Omnia vincit
caritas
Tu, aliquando
conversus, confirma fratres tuos (Lc 22, 32).
N.B. Si prega l’interessato di perdonare l’audacia e di leggere
fino in fondo.
Può capitare a più persone di sognare il Capo visibile della Chiesa
e di svegliarsi poi attanagliate da un’insostenibile angoscia e tristezza nei
suoi riguardi, tanto da sentirsi spinte a pregare intensamente per la sua
salvezza eterna, tormentate da un’inspiegabile compassione. Succede oltretutto
che certe indiscrezioni dai sacri palazzi confermino ulteriormente tale
straziante impressione. Qualcuno gli fa trovare sulla scrivania il
libro-intervista di un noto vescovo di orientamento tradizionale accompagnato da
un eloquente biglietto su cui ha scritto pressappoco: «Leggi, che ti farà bene.
La morte si avvicina sempre più. È ora di convertirsi». Anziché lasciarsi
toccare da quell’estremo, sebbene un po’ insolente appello, il destinatario reagisce
in modo piuttosto scomposto e ben poco consono al suo stato; poi fa chiamare il
capo della gendarmeria ingiungendogli di scoprire il responsabile.
A cuori sensibili, probabilmente per un dono di grazia, è dato di
percepire qualcosa dell’indicibile inquietudine di qualcuno che s’appressa al
grande passaggio, a quanto pare, senza l’aiuto della retta fede trasmessaci dai
padri, ma con un misto di credulità infantile e superstizione popolare che ne
allontana il più possibile il pensiero e s’aggrappa alla vita con la caparbietà
di un disperato. A ciò fa pensare la risposta ricevuta da chi, al termine delle
esequie del predecessore, l’ha garbatamente invitato ad assistere alla sua
tumulazione: «Io non vado giù con il morto». La singolare intuizione di tale
sentimento altrui, sul momento, può esser scambiata per un repentino attacco
depressivo, che tuttavia non ha alcuna ragion d’essere; in realtà è proprio un
misterioso vibrare insieme, per simpatia, di anime per altri aspetti
lontanissime, ma che la grazia soprannaturale, sorprendentemente, unisce con un
santo affetto.
Chi avrebbe mai creduto di ritrovarsi a scrivere qualcosa del
genere? Se uno si lascia guidare da Dio, d’altronde, sperimenta una lenta ma
radicale trasformazione delle sue disposizioni interiori: non conta più ciò
ch’egli sente e desidera, ma ciò che pensa e vuole Lui. La progressiva
spoliazione dell’io, realizzata non per virtù propria, bensì per effetto di
successive, dolorose purificazioni, sfocia in una resa totale alle disposizioni
divine, che sorprende il soggetto stesso. Il Signore è glorificato più dalla
conversione di un’anima che non dal castigo che dovrà altrimenti infliggerle;
chi Lo ama sinceramente, bramando di compiacerlo quanto può, ne asseconda ogni
ispirazione con letizia, per quanto risulti contraria alle inclinazioni
personali. Se poi diverse persone ricevono la stessa indicazione, sarebbe
quanto meno presuntuoso disattenderla in nome delle proprie idee.
La carità non ha confini né bada alle conseguenze. Quanti sono
troppo attaccati alle proprie opinioni giudicheranno questa riflessione come un
vaneggiamento spiritualistico o, peggio, come schermo di una vile svolta
opportunistica mascherata da pii sentimenti. Anche molti cattolici fedeli,
purtroppo, si son lasciati contagiare da uno spirito – niente affatto cristiano
– d’odio, rancore e ribellione, che li ha fatti scivolare in atteggiamenti e
condotte tipicamente settarie. A noi basta la testimonianza della coscienza, la
quale, totalmente aperta a Dio, è immersa in una pace imperturbabile, resa
ancor più forte e profonda dall’ardente desiderio di procurare la salvezza
eterna di colui di cui parliamo. Non c’è nulla che la preghiera, associata al
sacrificio, non possa strappare alla misericordia del Signore, specie quando è
in gioco la sorte definitiva di una creatura fatta a Sua immagine e chiamata al
Suo servizio nella Chiesa, Sua Sposa diletta.
