La verità
ferisce chi la respinge
Potrà quasi sembrare un calco di quel famoso
aforisma – tanto più cinico quanto più vero – che riassume icasticamente la
carriera di un inossidabile protagonista della storia repubblicana, rimasto in
sella per mezzo secolo anche a costo di avallare, con il divorzio e l’aborto,
la distruzione della famiglia e l’olocausto di quasi sei milioni di italiani:
«Il potere logora chi non ce l’ha». Era uno che – per vie diritte o
traverse – lo teneva così saldamente in pugno da non doversi preoccupare troppo
del modo in cui diceva certe cose né delle reazioni che le sue parole avrebbero
suscitato. La medesima libertà di espressione può permettersi, all’opposto,
qualcuno che di potere non dispone affatto e si è reso conto che in molti casi, quando i
modi di dire la verità sono troppo forbiti o caritatevoli, l’effetto sortito è praticamente
nullo.
Non è certo giusto accanirsi contro la memoria di
un uomo che è già passato, qualche anno fa, davanti all’infallibile giudizio
divino. Egli rappresentava in modo emblematico, d’altronde, tutta una classe dirigente
che aveva consacrato la ragion di Stato a supremo e inappellabile criterio di
azione, formata com’era da quella certa scuola gesuitica che, con l’espediente
della riserva mentale, insegnava a giustificare anche i comportamenti iniqui.
Ma, astrazion fatta di tutto il resto, ciò che si può rimpiangere, del
trapassato, è quell’arguzia e finezza mentale oggi assolutamente introvabile
nella squallida risma di bambocci e marionette, manovrati dalla massoneria
finanziaria ebraica, che popolano l’attuale palcoscenico politico.
La massima con cui si intitola questo articolo,
nonostante la somiglianza formale, si pone evidentemente su tutt’altro versante: l’assoluta fedeltà alla verità è indispensabile per essere
e operare nel bene, posto che i tre trascendentali dell’Essere (vero, buono,
bello) sono inseparabili e reciprocamente comunicanti. Traffichini e
faccendieri spregiudicati – compresi quelli che spadroneggiano nella Curia
romana – sorrideranno con aria di sufficienza e di compatimento a tanta
ingenuità, giudicandola troppo astratta e lontana dalla realtà concreta… ma, se
è vero che proprio questa “ingenuità” cristallina ci ha donato un gigante della
taglia di Benedetto XVI, la preferiamo di gran lunga al cinico e spietato
realismo di quei signori.
La realtà può essere osservata dall’alto del cielo,
con lo sguardo dell’aquila, o da raso terra, con quello miope dei topi. Il
primo è ad un tempo amplissimo ed estremamente preciso, capace com’è di
distinguere anche piccoli oggetti a grande distanza; il secondo è sufficiente
per muoversi nei bassifondi. Chi da vescovo ha frequentato le villas miserias senza alcuna
preoccupazione evidente di aiutarne gli abitanti ad elevarsi dal punto di vista morale e
spirituale si è abituato, a quanto pare, a questa visione dal basso, facendone
la chiave ermeneutica di tutta una “teologia” e di tutta una “pastorale”.
Niente di nuovo, del resto, per quell’orientamento ecclesiastico “creolo” con cui chi scrive, suo malgrado, si è trovato a stretto contatto nella sua
giovinezza e che, di conseguenza, ha potuto immediatamente riconoscere, dopo
quel fatidico 13 marzo.
