più volte i cristiani hanno subìto persecuzioni spaventose, ma i massacri indiscriminati e l’odio pubblico contro la loro fede non avevano raggiunto gli inauditi livelli di oggi.

Forse non vediamo ancora i segni celesti preannunciati da Gesù, ma le manipolazioni climatiche stanno stravolgendo le stagioni e i fenomeni atmosferici, provocando tempeste e uragani di forza mai vista. Forse non siamo ancora in angoscia per il fragore del mare e dei flutti, ma un grosso meteorite potrebbe piombare sulla terra sollevando gli oceani e provocando rovesci torrenziali come al tempo del diluvio. Forse l’ordine del cielo non è ancora sconvolto, ma quello della terra è messo a dura prova; gli angeli stanno saldi ai loro posti, ma gli uomini non sanno più chi sono né che cosa fanno, confusi nella loro stessa identità di genere e incapaci di custodire i vincoli più sacri. La verità divina è in sé immutabile, ma chi la dovrebbe trasmettere la adultera, svuotandola, nelle menti di chi lo ascolta. La dignità della creatura libera, cosciente e responsabile è intangibile in se stessa, ma chi infantilizza le masse, di fatto, gliela toglie. Dopo un’alluvione si può spalare il fango e ricostruire gli edifici, ma rimuovere quello che copre i cuori e restaurare le anime dopo l’inondazione di peccati che risulta da tutto questo… sarà molto più arduo.

Pessimismo radicale? Catastrofismo ottuso? No, è solo uno sguardo realistico sulla realtà odierna alla luce di quelle parole che non passeranno mai, a differenza di cielo e terra. Quelle medesime parole ci invitano paradossalmente ad alzare la testa, quando cominceremo a veder accadere queste cose: sarà segno che il Regno di Dio – e la conseguente liberazione di chi lo attende con sincerità operosa – è alle porte. «In verità vi dico: non passerà questa generazione finché tutto ciò sia avvenuto» (Lc 21, 32). La generazione a cui Gesù parlava lo vide avverarsi nella distruzione del Tempio, che segnò la fine di un’epoca. Ogni generazione – ci ammonisce sant’Efrem Siro – deve altresì considerarsi quella indicata dal Signore perché la profezia potrebbe adempiersi nel suo tempo. Ma la nostra generazione, indubbiamente, ha speciali motivi per candidarsi. Suona più che mai opportuna e urgente, di conseguenza, l’esortazione di san Bernardo:

«Fate oggetto di contemplazione la doppia visita del Cristo, riflettendo su quanto ci ha donato nella prima e su quanto ci ha promesso per la seconda. “È giunto infatti il momento”, fratelli, “in cui ha inizio il giudizio a partire dalla casa di Dio” (1 Pt 4, 17). Ma quale sarà la sorte di coloro che, attualmente, rifiutano questo giudizio? Chi infatti si sottrae al giudizio presente, in cui il principe di questo mondo viene cacciato fuori, aspetti, o piuttosto tema il Giudice futuro, dal quale sarà cacciato fuori insieme al suo principe. Se invece noi ci sottomettiamo già ora ad un giusto giudizio, siamo sicuri e “aspettiamo come salvatore il Signore Gesù Cristo, il quale trasfigurerà il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso” (Fil 3, 20-21). “Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro” (Mt 13, 43). Il Salvatore trasfigurerà con la Sua venuta il nostro misero corpo per conformarlo al Suo corpo glorioso solo se già prima troverà rinnovato e conformato nell’umiltà al Suo il nostro cuore. Per questo dice: “Imparate da me, che sono mite e umile di cuore” (Mt 11, 29)».

Il santo Dottore distingue a questo punto tra due specie di umiltà: quella di conoscenza, che ci fa riconoscere il nostro nulla, e quella di volontà, che ci fa rifuggire i vani successi del mondo (i quali non procurano altro che quegli affanni e dissipazioni di cui dobbiamo guardarci dall’appesantirci). La seconda si impara imitando Colui che, pur essendo Dio, esinanì Se stesso assumendo la forma di servo (cf. Fil 2, 6-7) e che, sottrattosi alla folla che voleva farlo re, si presentò spontaneamente a quelli che lo avrebbero crocifisso (cf. Gv 6, 14-15; 18, 3-4). La prima – possiamo soggiungere – non possiamo impararla da Lui, nel quale «abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2, 9); allora, oltre che negativamente, cioè dal limite della nostra debolezza e delle nostre cadute, apprendiamola anche in positivo dal purissimo cuore di Colei che, riconoscendo davanti a Dio la propria povertà di creatura, meritò di diventarne Madre. Solo così quel giorno terribile, piuttosto che abbattersi su di noi come un laccio, ci troverà pronti ad entrare nel Regno eterno di Colui che tra poco, sotto il velo del pane e del vino, si donerà a noi come soprasostanziale cibo del cammino e fin d’ora regna con il Padre e lo Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
 

2 commenti:

  1. L'ordine del cielo non può essere sconvolto, essendo di origine divina, quello terreno non esiste più, regna il caos, ed il male che facciamo, prima di tutto a noi stessi, poi al creato che ci fu dato in custodia, ci si sta ritorcendo contro, il nostro Dio non è cattivo e non punisce, ci lascia liberi di fare, a rovinare tutto siamo già molto bravi da soli, i tempi cupi e terribili che ci attendono, ce li siamo creati noi, abbiamo spento la luce divina, brancoliamo nelle tenebre, sempre più fitte e piene di dolorose scoperte. Spe salvi facti sumus, titolava una bellissima enciclica di tanto tempo fa.......adesso si idolatra l'ecosistema, peccato che non esista ecologia dell'anima. Buona preparazione all'Avvento, padre.

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    1. Che Dio punisca lo attesta la Rivelazione divina, ma ciò non significa che sia cattivo, bensì che è giusto e misericordioso: finché siamo per via, i Suoi castighi servono a correggerci per il nostro bene; quando il cammino sarà terminato, a purificare le anime purganti e a retribuire quelle dannate.

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