Vorremmo davvero che questo scritto non suscitasse l’ira
dell’interessato, non però per interesse individuale, bensì per il bene
dell’anima sua. Di fronte al giudizio divino, ogni altra considerazione deve
cedere il posto al pentimento e alla contrizione, lasciando da parte le
fantasie gnostiche degli amici apparenti che, sfruttandone il narcisismo, manovrano
qualcuno che han collocato in posizione di potere. Il vero amore si
contraddistingue invece per l’audacia e la gratuità, incuranti dei rischi che
fan correre a chi lo nutre; è perciò del tutto ragionevole e conveniente
ascoltare le raccomandazioni da esso ispirate anziché i complimenti
manipolatori degli adulatori. Al buon senso sembrerà da folli esporsi così
senza la minima garanzia di successo, ma la carità – lo ribadiamo – non fa
previsioni né calcoli: essa non sa far altro che osare.
Altri considereranno questo scritto temerario, poco realistico o
niente affatto umile; non importa, se può contribuire alla salvezza di
un’anima. Non sappiamo come esprimerci meglio: un inspiegabile affetto ci
spinge a parlare, pregando e offrendo al contempo. Se si trattasse del proprio
padre, quale cattolico fedele non sarebbe divorato dall’ansia della sua eterna
salvezza? La grazia trascende però i sentimenti naturali e dilata il cuore in
direzioni insospettate, infiammandolo di quell’amore di cui arde il Cuore
divino del Redentore, sempre palpitante nel Santissimo Sacramento dell’altare.
Chi si inginocchia regolarmente davanti a Lui non può sfuggire a tale effetto,
a meno che la sua fede non sia del tutto spenta, la speranza inaridita, la
carità soffocata… cosa che può accadere a chi idolatra le proprie convinzioni e
ha fatto della critica spietata la ragione della sua esistenza.
Come rivolgerci a Lei, Beatissimo Padre, senza apparire insolenti
né inopportuni? Se altre volte ci siamo espressi con scarso rispetto, è stato
perché l’amore per Gesù Cristo e per la Chiesa ci ha fatto bruciare di sdegno e
oltrepassare i limiti della giusta deferenza. Ora che questo amore è purificato
dalle umane passioni, Gliene chiediamo umilmente perdono, sia pure
nell’ardimento di chi, come un bambino, osa sperare in un benevolo ascolto. Non
ricusi questo appello filiale, che ci tirerà addosso una valanga di critiche da
parte degli odierni farisei, neodonatisti e neopelagiani, ma ci procurerebbe,
qualora fosse esaudito, un motivo di immensa felicità. Qui non Le parla
l’interesse di un gruppo che si consideri privilegiato e separato dagli altri,
ma l’affetto del Popolo di Dio, che ama i suoi Pastori e desidera il meglio
anche per loro, oltre che per sé.
A chi potremmo, altrimenti, indirizzarci sulla terra? In cielo
abbiamo miriadi di intercessori, certo, ma qui abbiamo bisogno di guide sicure
e affidabili. Quale migliore coronamento di un’esistenza che il render felice
il proprio innumerevole gregge, in questo momento così smarrito, confuso ed esasperato?
Come ci si può preparare a lasciare questo mondo senza mettere in ordine gli
affari della propria casa, così che la prosecuzione della vita avvenga nel
migliore dei modi? Sappiamo bene che le tensioni e le spinte disgregatrici sono
molto forti in un senso come in quello opposto, ma qui non abbiamo a che fare
con un organismo mondano, bensì con il Corpo Mistico di Cristo, il cui
principio di esistenza e di coesione è soprannaturale, pur richiedendo
l’elemento umano. La partecipazione dell’uomo all’opera di Dio è quanto di più
nobile e sublime si possa realizzare.
