Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 4 gennaio 2025


Riprenditi la libertà

che ti appartiene

 

 

Nell’ottavo giorno dalla nascita del Salvatore si celebra la Sua Circoncisione, un fatto storico che avvenne secondo le prescrizioni della Legge di Mosè. Nel giorno che dà inizio all’anno civile abbiamo ricevuto dalla Parola del Signore un incitamento e un auspicio di libertà. Ricordiamo la Circoncisione del Signore perché questo evento, prima di tutto, attesta la Sua umanità: il Verbo ha assunto un corpo reale dotato di anima razionale, quindi una natura umana completa, in tutto come la nostra, eccetto per il peccato. Ciò è garanzia della Redenzione, ossia della nostra liberazione dal peccato e dalla morte: come afferma san Paolo, Gesù «ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e purificare per sé un popolo che gli sia gradito e sia zelante per le opere buone» (Tt 2, 14). Questo è il fondamento della nostra libertà: il fatto che il Figlio di Dio, mediante la Sua umanità, ha offerto Se stesso per noi, redimendoci dal potere del male e del demonio.

L’evento della Circoncisione ci fa considerare anche come il Cristo ha voluto portare a compimento quella legge che Egli stesso aveva dato per mezzo di Mosè, sebbene fosse un regime temporaneo; nella Sua Persona tutto si è compiuto nel modo più perfetto possibile. Una volta realizzato ciò che era stato richiesto all’uomo nell’Antica Alleanza, il Figlio di Dio ha sancito la nuova: ha abrogato l’antica legge con le sue prescrizioni rituali, ha conservato i precetti della legge naturale (che sono sempre validi e sono contenuti nel Decalogo) e ha instaurato la Nuova Alleanza, basata sulla legge evangelica, la quale ha portato le esigenze della legge naturale al loro compimento più alto. Il cristiano non osserva i Comandamenti semplicemente per evitare di  offendere Dio e di compiere il male, bensì per esercitare la carità e le altre virtù in modo pieno.

Anche questa è per noi una nuova libertà, appunto perché siamo stati affrancati dai divieti della legge mosaica per vivere nella libertà dei figli di Dio. Questa libertà, tuttavia, non è l’arbitrio di fare qualunque cosa: la Circoncisione di Gesù ci dice che il Figlio unigenito di Dio, l’unico che lo è per natura, si è sottomesso a una legge provvisoria; a maggior ragione noi, che siamo figli di Dio per partecipazione e siamo soggetti alle conseguenze del peccato originale – e portiamo quindi in noi un’inclinazione al  peccato che dev’essere combattuta e vinta –, dobbiamo osservare la nuova legge, quella promulgata direttamente dal Signore. Essa porta la nostra libertà alla massima espressione: la libertà dell’uomo in quanto condizione non si accresce commettendo peccati, poiché il male è privazione di bene; perciò chi fa il male, al contrario, restringe il campo della sua libertà, che consiste nella possibilità di fare il bene. Chi vive secondo il Vangelo acquista una condizione libera vera e reale, superiore a quella di qualunque altro essere umano, dato che si conforma al bene, anzi a quel Sommo Bene che è Dio stesso, raggiungendo così il proprio fine, lo scopo per cui è stato creato.

Vivere da liberati...

Ora, per aiutarci a vivere effettivamente secondo la legge del Vangelo, san Paolo ci ricorda che lo  stato di grazia in cui ci troviamo grazie alla Redenzione ci impone degli obblighi morali: esso esige da noi che, «rinnegando l’empietà e i desideri mondani, viviamo in questo mondo in modo sobrio, giusto e pio» (Tt 2, 12). Qui la nostra libertà raggiunge l’apice. Chi vive in modo sobrio, cioè contenendo i propri bisogni nei limiti del necessario, non è schiavo del denaro, del cibo e del piacere. La società attuale propone soltanto il godimento psicofisico come fine a se stesso; per questo incita ad acquisire molto denaro per poter rispondere a tutte le voglie. Questa è una schiavitù: chi non ha denaro e non riesce a godere è infelice, ma pure chi gode lo è, poiché non riesce ad appagare l’anelito più profondo del suo essere, che supera il mondo visibile, e si condanna così alla disperazione. Noi abbiamo invece la libertà di regolare i nostri bisogni in vista di un fine, che è il servizio di Dio, l’adempimento della Sua volontà, che ci fa meritare la beatitudine eterna; tutto acquista allora un senso e una misura.

