Tre punti alla
modernità
La
modernità, intesa come rovesciamento
dell’ordine naturale (in cui Dio è principio e fine, mentre l’uomo è ordinato a
Lui e il cosmo è al suo servizio), è indubbiamente la causa della crisi
radicale che attanaglia la civiltà occidentale. L’essere umano, creato per
conoscere, amare e servire Dio in questa vita e goderlo eternamente nell’altra,
è stato dapprima collocato al centro di un mondo in cui tutto – compresa la
religione – è funzionale al suo benessere terreno; poi l’uomo stesso,
declassato ad animale più evoluto, ha finito con l’essere a sua volta
subordinato alla salvaguardia della natura. L’artefice della propria fortuna è
diventato una minaccia per l’ecosistema; la sua proliferazione, di conseguenza,
è ora considerata un fenomeno dannoso da combattere e frenare in ogni modo.
Se
questo è l’esito, è evidente che la modernità sia un orientamento che vada
radicalmente invertito nell’interesse stesso dell’umanità, messo a repentaglio
da simili idee. Sarebbe tuttavia quantomeno imprudente respingere in blocco con
un giudizio indiscriminato di condanna tutto ciò che si è prodotto dopo il
Medioevo, quasi non ci fosse stato più nulla di utile, ma soltanto esiziali
errori e deviazioni. Che ci piaccia o no, siamo anche noi figli del nostro
tempo, influenzati, malgrado le migliori
intenzioni, dal suo spirito individualista, egocentrico e insubordinato, che scorrazza
beffardo tanto nell’ambiente progressista che in quello tradizionalista.
Cerchiamo allora di cogliere gli elementi positivi della cultura attuale
tralasciandone al contempo quelli negativi, da cui dobbiamo progressivamente
disintossicarci con la luce dello Spirito Santo e l’aiuto della grazia,
ottenuti per mezzo del Cuore immacolato di Maria.
Mi
vengono in mente almeno tre aspetti della cultura moderna che, pur senza
costituire acquisizioni nuove in assoluto, sono irrinunciabili incrementi della
coscienza collettiva. Il primo è una più esatta valutazione della parte del soggetto
individuale nella conoscenza, sia in quella basata sulla ragione che in quella fornita dalla fede. Con ciò non intendo certo aprire un varco al soggettivismo,
ma riconosco semplicemente che ognuno di noi si accosta alla verità oggettiva
(naturale o rivelata) a partire da una storia particolare e con una personalità
diversa, cogliendola con sfumature che posson diventare contraddittorie solo se
assolutizzate, ma che altrimenti si rivelano preziose sfaccettature che
arricchiscono la comprensione della realtà, la quale non è mai esaurita dalla
conoscenza umana. La doverosa reazione al relativismo che dilaga purtroppo
anche nella Chiesa non deve trasformarci in gladiatori che vibrano colpi di
maglio a destra e a manca, privi di ogni sensibilità e delicatezza per quei
lucignoli di verità e di bene che il Signore non vuole siano spenti.
Una
maggiore attenzione al soggetto mette in evidenza, poi, il necessario ruolo
dell’esperienza personale nel processo di conversione e di crescita nella fede.
Non si tratta, neanche questa volta, di pagare un tributo al modernismo, che
pretende di rintracciare nell’esperienza umana l’origine di ogni religione
(compresa quella rivelata, la quale nasce invece da una serie di interventi
divini nella storia), bensì di riconoscere che l’irruzione della grazia è ben
qualcosa di sperimentabile, sebbene la sua essenza soprannaturale rimanga al di
là di qualsiasi effetto sensibile. Nessuno si converte a Cristo a forza di mero studio o di puro ragionamento, ma perché, in
qualche modo, sperimenta l’incontro con Lui e ne scopre la presenza nella
propria vita. La fede non è frutto di un’adesione asettica a un teorema o a un
sillogismo, ma deve avere un significato per l’esistenza. Anche qui una giusta
opposizione all’esistenzialismo – almeno a quello che si è rivelato uno scivolo
verso l’ateismo – non va spinta fino a relegare l’esperienza quotidiana in un
limbo escluso dalla pace e dalla gioia che, già nello stato di viatore, colmano
l’anima del vero credente.
E
veniamo al terzo punto. L’autenticità della fede richiede un’adesione interiore
– non soltanto convinta, ma pure amorosa – alla verità udita nella predicazione,
che deve perciò essere tale non solo da illuminare la mente, ma anche da
infiammare il cuore. Nemmeno in questo caso sarebbe giusto denunciare una
larvata condiscendenza al sentimentalismo, a meno che non si voglia ridurre ad
esso anche l’appassionata scoperta della verità da parte di un sant’Agostino.