La notte del tradimento e del rinnegamento, Gesù si rivolse a Giuda
per dimostrargli di conoscerne le trame, a Pietro per predirgli il cedimento.
L’uno disperò del perdono e si tolse la vita; l’altro si lasciò interpellare
dallo sguardo del Signore e scoppiò in lacrime di salutare pentimento. Ricevere
una grazia simile è qualcosa che strazia l’anima di dolore, ma al tempo stesso
la purifica da ogni colpa, infondendole altresì una fiducia incrollabile nella
Sua misericordia. Non daremmo niente al mondo in cambio di tale esperienza; per
questo, chiedendo venia per l’audacia, osiamo supplicarLa di non opporle un
rifiuto. «Tu, una volta tornato sui tuoi passi, conferma i tuoi fratelli» (Lc
22, 32) nella fede e nella grazia: rinvigoriscili, rassicurali, incoraggiali,
confortali.
Recordare, Iesu
pie, quod sum causa tuae viae: ne me perdas illa die.
Amen
RispondiEliminaCarissimo padre, questa sete per la salvezza dell'anima di colui che, nonostante i vaneggiamenti più o meno consapevoli dei settari, è stato chiamato ad essere Successore di Pietro (e quindi Pater Patrum, Vicario di Gesù Cristo), è davvero la "pietra d'inciampo" tra chi ama autenticamente la Santa Chiesa, e si sforza di fare la propria parte da membro vivo del Corpo Mistico, e chi invece maschera la propria appartenenza ad un'ideologia, pur se infiocchettata da incenso e Tradizione.
RispondiEliminaTutto è possibile a Dio, e ormai da oltre sessant'anni, in mezzo alle fazioni più distruttive, a chi ha avuto l'immensa grazia di capire e di voler servire nella Vigna è richiesto di riparare alla superbia, all'ira, a tutti i vizi che stanno alla base del progressivo decadimento dell'autorità nella Chiesa.
Affidiamo a San Giuseppe, Protector Sanctæ Ecclesiæ, ai Beati Pietro e Paolo questa intenzione, che dovrebbe animare ogni sincero cattolico nei riguardi del Sommo Pontefice, in ogni tempo. Umilmente ma fieramente da figli e soldati di Cristo, nella Chiesa militante.
«O Verbo dolce, Figlio di Dio, tu hai riposto il tuo sangue nel corpo della santa Chiesa e vuoi che ci sia amministrato per le mani del tuo vicario.
Perciò è stolto colui che si allontana e agisce contro questo vicario che tiene le chiavi del sangue di Cristo crocifisso.
Anche se fosse un demonio incarnato, io non devo alzare il capo contro di lui, ma sempre umiliarmi chiedendo il sangue per misericordia: perché in altro modo non lo potete avere, né in altro modo potete partecipare il frutto del sangue. Vi prego, dunque, per l’amore di Cristo crocifisso, che non operiate mai più contro il vostro capo» (Santa Caterina da Siena, Lettera 28, a Bernabò Visconti, signore di Milano).
Un caro saluto in Jesu et Maria
Caro padre Elia, mi unisco di cuore alla sua preghiera
RispondiEliminaCaro Don Elia, ma lei sa per certo che l' Interessato la legga? Perché sarebbe una vera notizia!!
RispondiEliminaNon l'interessato in persona, ma i suoi collaboratori.
EliminaScusi Padre, non la disturberò più, ma è talmente evidente che Bergoglio non è cattolico nel senso tradizionale del termine, che temo sia veramente impossibile una sua conversione. Se segue una religione può essere forse quella noachide, cioè quella che stanno proponendo come nuova religione "cattolica" nel senso letterale del termine che significa universale. E naturalmente in coscienza si sente già a posto. Perciò penso che non ascolterà mai la voce del Signore nel caso improbabile in cui lo chiamasse alla conversione.
RispondiEliminaOremus. Pro omnibus.
RispondiEliminaBellissima riflessione, davvero sublime. Le voglio bene padre.
