La
sorte dell’albero
che non porta frutto
che non porta frutto
Iam enim securis ad radicem
arborum posita est. Omnis ergo arbor
quae non facit fructum bonum excidetur et in ignem mittetur (Mt 3, 10).
«Già la scure è
posta alla radice degli alberi. Ogni albero, dunque, che non porta frutto buono
sta per esser tagliato e gettato nel fuoco». La profezia di san Giovanni
Battista, nel testo greco, indica, per mezzo di voci del presente con
significato di futuro prossimo, un’azione imminente. Gli esegeti moderni
sostengono di solito che la visione messianica del Precursore, che annunciava
un giudizio immediato, sarebbe stata smentita dalla comparsa di un Messia tutto
misericordia e perdono. Essi spiegano in tal senso l’ambasceria dei discepoli,
da parte del profeta ormai incarcerato, che pongono a Gesù la fatidica domanda:
«Sei tu colui che viene o ne aspettiamo un altro?» (Mt 11, 3). Il più grande fra i nati di donna, come il
Signore stesso lo qualifica nell’identificarlo come il messaggero che Gli ha
preparato la strada, cioè come quell’Elia che doveva tornare (cf. Mt 11,
10-11.14), sarebbe forse stato roso da un dubbio radicale che vanificasse tutta
la sua missione e il sacrificio stesso della sua vita, che si sarebbe consumato
di lì a poco? Ma come si sarebbe mai potuto sbagliare, a questo proposito, l’amico dello sposo che gioisce
immensamente alla Sua voce, fino a dichiarare colma la misura della propria
gioia (cf. Gv 3, 29)?
La profezia, in
realtà, si adempì in tempi relativamente brevi, considerando quelli di Dio e
della Sua pazienza. Se così non fosse, bisognerebbe ammettere che anche il
Verbo incarnato abbia mancato il bersaglio, quando preannunciò che a quella
generazione sarebbe stato chiesto conto del sangue di tutti i profeti (cf. Lc
11, 50-51). Non si tratta certo di un avvertimento isolato: «Se non vi
convertite, perirete tutti allo stesso modo» (Lc 13, 3.5), affermò riferendosi
a sciagure della cronaca di allora. Per imprimerlo meglio nel cuore degli
ascoltatori, raccontò la parabola dell’uomo che aveva un fico piantato nella
vigna e che da tre anni (quelli del ministero pubblico di Gesù) aspettava
inutilmente che portasse frutto. Di fronte alla richiesta di abbatterlo, il
fattore ottiene una dilazione così da poterlo ulteriormente concimare, pur
ammettendo che, se ancora rimarrà infruttuoso, bisognerà tagliarlo (cf. Lc 13,
6-9). Ma a cosa si riferiva il Salvatore? Tutto il cammino di avvicinamento
alla Città santa è gravido di tensione per il dramma che sta per consumarvisi,
nel quale, paradossalmente, il giudicato giudicherà il suo popolo: il segno contraddetto – fino alla morte di
croce – sarà rovina per chi lo respingerà, risurrezione per chi lo accoglierà
(cf. Lc 2, 34).
Il giudizio
annunciato dal Battista era dunque realmente imminente; l’esecuzione della
sentenza, tuttavia, sopravverrà quarant’anni dopo, al termine del tempo
lasciato dalla Provvidenza al popolo d’Israele perché si convertisse: «Gerusalemme,
Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi coloro che a te sono inviati, quante
volte ho voluto radunare i tuoi figli come la gallina raduna i suoi pulcini
sotto le ali, e non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata
deserta» (Mt 23, 37-38). Dopo la Pentecoste, la Chiesa nascente subirà una
sanguinosa persecuzione da parte della sua stessa nazione, con la lapidazione
di Stefano, la decapitazione di Giacomo di Zebedeo, l’incarcerazione di Pietro
e tante altre sofferenze… Al momento prestabilito, giungerà l’inevitabile
castigo per il quale il Signore aveva pianto alla vigilia della Sua Passione:
«Se avessi riconosciuto anche tu, in questo giorno, la via della pace! […] Non
lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo della
tua visita» (Lc 19, 42.44).
L’albero
sterile, sul quale stava per abbattersi la vindice scure, era allora il
giudaismo talmudico, che assassinò il Messia per conservare se stesso e non
perdere il proprio potere, tanto da apostatare formalmente reclamando la morte
del Re divino e riconoscendo un imperatore pagano come sovrano (cf. Gv 19, 15).