La bellezza tanto antica e sempre nuova
non può certo lasciare freddo e distaccato chi ne è fulminato e rapito: ciò che
è vero, buono e bello attira e conquista per virtù propria, purché ci si
arrenda beati a Colui che lo realizza totalmente in Sé in modo personale, come
un Tu di insuperabile fascino alla
cui rivelazione crolla spontaneamente qualsiasi barriera, in un gioco
paradossale (che la ragione non riesce a scandagliare fino in fondo) tra libera
accoglienza e irresistibile trionfo della grazia.
Da
questo punto di vista, se vogliamo, la modernità non ha apportato nulla che non
fosse già noto grazie alle Confessioni
dell’Ipponate, ma ce l’ha fatto forse riscoprire e apprezzare in modo nuovo.
Non è un vantaggio da poco. Non lo sarebbe stato quando, sessant’anni fa, una
vita di fede ridotta a un certo numero di pratiche e precetti esteriori era già
entrata in profonda crisi; se una totalità di vescovi formatisi alla vecchia
scuola avesse interiorizzato un po’ di più quanto ricevuto dal passato,
probabilmente, non avrebbero lasciato correre né certe ambiguità del Vaticano
II, né la scandalosa ribellione all’Humanae
vitae, né quella distruzione della liturgia che fu imposta come “riforma”. Non
è un vantaggio da poco neanche oggi, dopo che un illusorio rinnovamento,
centrato ancora sulle forme esterne, ha lasciato dietro di sé cumuli di macerie
spirituali o, quando va bene, una misera vita cristiana che non può decollare
per inconsistenza interna. Nel caso dell’appartenenza a movimenti, poi, il
fatto di seguire una prassi determinata, valida per tutti, dispensa
generalmente gli aderenti dallo sforzo individuale necessario per progredire
nelle virtù e crescere nella santità; di solito non si ha la minima idea del paziente
lavorio personale richiesto dalla correzione di vizi e difetti, che in un clima
di esaltata autoconferma appare del tutto superflua. Spesso, soprattutto nei
gruppi giovanili, norma e valore supremo è un becero spontaneismo che calpesta
perfino le esigenze più elementari della carità, quali il rispetto per gli
altri e la buona educazione.
La
soluzione non è un indottrinamento forzato che nasconda le carenze di umanità
gracili e ferite sotto strati di nozioni nominali, né un attivismo indiscreto
che soffi sul fuoco di squilibri interiori, esasperando sofferenze inconfessate
o conflitti non ammessi. Per l’ennesima volta, tener conto delle moderne acquisizioni
della psicologia non significa sconfinare in quello psicologismo che mette al
bando l’elemento soprannaturale dell’esistenza cristiana, bensì riconoscere, in
perfetta continuità con la Tradizione, che la grazia suppone la natura – e che
quest’ultima può avere talvolta dei problemi che influiscono sulla vita di
grazia e che, ignorati, finiranno col farla deviare verso una religiosità
compulsiva o verso alienanti pseudomisticismi. È troppo comodo buttare
indistintamente a mare tutto ciò che può salutarmente rimetterci in
discussione, fornendoci la chiave per aprire le sbarre della prigione in cui,
sia pure con le migliori intenzioni, potremmo esserci rinchiusi da soli. Non
serve andare a caccia di scandali e misfatti su cui sfogare il proprio
malessere, se la sua radice è all’interno: più materiale si trova, in questo
caso, più se ne vuol trovare per giustificare un disagio che, per quanto acuito
dalle circostanze esterne, nasce da dentro.
Un
vero cristiano non è un attivista che, fasciando di nominalistiche bende le
piaghe lasciate da cinquant’anni di devastazione, si illude di vincere con la
sua agitazione lo scontento per sé e per il mondo in cui vive, ma una persona
cui una fede viva, nata da un reale incontro con Cristo, ha permesso di
riconciliarsi anzitutto con la propria storia, poi di guardare alla realtà (per
atroce che sia) con la luce della speranza che viene da Lui, così da potervi
immettere, quale Suo strumento, dei germi di bene che la trasformeranno a poco
a poco, irrorati dalla preghiera e dal sacrificio fecondato dalla Sua grazia.
Chi preferisce la rabbia e la frustrazione – pur di non ammettere il proprio
errore – si imbestialirà per queste riflessioni appiccicando ad esse etichette
infamanti; chi invece ha davvero conosciuto il Signore sarà più indulgente e,
con l’aiuto di Dio, sentirà attenuarsi la sofferenza e accrescersi la pace. Al
di là dell’uso-abuso della misericordia nella Chiesa attuale, possiamo pure
concederci il lusso di prenderla sul serio, dapprima ciascuno per sé e poi per
gli altri. Gesù non la concede ad astratte
entità senza volto, ma a soggetti viventi nella storia che ne facciano
un’esperienza personale e corrispondano ad essa con un’adesione libera, intima
e amorosa.
