Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 15 novembre 2025


Quale Tradizione?

 

Il dramma del tradizionalismo è che considera la Tradizione una cosa morta, un deposito inerte da passare semplicemente di mano in mano, mentre essa è cosa viva, che cresce e si sviluppa. Ciò non va indubbiamente inteso come una mutazione, bensì come uno sviluppo omogeneo, analogo a quello degli organismi viventi, i quali, pur modificando l’aspetto visibile, conservano la propria identità. L’insieme di dottrine, norme e istituzioni che costituiscono la Tradizione cattolica e che Gesù Cristo ha consegnato agli Apostoli perché lo trasmettessero inalterato alle generazioni future non è dunque un cadavere, ma un corpo vivente di cui la Chiesa, nel corso del tempo, esplicita progressivamente le virtualità già presenti fin dall’inizio, benché allo stato embrionale.

Voluta rottura della continuità

Tutto ciò vale tanto per il dogma quanto per le strutture e le leggi ecclesiastiche. Pur mantenendo inalterato il proprio “patrimonio genetico”, la Chiesa ha assimilato il pensiero greco, indispensabile alla definizione delle verità rivelate, il diritto romano, necessario alla sua strutturazione, nonché quelle usanze germaniche che le permisero di organizzarsi nelle nuove condizioni determinatesi con la caduta dell’Impero. La scoperta di nuovi continenti la spinse a elaborare metodi missionari adatti, mentre il sorgere degli Stati nazionali plasmava le innumerevoli sfaccettature del suo volto esterno, pur senza frantumarne l’unità né scuoterne la coesione, a parte gli effetti deleteri di quel deprecabile fenomeno, ad essa del tutto estraneo, che sono i diversi nazionalismi.

Prima del Vaticano II, a prescindere sia dal neomodernismo serpeggiante sia dalle frequentazioni massoniche di chi lo convocò, era senz’altro necessario far entrare un po’ d’aria fresca, come quegli rispose a chi lo interrogava sul fine che si era proposto nell’indire un concilio. Il clima, all’interno della Chiesa terrena, era diventato insopportabilmente stagnante, mentre la fede, dietro la facciata di certo trionfalismo, pativa diffusamente una crisi senza precedenti nel clero e nei fedeli. Il problema è che quanti presero il controllo dell’assise non aprirono la finestra all’aria pura del cielo ma a quella mefitica del mondo, che invase tutto come un uragano e, col pretesto dell’aggiornamento, sovvertì ogni cosa, modificando sistematicamente ogni elemento della vita ecclesiale.

Per spiegare come ciò sia stato possibile, non va ignorato il ruolo della neoscolastica decadente con la sua visione assolutistica del Papato e la concezione giuridicistica della dottrina, del culto e della morale: qualunque cosa fosse stata decisa dal vertice andava supinamente accettata per obbedienza cieca. Fu così che la Tradizione ridotta a cadavere fu sepolta e le fu sostituita una nozione che, in opposizione ai princìpi dello sviluppo organico, ne consentisse una sorta di manipolazione genetica. Un ruolo determinante, in tale trasformazione, doveva giocare il culto liturgico, visto il suo legame essenziale con il dogma, la morale e la vita spirituale; perciò l’intero rito romano fu radicalmente stravolto in ogni sua parte, a cominciare dalla Messa.

Curare il male con la sua causa?

Ora, un male non si cura con ciò che l’ha causato: riprodurre meccanicamente il giuridicismo degli anni Cinquanta con una pedissequa esecuzione di usi e rubriche non è la soluzione. La cosiddetta riforma liturgica, aprendo la stagione delle incessanti innovazioni e sperimentazioni selvagge, ha sicuramente ridotto il culto (che per essenza è una realtà stabile, immune dai cambiamenti culturali) a pratica estemporanea, aleatoria e caduca con cui rincorrere i mutevoli gusti del tempo e soddisfare emotivamente assemblee annoiate e capricciose. Tuttavia non si risolve il problema con un muro-contro-muro, sbattendo la faccia di gente completamente disabituata contro la parete granitica di un rito di cui non comprende più né i gesti né le parole: ci vuole qualcosa di più.

