Quale via d’uscita ?
Et dabo pueros principes eorum, et effeminati
dominabuntur eis (Is 3, 4).
«Darò loro come capi dei fanciulli ed
effeminati li domineranno». La lapidaria affermazione di Isaia fotografa una
situazione tipica di ogni epoca di decadenza. Disorientamento, insicurezza e
disordine sociale hanno una causa comune: «Gerusalemme va in rovina e Giuda
crolla perché la loro lingua e le loro imprese sono contro il Signore, così da
provocare la vista della sua maestà» (Is 3, 8). Popoli un tempo cristiani
continuano a offenderlo in modo gravissimo in parole e opere, dopo aver
respinto la Sua signoria sul mondo e preteso di autodeterminarsi in tutto
prescindendo dalla Sua legge: come possono aspettarsi conseguenze positive? Il
fatto più umiliante è l’essere tiranneggiati da ragazzini e pervertiti, cioè da
individui così immaturi da esser privi di qualunque scrupolo morale e, proprio
per questo, perfettamente adatti a servire da strumenti della tirannia occulta.
È la seconda categoria, in particolare, a rivelarsi il bacino più ricco di soggetti
instabili e insicuri, assetati di conferme da parte di chi incarna ruoli
assimilabili a quello paterno, dove pescare burattini manovrabili a piacimento,
per il narcisismo, l’arrendevolezza e la ricattabilità che li caratterizzano, da
piazzare in posti di comando (soprattutto nella Chiesa) per preparare il regime dell’Anticristo.
Chi, del resto, non dà al Creatore
l’onore e l’obbedienza che Gli sono dovuti finisce col tributarli a creature
che non li meritano affatto. Emblematico, in questo caso, è il caso di Erode
Antipa, figlio del sanguinario autore della strage degli Innocenti, tetrarca
della Galilea dal 4 a.C. al 39 d.C. Nel prendersi la moglie del fratellastro Filippo
dopo aver ripudiato la propria, egli aveva offeso Dio in maniera
particolarmente grave e notoria, trattandosi di un regnante. Ricevuto il trono
per conto di Roma all’età di appena diciassette anni, aveva imparato dal padre
a sfruttare la propria posizione come
mezzo di affermazione personale sotto l’egida di una potenza straniera e, al
pari di lui, era stato uno strumento del castigo divino per l’intepidimento
della fede e gli accomodamenti con i pagani. San Giovanni Battista era stato da
lui imprigionato per istigazione dell’empia Erodiade, che non ne sopportava gli
infuocati rimproveri, i quali avevano fatto breccia nella coscienza del
concubino e rischiavano di mettere in crisi l’illegittima convivenza. Il
profeta, tuttavia, continuava a predicare anche dal carcere e il tentennante
Erode, pur senza decidersi ad abbandonare il peccato, lo ascoltava volentieri
(cf. Mc 6, 17-20).
Ecco però presentarsi l’occasione
favorevole all’adultera. Com’è noto, il giorno del genetliaco reale la figlia di
lei Salome, danzando davanti al sovrano, ne cattura la sensualità e gli strappa
la promessa di concederle qualsiasi cosa, fosse pure la metà del suo regno. La
ragazzina, imbeccata dalla madre, chiede la testa di Giovanni Battista e il re,
per non deludere gli invitati, lo fa decapitare (cf. Mc 6, 21-28). Molto
interessante è il fatto che san Matteo, narrando il medesimo episodio, per
designare il giuramento di Erode scelga un termine caratteristico della pubblica
professione di fede (homologéō, Mt
14, 7; cf. Mt 10, 32; Lc 12, 8), che ha per oggetto Cristo ed è necessaria alla
salvezza (cf. Rm 10, 9-10). L’Evangelista sembra insinuare che il personaggio
in questione, con la propria condotta, abbia rinnegato la vera fede, che
comporta l’obbedienza a Dio; non rendendo a Lui l’ossequio che Gli spetta, egli
finisce col prestarlo ad una ragazzina, la quale, manovrata da una regista
defilata, diventa suo malgrado l’ago della bilancia in una decisione di gravità
inaudita, per di più gravida di conseguenze politiche e religiose.
