La scala del Cielo
Nella
città di Santa Fe, nel New Mexico, da quasi un secolo e mezzo si ammira un
prodigio di falegnameria che attira ogni anno un quarto di milione di
visitatori. La cappella di Loreto fu eretta nella seconda metà del XIX secolo
per un gruppo di religiose francesi giunte sul luogo per aprirvi un collegio
femminile. Una volta terminata la costruzione, ci si accorse però con
disappunto che l’architetto (lo stesso che aveva progettato la cattedrale)
aveva omesso un passaggio per accedere alla cantoria. Dopo una vana ricerca di
soluzioni, la comunità decise di affidarsi a san Giuseppe con una novena.
L’ultimo giorno, ecco presentarsi un uomo anziano, accompagnato da un asinello,
che propone di costruire una scala in legno. I suoi soli attrezzi, una sega, un
martello e una squadra. In capo a sei mesi, una magnifica scala a chiocciola
era pronta e lo sconosciuto sparì senza chiedere un soldo e senza lasciare
traccia di sé.
Ciò
che da allora costituisce il principale motivo di meraviglia, tuttavia, è il
fatto che quella scala è sprovvista del necessario pilastro centrale che le
faccia da supporto; nessuno è finora riuscito a spiegare come possa reggersi.
Per la sua costruzione, inoltre, non sono stati usati né chiodi né colla, ma
solo pioli lignei. Il legno utilizzato per assemblare l’elegante spirale dalle
curve perfette è così duro che non presenta segni di usura, nonostante
l’intenso passaggio di persone; esso, oltretutto, non si trova nella regione,
ma è di origine ignota. In breve, l’opera richiede una perizia e delle conoscenze
talmente specializzate che non si capisce come un uomo solo, a quell’epoca,
possa averla realizzata… a meno che non sia stato davvero – come la devozione
delle suore e del popolo ha subito amato pensare – qualcuno che, per la sua
saggezza, fu scelto per essere immagine viva del Padre celeste per il Figlio di
Dio umanato e insegnargli un’arte raffinata, in qualche modo legata alla Sua
missione sulla terra.
Il
«figlio del carpentiere» (Mt 13, 55), in effetti, non apprese un “umile
mestiere”, come tende a pensare una mentalità da “colletti bianchi” che
squalifica a priori il lavoro manuale, ma una disciplina di estremo rigore,
frutto di antica sapienza. Nei brevi anni della sua vita pubblica, Egli doveva
costruire una scala che congiungesse la terra al cielo. La Chiesa visibile, con
le sue strutture e istituzioni, avrebbe dovuto sfidare i millenni e resistere a
tutti gli assalti. Ciò che la tiene in piedi, tuttavia, sfugge allo sguardo
umano: non sono mezzi imponenti o smisurate risorse finanziarie – che, semmai,
sono tarli che la rodono dall’interno. Il materiale da costruzione è terreno,
certo, ma chi è nato dallo Spirito non si sa di dove venga (cf. Gv 3, 8).
L’architetto e costruttore è lo stesso che ha progettato la spirale del DNA; un
giorno si è presentato nella veste del servo, umile e discreto, ed è poi
ripartito, a lavoro ultimato, senza chiedere nulla in cambio.
Chi,
insieme con la sua purissima Sposa, ha avuto il compito sublime di educare
umanamente quest’Uomo-Dio non poteva certo rimanere estraneo alla Sua opera.
Anche se il suo ruolo nei confronti della Chiesa è stato riconosciuto in epoca
tardiva, egli lo ha sempre esercitato. L’8 dicembre 1870 il beato Pio IX, in
un’epoca particolarmente burrascosa, non a caso lo proclamò Patrono della
Chiesa universale. A nessun santo, dopo la Vergine, si può attribuire un onore
e una funzione del genere. La preghiera degli stessi Apostoli, che pure sono le
colonne del mistico edificio, non ha sul Figlio di Dio un influsso pari a
quello di colui sotto la cui autorità paterna Egli scelse di porsi.
Quest’ultimo, quale uomo del silenzio, ebbe il singolare privilegio, condiviso
con Maria santissima, di ascoltare quotidianamente, per lunghi anni, il Verbo
incarnato, formandone in pari tempo l’umanità con la sapienza di cui era
maestro.
Come
non avere incondizionata fiducia nella sua intercessione a beneficio della
Chiesa intera e delle singole anime? Non solo per le necessità materiali (come
la mancanza di lavoro, che in questo periodo affligge tante famiglie), ma anche
e soprattutto per quelle spirituali. Come non guardare, senza una colpevole
omissione, al suo esempio luminoso di uomo giusto per imparare a praticare
fedelmente i santi Comandamenti di Dio, onde poter arrivare, con l’aiuto della
grazia, in cima alla scala del Cielo evitando di inciamparvi lungo l’ascesa e
di precipitarne rovinosamente? Come non affidargli, congiuntamente alla Sposa,
le famiglie in pericolo, i matrimoni sofferenti e i figli esposti a tante
insidie? Ma, soprattutto, perché non richiedere il suo intervento a favore
della barca di Pietro sbattuta dai flutti? Certo, essa è stata costruita dal “figlio
del carpentiere” in modo tale da non poter affondare, ma chi è in essa rischia
di esserne sbalzato fuori dalla furia del vento e delle onde. Non dubitiamo
che, al momento fissato, Egli si alzi a placarla, ma nel frattempo siamo
sballottati in modo così violento che abbiamo anche bisogno di essere
rassicurati.
Con
la sua fedele obbedienza, san Giuseppe cooperò – sebbene a tutt’altro livello
rispetto alla Madonna – al compiersi dell’impensabile mistero
dell’Incarnazione. Grazie alla sua disponibilità totale, esso si realizzò in
modo onesto e ordinato; il Divino Bambino e la Vergine Madre trovarono in lui
un vero capo-famiglia e lo strumento vivente della Provvidenza. Non per nulla
«l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata
Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide chiamato
Giuseppe» (Lc 1, 26-27). La sua dignità non è in qualche modo infinita, come quella della Madre di Dio a motivo –
rileva san Tommaso – della Sua maternità, ma è senz’altro la più alta dopo
quella di Lei. Il suo fiat non è
stato esplicito come quello di Maria, ma è stato pronunciato con i fatti,
mediante quelle opere in cui la sua fede si è compiuta. Impariamo da lui a
obbedire attivamente a Dio sempre e in ogni cosa, anche quando ciò che comanda sembra
troppo arduo nell’attuale cultura o ciò che ci chiede impossibile alle sole
capacità umane.