Se la liturgia, prima del Vaticano II, soffriva – come la fede – di una crisi che portò ad accogliere le novità con ingannevole sollievo, neanche la crisi attuale (cominciata allora ma inasprita all’estremo da risposte sbagliate) potrà esser superata con un culto eseguito in fretta, per abitudine, senza cuore né afflato spirituale. Non si tratta di forzare le prescrizioni del Messale con iniziative individuali di sapore soggettivo e contingente, ma di applicarle con intima partecipazione e profonda intelligenza delle loro ragioni. Senza nulla togliere all’utilità di una formazione liturgica adeguata ai fedeli, è il rito stesso che deve parlare tramite l’atteggiamento di tutti i ministri, comunicando un vivo senso della presenza divina e suscitando moti di adorazione, pentimento, supplica e offerta di sé.

Soluzioni che aggravano il problema

Non c’è dubbio: la contraffazione del culto ha contraffatto la Chiesa e la vita cristiana; per innescare il processo inverso, però, non basta criticare i testi dell’ultimo concilio né coltivare piccoli ghetti in cui appagarsi di belle cerimonie e dotte omelie. Ci sono cattolici che sembrano ansiosi unicamente di soddisfare il proprio io e a cui pare importare ben poco della Chiesa e delle anime. Un’istruzione religiosa che non incentivi l’amore di Dio e del prossimo non fa dei cristiani, bensì dei fanatici. La vita spirituale non consiste in polemiche o disquisizioni, ma nella cura di un cuore ardente che, ben lungi dal rinchiudersi in un recinto esclusivo, ne accenda altri e li attiri a Cristo, non inculcando loro una morta ideologia, bensì risvegliando in essi la sete della trascendenza.

C’è un modo di fare dottrina che si direbbe studiato apposta per giustificare decisioni discutibili e posizioni insostenibili. La fede non è una teoria, ancor meno una teoria che ignori la realtà: ci sono gruppi che, di fatto, sono separati dalla Chiesa e funzionano in maniera del tutto indipendente. Per legittimare tale situazione, non serve accanirsi contro la collegialità (ulteriormente degenerata nella sinodalità) come principio dissolutivo della compagine ecclesiale, dato che quella stessa situazione contribuisce alla sua dissoluzione. Per reagire all’indifferentismo dilagante, non serve condannare le dottrine dell’ecumenismo e della libertà religiosa, se con un apostolato canonicamente irregolare si avvalorano nei fatti i princìpi protestantici di un’attività religiosa sganciata da ogni autorità.

È senz’altro lamentevole che il Papa riesumi la Nostra aetate (di cui il cattolico medio non sa nulla) per insinuare l’uguaglianza di tutte le religioni; che però, con l’intento di criticarla, la tenga in vita proprio chi difende la Tradizione è un non-senso. Non intendiamo certo negare gli effetti disastrosi di quel documento, scritto col concorso di rabbini ebrei, bensì osservare che quel problema non si cura demolendo il Magistero con il rifiuto di un testo al quale, indebitamente, si riconosce un valore magisteriale, ma mostrando che, in realtà, la dichiarazione non è una delle forme del Magistero ecclesiastico. Alla Nostra aetate mancano i requisiti del Magistero autentico; essa, pertanto, non obbliga minimamente la coscienza dei cattolici. Perciò, malgrado i tentativi di risuscitarla, è meglio lasciarla sepolta nell’oblio e ribadire quanto afferma il Catechismo Maggiore di san Pio X sulle false religioni (§§ 224 ss).

Maria Corredentrice, Mediatrice di tutte le grazie, ci ottenga di rimanere fedeli sia a Cristo, di Lei Figlio, che alla Chiesa, di Lui Sposa.


sabato 8 novembre 2025


Gloria a Maria Corredentrice!

 

La Santa Sede – ormai lo sappiamo bene – è occupata da una cricca di ecclesiastici empi e immorali che, a causa dei loro vizi, vengono manovrati da poteri occulti che usano l’autorità della Chiesa per distruggerla dall’interno. La nostra fede non deve tuttavia rimanerne scossa, poiché questa sarebbe la più splendida vittoria del diavolo. È certamente motivo di profondo dolore che la nostra Madre celeste sia offesa proprio da coloro che, in virtù dell’ufficio, dovrebbero onorarla e farla onorare; se però consideriamo ogni fatto alla luce della Provvidenza, che permette il male per trarne del bene, la prospettiva si modifica e ne riceviamo profonda consolazione.