Anche oggi, analogamente, occulti poteri
si servono, per realizzare i propri nefandi progetti, di giovanotti privi di
coscienza. Una società che non offre a Dio l’onore e l’obbedienza che Gli deve
si ritrova così sottomessa a soggetti altamente incompetenti e facilmente
corrompibili, vista la loro spiccata amoralità. I rischi non riguardano
soltanto la sfera economica, nella quale la catastrofe in corso potrebbe
provocare, oltre a un ulteriore smantellamento dell’apparato produttivo con la
svendita o il fallimento delle aziende ancora in nostro possesso, anche la
liquidazione della maggior ricchezza del Paese, il risparmio privato, per la
cui entità siamo i primi al mondo ma che, già compromesso per il crollo di certe
banche, vittime di speculazioni ignominiose, è altresì minacciato
dall’inattività forzata, che sta costringendo milioni di italiani a metter mano,
per poter vivere, a quanto messo da parte in anni di sacrifici. Il pericolo,
appunto, non si ferma qui: ad esser minacciata è la nostra stessa salute, la
nostra stessa libertà, la nostra indipendenza: la pretesa “pandemia” è un
ottimo pretesto per imporre vaccinazioni forzate, controlli sugli spostamenti,
ingerenze politiche… in una parola, per realizzare una svolta totalitaria
diretta dall’esterno. Sono l’abbandono di Dio e il rinnegamento pratico della
fede che ci han condotto in questo tunnel di cui non si vede l’uscita; sembra
un incubo cinematografico fattosi di colpo realtà.
Il fondamento ultimo della società
umana, cioè il comune riconoscimento del Creatore e delle Sue leggi, è da tempo
venuto meno, proscritto dal laicismo; ora persino la pubblica professione della
fede da parte dei cattolici è impedita, benché già prima fosse in molti casi
carente, parziale o addirittura deformata. Come pensiamo di venirne fuori se
non tornando tutti, come Nazione, unanimemente e apertamente, a Dio? Ma come
può avvenire questo, se non riprende anzitutto il culto pubblico della Chiesa,
unica maestra di verità salvatrici? Come possiamo liberarci dalla dittatura
finanziaria, politica e culturale, se i Pastori stessi hanno commesso
un’apostasia pratica ponendo la salvaguardia della vita terrena al di sopra
della salvezza delle anime, la salute fisica al di sopra di quella spirituale,
le ordinanze degli uomini al di sopra delle leggi divine? Perché il Salvatore
dovrebbe muoversi a pietà di noi, se continuiamo a rinnegarlo in modo così
sfacciato? Si è smesso di santificare il Suo giorno tenendo aperti i negozi
anche di domenica – e poi sono rimasti chiusi per settimane; anziché recarsi in
chiesa, si andava a far la spesa – e ora, per mangiare, si è costretti a file
estenuanti. È proprio per disintossicare gli uomini dal materialismo ripiegato
sul godimento effimero che il Maestro, prima di moltiplicare i pani e i pesci
per sfamarla, istruì a lungo la folla affaticata come pecore senza pastore (cf. Mc 6, 34).
Sanctificetur nomen tuum, adveniat regnum tuum, fiat
voluntas tua… Quando si recita la preghiera del
Signore, si blaterano parole vane o ci si rende conto di ciò che si dice? Il
nome del Padre è forse onorato come si deve nella società e nella Chiesa
attuali? Il mondo si sta disponendo all’avvento del Suo regno o piuttosto a
quello dell’Anticristo? Quante leggi dello Stato violano in modo gravissimo i
Suoi comandamenti, anche grazie all’acquiescenza dei “cattolici”! Pensiamo forse
di poter fare la Sua volontà rassegnandoci per inerzia a tale situazione?… Possiamo
lasciare che gli esseri umani continuino ad esser sterminati nel grembo materno
e utilizzati nell’industria cosmetica e in quella farmaceutica, o ad esser
concepiti in laboratorio, congelati e sfruttati come materiale biologico per il
progresso della “scienza”? Possiamo chiudere gli occhi, come degni continuatori
del regime nazista, sull’eliminazione silenziosa di malati e anziani negli
ospedali o sulla selezione prenatale dei disabili? Possiamo ancora permettere
che tanti bambini siano sottratti ai genitori per essere affidati a coppie di
sodomiti o ad associazioni che speculano sulla loro pelle con la complicità
delle istituzioni “civili”? Possiamo abbandonare i nostri figli, con il
pretesto dell’educazione sessuale, all’indottrinamento
della perversione?
