Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 29 giugno 2019


Tolleranza, approvazione, incitamento




Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio (Mt 5, 8).

La mentalità moderna, forgiata dall’ideologia della Rivoluzione Francese, impone a priori di essere tolleranti su qualsiasi cosa, a prescindere da qualunque criterio morale. Un principio del genere, di conseguenza, si dimostra privo di ogni riferimento che non sia l’arbitrio individuale e si rivela pertanto un pernicioso germe di anarchia totale. Del resto non poteva accadere diversamente, dato che tale concetto di tolleranza è corollario dell’idea di una libertà non regolata dal vero né orientata al bene, di una fraternità che pretende di affermarsi uccidendo il padre comune e di un’eguaglianza appiattente in quanto priva del necessario fondamento ontologico, l’uguale dignità di natura che appartiene a tutti gli uomini, ma che non esclude differenze nelle doti fisiche o intellettuali, negli stati di vita o nelle competenze culturali, nelle cariche ricoperte o nei meriti personali, nei diversi gradi del carattere sacramentale o nelle speciali grazie conferite ad alcuni. Le menti plagiate da questa visione artificiale finiscono col vedere la realtà attraverso una lente deformante e con l’imporre violentemente agli altri, in nome del “progresso”, i propri volubili capricci.

Una tolleranza così intesa, una volta assunta dall’autorità come regola dell’agire, viene facilmente scambiata per un’approvazione dei comportamenti illeciti. Nella disposizione psicologica dell’uomo comune, il cui intelletto è offuscato tanto dal peccato originale quanto dagli errori cui ha acconsentito, l’omissione del giusto intervento e della correlativa pena da parte di chi ne ha il dovere, che sia a livello civile o religioso, è interpretata come un’autorizzazione a commettere reati e peccati. Se poi chi dovrebbe vigilare sui comportamenti altrui onde impedire il male, in nome di un falso concetto di libertà, dà ad intendere di non volerlo fare, il delinquente o il peccatore si sente ulteriormente incitato ad attuare i suoi propositi disordinati e a perseverare nella sua cattiva condotta (specie se si tratta di un immigrato al quale – non si sa in base a quale privilegio – tutto sarebbe consentito). Ciò non accade più soltanto con bambini e adolescenti, ma pure con moltissimi adulti che non sono maturati a livello morale oppure, nell’ebbrezza di una vita senza freni, sono regrediti a quel livello di sviluppo, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti.

Un accenno particolare, in questi tempi di calura estiva, merita l’abbigliamento, soprattutto quello femminile. Nell’elenco dei frutti dello Spirito Santo fornitoci da san Paolo nella Lettera ai Galati, secondo la Vulgata, c’è posto anche per la modestia (cf. Gal 5, 23 Vulg.). Il termine latino designa quella virtù, collegata alla temperanza, che suggerisce la giusta misura in ogni cosa; nella tradizione cattolica, essa è stata applicata in particolar modo all’esposizione del proprio corpo agli sguardi altrui. L’abito è un linguaggio che tacitamente veicola un messaggio; come il turpiloquio corrompe a poco a poco l’animo, i costumi e le relazioni, così l’abbigliamento immodesto fomenta la lussuria tanto in chi lo indossa quanto in chi lo vede. Anticamente, per rispetto dell’autorità suprema, ci si copriva persino le mani, come mostrano i mosaici paleocristiani. Anche se tale uso è superato, vige pur sempre l’obbligo di vestire in modo decente, in modo da non svilire il proprio corpo e da non ferire il pudore del prossimo. Il rispetto è un valore universale; per un credente, oltretutto, è il primo gradino della carità, senza salire il quale è impossibile ascendere ulteriormente. Ma oggi, a quanto pare, né il rispetto né la carità godono di stima effettiva, se non a parole.

