Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 24 gennaio 2015


Sudore freddo
 

Ricordate quell’improbabile “preghiera per la pace” pronunciata su un prato triangolare da tre rappresentanti di religioni diverse, fra cui un imam musulmano che, facendolo in ogni sua preghiera, non si è potuto astenere, nemmeno in quella circostanza, dal chiedere ad Allah la distruzione degli infedeli, proprio nel luogo in cui il Principe degli Apostoli e centinaia di martiri, al tempo di Nerone, hanno dato la vita per Cristo mediante supplizi disumani…? Subito dopo, la firma di una “dichiarazione” di impegno comune – sempre per la pace – nell’adiacente Pontificia Accademia delle Scienze, retta per pura coincidenza da un solerte prelato argentino.

Sei mesi più tardi, nella medesima Pontificia Accademia, nuova riunione di capi religiosi riunitisi per firmare un’altra dichiarazione (questa volta contro le moderne forme di schiavitù), ma non più soltanto in tre, bensì in dodici, non più in rappresentanza delle sole religioni monoteistiche, ma dei principali culti diffusi sull’orbe terracqueo. La delegazione più numerosa – curiosamente – quella di un’ideologia guerresca che da quattordici secoli minaccia seriamente il cristianesimo; non potevano poi mancare i rappresentanti di una filosofia immanentistica che promette la felicità come dissolvimento nel nulla e di un’atavica credenza politeistica, oggi più che mai virulenta, che con le sue pratiche e litanie incomprensibili procura immancabili infestazioni maligne ai suoi adepti, specie se occidentali…

Sorvoliamo sul fatto che proprio alcune di quelle religioni hanno direttamente originato – e continuano attivamente a difendere, sia con cieca violenza che con insegnamenti alienanti – sistemi sociali (come quello delle caste indiane) responsabili di raccapriccianti violazioni dei diritti umani mediante forme vergognose, inconcepibili nel secolo XXI, di sfruttamento e asservimento degli esseri creati a somiglianza di Dio. In questa sede non ci soffermiamo neppure, anche se richiederebbe un puntuale e doveroso chiarimento, sulla questione della necessaria unicità della vera religione, quella rivelata e stabilita dal Figlio di Dio fatto uomo, né su quella dell’impossibile collaborazione con chi professa le religioni false; a questo proposito basterebbe rileggere l’Enciclica Mortalium animos del grande e coraggioso papa Pio XI.

In una Chiesa contagiata dal virus delle “dichiarazioni” (a cominciare da quelle, dottrinalmente problematiche, frettolosamente varate da un’assemblea di vescovi che, dopo tre anni abbondanti di accese discussioni su centinaia di pagine da approvare, non vedevano l’ora di tornarsene a casa), sembra ormai impensabile ribadire l’antica e sempre valida dottrina, che non potrà mai mutare per il semplice motivo che ha il Verbo incarnato per autore. È sempre quell’antica dottrina, tuttavia, ad ammonirci che impugnare la verità conosciuta è uno dei sei peccati contro lo Spirito Santo, quelli che nostro Signore ha dichiarato irremissibili (cf. Mt 12, 31-32). Egli stesso, prima di ascendere al cielo, ha ingiunto ai suoi Apostoli di andare in tutto il mondo, predicare il Vangelo all’intera creazione e fare discepole tutte le nazioni, insegnando loro ad osservare quanto da Lui comandato e battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Mt 28, 19-20).

Posta questa premessa, non si vede come un cattolico possa pregare insieme con chi nega l’unico Salvatore del mondo e la sua identità divina, né cooperare per il bene dell’uomo con chi non ne riconosce il Creatore e lo asservisce al diavolo, prima ancora che ad altri uomini… a meno che non si rinneghi implicitamente il Salvatore stesso, la redenzione eterna da Lui operata e il mandato missionario da Lui impartito. In realtà, nell’inedito “parlamento delle religioni” inaugurato il 2 dicembre scorso in Vaticano, qualsiasi riferimento a tutto questo è stato accuratamente evitato: al centro c’è stato soltanto l’uomo (qualificato come immagine di Dio, ma di quale?), mentre nessuno si è sovvenuto che ogni crimine contro esseri umani è anzitutto un’offesa e un’usurpazione nei confronti di Chi li ha creati. Un cristiano autentico, invece, sapendo che al di fuori di Cristo e della Chiesa non v’è salvezza, non perde tempo in eventi infruttuosi e fuorvianti, ma si adopera con tutte le forze, in obbedienza al suo Signore, per annunciare il Vangelo a chi lo ignora, lasciandolo comunque libero di rifiutarlo – e, in tal modo, di dannarsi da sé. In quel giorno, Sodoma e Gomorra avranno una sorte meno dura di chi avrà fatto questa scelta (cf. Mt 10, 14-15)… sempre che la parola di Gesù valga ancora qualcosa, almeno per chi lo rappresenta sulla terra.