Si potrebbe continuare a lungo, ma la
conclusione è una sola: il nostro popolo merita castighi ben più severi di
questo, che è solo un avvertimento del Cielo. Non dimentichiamo tuttavia che,
se avere per governanti ragazzini e pervertiti è conseguenza delle colpe dei
cittadini, una sincera e corale conversione può ottenere da Dio la grazia di
esserne liberati. I primi a convertirsi devono essere i Pastori, così da
smettere di tacere la verità, di predicare l’errore, di indurre i fedeli al peccato
grave, di commettere sacrilegi concedendo l’Eucaristia a chi non è in stato di
grazia, di ridurre la Messa a volgare parodia, di scimmiottare gli idoli dello
spettacolo, di violare la santità del loro stato con una condotta indegna… Ma pure
gli altri devono cambiare vita, dal primo all’ultimo, per cominciare finalmente
a praticare la legge divina nella castità, nell’onestà, nell’obbedienza,
nell’abnegazione, nella perseveranza, così da non calpestare più la grazia
incommensurabile della Redenzione e del Battesimo. Occorre scuotersi dall’assuefazione
ai peggiori abomini che la storia umana abbia prodotto e opporvisi con forza
senza temere le reazioni dei nemici di Dio, che in mancanza di ravvedimento saranno
spazzati via per lasciare il posto ai Suoi eletti; non sappiamo però fin dove si
dovrà giungere prima che questo avvenga: per questo, preghiamo più che mai.
Ecclesiae tuae, quaesumus, Domine, preces placatus admitte:
ut, detructis adversitatibus et erroribus universis, secura tibi serviat libertate
(Ti preghiamo, Signore: accogli placato le preghiere della tua Chiesa,
affinché, distrutti tutti gli errori e le avversità, ti serva con una libertà
senza timore; Oratio contra persecutores Ecclesiae).
Buonasera don Elia,
RispondiEliminaso che quello che sto per dire potrebbe sembrare mancanza di fiducia nella Grazia,ma non credo che questa umanità perversa e alla deriva e questa "chiesa" altrettanto alla deriva e nell'apostasia torneranno indietro spontaneamente. Il punto di non ritorno è stato superato abbondantemente e da tempo.
Le cose cambieranno certamente, il Signore vince sempre e il trionfo del Cuore Immacolato di Maria si realizzerà infallibilmente ma, lo ripeto, almeno a mio parere, non spontaneamente.
Se consideriamo il coronavirus un castigo non abbiamo ancora visto nulla, purtroppo. Umanamente parlando c'è da temere il peggio.
P. S. Ho scritto un post sul precedente articolo e le sarei grato se mi rispondesse. La ringrazio.
Alla fine dell'articolo, anch'io osservo che l'epidemia è solo un avvertimento, dato che meritiamo castighi ben peggiori.
EliminaQuanto al carattere spontaneo o meno del cambiamento, nella società e nella Chiesa, non dobbiamo dimenticare che ci sono sempre due fattori in gioco: la Provvidenza divina e la libertà umana. La prima dispone eventi e circostanze in modo tale da spingere gli uomini a ravvedersi; la seconda deve compiere, sotto l'azione della grazia, una scelta che renda possibile una conversione sincera e non forzata. Per questo non possiamo accontentarci di attendere la catastrofe purificatrice, ma dobbiamo fin d'ora chiamare le coscienze a ravvedersi, così che il castigo raggiunga l'effetto voluto e non risulti vano.
Fra l'altro, uno degli indizi per distinguere le false rivelazioni da quelle vere è il fatto che le prime si limitano generalmente a terrorizzare la gente con annunci di sciagure imminenti, le seconde mirano a suscitare una radicale revisione di vita.
La Confessione Meditazione di Padre Massimo Malfer Esorcista
RispondiEliminahttps://www.youtube.com/watch?v=5Y7c41Izmpg&feature=youtu.be
Grazie don Elia,
RispondiEliminanon intendevo dire che bisogna aspettare inerti il castigo,senza provare,noi per primi, il ravvedimento.
Intendevo dire,osservando i segni dei tempi,che non mi aspetto,dalla società nel suo insieme,una risposta positiva.
Il Signore la benedica.
Continuiamo a pregare.
RispondiEliminaBuona parte del clero ha perso la fede: il suo genoma deista e m assonico è composto di stringhe kantiane hegeliane schleiermacheriane ed ecolatreutiche.
Che mi stiano alla larga. Vigliacchi disertori.
Riccardo
Alessandro VII e la peste del 1656: salus publica suprema lex
RispondiEliminahttps://www.breviarium.eu/2020/03/06/alessandro-vii-peste-1656/
Alessandro VII e la peste del 1656
https://www.radiospada.org/2020/04/alessandro-vii-e-la-peste-del-1656/
La ringrazio per non avermi cassato Don Elia.
RispondiEliminaImploro dal Signore, intercedente la Santissima Vergine, la grazia di non disperare, ma mi pare di aver superato il limite della sopportazione.
Partecipare alla messa (a quella che dovrebbe essere la SANTA MESSA) dalle mie parti, è per me una sofferenza indicibile.
Con la pandemia Dio a sottratto alla pretaglia neo modernista e luteraneggiante, gli altari e gli amboni dai quali hanno maltrattato e corrotto la fides quae e la fides qua.