Chi va in chiesa, a maggior ragione, deve scrupolosamente interrogarsi sul modo in cui si presenta, non solo per riguardo ai sacerdoti e agli altri fedeli, ma soprattutto per l’onore di Dio. In passato le rappresentanti del gentil sesso erano tenute a coprirsi il capo, visto che la chioma può diventare un fattore di vanità e di seduzione. Oggi, al contrario, ragazze e ragazzine ignare del pudore, oltre che sulla pubblica via, scorrazzano beatamente anche nelle parrocchie svestite come donne di strada. In realtà, i genitori hanno l’obbligo morale di non farle uscire di casa in simili tenute e i sacerdoti quello di non farle entrare nel recinto sacro, ma accade di trovarne finanche sull’altare per le letture o per il servizio liturgico… Tolti gli sciagurati ministri che perseguono scientemente questo tipo di obiettivi in vista di una pretesa promozione della donna nella Chiesa, anche quelli più moderati si limitano a stringere le spalle con un’espressione rassegnata: «Che possiamo farci?… Se diciamo qualcosa, se ne vanno e non tornano più».

La domanda, semmai, dovrebbe essere: «Che ci vengono a fare, visto che qui non ricevono alcuna educazione e che, al contrario, si sentono confermate e incitate a continuare così?». Se qualcuno, vivendo sulla Luna, volesse ancora accampare la scusante che sono fanciulle innocenti, dovrebbe informarsi un pochino sulle abitudini di adolescenti e preadolescenti, spesso all’avanguardia sia nella fruizione che nella produzione in proprio di pornografia. Cosa non si riesce a fare con un cellulare, al giorno d’oggi! Si rimane annichiliti ad ascoltare certi racconti: la realtà supera l’immaginazione. In un contesto del genere, l’enorme dispiegamento di forze richiesto dall’organizzazione di centri e campi estivi non porta assolutamente alcun frutto, se non in peggio, specie se i ragazzi vengon regolarmente portati in parchi acquatici dove il caldo e l’eccitazione generale non possono non avere precisi effetti psicofisici. L’estate – soleva ripetere don Bosco – è la vendemmia del diavolo; ma non siamo più nell’Ottocento, che diamine! Adesso gli dan man forte pure i preti.

Educare alla purezza e alla modestia è diventato un nuovo tabù, dopo che il Sessantotto ha spazzato via quelli naturali, posti dalla sapienza divina a protezione della dignità umana, specie in ciò che concerne la trasmissione della vita. Quel poco di “religioso” che ancora persiste nelle iniziative parrocchiali, peraltro, è proposto in modo talmente ridicolo e grottesco da diventare per i giovani ulteriore motivo di irrisione della nostra santa fede. Balletti e canzonette, specie se eseguiti da preti, frati e suore, rappresentano per gli adolescenti una gustosissima occasione di esilaranti quanto salaci battute e irriverenze, se non di vere e proprie bestemmie. In questo caso, l’incitamento al peccato è molto più esplicito e diretto, come se non bastasse il resto. Quale risultato di una missione, non c’è male davvero: la gioventù corrotta si sente rassicurata, incoraggiata com’è a perseverare sulla strada intrapresa… quella dell’Inferno. Povere anime! Chi le strapperà alle fauci del demonio? Che cosa mai combineranno, un domani, quando saranno a loro volta genitori?

Ma il clero moderno, che non disdegna di lanciarsi in ignominiose esibizioni da balera, non crede né al diavolo né alla dannazione eterna; non ha idea di cosa sia lo stato di grazia o il peccato mortale e ha abiurato perfino la Presenza reale… La perdita della fede non può condurre se non a esiti del genere, che sono poi il terreno di coltura di una mentalità omosessuale e di una prassi libertina da viveur consumato. Anche in questo caso, la tolleranza dei vescovi finisce coll’essere percepita come un’approvazione e si trasforma in incitamento. Come stupirsi, poi, di tanti scandali? Il prete che esercita il mestiere di animatore da villaggio turistico o, al massimo, di assistente sociale o di “professionista del sacro”, quando stacca dal lavoro si cambia d’abito (se ancora porta quello clericale) e si dedica ai suoi interessi personali… quali, è meglio non approfondirlo. Nessuno, d’altronde, lo ha educato alle virtù sacerdotali, anche perché, di solito, non ha la più pallida nozione del sacerdozio stesso, cioè dello stato e del potere sacri di cui è stato investito con l’ordinazione. Difficile pensare che tale risultato non sia stato deliberatamente ottenuto per mezzo di rettori e professori di seminario.