Effetto contrario

Il turpe personaggio indebitamente collocato nel ruolo di custode della dottrina continua a vomitare – né potrebbe esser diversamente – ciò di cui è ricolma la sua povera anima in via di perdizione. L’esperto di baci ed erotismo, non pago di aver autorizzato impossibili “benedizioni” di concubini e sodomiti, ha poi imposto un insieme di norme di discernimento che non servono a discernere nulla ma promuovono abusi e incertezze circa presunti fenomeni soprannaturali. Adesso osa attaccare la dottrina mariana quale si è esplicitata in due millenni di Magistero, teologia e insegnamento di Santi e Dottori. La sua sfrontata tracotanza è peggiore persino dell’avversione dei demoni, costretti a sottomettersi alla signoria della Santissima Vergine.

Questo attacco, nondimeno, sta ottenendo benefici effetti: non soltanto quello di far reagire il corpo ecclesiale, come già la vergognosa dichiarazione Fiducia supplicans, ma anche quello di provocare un rinnovato interesse, a livello accademico e popolare, per quella verità di fede, ormai ampiamente riconosciuta, che è la Corredenzione di Maria. Non è ora il momento di soffermarsi sulle molteplici ragioni di tale dottrina; ci limitiamo invece a riportare l’acuta osservazione di un sacerdote secondo cui l’infelice nota vaticana costituisce un provvidenziale incentivo alla sua definizione dogmatica, visto che un evento del genere si rende di solito necessario quando un dato della Rivelazione viene contestato oppure ha bisogno di esser chiarito una volta per tutte.

Il trionfo di Maria

L’impiego dell’infallibilità pontificia in ambito mariologico, negli ultimi due secoli, ha innescato enormi progressi sia nella teologia che nella pastorale e nella vita dei fedeli. Che la dottrina della Corredenzione sia sancita come dogma, a nostro parere, è essenziale al trionfo del Cuore Immacolato di Maria. Non sappiamo quando ciò avverrà ma, a tal fine, è sicuramente necessario un papa che sia consapevole del mandato ricevuto e lo attui come si deve; quello attuale sembra limitarsi a portare avanti la linea stabilita in precedenza assecondando l’agire di coloro che lo circondano. Il Sommo Pontefice non può approvare un testo che contraddice il Magistero di numerosi suoi predecessori e tradisce palesemente un intento preordinato, citando in modo tendenzioso solo le fonti che tornano utili e omettendo quelle che smentiscono la tesi prestabilita.

D’altra parte la nota, come già la dichiarazione, non è una delle forme del Magistero autentico e, di conseguenza, è priva di ogni vigore obbligante per la coscienza. Quando un dicastero della Santa Sede vuol dare indicazioni in materia di dottrina, morale o diritto canonico, emette un’istruzione, ossia un testo che ha valore di legge. In questo caso possiamo invece tranquillamente ignorare quel papocchio illeggibile non soltanto per la lunghezza, ma soprattutto per l’argomentare confuso e non convincente, nel quale si smarrisce perfino un esperto in materia; il cumulo di dati e citazioni pare più adatto a un procedimento mistificatorio che a un’esposizione imparziale e serena. Si direbbe che gli autori stessi volessero evitare di impegnare l’autorità del Magistero contando unicamente sull’eco mediatica, ampia e immediata ma destinata a spegnersi dopo poco tempo.

«Colui che abita nei cieli li irride e il Signore se ne fa beffe» (Sal 2, 4); tu non curartene affatto, ma «lascia che il mormoratore muoia fuori con la sua bestemmia» (san Gregorio Nazianzeno, Orationes, 45, 23: PG 36, 24). Noi abbiamo un posto privilegiato che nessuno al mondo potrà toglierci: sotto la Croce con Maria, come Giovanni; tutto ciò che dobbiamo fare è soffrire, offrire e offrirci, in unione al Redentore e alla Corredentrice, per il bene della Chiesa e la salvezza del mondo. Là non soltanto siamo assolutamente al sicuro, ma possiamo pure ricevere, attraverso la Mediatrice di tutte le grazie, la gioia ineffabile dello Spirito Santo, di cui nessuno al mondo potrà privarci; là troviamo la nostra Genitrice, che ci circonda di cure amorosissime, come la migliore delle madri, e dalla quale nessuno al mondo potrà mai strapparci.

Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia ed a te non ricorre, / sua disïanza vuol volar sanz’ali (Dante Alighieri, Paradiso, XXXIII, 13-15).


sabato 1 novembre 2025


La scimmia della Chiesa

 

Veritas Domini manet in aeternum (Sal 116, 2).

Il simulacro di Chiesa realizzato in questi ultimi sessant’anni replica per analogia le caratteristiche di colui che l’ha ispirato: come il diavolo imita maldestramente l’agire divino, tanto da meritarsi l’appellativo di simia Dei, così quei suoi servi che si sono infiltrati nella Chiesa terrena e ne hanno scalato il vertice si sforzano di riprodurre la condotta dei veri Pastori, ma si tradiscono per il loro dispotismo, tanto più odioso quanto più camuffato da liberalismo sinodale. Il primo nemico di un sacerdote, molto spesso, è il suo stesso vescovo, che dovrebbe invece dirigerlo paternamente, ma sembra incline alla benevolenza esclusivamente con le varie categorie protette (zingari, immigrati, sodomiti, conviventi…).

Punto di partenza

Prima che qualcuno si metta a gridare al razzismo e alla discriminazione, ricordiamo che la Chiesa ha sempre accolto tutti, purché fossero disposti a riconoscere la verità e a correggersi in bene – per la loro salvezza, non certo per sue mire di potere. Se i Pastori cessano di guidare verso il meglio le persone a cui aprono le porte dell’ovile, esso si trasforma in un serraglio rigurgitante di disordine e sporcizia, con grave danno per chiunque vi si trovi. Non stiamo certo caldeggiando l’idea di una farisaica comunità di puri, ma rammentando che lo scopo per cui Gesù Cristo ha istituito e inviato gli Apostoli è quello di esortare alla conversione, come Egli stesso aveva fatto durante la propria missione terrena: «Convertitevi, perché il Regno dei Cieli è vicino» (Mt 4, 17).

Che per ora si debba sopportare la zizzania non significa che sia bene coltivarla; il fatto che nella rete finiscano pure i pesci cattivi non implica che diventino automaticamente buoni e che tali vadano considerati (cf. Mt 13, 24ss.47ss). La conversione non è questione di semplici idee o convincimenti, ma un cambiamento di vita che riformi il modo di pensare, sentire, parlare e agire per conformarlo a quello di Cristo (cf. Rm 12, 2). La Chiesa non esiste per approvare e assecondare il peccato, ma per toglierlo con l’autorità e la grazia del suo Fondatore, secondo l’intenzione per cui è stata fondata. I peccatori vanno accompagnati, certo, ma in una dura lotta per vincere le loro tendenze disordinate e correggere le loro abitudini cattive, non per persuaderli che vadano bene così come sono.

Caricature del vero

Una misericordia che non aiuti le persone a migliorarsi è uno scimmiottamento di quella autentica, dato che non produce alcun bene per chi la riceve. Un’accoglienza che incoraggi il malato a restare tale è uno scimmiottamento della carità, dato che non vuole il suo progresso. Una pastorale che non indichi la giusta via da seguire né la percorra effettivamente è uno scimmiottamento dell’incarico ricevuto dalla Chiesa, dato che si risolve in ingannevole ammiccamento. Un annuncio evangelico che ometta sistematicamente le verità invise al pensiero dominante o le deformi per adeguarle ad esso è uno scimmiottamento della missione, dato che traveste il pensiero di Cristo sotto le spoglie degli ideali massonici, i quali altro non sono che alienanti menzogne.