Ma mi chiedo: i cittadini cristiani e praticanti di Terni che nel duomo partecipano all'Eucaristia riescono a sopportare la vista di quell'affresco?
Altro che perdita del centro: qui si è imboccata, dritta dritta e bella larga, la strada che mena da Lucifero.
CHE MI STIANO ALLA LARGA: se mi devo dannare ci riesco benissimo da solo.
Carissimo Riccardo, non bisogna mai disperare, perché il Signore non ci lascia mai privi delle grazie di cui abbiamo bisogno, purché non siamo noi a privarcene.
EliminaSe Lei sta a Terni, cerchi o una Messa NO degnamente celebrata (per esempio - da quel che sento dire - a Santa Maria dell'Oro) o una Messa VO (a Norcia, sebbene sia un po' lontano, oppure a Vigne di Narni, rimanendo però vigilante, in quest'ultimo caso, a certi aspetti della predicazione).
Carissimo don Elia,di fatto questa gerarchia si è resa scismatica nel suo vertice e nella continuità apostolica cedendo completamente alla autorità politica, anche ciò che non gli è stato richiesto. Alla luce di tutto ciò le chiedo: se non potessi partecipare ad alcuna liturgia nel solco della tradizione cattolica e del Magistero, con il rischio che addirittura la messa possa essere, oltre che invalida,sacrilega, sono esentato dal precetto festivo? Ed in tal caso come devo comportarmi per non cadere in peccato?
RispondiEliminaCarissimo, non possiamo fare di ogni erba un fascio: una parte della gerarchia, probabilmente, si è resa scismatica per diversi motivi, ma in ogni caso non sta a noi stabilirlo. Molti vescovi stanno subendo le imposizioni governative perché non sono coperti dall'alto.
EliminaRiguardo alla Messa, che sia invalida è un'eventualità remota; qualora lo fosse, un fedele che non lo sapesse adempirebbe comunque il precetto festivo, perché ciò non dipenderebbe da lui e non sarebbe tenuto ad accertarlo, a meno che ciò non constasse in modo indubitabile (per esempio, per una modifica della forma del sacramento, cioè, in questo caso, delle parole della consacrazione). Un fatto frequente, invece, è purtroppo la modalità sacrilega in cui la Messa è celebrata, ma neanche in questo caso il fedele ne è responsabile; qualora però sia qualcosa di intollerabile, raccomando di cambiare Messa o chiesa. Mi sembra difficile che non si riesca a trovare, a una distanza ragionevole, nemmeno una Messa celebrata in modo almeno decente.
Grazie della risposta, ma voglio spiegarmi meglio. Domenica 24 per partecipare ad una Novus Ordo Missae dovrei per prima cosa recarmi in chiesa mezz'ora prima, visto il contingentamento, indossare una mascherina nascondendo il mio volto al Signore, disinfettarmi le mani all'ingresso, prendere la comunione in mano da un ministrante che indossa guanti di lattice che ha sterilizzato. Se non c'è posto dentro resto fuori, in macchina? In piedi a distanza? Lei mi dirà di fare la comunione spirituale magari presentandosi davanti al sacerdote inginocchiandosi soltanto (cosa che conto di fare), ma mascherato davanti al Santissimo proprio no.
EliminaOvviamente cercherò una liturgia VO Summorum Pontificum che comunque dovrà adattarsi, sia pure parzialmente, alle disposizioni della Cei. Concludo dicendo che le imposizioni governative non assolvono i vescovi che non hanno detto una parola né sotto il profilo liturgico (la Congregazione per il Culto Divino avrebbe potuto intervenire), né sotto il profilo pratico sanitario (misure assolutamente ridicole che terranno lontani la metà dei fedeli). Mons. D'Ercole ha comunque parlato, come pure Viganò ed il cardinal Sarah ed altri vescovi avrebbero potuto opporsi. Le celebrazioni saranno una babele, il disorientamento sarà,oltre che grave,anche vasto.
Sulla comunione conto di scrivere qualcosa a breve. Di solito consiglio di chiedere a un sacerdote fidato la comunione fuori della Messa.
EliminaI vescovi non sono certo esentati da ogni responsabilità rispetto alle disposizioni governative, dato che basterebbe loro esercitare la propria giurisdizione sui luoghi di culto; ho semplicemente osservato che anche quelli in disaccordo sono indeboliti dal fatto di non essere sostenuti dalla Santa Sede.
RispondiEliminaSegnalo:
http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/cultura-e-filosofia/chiesa-cattolica/8947-l-appello-di-mons-c-m-vigano