RispondiEliminaPreghiamo, speriamo e crediamo che sia davvero possibile questa conversione! Niente è impossibile a Dio, e se lo supplica la Sua Santa Madre Egli ascolterà le nostre povere preghiere. Chissà che non sia proprio questo il Santo Padre che una profezia ha visto distrutto e affranto percorrere le vie di Roma in rovina...
RispondiEliminaPur condividendo la preghiera e l'intenzione alcuni passaggi dell'articolo mi sono un po' indigesti questo probabilmente perché non sono disposto ancora a perdonare l'incredibile male che gli uomini di chiesa, a cominciare dal vertice, hanno fatto in questi ultimi due tre anni avallando sacrilegi liturgici ed eucaristici e vaccini mortali. In questo momento e' per me già tanto pregare per la sua conversione spero che il Signore mi dia la forza di andare oltre come ha fatto con lei.
RispondiEliminaRivolgersi all'interessato mi sembra inutile e presuntuoso. Mentre pregare è riparare è doveroso (nonostante le nostre enormi miserie)
RispondiEliminaGrazie don Elia, una riflessione che ha aiutato anche me, sta aiutando anche me. Dio, con il suo sguardo oggi mi ha permesso "un salutare pentimento"
RispondiEliminacaro don Elia, l' l'interessato non riuscirebbe a leggere più di 2 righe. Fraternamente, Le dico che questo pezzo come altri (non tutti) risulta troppo prolisso, e su un formato illeggibile che costringe a sforzare gli occhi. Lo dico non perchè l'interessato legga "lascuredielia" (lui guarda la T.V., al massimo guarda i titoli di "Repubblica") ma per una maggior diffusione del blog a favore di fedeli che cerchino bussole e riferimenti. Lei pensava ad un tempo di silenzio? Giusto, non si senta costretto, come fosse un giornalista, alla produzione di un chilometrico brano ogni settimana, ricorrendo l'attualità su temi che spesso padroneggia, a volte no. Ai parrocchiani potrebbe invece segnalare autori della Tradizione, donare citazioni di opere come l'Imitazione di Cristo, educarli alla diffusione di buona stampa. Lo dico augurando che il Suo messaggio arrivi a più anime. Con queste modalità saranno sempre le solite decine. Poche decine che poi si stancano.
RispondiEliminaLo scopo di questo sito è condividere riflessioni per lo più scaturite dalla preghiera e miranti a dare orientamento in questo tempo così confuso. Anche se ciò può occasionalmente capitare, il fine precipuo non è quello di fornire citazioni letterarie o indicazioni bibliografiche. I testi, poi, seguono lo sviluppo necessario all'argomentazione; quando un discorso si amplia eccessivamente, lo divido in due o tre articoli consecutivi.
EliminaCarissimi, rispondo globalmente alle vostre osservazioni, alcune delle quali trovano già risposta in altri commenti, come quello che riporta la stupenda citazione di santa Caterina da Siena e quello che ci rammenta che nulla è impossibile a Dio.
RispondiEliminaLa carità si fonda sull'umiltà; quanto maggiore desidera essere la prima, tanto più profonda deve essere la seconda. Ciò fa sì che una complessiva disposizione soprannaturale sostituisca i sentimenti (e risentimenti) umani.
Chi è animato da vera carità rinuncia ad offendere l'avversario, ma al contrario lo onora; rinuncia a voler dirimere questioni che non sono di sua competenza, ma si basa sulla situazione di fatto; rinuncia a pretendere di discernere l'interiorità di un altro, ma la rispetta sapendo che Dio solo la vede; rinuncia soprattutto, infine, ad anticipare il giudizio divino sulle anime, cosa che denota suprema superbia.
La mia sollecitudine è che nessuno, col pretesto di difendere la fede e la morale, si ponga fuori della Chiesa e si separi da Cristo.
Io la prego invece, caro don Elia, di voler continuare a scrivere. Non sempre sono stata concorde con lei. Se mi fossi fidata di lei, avrei salvato i miei cari
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