Non c’è dubbio che ogni pontefice, nella storia
della Chiesa, abbia svolto in fin dei conti una funzione provvidenziale,
nonostante i suoi limiti umani o persino i suoi errori di governo. Il ruolo del
Papa attuale – sempre che lo sia effettivamente – sembra quello di aver
permesso ad eretici, apostati e traditori di Cristo (comprese le mummie dei
“teologi” della liberazione, già sepolte dai suoi predecessori) di venire
finalmente allo scoperto, dopo decenni che, mimetizzati, tramavano per demolire
la Chiesa dall’interno, così che potessimo individuarli in modo inequivocabile
e dissociarcene anche pubblicamente, dopo averlo già fatto nel foro della
coscienza. Che alcuni di loro siano arrivati ad essere vescovi o cardinali non
cambia assolutamente nulla: se quanto affermano è contrario alla fede e alla
ragione, sono da condannare senza appello, a meno che non si ravvedano – ma la
vedo dura…
La verità non si trova nella fantasia e nelle sorprese
dello “spirito” (quale?), ma nella Rivelazione divina accolta una volta per
sempre e trasmessa, immutata, dalla Tradizione della Chiesa. Certo, questa
verità, paradossalmente, è diventata indigesta alla maggior parte dei
cattolici, che pensano ormai con il televisore piuttosto che con la loro testa,
al punto di sentirsi da essa feriti piuttosto che illuminati. Il loro nuovo
idolo, d’altronde, è abilissimo nel rassicurarli con chiacchiere da bar di
periferia che sembrano studiate apposta per dare conferma al loro vuoto riempito dalle menzogne dei mass-media: non c’è niente di peggio
dell’ignoranza crassa che inghiotte qualsiasi bufala mediatica, senza il minimo
senso critico, come fosse verità indiscutibile.
Se è vero – come ribadito con insistenza dal falso
profeta – che l’intelletto non è sufficiente per penetrare nel mistero di Dio,
esso è tuttavia necessario (e lo è, a maggior ragione, per comprendere le cose
di questo mondo): il Creatore non ci tratta da bestie dopo avercelo fornito.
Senza un uso corretto di questa facoltà così nobile e preziosa, uno rischia –
tanto per fare un esempio qualsiasi – di prendere per un vero documento del
Magistero, impegnativo per la coscienza, un testo che, nonostante la dicitura esortazione apostolica, è in realtà un
manifesto politico da leggere in collettivo con il pugno alzato, per convincersi ancora meglio che alla radice di ogni male ci sia non il peccato, come da sempre insegna la Chiesa Cattolica, ma le strutture socio-economiche, la cui sola trasformazione coinciderebbe con la salvezza dell'umanità...
Ad ogni società i politici che si merita; ad ogni
chiesa il capo adatto. A questo clone di chiesa “geneticamente modificata” in
O.N.G. è perfettamente funzionale un leader
che dia a tutti la libertà di credersi ciascuno creatore della verità assoluta,
intorno al quale ruota l’universo e nel quale soltanto prende di sé coscienza l’Essere
divino (per usare le parole del libero pensatore dei Demoni di Dostojevskij)… Tutto, in questa nuova “chiesa”, deve
essere a misura e in funzione di tale cieca e stolta presunzione, nutrita di
liturgie-intrattenimento ed espressa in sguaiate canzonette sul ritmo di
chitarrine scordate, così adatte a cerimonie di auto-esaltazione e di
celebrazione del proprio nulla – non dico religioso, ma semplicemente umano.
Me ne rendo conto: molti protesteranno che il mio modo
di dire la verità ferisce; non faccio altro, in realtà, che dare un nome a ciò
che chiunque può costatare. Se la verità fa soffrire, ciò è dovuto soprattutto all’atteggiamento
interiore del soggetto che non è disposto ad accoglierla; analogamente, la pena
eterna dei dannati non proviene dal Sommo Bene, dato che Dio non può essere
origine di alcunché di negativo: sono essi che, nella cattiva disposizione
della loro anima, ormai fissata per l’eternità, percepiscono l’Amore infinito
come causa di insopportabile tormento. La Verità è per sua natura inseparabile
dal Bene e, di conseguenza, non può che fare bene a chi la riconosce; essa fa
male unicamente a chi ha deciso di respingerla – ma può sempre modificare la
sua scelta, prima dell’ultimo istante: visto però che nessuno può prevederlo,
sarà meglio sbrigarsi!
La prego, continui a scrivere. Ne abbiamo bisogno!
RispondiEliminaSia lodato Gesù Cristo.
Rendo grazie a Dio per il coraggio che le ha infuso per uscire allo scoperto e presentare gli eventi che ci stanno travolgendo nella loro vera veste. Prego il Signore che non le venga mai meno questo coraggio e che possa " contaggiare" quei sacerdoti che pur vivendo nel disagio e nello sconcerto l'ora presente, non riescono ancora a tagliare i legami che impediscono loro di essere "liberos" !!!
RispondiEliminaLa ringrazio di cuore per aver messo a disposizione del prossimo i suoi talenti. Stefano
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