Su un altro versante, al contrario, certi gesti e dichiarazioni, pur non avendo alcun effetto concreto per il nobile scopo dichiarato, sono una vera manna per il pensiero dominante – di chiaro stampo massonico – secondo il quale tutti i credenti (in chi o che cosa, non importa, basta credere in qualcosa) dovrebbero unirsi in un’unica, grande religione mondiale in cui convivessero e si annullassero ad un tempo tutte le differenze; l’importante è operare insieme per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. A parte il fatto che tali valori, così come sono comunemente intesi, non hanno più il benché minimo connotato religioso, avendo una portata puramente terrena e rigorosamente aliena da qualsiasi riferimento alla trascendenza, è impossibile definirne contenuti precisi e validi per tutti senza un fondamento metafisico, tale cioè da collocarli al di là della mutevole contingenza e del turbinio passeggero delle idee.

Un tempo si parlava non di “sogni” o di utopie, bensì di realtà effettive e praticabili, le virtù, comportamenti abituali la cui bontà intrinseca si fonda sulla verità del Bene eterno. I cosiddetti “valori” della cultura attuale, invece, sono scatole vuote in cui ognuno mette ciò che gli pare; più il contenuto è vago e confuso, meglio è, perché così non si può biasimare nessuno per la sua condotta né tanto meno esigere qualcosa da chicchessia. Ma proprio questo serviva ai poteri occulti per realizzare la propria agenda e indottrinare a piacere la gente, ormai in gran parte incapace di usare correttamente la ragione e di riconoscere le assurdità per rigettarle.

Questo cristianesimo utopico così di moda e politicamente corretto corrisponde perfettamente, in ultima analisi, ai criteri della nuova “religione mondiale” antropocentrica, testé evocata, persino nei dettagli simbolici. Anche la massoneria ha la sua “trinità” diabolica, rappresentata con un triangolo; la “salvezza” meramente mondana da essa proposta risiede nella scienza infallibile e nell’inarrestabile progresso che ne deriverebbe; i suoi “apostoli” possono appartenere a qualsiasi culto, visto che questo è del tutto ininfluente. Il suo “profeta”, in piena coerenza con i princìpi della setta, parla con loro di libertad, igualdad y fraternidad... Al solo udire queste parole, mi viene da sudare freddo.
 

sabato 17 gennaio 2015


Chi sta al timone?


Prega rivolto alla Mecca, benedice i centri sociali, abbraccia un prete comunista e un sindaco irresponsabile, si fa benedire da protestanti fondamentalisti, dichiara resa incondizionata ad un ateo incallito, sospende ogni giudizio sulle peggiori perversioni sessuali, tace nei momenti cruciali sulle questioni non negoziabili… La lista potrebbe continuare, ma ciò sarebbe preso per accanimento. Basta e avanza, d’altra parte, per porsi qualche domanda mettendosi nei panni di quei cattolici che non solo si vedono bersaglio di continue reprimende, ma rimangono quanto meno attoniti di fronte a certi gesti e dichiarazioni.