non ne ho titolo ma voglio dire - "Bravo Elia"
RispondiEliminaPadre Elia, seguendo il filo della sua riflessione, egoisticamente posso anche abbandonarmi completamente alla misericordia divina e trovare quella pace che solo la preghiera e la fiducia nel Salvatore ci puo' dare! Ma passato qualche anno, quando tutto sottilmente e sempre piu' inavvertitamente sara' cambiato, quale retaggio spirituale cattolico sara' consegnato a chi viene dopo di noi? Quando il Signore rivolge agli Apostoli una domanda, che in apparenza puo' sembrare oziosa : " Quando il Cristo tornera', trovera' ancora la fede sulla terra?", non le sembra un invito a far si che si compia ogni sforzo perche' la si trovi? Personalmente ritengo che la domanda sarebbe oziosa se al Suo ritorno trovasse ancora la fede, per cui anche a queste condizioni non mi ritengo esentato dall'impegno e non trovarmi poi a rendere conto della mia ignavia!
RispondiEliminaNon intendo certo negare la necessità assoluta dell'impegno attivo per conservare e trasmettere la retta fede, ma solo ricordare che una fede autentica richiede un'adesione profonda di tutto l'essere che renda possibile una vera relazione con Dio e una radicale trasformazione interiore.
Eliminala Vergine SS disse "in Portogallo,si conserverà la fede".Purtroppo gli eventi odierni evidenziano il tradimento della fiducia che questa profezia conteneva.Le immagini parlano da sole
RispondiEliminahttps://lecronachedibabele.wordpress.com/2018/06/20/e-anche-il-portogallo-ha-perduto-la-fede/
è tutto così terribile,come abbiamo potuto disprezzare le profezie che ci avvertivano del tempo attuale.Abbiamo perso il senso del peccato,tutto è scusabile davanti alle legge di Dio,ma sappiamo che non è cosi. Nella "fede autentica"è insito il"Timor di Dio"ma oggi è sparito o lo abbiamo così tanto annacquato da perderne il significato...così abbiamo aperto le porte della nostra vita a Satana.
Non fissate lo sguardo sulle provocazioni dimenticando le tante manifestazioni di fede umile e sincera che non fanno notizia. La Madonna non può averci ingannati.
Eliminacerto che no,la Madonna non ci inganna don Elia,ma l'umanità ha tradito la Sua fiducia con colpe sempre più perfide,però ha ragione... fissare lo sguardo sulle provocazioni,che ci attanagliano ogni giorno, vuol dire perdere la serenità.
EliminaGrazie don Elia per gli illuminati insegnamenti e le profonde spiegazioni sulla progressiva causa della triste realtà del mondo cattolico attuale. La conosco da oltre due anni e Le confesso che solo con il tempo ho compreso il Suo pensiero su vari argomenti. Frequento Medjugorje da oltre 30 anni e facevo fatica ad accettare certe osservazioni riguardo a luoghi di Apparizioni. Però, riflettendo ho capito meglio, anche perché lì ho visto di tutto ed anche fra i frequentatori c'è qualche forma di idolatria. Io ci vado per rinnovarmi spiritualmente e ripartire con più fede e speranza e ciò succede sempre. Le Sue spiegazioni riguardo ai movimenti mi hanno stupito, ma le osservazioni sulla necessaria, personale spiritualità mi hanno tranquillizzata perché ultimamente, per l' eccessivo impegno di una figlia che più volte in una settimana è assorbita in uno molto diffuso, condivido pienamente il suo pensiero. Sarà anche per l'età ormai avanzata, ma la preghiera e la ricerca personale sono diventate il mio respiro. Abbiamo cresciuto figli e nipoti nel cammino cristiano, sicuramente sbagliando e ce li ritroviamo ora cresciuti ed in gran parte si definiscono atei. Questo problema lo conosce sicuramente molto bene e penso che tanti genitori si trovino nella mia situazione. In una delle prossime settimane riesce a rasserenarci fornendoci semplici, chiare e veramente cattoliche " istruzioni" per sperare in una inversione di rotta?
RispondiEliminaAncora infinite grazie per tutto quanto ci offre
Ringraziamo sempre lo Spirito Santo per la Sua luce e la Sua guida. Proverò prossimamente a dare qualche "istruzione" per un'inversione di rotta. Raccomando fin d'ora ai genitori di non tormentarsi con i sensi di colpa, dato che le scelte di vita dei figli adulti poggiano primariamente sulla loro responsabilità personale.
EliminaGià altre volte ho avuto modo di confermare la bontà della sua predicazione,nonché la puntuale visione sul futuro della nostra condizione umana e di quella della Chiesa. Gli avvenimenti, gli sviluppi geopolitici, le rovinose cadute morali, l'esasperante corruzione dei costumi,il malinconico distacco dalle gerarchie,la perdita di fiducia, lo dico con grande dolore, nei confronti dei troppi sacerdoti, ma sopratutto del ministero, la fuga precipitosa da gruppi parrocchie movimenti, il richiudersi in se stessi e nella propria desolante apatia, rischiano di rendere la vita del cattolico triste ed addirittura disperata. Perché persa la fede, tutto sarà perduto.