È sintomatico che il documento di lavoro del sinodo amazzonico previsto per ottobre non utilizzi, riguardo all’assunzione del ministero, il termine ordinare, bensì la parola nominare. La sostituzione lessicale non è casuale, ma denuncia un chiaro slittamento semantico: il prete non farebbe altro che esercitare una funzione di presidenza che non richiederebbe la continenza né comporterebbe un carattere indelebile. Questi sono i frutti di quella sedicente “teologia” tedesca che negli ultimi decenni, per mezzo degli studi e con l’incentivo di fiumi di denaro elargito in “aiuti”, ha ideologicamente colonizzato le diocesi latinoamericane. Invece in seminario qui da noi, quasi trent’anni fa, mi sentii spiegare da un formatore, oggi vescovo, che il celibato sarebbe un carisma collegato alla vocazione sacerdotale: per verificare la seconda, bisognerebbe quindi accertare che uno fosse dotato del primo; come, non ci fu dato sapere.

Già allora i semi della confusione, senza che alcuno trovasse nulla da eccepire, venivano gettati a piene mani. Anzitutto il celibato è uno stato di vita e, in duemila anni, non è mai stato considerato un carisma; in secondo luogo, la dinamica del discernimento vocazionale è esattamente inversa: una volta riconosciuti gli abituali segni della chiamata divina, la disponibilità del candidato a rinunciare al matrimonio, vocazione naturale universale, è garanzia della sua sincera volontà di accoglierla, dato che la continenza perfetta è stata richiesta ai ministri di Dio (anche coniugati) fin dai tempi apostolici e c’è quindi un alto grado di probabilità che non sia una mera legge ecclesiastica, ma una norma di diritto divino. Si tratta comunque di un’esigenza posta ai Suoi ministri dal Signore stesso, o direttamente o tramite la Chiesa: l’esercizio del sacerdozio comporta di per sé la rinuncia all’uso del matrimonio, tanto è vero che anche nella disciplina orientale (che, in deroga a quella originaria, impone ai preti secolari di sposarsi da giovani) nei giorni in cui celebra la divina liturgia il sacerdote deve astenersi dai rapporti coniugali.

Se però un seminarista disprezza il matrimonio, non avvertendo alcuna attrazione per la donna e per la procreazione, dev’essere fermato: una vocazione autentica non nasce da queste false premesse con la copertura del celibato. Ciò non significa certo, all’opposto, che debba necessariamente fare o aver fatto esperienze sessuali, come si pretendeva negli anni Settanta, quando si son formati molti dei vescovi attuali: la continenza al di fuori del matrimonio è un obbligo morale per ogni battezzato, anzi – dato che è di legge naturale – per ogni essere umano. Anche gli sposati devono coltivare la castità propria del loro stato, in modo tale che la loro unione non sia una copertura della libidine, ma un’espressione di amore sempre aperta alla vita.

Le esigenze della carità e le rispettive responsabilità che si sono assunti impongono a genitori e sacerdoti l’ineludibile impegno di educare i bambini, fin dalla più tenera età, alla modestia e alla continenza. Quella della tolleranza è una scusa talmente logora da non essere più tollerabile, dato che ha aperto la strada alla distruzione della famiglia e al crollo della natalità, effetti della degradazione dell’uomo e della donna causata dalle mode immodeste e dalle abitudini lascive, promosse dalla massoneria e da quei magnati ebrei che finanziano cinema, musica e televisione. Se non vogliamo scomparire, dunque, ritorniamo sulla buona strada: basta con la tolleranza come comoda scusa per non fare il proprio dovere; curiamo la disciplina nell’educazione, il rispetto del pudore, la giusta stima sia della castità che del matrimonio.