Come dovranno sentirsi, per esempio, quei cristiani mediorientali che hanno avuto figli decapitati dagli islamisti?… o quei sacerdoti e laici che da una vita si spendono per strappare i giovani alla droga?… o quelle associazioni benefiche costrette a battersi senza posa per non essere schiacciate dal monopolio mafioso dei cosiddetti “preti di strada”, assidui frequentatori di studi televisivi e di salotti che contano?… o quei vescovi e parroci che, in ogni parte del mondo, assistono impotenti alla fuga in massa dei loro fedeli, ipnotizzati dal luccichio delle ricchissime free churches nord-americane?… o quei cattolici che, senza aver commesso alcun reato, sono discriminati sul posto di lavoro o diffamati in modo irreparabile da certi quotidiani?… o quei milioni di manifestanti francesi, di fatto ripudiati con un silenzio complice di un regime totalitario camuffato da democrazia?… o quei genitori che non sanno come impedire che i loro bambini vengano indottrinati dalla scuola e in tal modo esposti all’adescamento da parte di gente rotta ai vizi più ignobili?…

Visto che la società moderna è ormai irrimediabilmente alla deriva, l’ultima speranza di molti (anche non cristiani) si appuntava sulla Chiesa Cattolica. Sappiamo per fede – e non ne dubiteremo mai – che la barca di Pietro non può affondare: i cieli e la terra passeranno, ma non le parole di Cristo. Quando però si ha una sensazione sempre più netta di trovarsi a bordo del Titanic avvolto dalla nebbia e in rotta di collisione con una montagna di ghiaccio, è naturale mettersi a urlare verso il Cielo perché mandi qualcun altro a prendere il timone e a correggere la rotta… Siamo assolutamente certi che l’inviato arriverà in tempo (dovesse trattarsi del Signore stesso), ma intanto non possiamo non tremare. In simili frangenti, si può essere fortemente tentati di calare in mare una scialuppa per mettersi in salvo da soli, ma, oltre a tradire una forma di estremo egoismo, questo non è certo lecito: la nave che ci conduce al porto della salvezza eterna è una sola; quale sicurezza può dare, oltretutto, una barchetta in mezzo alla tempesta?

Un’altra domanda si affaccia imperiosa alla mente di quanti ancora riflettono: il timoniere è veramente tale? è stato collocato validamente al suo posto? dispone quindi della grazia necessaria per adempiere il suo compito? Non sono interrogativi oziosi, soprattutto quando i fattori di dubbio si moltiplicano: irregolarità procedurali nell’elezione; accordi previi fra elettori e relative pressioni sugli altri, cose tutte proibite sotto pena di scomunica; ambiguità, incertezze e sbavature dottrinali che sfiorano l’eterodossia, se non la denunciano palesemente; sospetti circa l’affiliazione o la contiguità con società segrete, che rende automaticamente inabili all’assunzione di qualsiasi ufficio ecclesiastico; per non parlare del rifiuto, fin dai primissimi istanti, di indossare le insegne della propria stessa carica, qualificate una carnevalata

Siamo ben consapevoli che su nessuno di questi problemi – almeno per ora – si può trarre una conclusione definitiva; ma l’accumulo di elementi potenzialmente invalidanti può giustificare almeno una certezza morale, tale da liberare la coscienza di un cattolico fedele dal lacerante dilemma che l’attanaglia. Che dire poi del conflitto interiore che dilania quella di un pastore d’anime, obbligato a pregare ogni giorno, nel cuore della santa Messa, per il supposto supremo Pastore, manifestando così pubblicamente una comunione ecclesiale che di fatto non sente, dato che altrimenti gli sembrerebbe di tradire il suo crocifisso Signore?

Per complicare ancor più la situazione, la permanenza dell’anziano Nocchiero dimissionario, non più alla barra, ma pur sempre nello stesso luogo, con lo stesso nome, lo stesso abito, lo stesso titolo, lo stesso stemma… la stessa lucida e penetrante ragione. A ben guardare, è una complicazione o un elemento della soluzione? Difficile a dirsi in questa congiuntura assolutamente inedita, mai verificatasi in duemila anni di storia cristiana… Dio ci ha scelti, del resto, per farci vivere proprio in quest’epoca così travagliata – non semplicemente per il male che la devasta in forme prima sconosciute e a livelli fino a poco fa inimmaginabili, ma per la frequente negazione del male stesso, presentato come progresso e liberazione. Come insegnava un Padre del deserto ai suoi discepoli, «quelli che vivranno alla fine dei tempi, anche se non saranno in grado di praticare la nostra ascesi, saranno più forti di noi, perché dovranno combattere con l’Anticristo».