RispondiEliminaIl fatto è che il modernismo è veramente un morbo asfissiante,terribile, devastatore dello spirito. Lascia macerie dappertutto e non è facile ricostruire. Mondano, materialista, suadente, ammaliatore,accattivante,ruffiano. Buono per tutti e con tutti, eleva il mediocre, esalta il migliore, idolatra il superiore. Delirante, cosmopolita, ecumenico, mondialista, assembla ed unisce sempre verso il basso,spiritualizza gli istinti,massifica i desideri, comunistizza gli interessi. Una peste, una fistola purulenta nel fondo della nostra anima. Una sua affermazione, tra le altre, mi ha particolarmente colpito. Laddove lei dice che "un becero spontaneismo,soprattutto nei gruppi giovani, calpesta perfino le norme più elementari della buona educazione". Chi come me l'ha vissuti per un decennio in tutte le sue forme questi aspetti che, camuffati da spontanea crescita verticale su condivisioni orizzontali o da analitiche catechizzazioni sullo spezzare elementaristicamente la parola in senso puramente esistenziale, vengono proposti come dottrina, riesce perfettamente a comprendere il danno provocato nei giovani e nelle giovani coppie che si frantumano, con grande sorpresa nonostante le aspettative dei percorsi, dopo due anni di matrimonio.
Avere capito tutto ciò è grazie pura, senza merito alcuno, indipendente da ogni capacità. Certo è difficile non sentire rabbia o astio o provare la corda del tradimento. Io ne sto uscendo travasando gli altri nel mio percorso e cioè catturando lo spontaneo fideismo di chi cerca Dio e non l'Ego parrocchiale e diocesano.
Ma ciò che calma ogni bollore, ogni personalismo, ogni rancore è la Messa di Sempre nella quale non c'è nessun io nessun idolo, tutta com'è rivolta a Dio.
Il sentimento che deve prevalere, al di là di tutto, è la gratitudine al Signore per la grazia di aver aperto gli occhi e trovato la vera via.
EliminaGrazie Signore perche' non ci abbandoni mai .
RispondiEliminaVergine Madre Figlia del Tuo Figlio , proteggili , conducili , orientali , salvali , il loro profumo di Cristo il loro Totus Tuus arriva fino a noi .
Ave Maria Purissima concepita senza peccato !
http://blog.messainlatino.it/2018/06/ordinazioni-sacerdotali-fssp-con-un.html#more
La Tua Vigna e' bellissima Signore e fresca e frondosa e noi ci sentiamo rinfrancati e consolati . Ubertosi frutti ! Amati Sacerdoti Dio vi benedica .
Grazie mille don Elia per riuscire in modo così chiaro, semplice e concreto ad analizzare e sviscerare i problemi e le difficoltà assai complessi che ci affliggono e che non sempre possono essere compresi con un semplice schema. La vita, anche la vita soprannaturale, è molto più che delle regole (pur intese in senso positivo e quali strumenti che ci devono condurre alla salvezza): è aderire a Dio e al suo progetto su di noi con tutte le nostre forze: "Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua mente".
RispondiEliminaE mi sovvengo pure delle parole di San Tommaso d'Aquino dopo la l'estasi da lui avuta:
"Tutto quello che ho scritto mi sembra un pugno di paglia a paragone di quello che ho visto e mi è stato rivelato. È venuta la fine della mia scrittura."
Ma d'altronde la superiorità della vita di grazia su ogni nostra intuizione o ragionamento, nonostante tutte le nostre buone intenzioni, non è forse alla base dell'onnipotenza sia del giudizio che della misericordia divina? Spesso poi il nostro povero giudizio, oltre ad interpretare in modo evidentemente assai limitato il modo ordinario con cui ottenere la grazia salvifica, dimentica di ricordare che il Signore conosce e impiega anche modi straordinari per raggiungere le anime con la sua grazia.E per fare questo non ha bisogno del nostro permesso.
Come giustamente dice, caro don Elia, una giusta comprensione del soggetto (il singolo fedele e la sua anima), il ruolo dell'esperienza personale e la necessità dell'adesione interiore alla fede, non sono scoperte della modernità, tuttavia l'importanza della loro comprensione per poter aiutare le anime, spesso ci porta a semplificazioni fuorvianti. Penso possa essere quello che a volte è capitato in passato.Ma pure quello che, in altro modo, capita con grande frequenza ancora oggi.
Mi ha letto nel pensiero. A parte che mai sarei riuscito a formularlo in questa maniera. Un abbraccio.
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