In questi tempi sciagurati una lussuria ostentata terrà le persone nel peccato e conquisterà innumerevoli anime, che si perderanno. Non si troverà quasi più linnocenza nei bambini né la modestia nelle donne. Nel supremo momento del bisogno della Chiesa, coloro che dovrebbero parlare resteranno in silenzio (la Madonna del Buon Successo a suor Mariana di Gesù, 21 gennaio 1610).


12 commenti:

  1. Avrei due domande da porre:
    1)Ma i preti pregano?Questa domanda(ma lei prega?) mi fu posta da un confessore quando in passato mi trovavo nelle condizioni di non riuscire ad esercitare la virtù della continenza;su suo consiglio,cominciai ogni giorno a pregare il rosario e con la mia debole perseveranza ma grazie all'Amore Materno di Dio "esercitato"dall'intercessione di Maria Santissima,sono riuscito ad ottenere quella "forza"ma anche quella "giusta visione"della sessualità che mi consente di vivere in castità pur essendo laico e non avendo nessuna deviazione!Le chiedo di perdonarmi se parlo della mia esperienza ma penso che,come cristiano cattolico,se mi è stata concessa una grazia,anche attraverso un giusto consiglio,questa debba essere condivisa con altri!
    2)Ma consentire ad un sacerdote di sposarsi risolverebbe il problema della sessualità,della continenza e della castità?
    Oggi i numeri dicono esattamente il contrario:a parte la crescita esponenziale di divorzi e separazioni,sembra che ormai sia diventata un abitudine i regolari rapporti extra coniugali sia da parte dell'uomo che della donna,anche in matrimoni che "sembrano"solidi,ma dove ognuno vive la propria vita indipendentemente dall'altro,e questo purtroppo capita tranquillamente anche in coppie che regolarmente frequentano la messa e i relativi sacramenti!E anche in questo caso(a causa del lavoro che faccio e che mi mette a contatto con diverse persone di varie estrazioni sociali)è frutto della mia esperienza personale!Quindi cosa cambierebbe per un ministro di Dio avere una "moglie"se si trovasse nelle condizioni di cui sopra??(cosa molto ma molto probabile visto la società in cui si vive)
    Avrei anche una terza domanda ma questa è un pò tra il serio e il faceto ed è rivolta al ministro di Dio visto anche come uomo e quindi come "collega":ma sei veramente convito che una moglie ti renda la vita più"semplice"?Lo stesso San Paolo(di cui oggi celebriamo la festa) ammoniva e avvertiva coloro che volevano essere servi di Dio delle problematiche che sorgevano ad avere una moglie, legate soprattutto sul cercare di essere sempre di suo gusto e di compiacerla ed dell'impegno che ciò comporta!
    Sembra che dei tanti sacrifici(croci)che Nostro Signore "regala"a chi ama in modo particolare(cioè ai suoi ministri)quella di dover "sopportare"una moglie con la relativa suocera l'abbia proprio voluto evitare(mi permetta un pò di ilarità in questo momento di totale follia demoniaca!!)

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    1. Grazie per l'opportuna testimonianza personale.
      1) Il ruolo della preghiera al fine di praticare la continenza è fondamentale, sia per ottenerne la grazia, sia per avere una giusta visione della sessualità. Noi sacerdoti, per rimanere fedeli alle esigenze della nostra vocazione, dobbiamo assolutamente pregare molto e curare una buona vita spirituale.
      2) Concedere ai sacerdoti di sposarsi non farebbe altro che complicare enormemente la loro vita, sia perché il matrimonio non è compatibile con la loro vocazione, sia perché la vita coniugale, nello stato di natura decaduta in generale e al giorno d'oggi in particolare, è una sfida non indifferente per tutti, che per essere ben superata richiede la costante preghiera comune degli sposi e molte grazie.

