Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 29 giugno 2024


Trovate le differenze

 

 

Non c’è pace per l’ambiente della Tradizione. Intendiamoci: non stiamo parlando di un circolo, più o meno esclusivo, di nostalgici o di esteti legati a forme del passato per gusto snobistico ed elitario. Certo, ci sono anche loro, la cui funzione principale è quella di fornire ai nemici della Messa antica un bersaglio univoco e onnicomprensivo che ne giustifichi l’odio per l’intero movimento; ma, per grazia di Dio, non siamo di quelli. Stiamo piuttosto parlando di una fetta della Chiesa, sempre più emergente e numerosa, che abbraccia trasversalmente cattolici di ogni età, ceto, stato, provenienza e livello culturale, con una buona prevalenza di giovani e di famiglie con tanti figli, serene e radiose. Solo chi è accecato dalla propria ideologia sorpassata e stantia è incapace di vedere questa realtà così bella e promettente per quello che è, anziché secondo i pregiudizi che le sovrappone.

Ora, ciò che minaccia la pace di quest’oasi non è in primo luogo la ricorrente minaccia di abolizione del rito tradizionale (cosa del resto impossibile), ma anzitutto la divisione tra diverse fazioni che si contendono a vario titolo la palma di vera Chiesa. Se le conseguenze di tale pretesa non fossero tragiche, non ci sarebbe altro da fare che riderci sopra, come meritano tutte le forme di smodata superbia: una risata basterebbe a seppellirla. Il fatto è che tante anime – in buona fede, sì, ma non meno sprovvedute di scienza e di consiglio – danno ascolto alle varie sirene dei tradizionalisti puri e duri, lasciandosi così sedurre e fuorviare dalla loro propaganda tipicamente settaria. Secondo quegli integerrimi paladini della sana dottrina, dell’unica Chiesa di Gesù Cristo (che, en passant, è un articolo di fede), si può anche fare a meno… a meno che non la si identifichi con la propria combriccola.

La Chiesa siamo noi…

Paradossalmente, anche gli ultraprogressisti di lingua tedesca del movimento Wir sind Kirche si considerano la vera Chiesa in opposizione al Vaticano. Curioso come gli estremi si tocchino… La superbia ideologica, in ogni caso, può pure cambiare colore, ma alla radice è sempre la stessa. Altra similitudine è la frammentazione in tante correnti quante sono le opinioni dei maestri autocostituitisi: una volta rigettata l’autorità del Magistero, ognuno si fa maestro a se stesso, definisce dogmi in modo infallibile e scaglia anatemi su chi non è d’accordo. La comunione gerarchica è ridotta a concetto astratto e a mera espressione verbale; c’è addirittura chi pensa che, per garantirla, basti nominare il Papa regnante nel Canone, anche se, in realtà, agisce in totale esenzione dalla sua giurisdizione e da quella dei Vescovi a lui soggetti.

A scanso di equivoci, il dibattito circa la situazione scismatica o meno della Fraternità San Pio X è del tutto superfluo: per accertarla, è sufficiente rilevare che i suoi membri non obbediscono ad alcuna autorità legittimamente costituita. Questo semplice dato di fatto tronca ogni controversia e vanifica tutte le sottigliezze pseudoteologiche con cui invano si tenta di negare lo stato di scisma, dato che l’obbedienza canonica è uno degli elementi indispensabili per appartenere alla Chiesa. D’altronde i vertici di detta Fraternità, ventilando nuove ordinazioni episcopali illecite, non fanno affatto mistero della loro convinzione di dover assicurare la continuità di un’istituzione che considerano necessaria alla salvezza, proprio come la Chiesa stessa, che nella loro testa viene evidentemente a coincidere con essa. Extra fraternitatem nulla salus?

Anche qui – esattamente come nei rahneriani più estremi – il pensiero prevale hegelianamente sulla realtà, che ognuno si forgia a suo uso e consumo. Lo stesso dicasi per i sedevacantisti delle diverse correnti e sfumature, i quali, in virtù di un ragionamento (secondo loro) incontrovertibile, rigettano ogni autorità ecclesiastica non solo nei fatti, ma anche per principio, considerandosi di conseguenza l’unica arca di salvezza. Visto però che diverse aggregazioni pretendono di esserlo, quale sarà mai quella giusta? Quale sarà quella davvero vera, fra tutte queste “vere chiese” che si propongono sul mercato della religione? Come orientarsi, onde far la scelta azzeccata per la vita eterna? Non è certo un gioco da nulla, se la posta è così alta. L’unico modo di venir fuori da questo dilemma è decidere di lasciarsi indottrinare da qualcuno, pur di garantirsi l’illusione di toccar la terra ferma.