La scimmia della Chiesa è una colossale caricatura, puteolente e grottesca, della Sposa di Cristo. Il suo ideale di unità non si fonda sulla comune obbedienza alla verità rivelata e trasmessa, bensì sull’impossibile coesistenza di opinioni contraddittorie che si escludono a vicenda. Il suo concetto di comunione non è la realtà soprannaturale creata dalla comune partecipazione alla grazia, bensì un accordo del tutto orizzontale che presuppone la rinuncia alla propria identità e l’omologazione di massa, come nei regimi totalitari. La sua prassi ecclesiale non è il sano funzionamento di un corpo regolato da leggi e ordinato dall’autorità gerarchica, bensì un guazzabuglio di organi e tessuti non coordinati dal sistema nervoso e abbandonati alle convulsioni.

Dissoluzione voluta

Tale disastroso risultato è stato deliberatamente pianificato e sistematicamente perseguito dalle menti malvagie di quei servi di Satana che si sono infiltrati nella gerarchia per demolire la Chiesa dall’interno, secondo un piano che risale almeno alla prima metà dell’Ottocento e fu scoperto dalla polizia di Pio IX. In quasi due secoli l’opera è giunta a buon punto, conducendo non alla distruzione della Chiesa dall’esterno (impresa, più volte tentata, che ha ottenuto l’effetto opposto), bensì a una sorta – se possibile – di mutazione genetica che la rendesse, da nemica, alleata dei poteri occulti che intendono asservire l’umanità. Tutto ciò, ovviamente, tocca soltanto le sue strutture storiche, non la sua essenza, la quale, essendo di natura trascendente, è assolutamente immodificabile.

Lo spettacolo che si offre ai nostri occhi, nondimeno, è a dir poco desolante. La scimmia è capace, nella stessa giornata, di autorizzare un pontificale in rito antico tenutosi nella basilica di San Pietro e di varare un testo che impone l’omoeresia come principio e come prassi. In questo grande circo c’è posto sia per i macachi baroccamente bardati sia per i travestiti che ostentano le perversioni più ripugnanti: «Venghino, siori, venghino: più gente entra, più bestie si vedono!». Che dire, a questo punto? Tutti insieme appassionatamente? No: c’è ancora qualche irriducibile Bastian contrario che dissente e non ingoia l’inganno, perdindirindina!… e non sono ancora riusciti a farlo tacere. Il fatto è che la contraddizione non gli va proprio giù in nessuna maniera.

Scherzi della Provvidenza

La memorabile giornata del 25 Ottobre scorso, tuttavia, ha registrato un fuori-programma davvero inaspettato: il novantasettenne cardinale albanese Ernest Simoni, sopravvissuto a una trentina d’anni di carcere e lavori forzati nel paradiso comunista, ha pronunciato presso la tomba del Principe degli Apostoli l’Esorcismo di Leone XIII, atto sicuramente tanto efficace quanto sgradito a quei rinnegati che vi celebrano le messe nere. I traditori di Cristo non possono intuire i disegni del Cielo, benché il loro padrone, la scimmia di Dio, sia in grado di far previsioni abbastanza accurate. Il vero Signore del mondo è infinitamente più forte del diavolo e dei suoi miserabili accoliti, destinati, in assenza di conversione, alla dannazione eterna.

Da parte nostra rimaniamo fedelmente al capezzale della Madre ammalata piuttosto che malmenarla ulteriormente con sciagurati propositi di ribellione. Il Medico divino sa benissimo come estirpare il tumore che la affligge e deturpa; a tempo debito, lo farà con metodo e rapidità sorprendenti. A noi spetta vegliare con viva fede, attendere con ferma speranza e operare con carità fattiva, tappandoci le orecchie tanto alle farneticazioni dei fautori della perversione quanto a quelle di coloro che, per reazione, ci tentano di scisma. Non siamo di quelli che, con la pretesa di difendere la fede a parole, la negano nei fatti, ma di quelli che, sapendo che la verità del Signore rimane in eterno, Gli si tengono ben stretti nell’unità del Corpo Mistico.


sabato 25 ottobre 2025


La rinascita della Chiesa

 

Gaudium sit tibi semper; forti animo esto (Tb 5, 11.13).