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  2. Agito la coda di paglia, non so se per prima!
    Carissimo padre, la modestia nel vestire è purtroppo esclusa, o quasi, da ciò che troviamo in commercio. Non c'è una via di mezzo tra capi quantomeno succinti, aderenti o appariscenti e delle vere e proprie brutture mortificanti, che la veste di sacco è decisamente più bella a confronto. O sono capi corti, o fasciano, senza dover per forza mostrare la "mercanzia" o vestirsi per la propria vanità. La scelta è tra farlo alla meno peggio e sembrare un silo decorato -male-. Se una persona ha abbastanza denaro per ordinare dei vestiti su misura, il problema lo risolve facilmente, altrimenti le alternative sono sempre quelle...

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    1. Per le donne in difficoltà...

      https://www.facebook.com/moda.modesta1/

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    2. Dando un'occhiata alla pagina, mi sembrano vestiti normali...le maglie non sono a sacco, le gonne evidenziano la vita e i fianchi, i vestiti pure sono aderenti almeno in parte, niente di speciale insomma, niente che non "pratichi" già, eccetto per i pantaloni.
      Non credo - salvo che non debba farlo- che me li toglierò mai, piuttosto troverò qualcosa che copra a sufficienza oltre la schiena; le gonne mi fanno sentire a disagio, osservata e non al sicuro. E non parlo di gonne corte. Sulla modestia nel vestire sono d'accordo, sono piuttosto in disaccordo sulla modalità di farlo notare, perché credo che si sia perso il senso comune del pudore e tuonare contro singole persone "malcapitate" non serve a farlo recuperare (tra l'altro se una vuole trasmettere malizia, lo fa anche imbustata con un sacco nero...) ... Qui la questione è molto più complicata, perché è il rispetto di sé e del proprio corpo che è stato azzerato a livello generale, di quello che questo corpo è chiamato ad essere e rappresenta. Ciò che gli indumenti ed i comportamenti comunicano è "non valgo niente" oppure "voglio usare fino alla fine quello che ho, perché non ho speranza nel domani", ma la radice di questo è più profonda di quello che sembra.
      Un'altra cosa sulla quale non sono d'accordo è sullo "scaricare" la responsabilità della propria e dell'altrui continenza sulle donne, sarà che sono di parte ma non mi va giù... Come ha scritto la signora più in basso, non è che l'uomo sia da meno di questi tempi, vecchio o giovane che sia. Purtroppo non si può accedere ad alcun mezzo di comunicazione senza essere bombardati di immagini quantomeno indecorose... Le tentazioni sono tante e si presentano nei momenti meno opportuni, però se uno per primo non cura la sua vita spirituale, non preserva la sua mente da ciò che la può turbare e non scaccia via i pensieri cattivi invocando aiuto, invece di indugiarci, il sacco nero avrà lo stesso effetto della minigonna.
      Per l'accesso in chiesa, però, l'educazione deve essere impartita da chi di dovere, non dalle anziane che ti insultano, perché se non capisci perché l'abito non è adatto, sentirti in un ambiente ostile non ti aiuta... Poi basta che uno entri senza rispetto, che gli altri prendono subito il cattivo esempio... Una bella cesta di grandi foulard all'ingresso, come a Santa Maria Maggiore (almeno una volta...), potrebbe servire da deterrente, perlomeno per non essere costretti a mettersi addosso un panno non di primo utilizzo...

