Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 31 dicembre 2016


In vetere novum


Un anno si chiude con la rovina dei progetti criminali dell’Occidente in Siria, la cui regia sionista non può essere taciuta. Sei milioni di sfollati e un quarto di milione di morti, secondo le stime: alla “sicurezza” di Israele può bastare? La bestia nera, poco prima dell’estremo rantolo, sta assestando le ultime zampate per puro spirito di vendetta, fino a prendersela con il coro dell’armata russa; una potenza troppo rozza per apprezzare l’arte sa solo gettare bombe, addestrare tagliagole armandoli fino ai denti e ordire finti incidenti o falsi attentati. Sul fronte opposto la strategia dell’intelligenza, portata avanti con nervi saldissimi, perseveranza imbattibile e una forza di volontà inossidabile, ha avuto ragione di una coalizione di potenza economica e militare ben superiore. La forza usata con finezza, puntualità e parsimonia ottiene ben di più che aggressioni brutali, se non irrazionali.

Il 2017 vedrà finalmente la consacrazione della Russia al Cuore immacolato di Maria? Ci vorrebbe un miracolo, ma non è mai detto. In ogni caso, sembra proprio che il dispiegamento del “nuovo ordine mondiale” abbia incontrato un intoppo considerevole. Se gli occidentali persistono con le provocazioni, potremmo presto sperimentare l’efficienza di un esercito che ha ribaltato le sorti del Medio Oriente. Non ci auguriamo certo un’occupazione per il semplice gusto di vedere com’è, ma se non altro ci sbarazzeremmo di tanti parassiti che “governano” l’Europa per conto terzi, per non parlare degli ecclesiastici apostati che potrebbero ricevere una buona lezione di ortodossia… Se – da quanto si dice – il clero russo si distingue per sete di denaro e di potere, almeno sulla fede non traligna (cosa che preserva da altri vizi, più diffusi nel clero modernista).

Da noi ci hanno convinto che ci si può convertire e seguire Cristo senza rinnegare il peccato né iniziare a combattere i propri difetti. A seconda del movimento cattolico che uno sceglie, per essere cristiani sembra che bastino forti emozioni religiose, oppure un’aggiornata formazione intellettuale, oppure ancora interminabili scambi di vedute con il pretesto di ascoltare la Parola… Si propongono cicli di catechesi che durano anche anni, ma in cui non si sfiorano nemmeno i nodi centrali del cambiamento di vita; mai si insegnano le antiche prassi, utili a correggersi e mortificarsi onde poter purificare il cuore e imparare a cooperare con la grazia in modo reale, piuttosto che a chiacchiere. Lo sbrodolarsi addosso con i propri sproloqui compiaciuti è diventato la suprema virtù; poi poco importa che i peccati mortali siano ancora ammessi o tollerati.

Il paradosso è che questo nuovo “cristianesimo” fatto di valori pensati e discussi, in cinquant’anni, si è sedimentato in una sorta di nuova “tradizione” che per molti è ormai normativa; di conseguenza si tende ora a considerare “conservatore” chi si affanna a difenderla, per quanto sia un’invenzione del tutto recente, mentre chi coltiva la Tradizione di sempre appare come un marziano… Il dramma di molti gruppi e comunità di fedeli, oggi, è che l’incessante evoluzione inerente al modernismo, che con questo pontificato ha conosciuto un enorme balzo in avanti, rende obsoleto quanto fino a ieri era il loro cavallo di battaglia, il fondamento della loro identità, la ragion d’essere della loro aggregazione. Per non andare in crisi, allora, l’unica alternativa è soffocare ogni domanda e buttarsi a corpo morto nel franceschianesimo – e guai a chi mi rimette dei dubbi, non ho più nient’altro a cui aggrapparmi nella vita spirituale.