«La gioia sia sempre con te; sii d’animo forte». Così si rivolse l’arcangelo Raffaele, sotto l’aspetto di un viandante, al vecchio Tobia, cieco e desolato. «Quale motivo avrei di essere felice?», gli aveva replicato quest'ultimo con amarezza. «Tra poco Dio ti curerà». Lo spirito celeste era stato inviato proprio per quello, ma non solo: avrebbe accompagnato il figlio in un lungo e pericoloso viaggio per la riscossione di una grande somma e gli avrebbe trovato la sposa, da lui stesso liberata dal demonio.

Tale cumulo di benefici inaspettati ribaltò la situazione di una famiglia umanamente sfortunata, nonostante la sua ostinata fedeltà al Signore, mantenuta perfino in terra d’esilio, mentre i connazionali avevano abbandonato la pratica dei comandamenti per adeguarsi ai costumi degli oppressori assiri. Eppure proprio quella fedeltà che sembrava ormai priva di senso doveva ottenere da Dio un inimmaginabile cambiamento in meglio, disposto dalla Provvidenza col concorso degli Angeli.

So bene che non ti riconosci più nella Chiesa istituzionale. So quanto soffri per il tradimento di gran parte dei Pastori e per gli scandali accecanti dei vertici ecclesiastici. So che potrebbe trattarsi della grande apostasia profetizzata… ma proprio per questo ti estendo l’invito ricevuto dal Signore: «La gioia sia sempre con te; sii d’animo forte». Tu vedi soltanto la superficie della situazione; più in profondità, però, Dio sta realizzando grandi cose, che presto fioriranno.

Nei Paesi in cui la secolarizzazione è più avanzata migliaia di giovani e meno giovani riscoprono la fede nella sua genuinità e il culto che ci è stato trasmesso dall’antichità cristiana: è un movimento inarrestabile che nessuno avrebbe potuto prevedere. Cresce il numero dei battesimi di adulti e le richieste di ammissione alla Chiesa da parte di acattolici; le Messe tradizionali rigurgitano di famiglie con tanti bambini e attirano schiere di non-credenti che scoprono la felicità di avere Dio per padre e Maria per madre.

Non ti scoraggiare fissando lo sguardo sul marcio; volgilo alla luce. Non ti lasciar sedurre dai ribelli che, nella loro superbia, pretendono di salvare la Chiesa ma non fanno altro che lacerarla sempre più e dividere il fronte dei buoni facendosi la guerra a vicenda. Abbandona le discussioni e mettiti in ginocchio; abbraccia il tabernacolo dicendo: «Tu sei qui; anch’io sono qui con te, al sicuro». Qualunque cosa accada, nessuno al mondo potrà mai toglierti la fede, se non vuoi; nessuno al mondo potrà mai privarti della grazia, se non sei tu a perderla.

Allora ti ripeto: «La gioia sia sempre con te; sii d’animo forte». La rinascita della Chiesa dipende da te e da tutti coloro che, come te, portano la croce in silenzio, pregando senza stancarsi, adempiendo fedelmente i loro doveri di stato, prodigandosi con abnegazione per il bene di tutti, sapendo che la Chiesa ha già un Salvatore e confidando in Lui con la semplicità di un bambino. Chi non è così non entrerà nel Regno dei Cieli: ti vuoi forse dannare per esecrare i peccati altrui? «Ognuno porterà il suo fardello» (Gal 6, 5), cioè risponderà di sé, non degli altri.

Sii dunque sereno e fiducioso grazie alla fede nella potenza di Cristo, che non abbandona la propria Sposa ed è capace di risollevarne le sorti in un istante. Chi si lascia andare al pessimismo non è cristiano, neanche se si considera tradizionalista. Noi non apparteniamo a un partito politico: siamo semplici cattolici che desiderano rimanere tali con l’aiuto della grazia; le categorie mondane non ci riguardano. Ci rifiutiamo di essere inquadrati in schemi fabbricati dai rivoluzionari: destra e sinistra, reazionari e liberali, conservatori e progressisti… Tutto ciò sa di mistificazione; è un diversivo che illude la gente di contar qualcosa quando invece è manovrata da poteri occulti. Noi siamo liberi da tutto questo e ne rendiamo infinite grazie a Colui che regna nei secoli dei secoli. Amen!


sabato 18 ottobre 2025


Basta con le finzioni!