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  3. I modelli che hanno gli adolescenti oggi, poi, purtroppo li condizionano nel vestire - perché così il mondo li spinge ad essere ciò che il mondo vuole - , sicché il pantaloncino/mutanda è di moda e innocuo, specie se abiti al mare. E se nessuno fa notare che l'abbigliamento non è adatto, finisce che nessuno si pone il problema - per la cronaca, io me lo sono posto dopo un rimprovero presso il collegio nel quale ho abitato. Se aspettiamo che un genitore lo faccia, possiamo decomporci due volte. In chiesa, specie al mare, si tollera di tutto, ma a volte non c'è una via di mezzo nel comunicare che l'abbigliamento non è proprio adatto, pertanto o non si dice nulla o lo si fa con una fermezza che l'ignoranza dell'interlocutore interpreta come un attacco personale e questo si sente ferito. A volte basterebbe cercare di capire chi si ha davanti, se uno che si comporta con malizia o una persona che semplicemente non sa e non ci ha mai pensato - sul perché non sappia e non ci abbia pensato non apro parentesi.
    La situazione dei ragazzi è tragica. Hanno tutto e si buttano via, perché in fondo non hanno niente. Hanno un vuoto affettivo ed educativo -anche religioso- che li fa cadere facilmente in trappola ed io non posso che provare molta tristezza dinanzi a quei comportamenti che sembrano frutto di scelte maturare consapevolmente, ma in realtà non lo sono. Sono ragazzi insicuri, tanto da doversi ubriacare per sentirsi parte del gruppo o per fare o dire quello che da sobri non farebbero o direbbero. Si buttano via e non lo sanno, ma la cosa che mi fa più paura è che lo fanno sempre più precocemente e sempre di più, tanto da rendersi sempre più sordi a ciò che potrebbe richiamarli indietro. La situazione di questi ragazzi e giovani mi addolora tantissimo. Non hanno modelli positivi di quelle virtù che ha citato, modelli lontani e vicini per i quali sentire una sorta di attrazione spirituale che faccia venire loro voglia di assomigliare loro. La modestia (forzata) e la continenza (si spera) spesso vengono associate a certi "ghetti" in cui alcuni si chiudono volontariamente, ghetti popolati da banalizzazione, sentimentalismi, dallo stare insieme fine a se stesso (che dentro non lascia nulla), per i quali gli esterni non provano attrazione, poiché è tutto lasciato all'uomo e a Dio non si lascia fare nulla.La relazione e l'incontro si sono spostati su un piano orizzontale, solo tra uomini, con tutte le conseguenze che ne derivano. Chi dovrebbe parlare delle cose di Dio si vergogna di farlo per non essere impopolare, o per non innescare la fuga del gregge, di conseguenza la bellezza di certe virtù non viene trasmessa e viene nascosta a chi più dovrebbe conoscerla: ragazzi e giovani. La differenza tra il "bigotto", quello che si costringe a mettere in pratica dei comportamenti, ma senza carità, e chi desidera con tutto se stesso certe virtù è abissale. Se il primo può, in qualche modo, lavorare al massimo per se stesso, il secondo risplende illuminando anche gli altri. Ecco, i "bigotti" nel posto sbagliato fanno tanti danni. E gli esempi veri ci mancano; dovremmo pregare di averne di più, tra i sacerdoti ed i laici, e cercare anche noi di esserlo... Se non iniziamo da noi stessi, non possiamo pretendere dagli altri quello che non diamo... Come al solito rimago aperta ai rimproveri se ho scritto cose sbagliate.

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    1. La moda e il commercio hanno sicuramente un'influenza notevole sul modo di vestire. Bisognerebbe riscoprire - anche per ridurre la disoccupazione - certi mestieri usuali fino a cinquant'anni fa, come quello del sarto o della sarta che lavorava in casa e aveva prezzi contenuti, a differenza dell'alta sartoria.
      La situazione della gioventù odierna, nel vuoto affettivo ed educativo in cui cresce, è davvero tragica. Ovviamente non c'è sempre malizia nell'esibire il proprio corpo, per cui bisogna usare maniere diverse a seconda dei casi. C'è davvero chi non ha mai pensato né sentito parlare di modestia; una buona parola detta con delicatezza e a tempo opportuno, quindi, a volte può cambiare molto nella vita di una persona. Il problema è che, spesso, o ci tratteniamo troppo o sbottiamo in modo aggressivo, ottenendo così l'effetto contrario. Il buon esempio è il presupposto di ogni tentativo di educare gli altri, insieme alla carità e alla serena franchezza di chi vuole realmente il bene altrui.