Non bastava la confusione esistente?

Addolora e amareggia il fatto che, in tutto questo marasma, ci sia chi abbia pensato di aggravarlo ulteriormente. La citazione in Vaticano di monsignor Viganò, a cui è contestato il delitto di scisma, era purtroppo un atto dovuto, stanti le sue dichiarazioni pubbliche circa l’invalidità dell’elezione di Jorge Mario Bergoglio. Un conto è contestare la legittimità di una procedura sulla base di un dubbio fondato (che deve vertere sui fatti e non sulle intenzioni), un altro è affermare come cosa certa che il Papa in carica non è tale; la contestazione sollecita un chiarimento, mentre un’asserzione lo esclude. Non si vede, allora, come un’esplicita e formale negazione, nei confronti di Bergoglio, della dignità di Romano Pontefice non comporti il rifiuto dell’obbedienza a lui; benché si possa obiettare che tale rifiuto si indirizza all’individuo e non all’ufficio, è innegabile che il personaggio in questione sia, almeno materialmente, colui che di fatto esercita nella Chiesa la suprema potestas.

Non compete a un vescovo, per giunta privo di giurisdizione, giudicare in foro esterno il Capo della Chiesa. In teoria, spetterebbe al Collegio Cardinalizio esaminare sia le circostanze della sua elezione (come pure le modalità della rinuncia del predecessore), sia i suoi eventuali errori in materia di fede e di morale; in pratica, però, non sussiste al suo interno l’unanimità che sarebbe necessaria per trattare tali questioni. Sul piano umano, perciò, non c’è via d’uscita; chi pretende ad ogni costo di risolvere il problema non fa altro che complicarlo. L’unica soluzione possibile è l’implorazione fiduciosa e perseverante che il Signore intervenga in soccorso della componente terrena della Sua sposa, che a Lui solo appartiene; Egli solo è in grado di trarla fuori dal caos, non certo chi si investe da sé della missione di “salvatore” e, in tal modo, lo accresce.

Un’altra occasione mancata

È indubbiamente utile, se non necessario, denunciare errori e deviazioni degli attuali vertici vaticani, non però per spingere il gregge fuori strada, bensì per preservarnelo. L’impressione è invece che tanti sedicenti cattolici non aspettino altro che pretesti per sfogare la loro rabbia e urlare il proprio rifiuto con motivazioni apparentemente sante. Le passioni cattive, tuttavia, rimangono tali anche quando si ammantano di nobili ragioni; chi non le controlla non solo perde la carità e si separa in tal modo da Cristo, ma rischia pure di porsi fuori della Chiesa visibile, che rimane e rimarrà sempre l’unica vera arca di salvezza, per quanto sia malvagio il timoniere e inadeguati i suoi collaboratori. Il diavolo, in questo modo, riesce a trascinare con sé pure coloro che non è riuscito a fuorviare con mezzi ordinari e che gli sono in un primo tempo sfuggiti; non cambia granché stare all’Inferno come modernisti o tradizionalisti… Gli uni e gli altri tradiscono infatti una mentalità protestante.

In conclusione, rincresce che monsignor Viganò, avendo deciso di non presentarsi alla convocazione della Dottrina della Fede, abbia implicitamente avvalorato l’accusa di scisma col rifiuto di obbedire a un ordine che, in ultima istanza, risale al Papa. Un processo avrebbe avuto almeno tre vantaggi. Il primo per lui, dandogli la possibilità di evitare una condanna in contumacia. Il secondo per la Santa Sede, che avrebbe dovuto precisare le accuse contestategli: anzitutto, se effettivamente sussista il delitto di scisma; poi, se la rottura della comunione sia una fattispecie giuridica; infine, se il rigetto del Concilio sia pertinente o no, dovendosi preliminarmente stabilire se i suoi testi appartengono al Magistero ordinario o a quello straordinario: solo nel secondo caso, infatti, si può parlare di eresia e di scisma. Il terzo vantaggio riguarderebbe tutta la Chiesa: il dibattito sulla legittimità del presente pontificato sarebbe finalmente emerso dalla giungla delle dispute tra incompetenti per esser portato ai più alti livelli; ma si vede che l’ora della Provvidenza non è ancora squillata.


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