Attendiamo con coraggio e determinazione ciò che ci riserva il nuovo anno: i ministri della menzogna, in vista dell’autunno, mostreranno più chiaramente il loro vero volto, così da poter essere più facilmente smascherati; la Provvidenza, al tempo stesso, ci darà segni della sua costante azione per indicarci la direzione da seguire. Avvicinandoci al 2017, prepariamoci a parare i colpi di chi celebrerà un triplice trionfo: il quinto centenario della rivolta luterana, il terzo della fondazione della massoneria e il primo della rivoluzione bolscevica; ma non dimentichiamo che saranno pure cento anni dalla mariofania di Fatima: vi pare casuale? Come recita il proverbio, il diavolo fa le pentole, ma non fa i coperchi. Sotto lo stendardo del Cuore Immacolato di Maria, non possiamo dubitare di vincere: sarà Lei a guidarci e a porre alla nostra testa – quando ne saremo degni – il timoniere da Lei scelto (magari americano), che finalmente Le consacrerà la Russia secondo la Sua richiesta, oggi più che mai attuale e urgente. Nel frattempo, una sola è la parola d’ordine: resistere.
 

domenica 11 gennaio 2015


La verità ferisce chi la respinge

 
Potrà quasi sembrare un calco di quel famoso aforisma – tanto più cinico quanto più vero – che riassume icasticamente la carriera di un inossidabile protagonista della storia repubblicana, rimasto in sella per mezzo secolo anche a costo di avallare, con il divorzio e l’aborto, la distruzione della famiglia e l’olocausto di quasi sei milioni di italiani: «Il potere logora chi non ce l’ha». Era uno che – per vie diritte o traverse – lo teneva così saldamente in pugno da non doversi preoccupare troppo del modo in cui diceva certe cose né delle reazioni che le sue parole avrebbero suscitato. La medesima libertà di espressione può permettersi, all’opposto, qualcuno che di potere non dispone affatto e si è reso conto che in molti casi, quando i modi di dire la verità sono troppo forbiti o caritatevoli, l’effetto sortito è praticamente nullo.

Non è certo giusto accanirsi contro la memoria di un uomo che è già passato, qualche anno fa, davanti all’infallibile giudizio divino. Egli rappresentava in modo emblematico, d’altronde, tutta una classe dirigente che aveva consacrato la ragion di Stato a supremo e inappellabile criterio di azione, formata com’era da quella certa scuola gesuitica che, con l’espediente della riserva mentale, insegnava a giustificare anche i comportamenti iniqui. Ma, astrazion fatta di tutto il resto, ciò che si può rimpiangere, del trapassato, è quell’arguzia e finezza mentale oggi assolutamente introvabile nella squallida risma di bambocci e marionette, manovrati dalla massoneria finanziaria ebraica, che popolano l’attuale palcoscenico politico.

La massima con cui si intitola questo articolo, nonostante la somiglianza formale, si pone evidentemente su tutt’altro versante: l’assoluta fedeltà alla verità è indispensabile per essere e operare nel bene, posto che i tre trascendentali dell’Essere (vero, buono, bello) sono inseparabili e reciprocamente comunicanti. Traffichini e faccendieri spregiudicati – compresi quelli che spadroneggiano nella Curia romana – sorrideranno con aria di sufficienza e di compatimento a tanta ingenuità, giudicandola troppo astratta e lontana dalla realtà concreta… ma, se è vero che proprio questa “ingenuità” cristallina ci ha donato un gigante della taglia di Benedetto XVI, la preferiamo di gran lunga al cinico e spietato realismo di quei signori.

La realtà può essere osservata dall’alto del cielo, con lo sguardo dell’aquila, o da raso terra, con quello miope dei topi. Il primo è ad un tempo amplissimo ed estremamente preciso, capace com’è di distinguere anche piccoli oggetti a grande distanza; il secondo è sufficiente per muoversi nei bassifondi. Chi da vescovo ha frequentato le villas miserias senza alcuna preoccupazione evidente di aiutarne gli abitanti ad elevarsi dal punto di vista morale e spirituale si è abituato, a quanto pare, a questa visione dal basso, facendone la chiave ermeneutica di tutta una “teologia” e di tutta una “pastorale”. Niente di nuovo, del resto, per quell’orientamento ecclesiastico “creolo” con cui chi scrive, suo malgrado, si è trovato a stretto contatto nella sua giovinezza e che, di conseguenza, ha potuto immediatamente riconoscere, dopo quel fatidico 13 marzo.