 

Dilatato corde inenarrabili dilectionis dulcedine curritur via mandatorum Dei (Regula Benedicti, Prologo, 49).

«Col cuore dilatato dall’indicibile dolcezza dell’amore si corre la via dei comandamenti di Dio». In chiusura del Prologo della sua celebre Regola, uno dei testi fondanti della civiltà occidentale, san Benedetto pone questa straordinaria osservazione, frutto della sua esperienza, che in pochissime parole condensa l’intera vita del cristiano, qualunque ne sia lo stato. In essa si compongono in mirabile equilibrio la legge e la dilezione, l’obbligo e la grazia, il dovere e il desiderio. È del tutto assente la tensione dialettica introdotta nel pensiero moderno dall’errore di Lutero; si colgono piuttosto quelle polarità che sono proprie della dinamica battesimale, ma si compongono con estrema naturalezza nell’esistenza di chi è guidato da una fede viva: chi ama davvero il Signore ne compie la volontà con gioia e prontezza, come di corsa, non con faticosi sforzi e animo contrariato.

Oblio dottrinale

Nell’euforia della pretesa nuova Pentecoste, che avrebbe dovuto dare inizio all’era del Paradiso in terra, la “teologia” postconciliare ha deliberatamente rimosso dogmi senza i quali il cristianesimo si annulla da sé, in primis quello del peccato originale. Non si è trattato di una sua negazione formale (che sarebbe eresia), bensì del suo inavvertito relegamento fra le anticaglie del passato, quasi fosse mera convinzione soggettiva di un pur grande Padre della Chiesa, sant’Agostino, e non una verità di fede definita dal Concilio di Trento (cf. DS 1512-1513). Tolto il peccato originale, viene meno la necessità della Redenzione operata da Cristo, nonché quella della Chiesa e dei Sacramenti; la vita cristiana si riduce a vaga utopia intessuta di idee balorde e vuote parole. Tutto si è così dissolto in buonismo totalitario che, malgrado la sua apparenza innocua, non ammette contestazioni.

Tale voluta “dimenticanza” di un punto fondamentale della dottrina cattolica ha avuto ripercussioni profonde anche sul piano puramente umano. Se non è più riconosciuta come uno degli effetti del peccato originale, la concupiscenza è considerata un fatto normale: l’inclinazione al male, anziché venir combattuta con l’aiuto della grazia, è percepita come una tendenza naturale dell’essere umano, cioè come qualcosa che appartiene alla sua essenza. Tutte le deliberazioni con cui l’uomo accoglie volontariamente i cattivi impulsi provenienti dalla sua sensualità, ambizione e avidità vengono così legittimate quali incoercibili espressioni della libertà individuale; con un totale capovolgimento della realtà, “peccato” diventa la loro inibizione, mentre qualunque proposizione di un precetto negativo appare come un intollerabile attentato al libero esercizio di presunti “diritti”.

Inutile dire che siamo qui agli antipodi dell’antropologia (pratica e non teorizzata) di san Benedetto come di qualsiasi altro Santo, dato che la verità morale è stata ribaltata sulla base di una negazione concernente la condizione della natura umana decaduta (locuzione che, nelle facoltà teologiche, suona ormai come una bestemmia). Per l’uomo naturalmente buono di Rousseau, artefice della sua fortuna come per gli Umanisti, la “bontà” di un atto coincide con l’assenza di coazione del libero arbitrio. Non è chi non veda che una visione del genere demolisce dalle fondamenta ogni morale – anche solo naturale – e rende impossibile la convivenza sociale ed ecclesiale. La civiltà sorta dal provvidenziale incontro tra l’annuncio evangelico, la cultura greca e il diritto romano (e che nella Regola benedettina trova un’insuperabile sintesi) è annientata da una menzogna demoniaca.

Radici anticristiane

L’inestirpabile odio per la civiltà cristiana (che oggi si accanisce contro tutto quanto è occidentale perché da essa derivato) affonda le radici nella cabala giudaica, che considera l’universo, in chiave panteistica, emanazione della divinità mediante successive irradiazioni delle energie divine, le quali, a mano a mano che discendono a livelli inferiori del cosmo, si contaminerebbero con la materia e vi rimarrebbero imprigionate. Compito dell’iniziato è perciò quello di liberarle con la propria presa di coscienza e con azioni miranti ad affrancarlo da qualsiasi costrizione legata al mondo imperfetto. Gli ulteriori sviluppi delle dottrine lurianica e sabbatiana esplicitano la necessità di una redenzione per mezzo del peccato: anche qui il capovolgimento della realtà è completo, cosa che spiega bene la corrispondente mutazione del pensiero “cattolico” in materia.