Chi invece ha il coraggio di provare la sola novità credibile (ossia il ritorno a ciò che ci è stato consegnato dal passato), senza curarsi dei giudizi e dei commenti di quanti hanno camminato con lui fino a quel momento, ritrova di colpo luce, pace e orientamento. Certo, è una grazia che non a tutti è concessa; per questo non è giusto abbandonare i vecchi compagni di viaggio al loro destino. Ma è pur vero, viceversa, che la grazia chiede di essere accolta; ogni volta che qualcuno lo fa, il dono ricevuto comincia silenziosamente a irradiarsi, impregnando per osmosi il suo ambiente e attirando altri alla stessa scoperta. Quando una persona è ben disposta, il rito antico le parla anche senza una comprensione letterale dei testi: si capisce da dentro, come mi confidava una fedele poco prima di Natale. Non è più un martellamento di idee che dall’esterno ti devono convincere, ma una realtà che si comunica interiormente a chi è aperto.

All’epoca della mia adolescenza e giovinezza, gli ambienti chiesastici conoscevano un solo imperativo: sensibilizzarsi ovvero coscientizzarsi (che brutto neologismo!). Bisognava avere tutti le idee giuste secondo le quali cambiare il mondo; la liturgia non era altro che un pretesto o un veicolo per la loro diffusione. Ma le idee cambiano continuamente, sospinte come schiuma dalle onde di questo mondo liquido e fluttuante; così oggi non si predica più la promozione umana nei Paesi del Terzo Mondo, bensì l’accoglienza senza limiti e il presepe multiculturale… Ci si sente buoni perché si dà ascolto ai comizi clericali e qualche spiccio alla mafia che sfrutta i poveri immigrati, dopo averli strappati alle loro case e sbarcati qui da noi. Che dire poi di un papa mancato che – come se non bastasse – ha il chiodo fisso del meticciato e lo infila dappertutto? È proprio un’altra religione, funzionale al Piano Kalergi; è un po’ tardi per accorgersene, ma meglio tardi che mai.

Negli ultimi decenni, anche nella Chiesa, ne abbiamo viste e sentite tante, se non troppe… Siamo stufi di quelle novità che invecchiano dopo appena qualche anno e devono quindi essere sostituite da altre “novità” già viste, come nel ciclo della moda. Rifugiamoci davanti al presepe (tradizionale), che non hanno potuto proibirci di allestire in casa nostra, e abbandoniamoci alla dolcezza che il Dio Bambino riversa su chi ha la grazia di conoscerlo. Adoriamolo quale Agnello innocente che si offre per noi sull’altare e lasciamo prorompere dal nostro cuore la tenerezza e la gioia di amarlo. È una piccola pregustazione dell’eternità, per donarci la quale si è incarnato. Qualunque cosa ci riservi il nuovo anno, là troveremo una forza e una pace inesauribili. Il Cuore immacolato di Maria infonda nelle nostre anime il gusto soprannaturale della penitenza e della riparazione, preparandole così alla battaglia che ci attende. Il nuovo anno sarà come Dio vuole… e come anche noi lo renderemo.

sabato 24 dicembre 2016


Un bambino nato per soffrire

Fu offerto in sacrificio quando nacque (sant’Atanasio).

Il Figlio di Dio, infinitamente santo e assolutamente impassibile, si è fatto figlio dell’uomo per poter riparare la colpa di Adamo e tutte quelle – innumerevoli – che ne sono scaturite e continuano a scaturirne. È nato per prendere su di sé tutti i peccati della storia e offrirsi a Dio in espiazione al posto nostro, Lui perfettamente innocente e, al contempo, capace di un atto redentivo di infinito valore. I santi Padri scorgono nelle durezze della Natività un’anticipazione della Passione salvifica: il Re dei re ha cominciato a patire fin dalla Sua venuta al mondo per liberare l’umanità peccatrice dal potere del male. È evidente che, se quest’ultimo non è ancora scomparso dalla terra, ciò non è imputabile ad un Suo eventuale insuccesso, ma al fatto che, nonostante l’inaudito e immeritato atto di misericordia da parte del Padre celeste, noi continuiamo a disobbedirgli.