Evidentemente giunse a tal punto perché, dietro la cortina fumogena di un
ipocrita culto di Dio, adorava in realtà il diavolo (cf. Gv 8, 44); è per
questo che, anche dopo la catastrofe del 70 e fino ai nostri giorni, esso ha continuato
a combattere la Chiesa con ogni mezzo, riuscendo perfino ad infiltrarsi al suo
interno e a far approvare da un concilio documenti in netto contrasto con la
verità rivelata e fedelmente trasmessa per quasi venti secoli. Questo non
significa però che la Chiesa stessa si sia pervertita (cosa del resto impossibile),
ma che è oppressa da una categoria di persone che non hanno la fede. Non è il
papato in se stesso che può snaturarsi, ma chi lo detiene può abusare del
potere connesso esercitandolo per fini contrari. Non è l’episcopato che può
prostituirsi al mondo, ma solo una parte dei suoi membri, tanti o pochi che
siano.
Nel nostro caso,
l’albero infruttuoso che sta per essere abbattuto non può essere la Chiesa
militante, ma le strutture pastorali che non appartengono alla sua costituzione
divina e che non portano più frutto. A differenza delle istituzioni dell’Antico
Testamento, che erano una preparazione provvisoria al compimento del disegno di
Dio, la Chiesa è destinata a permanere per tutta l’eternità, sebbene in una
condizione glorificata che non ha ancora raggiunto. Gli elementi essenziali di
governo, culto e dottrina che ha ricevuto dagli Apostoli, anche se sono
necessari solo al suo pellegrinaggio terreno e in cielo saranno ormai
superflui, devono perdurare sino alla fine dei tempi, cioè fino al ritorno
dello Sposo nella gloria. È quindi gravemente erroneo e colpevole attaccare la
Chiesa senza distinguerla da chi ne occupa abusivamente i centri nevralgici.
Chi mai insulterebbe la propria madre dandole della prostituta? Qualcuno è
davvero deciso a perdere il lume della ragione per opporsi all’eresia, concedendo
così al diavolo una vittoria insperata? Qualcuno vuol proprio gettarsi ai suoi
piedi, nell’illusione di risolvere la crisi attuale in fretta e con mezzi
umani?
È il Signore che
abbatterà il fico sterile – e lo farà per mezzo di strumenti da Lui scelti. Vogliamo
sostituirci a Lui, oppure candidarci da soli a tale missione? Magari è la Vergine in
persona ad aver trasmesso quest’ordine a qualche eletto che si accredita da sé?
A quanto pare, c’è chi ha eretto il proprio giudizio privato a norma suprema di
magistero; la successione apostolica è un optional
che Cristo ha inventato solo per avallare tutte le presunte rivelazioni che
avrebbero intasato la vita ecclesiale… Il guaio peggiore è che nel popolo di
Dio, clero e laici, regna un’ignoranza terrificante del Vangelo, mentre ci si
lascia assorbire e distrarre da caterve di pretesi messaggi celesti, i quali,
quand’anche siano autentici, non sono indispensabili alla salvezza e non
richiedono un assenso di fede divina, ma solo umana: la prima è l’adesione
incondizionata che, sotto l’azione dello Spirito Santo, un cattolico è tenuto a
prestare alla Rivelazione pubblica; la seconda è soltanto il risultato di un
giudizio prudente, emesso come esito di un discernimento operato con la ragione.
Prepariamoci
piuttosto al castigo con la preghiera, la penitenza e la carità verso tutti. Se
il Padrone dell’aia si accinge a ripulirla a fondo, bisogna procurare con ogni
mezzo di essere quel frumento che sarà riposto al sicuro nel granaio, piuttosto
che ritrovarsi nella pula che finirà bruciata nel fuoco inestinguibile (cf. Mt
3, 12). In questa immagine, in prospettiva, traspare sicuramente il giudizio
finale, ma si profilano anche quei giudizi intermedi con cui la misericordia
divina scuote gli uomini affinché si convertano, così da evitare l’eterna
condanna; i castighi temporali hanno lo scopo di scongiurare la pena definitiva.
Ben due guerre mondiali, una peggiore dell’altra, non son bastate a far
rinsavire l’umanità, malgrado il pressante avvertimento della Madonna a Fatima.