Vivere in modo giusto richiede, oltre alla temperanza, un’altra delle virtù cardinali, la giustizia, la quale consiste nel dare a ognuno ciò che gli spetta. Anche qui la società attuale ci confonde, perché i nemici di Dio hanno inventato presunti diritti che non esistono: quando si parla di diritti civili si designa qualcosa che non è radicato nella natura umana, ma in una mera ideologia. Anche qui possiamo gustare e incrementare la nostra libertà, poiché sappiamo che non esiste il diritto di unirsi per persone dello stesso sesso e neppure quello di cambiare sesso. L’unione tra persone dello stesso sesso è morfologicamente impossibile; ciò che si fa, in realtà, sono pratiche abominevoli di perversione sessuale. Anche il cambiare sesso è una cosa impossibile, ma è soprattutto una sfida alla volontà del Creatore, un’aggressione diretta all’ordine che Dio ha stabilito. Dobbiamo allora avere la libertà di dirlo senza farci intimorire, senza lasciarci comprimere, per il bene nostro e di tanti altri uomini e donne che, altrimenti, possono aggravare ancor più la propria infelicità facendo scelte sbagliate, contrarie non solo al bene in senso astratto, ma anche alla loro persona.

Infine dobbiamo vivere in modo pio: è la virtù di religione, la prima delle virtù morali, la più importante, in quanto riguarda non il rapporto con noi stessi, come la temperanza, non il rapporto con gli altri, come la giustizia, ma il rapporto con Dio. Qui costatiamo che nella società attuale è diventato impossibile parlare di Dio: c’è un tacito divieto di farlo, soprattutto negli ambienti formativi, come la scuola e l’università, nella comunicazione e nell’informazione. In tutti gli ambiti della vita pubblica, in generale, parlare di religione è qualcosa di estremamente rischioso da un certo punto di vista, poiché si viene presi per fanatici esaltati. Dobbiamo invece rivendicare la libertà di parlare di Dio come nostro Creatore e come fine ultimo dell’uomo: sono verità cui la ragione può pervenire da sola, se rettamente usata, e che predispongono la persona ad accogliere la fede. Viviamo in una società in cui si dà spazio e legittimità a tutte le religioni; si vuole una libertà apparente per tutti i culti ma, in realtà, si nega ogni trascendenza e ogni dimensione spirituale: c’è una cappa asfissiante di materialismo che grava sui cuori e, a poco a poco, rende la vita umana invivibile.

... anche nella Liturgia

Dobbiamo infine rivendicare la libertà di rendere a Dio il culto che Gli è dovuto nella forma che Dio stesso ha fissato. Non è l’uomo, evidentemente, che inventa i riti: noi cattolici abbiamo ricevuto il culto dalla Tradizione apostolica; c’è stato sicuramente uno sviluppo, ma anche una continuità. Ringraziando il Signore per la libertà che abbiamo di offrirgli il culto nella forma che Egli stesso ha stabilito, allora, Gli chiediamo di offrirci l’opportunità, attraverso le disposizioni della Provvidenza, di perseverare in questa santa libertà. Affinché questa libertà autentica si conservi, sollecitiamo l’intercessione di Colei che ci ha donato il Redentore, causa e sorgente di questa libertà: invochiamo la Vergine Maria, Madre di Dio; dato che Ella è anche nostra Madre, rivolgiamoci a Lei con fiducia illimitata, sapendo che una mamma non nega mai ai suoi figli ciò di cui hanno realmente bisogno. Con Lei disponiamoci ad essere guidati per tutto il nuovo anno dallo Spirito di verità, fondamento della nostra libertà cristiana.