Che i bambini soffrano e muoiano è un fatto che strazia il cuore, ma la cui spiegazione ci è ben nota dalla Rivelazione. Le malattie non sono altro che una delle stimmate della natura umana decaduta in conseguenza del peccato originale. A questo, tuttavia, bisogna aggiungere che mai le offese a Dio avevano raggiunto la gravità e la frequenza di oggi – e questo non può non ricadere sulla vita di tutti indistintamente, dato che è l’ordine stesso della creazione ad essere sistematicamente violato. I peccati contro natura elevati ad istituzione dello Stato, l’aborto considerato un diritto umano, la soppressione dei malati terminali camuffata da compassione… ce n’è a iosa per giustificare flagelli e calamità che si stanno compiendo in misura ancora irrisoria rispetto a quel che meritiamo. Se non ci piace che i bambini soffrano, cominciamo a far meno peccati.

Ma questo meccanismo riparatore, che colpisce indiscriminatamente colpevoli e innocenti, non è più soltanto un’ineluttabile necessità metafisica, da quando il Verbo divino, incarnandosi per morire su una croce, l’ha assunto in Sé con l’umanità dei peccatori per imprimergli valore e dinamica di redenzione. La sua carne è santissima, ma è la stessa di chi ha peccato: grazie a Lui, vero Dio, si realizzerà ciò che all’uomo è impossibile; da Lui, vero uomo, Dio otterrà ciò che Gli è dovuto. Questa sarebbe somma ingiustizia da parte del Padre? Solo per chi è totalmente estraneo al mistero cristiano e vede la realtà da raso terra; per proferire una bestemmia del genere bisogna esser privi della fede cattolica, cosa che rende inabili a qualsiasi ufficio nella Chiesa. Che dire poi se quegli, omettendo le risposte che pur conosciamo da ben duemila anni, scandalizza i piccoli e i grandi, distruggendo la fede in milioni di persone? Meglio sarebbe per lui che gli si mettesse al collo una macina e fosse gettato in mare – parola del Verbo incarnato e crocifisso.

Associati all’Agnello innocente nato dall’Agnella immacolata, ancora oggi i bambini soffrono per la salvezza delle anime, di quelle anime renitenti alla verità e alla grazia che persistono nell’offenderlo in modo gravissimo; in particolare, soffrono per la conversione dei falsi cattolici che lavorano per il nemico e per quella dei cattivi Pastori, i quali, anziché denunciare il male com’è loro dovere, lo avallano compiacenti. «Se voi soffrite è anche per colpa mia», avrebbe dovuto rispondere il signore vestito di bianco a colei che lo interrogava con la speranza di essere sollevata anziché demolita, nella sua già terribile prova. Ma questa è fantascienza… Il giorno di Natale bisogna andare tutti in piazza a gridargli sotto la loggia: «Vattene! Hai abbondantemente passato il segno e colmato la misura. Lascia il posto a qualcuno che, almeno, non bestemmi come te». Visto che ci ha già pensato da sé, ma è indeciso riguardo al momento, potrebbe pure convincersi che è arrivato.

A quanto pare quel tale – come acutamente osservato da un lettore – ritiene Dio responsabile del male e della sofferenza in quanto ha creato il Principe delle tenebre. Questa convinzione gli fa evidentemente dedurre che Egli sia ora “costretto” ad essere misericordioso oltre ogni giustizia e a condannare unicamente coloro che rifiutino espressamente il perdono. Ma come Lo si può pregare? La causa di tutti i guai sarebbe proprio Lui, non il cattivo uso del libero arbitrio da parte delle creature che ne sono dotate, prima gli angeli e poi gli uomini. La responsabilità di questi ultimi non sarebbe così semplicemente attenuata dall’inganno demoniaco, ma praticamente annullata; in questa prospettiva la giustizia vorrebbe che fossero tutti completamente scagionati. Se traiamo le estreme conseguenze da simile argomento, chi violenta un bambino è anch’egli una vittima di quel Dio che non gli ha impedito di farlo; poco importa se ha deliberatamente trasgredito i Comandamenti divini, ignorando ostinatamente qualsiasi richiamo della coscienza e della Chiesa e giustificando le sue condotte trasgressive in un crescendo di gravità che, con l’aiuto della grazia, avrebbe pur potuto frenare prima di esserne travolto, se solo avesse voluto…