Il ribaltamento non risparmia neppure il rapporto tra l’uomo e Dio: Creatore dell’universo materiale sarebbe un demiurgo malvagio che, oltre a fabbricare un universo difettoso, si sarebbe accanito a caricare l’uomo di precetti impraticabili per renderlo ancora più schiavo. Missione degli iniziati è allora quella di restaurare e perfezionare il cosmo (tiqqun ʽolam), in vista dell’avvento del Messia, con le loro “buone azioni”, che sono tuttavia, in realtà, l’opposto del moralmente buono. Ora, che a tali dottrine si riferisca esplicitamente il Romano Pontefice in un messaggio indirizzato a volontari cattolici è quanto meno inquietante. Si tratta infatti di un messianismo anticristico che mira alla distruzione del cristianesimo a vantaggio di un panteismo satanico, ovvero di una delle espressioni più perverse e dannose della gnosi: possibile che nessuno gliel’abbia detto?

Correre la via dei comandamenti divini, in un quadro del genere, diventa di fatto impossibile, a meno che non si ricorra alla finzione: sì, è un’immensa, generale, onnipervasiva messinscena che da almeno sessant’anni pervade la Chiesa terrena, occultando il tradimento di Cristo dietro volti ammiccanti e una facciata di inclusione senza limiti… eccetto per chi voglia rimanere cattolico. Da una buona quindicina d’anni chi scrive ha scoperto questa gigantesca mistificazione e non cessa di coglierne nuovi aspetti, come in un labirinto che riservi continue sorprese e in cui si aprano incessantemente altri canali di indagine. Soltanto un’inestimabile grazia, senza alcun merito da parte nostra, poteva tirarcene fuori; altrimenti sarebbe stato impossibile, dato che ci avevan posto sugli occhi una sorta di occhiali psichedelici con cui ci facevan vedere quel che volevano.

Ancora di salvezza

Non sorprende affatto che, in questo clima di falsità, si senta affermare dal vertice che la Messa in latino non è un problema, perché basterebbe usare il Messale di Paolo VI in quella lingua… quasi  non si trattasse di due riti diversi, anzi inconciliabili quanto a teologia sacramentale, ecclesiologica e morale. Come la Messa detta di san Pio V traduce nel culto la dottrina cattolica, che vi trova una delle più autorevoli attestazioni, così la nuova Messa esprime la teologia perversa del modernismo, trasposizione delle idee cabalistiche nel pensiero ecclesiastico. L’eliminazione della prima, ai fini dello snaturamento del cristianesimo e della sua riconduzione nell’alveo del giudaismo spurio, è una necessità assoluta. Non facciamoci dunque illusioni circa il ripristino della legalità liturgica: al di là delle chiacchiere, ne siamo ben lontani; i segnali, semmai, fanno pensare alla soluzione finale.

Non è per gettare sconforto nei cuori, ma per fortificarli in vista della battaglia che ci attende: con la nuova elezione, l’opposizione è stata imbavagliata o, piuttosto, si è eclissata nella speranza di chissà quali concessioni, come quando i bambini, dopo aver irritato i genitori, si sussurrano complici: «Stiamo buoni, altrimenti non ci lasciano andare a giocare». Così, senza più nessuno che ci rappresenti, ci faranno ingoiare col sorriso cose che, nel pontificato precedente, abbiamo aspramente contestato. Per dirla in termini militari, l’impressione è che, dopo lo sfondamento delle linee, sia ora il tempo del consolidamento delle posizioni e dell’eliminazione delle sacche di resistenza: nella lingua del capo, è il compito del terminator, anche se al colpo d’occhio, vedendolo passare tra la folla, sembra una controfigura… una specie di fantoccio collocato in quel ruolo dai nemici di Cristo.