Che cosa dobbiamo aspettarci oggi, visto che il male non ha fatto altro che
progredire ed estendersi in ogni campo, fino a raggiungere livelli impensabili?
Chiediamo l’umiltà e il realismo di chi sa riconoscere quando la risoluzione di
un problema supera le possibilità umane e richiede quindi un intervento divino;
solo così potremo cooperare con i piani della Provvidenza e sostenere la prova
purificatrice.
La prego, continui a scrivere. C'è bisogno dei suoi articoli.
RispondiEliminaLa ricorderò nelle mie preghiere.
Grazie per le preghiere, di cui ho sempre bisogno per continuare a scrivere secondo il volere di Dio.
EliminaChi ha introdotto dentro il Concilio rappresentanti Ebrei e rappresentanti della Chiesa Luterana se non il Massimo esponente della Chiesa Cattolica ?
RispondiEliminaOvvero Papa Paolo VI°
Grazie per il suo prezioso contributo di operatore di pace nella Verità.
RispondiEliminaOccorre moltiplicare e diffondere tale messaggio per scongiurare il rischio che molti convinti di essere riposti nel granaio, si trovino fra la pula da bruciare.
l’ira di Gesù si abbatte su un fico pieno di fogliame ma senza frutti…neppure uno. Non voglio disperare che sia cosi. Ci sono frutti ,nel nascondimento. Il Salvatore ,Colui che tutto vede ,Sa come e dove trovarli. Certamente, nel Vangelo ci sono tutte le “istruzioni “per la nostra salvezza ,ma l’infinita Misericordia e Carità del Redentore non ha mai risparmiato messaggi celesti a laici e sacerdoti ,non per aggiungere qualcosa alla Rivelazione ,ma per risvegliare in noi l’amore per il Vangelo,per la Madre di Dio. Roma disprezza i messaggi celesti, da La Salette a Civitavecchia…ma non tutti i sacerdoti e non tutti i laici. Grazie a Dio .Perchè tanta credibilità agli uomini e cosi poca a Dio. Da questi messaggi traspare tutto l’amore del Signore per la sua Chiesa docente e militante e un amore senza misura per la salvezza delle anime.
RispondiEliminaBellissimo articolo, che alla fine però, come in altre circostanze,perviene a conclusioni e giudizi affrettati e parziali che, ad occhi incapaci di vedere, mancano di discernimento. Glielo dico col cuore.
RispondiEliminaLa luce delle profezie non può ignorarLa.
RispondiEliminaBisogna essere certi che le profezie siano autentiche. Questa certezza può essere data solo da un giudizio della competente autorità ecclesiastica, risultante da una regolare inchiesta canonica.
Eliminagiusto,"bisogna esser certi che le profezie siano autentiche".Ma cosa ne ha fatto la Chiesa di quelle autentiche? Ignorate e disprezzate.Meglio fare gli indiani...che il popolo non sappia e non prenda troppo sul serio questi "profeti di sventura".Le Tre Fontane,a Bruno Cornacchiola,12 aprile 1947,un messaggio terribile sull'umanità,sulla Chiesa e i suoi ministri.Tutto approvato da Pio XII,il Santo,che la Chiesa di Roma non ha proclamato. Ma quanta speranza in questi messaggi apocalittici.Da Madre dell'umanità,la Madre di Dio ci spiega come fare per ritornare al Padre.Ma Roma ha preferito dichiarare guerra a Dio.Nessuno ci ama come Cristo e Cristo riporterà l'Umanità a Dio e il prezzo sarà altissimo.
RispondiElimina"Un’attrice inglese che, mezzo ubriaca, entra nella sua chiesa e, dopo tre anni si fa monaca di clausura per contemplare quelle verità che egli le ha annunziato e non si vedono mai con gli occhi della carne; un ateo che va da lui per fare una scenata… e diventa un apostolo; una francese che, vicina al suicidio, a poco a poco, torna a sperare e si comunica tutti i giorni; un’ebrea convertita e scacciata di casa ch’egli aiuta a crearsi un piccolo istituto di bellezza e vive per far del bene, devono aver sentito il fascino della Grazia che penetra nel cuore, agrodolce, all’accento della sua parola."
RispondiEliminaDa una cronaca su Mons.Fulton Sheen
Appare evidente che queste persone non avessero trovato sulla loro strada chi le amasse veramente , chi le guardasse come Dio guarda ciascuno di noi , chi trasmettesse al loro cuore l'Infinito Amore .