Ma, se la divinità pagana partorita dalla mente del signore in bianco è un mostro di incoerenza e di perfidia, l’essere umano è da lui pensato – da quanto è dato arguire – come un ebete del tutto incapace di autodeterminarsi. Ecco l’esito finale della rivoluzione culturale avviata da un frate in crisi che, per la sua pervicace ribellione, sprofondò nella depravazione e finì col darsi la morte per il disgusto che aveva di se stesso. Quando, per risolvere un problema personale, si butta tutto per aria pretendendo di essere l’unico ad aver capito qualcosa nella Chiesa, i frutti non possono certo essere buoni, specie se la propria rivolta viene a intrecciarsi con fattori politici, sociali e finanziari. L’unica differenza, oggi, è che quei semi perversi sono giunti a piena maturazione: la pretestuosa “riforma” luterana sta mostrando pienamente il nichilismo che ne è all’origine, ma – paradossalmente – dall’alto di quella stessa Sede che il ribelle voleva distruggere.

Suprema vendetta del diavolo? Forse. Ma anche quella, come già la sofferenza dei piccoli, è assunta e integrata nel piano di Colui che è infinitamente santo, sapiente e misericordioso. Non sappiamo che cosa voglia trarne, ma ci fidiamo comunque. Un amato confratello che si firma Cesare Baronio (con il nome del grande cardinale discepolo di san Filippo Neri) ci offre un aiuto prezioso con una luminosa intuizione di fede, di cui lo ringraziamo dal profondo del cuore: «Nell’economia della Provvidenza, anche questo momento di gravissima crisi ecclesiale, come avvenuto in passato, potrebbe rivelarsi un’occasione per far rinascere nei fedeli e nella Gerarchia un nuovo slancio di fedeltà alla dottrina, di zelo apostolico, di riscoperta della spiritualità e dell’ascesi, di impegno pubblico per l’affermazione della Regalità di Cristo e della Madonna nella sfera sociale. Anche qui  senza fraintendimenti  si potrebbe dire del Concilio e di Bergoglio: o felix culpa!, se gli errori odierni sono premessa ad un ritorno dell’antico fervore, della santità di vita, dell’eroismo cristiano».
 

sabato 17 dicembre 2016


Strettamente confidenziale


Chiedete e vi sarà dato (Mt 7, 7).

Silenziosamente, la fronda ecclesiale si allarga sempre di più. È un movimento sotterraneo, ma decisamente trasversale: si estende dalla “base” (preti e fedeli esasperati dal clima di crescente confusione e disorientamento) ai vertici dei sacri palazzi (quella “corte” pontificia in cui vige un regime di terrore), passando per molti teologi e uomini di pensiero che non riescono a digerire la palese assurdità di talune esternazioni. A quanto pare, nonostante gli strali lanciati per interposta persona, l’onesta e doverosa contestazione dei quattro Cardinali sta coagulando attorno a loro, sebbene con discrezione, un consenso sempre più ampio. Da confidenze raccolte fra chi lavora all’interno delle mura leonine risulta che perfino dei fedelissimi come Becciu e Parolin cominciano a lasciar trapelare delle perplessità sull’operato del monarca, il quale può pure ripetere fino alla noia di non considerarsi un principe rinascimentale, ma di fatto si comporta proprio come tale, con una disinvoltura che rasenta, anzi, la spudoratezza che contraddistingueva le cariatidi del compianto regime sovietico. Il povero padre Lombardi non è andato in pensione: si è dimesso perché non ce la faceva più a dover mettere delle pezze ogni santo giorno; i gesuiti stessi – tolto il mitico direttore della [olim] Civiltà Cattolica, sfegatato propagandista del nuovo corso – riguardo all’elezione del loro confratello sussurrano in privato di «incidente di percorso»…