Non c’è dubbio che ogni pontefice, nella storia della Chiesa, abbia svolto in fin dei conti una funzione provvidenziale, nonostante i suoi limiti umani o persino i suoi errori di governo. Il ruolo del Papa attuale – sempre che lo sia effettivamente – sembra quello di aver permesso ad eretici, apostati e traditori di Cristo (comprese le mummie dei “teologi” della liberazione, già sepolte dai suoi predecessori) di venire finalmente allo scoperto, dopo decenni che, mimetizzati, tramavano per demolire la Chiesa dall’interno, così che potessimo individuarli in modo inequivocabile e dissociarcene anche pubblicamente, dopo averlo già fatto nel foro della coscienza. Che alcuni di loro siano arrivati ad essere vescovi o cardinali non cambia assolutamente nulla: se quanto affermano è contrario alla fede e alla ragione, sono da condannare senza appello, a meno che non si ravvedano – ma la vedo dura…

La verità non si trova nella fantasia e nelle sorprese dello “spirito” (quale?), ma nella Rivelazione divina accolta una volta per sempre e trasmessa, immutata, dalla Tradizione della Chiesa. Certo, questa verità, paradossalmente, è diventata indigesta alla maggior parte dei cattolici, che pensano ormai con il televisore piuttosto che con la loro testa, al punto di sentirsi da essa feriti piuttosto che illuminati. Il loro nuovo idolo, d’altronde, è abilissimo nel rassicurarli con chiacchiere da bar di periferia che sembrano studiate apposta per dare conferma al loro vuoto riempito dalle menzogne dei mass-media: non c’è niente di peggio dell’ignoranza crassa che inghiotte qualsiasi bufala mediatica, senza il minimo senso critico, come fosse verità indiscutibile.

Se è vero – come ribadito con insistenza dal falso profeta – che l’intelletto non è sufficiente per penetrare nel mistero di Dio, esso è tuttavia necessario (e lo è, a maggior ragione, per comprendere le cose di questo mondo): il Creatore non ci tratta da bestie dopo avercelo fornito. Senza un uso corretto di questa facoltà così nobile e preziosa, uno rischia – tanto per fare un esempio qualsiasi – di prendere per un vero documento del Magistero, impegnativo per la coscienza, un testo che, nonostante la dicitura esortazione apostolica, è in realtà un manifesto politico da leggere in collettivo con il pugno alzato, per convincersi ancora meglio che alla radice di ogni male ci sia non il peccato, come da sempre insegna la Chiesa Cattolica, ma le strutture socio-economiche, la cui sola trasformazione coinciderebbe con la salvezza dell'umanità...

Ad ogni società i politici che si merita; ad ogni chiesa il capo adatto. A questo clone di chiesa “geneticamente modificata” in O.N.G. è perfettamente funzionale un leader che dia a tutti la libertà di credersi ciascuno creatore della verità assoluta, intorno al quale ruota l’universo e nel quale soltanto prende di sé coscienza l’Essere divino (per usare le parole del libero pensatore dei Demoni di Dostojevskij)… Tutto, in questa nuova “chiesa”, deve essere a misura e in funzione di tale cieca e stolta presunzione, nutrita di liturgie-intrattenimento ed espressa in sguaiate canzonette sul ritmo di chitarrine scordate, così adatte a cerimonie di auto-esaltazione e di celebrazione del proprio nulla – non dico religioso, ma semplicemente umano.

Me ne rendo conto: molti protesteranno che il mio modo di dire la verità ferisce; non faccio altro, in realtà, che dare un nome a ciò che chiunque può costatare. Se la verità fa soffrire, ciò è dovuto soprattutto all’atteggiamento interiore del soggetto che non è disposto ad accoglierla; analogamente, la pena eterna dei dannati non proviene dal Sommo Bene, dato che Dio non può essere origine di alcunché di negativo: sono essi che, nella cattiva disposizione della loro anima, ormai fissata per l’eternità, percepiscono l’Amore infinito come causa di insopportabile tormento. La Verità è per sua natura inseparabile dal Bene e, di conseguenza, non può che fare bene a chi la riconosce; essa fa male unicamente a chi ha deciso di respingerla – ma può sempre modificare la sua scelta, prima dell’ultimo istante: visto però che nessuno può prevederlo, sarà meglio sbrigarsi!