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  4. Caro Padre, è da tempo che medito su questo argomento anche perché purtroppo non mi mancano le occasioni di essere esposta allo spettacolo indecente dell'immodestia nel vestire di tanta gente e di tutte le età, soprattutto in questa stagione, in chiesa ed in giro per la città. Quando vedo gli anziani, (uomini) andare in giro a torso nudo, penso ai cambiamenti epocali che si sono verificati nel giro di cinquant'anni a questa parte, per non andare troppo lontano! Sono già avanti! In sintonia con il documento preparatorio al Sinodo dell'Amazzonia. Gli indigeni saranno il chiaro riferimento per moda e costumi in ogni ambito, con approvazione papale, visto che si presentano in udienza mezzi nudi. Guardandoli mi si stringe il cuore: possibile che nessuno porti loro la civiltà accettando invece e beandosi di vederli vivere allo stato brado? Penso all'etichetta da osservare quando ci si presenta davanti al Santo Padre: abito scuro, velo in testa per le donne ecc....

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  5. Gesù ci ha insegnato la Verità,con il Suo Sacrificio ci ha indicato la Via,con la Sua Morte e Redenzione ci ha ridato la Vita .Se rispondiamo alla sua chiamata dobbiamo essere disponibili a rinnegare noi stessi. Severa la sua Via!"Prenda la sua Croce e mi segua”… Via dura per arrivare al Cielo. Dio mio, ma cosa ci è stato insegnato e cosa si continua a insegnare …il contrario della legge Divina .Dove sono i pastori che spiegano a questi ragazzi che seguire la via del mondo vuol dire far morire la propria anima. Tardi ho capito…alla gioia della Sua Grazia per il dono della Fede quanto dolore per i peccati commessi per arroganza,spavalderia,autosufficienza,ignoranza della Parola di Dio.

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  6. Le tenebre avanzano in modo inesorabile,i suoi editoriali,don Elia, ci aiutano a leggerne i segni. Seguiamo instancabilmente la Via indicataci dal Signore, non c’è altra strada per il Bene,solo in questa strada possiamo santificarci,fortificarci e mettere la nostra anima e quella dei nostri cari al riparo dalle insidie infernali.

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  7. L’Italia sulla sogli della guerra civile : leggere ed ascoltare per capire e, se possibile, reagire. Questi sono organizzati e vogliono imporre le loro folli ideologie, volenti o nolenti o dissenzienti. Noi cosa facciamo? Ce ne freghiamo? Potremmo arrivare a pentircene amaramente :
    http://www.accademianuovaitalia.it/index.php/storia-e-identita/identita-delle-nazioni-sovrane/7713-verso-la-guerra-civile
    https://apostatisidiventa.blogspot.com/2019/07/perche-adesso_3.html

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  8. Omelia nella festa del Cuore Eucaristico di Gesù
    https://www.veritatemincaritate.com/2019/07/giovedi-4-luglio-cuore-eucaristico-di-gesu/

    https://www.veritatemincaritate.com/2019/07/il-cuore-eucaristico-di-gesu-dio-chiede-di-essere-amato/

    https://www.veritatemincaritate.com/2019/06/il-cuore-eucaristico-di-gesu-e-il-dono-perfetto-di-se-stesso/

    Stupenda omelìa nella ricorrenza del Cuore Eucaristico di Gesu' e relativa istituzione della Festa ed approfondimenti .Tra l'altro P.Giorgio M.fare' ci fa notare come nell'Eucarestia non si dona solo il Corpo di Cristo ma , come i Miracoli Eucaristici hanno dimostrato , il Suo miocardio , il Suo Cuore . Veramente possiamo dire con Santa Caterina : " Mio Dio pazzo d'amore "!

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