Nel prendere controvoglia possesso della residenza estiva, oggi ridotta a museo, il novello sovrano, parlando in pubblico, si era lasciato sfuggire che il suo pontificato non sarebbe durato più di due o tre anni, al massimo quattro. La dichiarazione, riportata dai giornali, sarà poi smentita, ma c’è chi l’ha udita con le proprie stesse orecchie. In una conversazione privata con un sacerdote, inoltre, a proposito del Papa emerito il successore si era addirittura lanciato in una profezia sibillina: «Non sarà l’ultimo». Sempre da fonti interne si sa peraltro che, nell’agenda del 2017, non era previsto alcuno spostamento papale, finché non è stato di recente annunciato il viaggio a Milano, fissato al prossimo 25 marzo. Dipendono da variazioni di umore, tutte queste fluttuazioni, o rispondono a una sopraffina strategia di destabilizzazione mentale ed emotiva dell’orbe cattolico? Di sicuro, in questo modo, il tiranno tiene tutti sulla corda; ma, al sicuro come siamo nel Cuore immacolato di Maria, grazie al Cielo non ci lasciamo più coinvolgere.

«Dio sa, Dio vede, Dio può», mi scriveva un amico qualche mese fa. Con l’aiuto della grazia, facciamo quel che possiamo per mantenere la rotta e aiutare altri a farlo, sapendo però che è Gesù a tenere saldamente il timone. Prestiamo dunque con prontezza e costanza la nostra collaborazione alla Sua opera, ma con la serenità di chi sa bene che il Salvatore è Lui. Sul piano della natura non abbiamo certo i mezzi per contrastare i “poteri forti” che controllano il pianeta e la Chiesa stessa. Non è, questo, un fatto degli ultimi anni. Con una sincronia quanto meno sospetta, la crisi di Cuba, che si preparava da mesi, scoppiò pochi giorni dopo l’inizio del Concilio Vaticano II, provocata dall’installazione di missili che i sovietici non avrebbero potuto fabbricare senza la vendita, da parte degli americani, della tecnologia indispensabile allo scopo. Papa Roncalli, con il suo intervento pacificatore, si procurò un vastissimo plauso internazionale, che delegittimò previamente chiunque avesse voluto criticare la sua indebita condiscendenza verso gli atti rivoluzionari che avevano già dirottato l’assise conciliare in senso modernista.

C’è una strana somiglianza con l’appello alla preghiera per la pace lanciato da Bergoglio ai primi di settembre del 2013, che avrebbe disinnescato la globalizzazione del conflitto siriano: il medesimo copione dello scontro provocato ad arte (come la farsa della guerra fredda) per creare la psicosi di un’altra guerra mondiale; il medesimo tempismo dell’intervento pontificio (che avrebbe salvato il mondo da un orribile olocausto) in coincidenza con un assalto demolitore alla Chiesa. Poco più di un mese prima il nuovo papa aveva sconvolto tutti con cinque parole dalle conseguenze storiche («Chi sono io per giudicare?»); due settimane dopo uscì la devastante intervista sulla rivista dei gesuiti e, a pochi giorni di distanza, quella, ancor più spregiudicata, rilasciata ad uno dei maggiori propagandisti dell’anticristianesimo. Anche in questo caso, il credito planetario del dissolutore era allo zenit. Se poi si considera come quelle dichiarazioni eversive siano state puntualmente poste in atto, in un attonito silenzio – fino a tempi recenti – pressoché generale…

Il liquidatore, dunque, è forse prossimo al pensionamento, avendo esaurito il compito assegnatogli da occulti mandanti? Sta forse per passare la palla ad un altro esecutore come negli avvicendamenti governativi di casa nostra, che nonostante la chiara delegittimazione popolare procedono inesorabili nella stessa direzione? Il boy scout fiorentino ha lasciato il posto al pariolino radical chic dei salotti buoni, dove son di casa draghi e vampiri; da buon sessantottino, frequenta l’oligarchia finanziaria che governa il mondo e, come ministro degli Esteri, ha concesso autorizzazioni per la vendita di armamenti che hanno permesso di triplicare il fatturato in un solo anno, senza peraltro rendere conto alla Camera circa la loro destinazione finale. A parte questo trascurabile dettaglio, sotto i diktat della Banca Centrale Europea la perversione diverrà materia di insegnamento anche nella scuola italiana, troppo arretrata rispetto a quella degli altri ventisei.

Se nella Chiesa avvenisse qualcosa di simile, un’altra abdicazione sarebbe una catastrofe. Non è certo per aprire il varco a un guastatore peggiore né per aggravare il picconamento del Papato che auspichiamo un ritiro, ma unicamente perché, sul piano umano, non vediamo altra via d’uscita da questa tragica commedia, pur essendo ben coscienti dell’ulteriore rischio che correremmo. Ma – secondo la vecchia sapienza dei proverbi – il diavolo fa sempre pentole sprovviste di coperchi, mentre i nemici di Dio fanno i conti senza l’Oste. Volesse il Cielo che quelle dimissioni, prospettate con tanta disinvoltura da far pensare a un preciso programma, fossero usate dalla Provvidenza per cambiare le carte in tavola e imprimere un nuovo corso alla storia! Dio sa, Dio vede, Dio può… e ascolta le preghiere dei Suoi eletti che gridano a Lui giorno e notte.
 

sabato 10 dicembre 2016


Lettera aperta a J. M. B.


Chi entra per la porta è il pastore delle pecore. Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore una per una e le conduce fuori; e quando ha condotto fuori tutte le sue pecore cammina innanzi a loro e le pecore lo seguono, perché conoscono la sua voce. Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei (Gv 10, 2-5).

Illustrissimo,

qualunque sia la Sua posizione reale davanti a Dio, sentiamo in coscienza il dovere di rivolgerci a Lei a motivo della posizione che occupa almeno agli occhi degli uomini. Non siamo certo estremisti ultratradizionalisti, come la stampa a Lei favorevole ama classificarci, bensì semplicemente cattolici provenienti dalle esperienze più diverse, ma accomunati dall’essere stati oggetto della misericordia divina e desiderosi unicamente di rimanere cattolici, onde non perdere il dono incommensurabile della vita eterna, che vogliamo meritare con l’aiuto della grazia.

Sappiamo quanto poco gradite siano le nostre osservazioni, ma il nostro dramma – per dire tutto in poche parole – è che non riusciamo proprio a riconoscere nella Sua la voce dell’unico Pastore. La dissonanza è talmente forte che non possiamo ascoltarla né tanto meno seguirla: la Sua voce ci suona inevitabilmente estranea. Come se non bastasse, nelle Sue parole avvertiamo regolarmente un’ostilità preconcetta verso chi si sforza di procedere onestamente sulla via del bene quale la Chiesa, per due millenni, l’ha costantemente mostrata nel nome di Cristo. La nostra impressione (quanto vorremmo che fosse finalmente smentita!) è che Lei non sia entrato nel recinto passando attraverso quella porta – ossia la santa Tradizione – che c’è da molto prima di Lei e che a nessuno, pertanto, è lecito aggirare.

Non è vero che siamo persone arroccate in rigide convinzioni o in abitudini stereotipate, insensibili alla sorte di chi sarebbe escluso dal fariseismo dei moralisti. Siamo peccatori perdonati che, in molti casi, hanno sperimentato l’irruzione della grazia; conosciamo perciò per esperienza diretta la potenza trasformatrice del Vangelo. Non vediamo allora perché si dovrebbe precludere a tanti altri questa esperienza meravigliosa, mantenendoli nei loro peccati e inducendoli a credere di potervi perseverare con la benedizione di Dio. Certamente il Signore li ama tutti e ciascuno nella loro condizione, ma proprio perché li ama non può lasciarli in una situazione che può condurli alla dannazione eterna, bensì desidera la loro conversione e il loro riscatto.

La voce del Buon Pastore si è sempre riconosciuta dalla mite fermezza con cui richiama gli erranti dalla via che li porta nel baratro, non dalla seducente blandizie di chi li conferma nel loro errore. Questa non sembra misericordia, ma suprema perfidia, come sarebbe quella di un medico che, per rassicurare un malato di cancro, gli dichiarasse che è in ottima salute. La realtà oggettiva non è quella che preferiamo immaginare per sentirci bene; per quanto sia grave o compromessa, il nostro Medico è talmente capace che nessun male gli può resistere, purché anche noi siamo disposti a fare quanto in nostro potere per abbandonare il peccato. Questo ci aspettiamo di udire dalla voce di un vero pastore, non che – tanto per dirne una – un prolungato concubinaggio può contenere la grazia del sacramento del matrimonio: il peccato sta alla grazia come la malattia sta alla salute.

La voce del Pastore afferma altresì che il peccato è trasgressione dei Comandamenti divini (cf. 1 Gv 3, 4); di conseguenza non vediamo come si possa vivere in adulterio permanente senza essere in peccato mortale. Forse che il Pastore può contraddirsi? O forse lo Spirito ha capovolto la legge divina? Di quale spirito si tratterebbe, nel caso? Può forse verificarsi un’evoluzione nella volontà di Dio così come è testimoniata da Scrittura, Tradizione e Magistero? Dobbiamo forse tralasciare l’unanime insegnamento di tanti Papi, Padri e Santi in nome di una “nuova” comprensione della verità rivelata che di fatto la annulla? Questo può piacere al mondo incredulo che combatte la Chiesa, ai peccatori induriti che si rifiutano di ravvedersi, alla dittatura del politicamente corretto, ma non certo a chi, per grazia di Dio, ha conservato una fede autentica.

Probabilmente Lei ci replicherà, Illustrissimo, che la maggioranza dei cattolici, in ogni parte del mondo, concorda con le Sue vedute. Ma è realmente così? Come si può valutare la consistenza effettiva di un dissenso che non ha voce, se non sulla Rete? E quelli che La osannano, si può dire che abbiano veramente la fede? Che cosa sanno della dottrina cristiana? Quello che hanno imparato al catechismo o udito nella predicazione negli ultimi cinquant’anni? Noi che viviamo in mezzo al popolo Le possiamo garantire che, molto spesso, ciò non ha molto a che fare con la genuina fede cattolica: l’operato di preti e vescovi che hanno perso la fede in facoltà o in seminario ha quasi completamente eroso, in mezzo secolo di sistematica demolizione, anche quella dei fedeli.

La realtà dei fatti, nella Chiesa odierna, supera l’immaginazione: quante donne, secondo Lei, confessano l’aborto? A me è capitato due volte in vent’anni di ministero; eppure le statistiche sono agghiaccianti. Quanti divorziati risposati sono realmente così desiderosi di riconciliarsi con Dio per poter di nuovo ricevere i Sacramenti? L’unica cerimonia in chiesa che i parenti chiedono ancora per loro sono le esequie, ma è troppo tardi… Su un altro versante, quanti sono i luterani che credono ancora in qualcosa e praticano qualche forma di preghiera? O i musulmani che abbiano un sincero sentimento religioso e curino una vita morale accettabile? Ma ci rendiamo conto o no che nella Chiesa, oggi, ci si logora in speculazioni irreali o quanto meno superflue?

Quanto vorremmo sentire di nuovo la voce del Pastore, quella voce dolce e severa ad un tempo che, per guarirci, ci corregge ed esorta, sostenendo con la Sua grazia quanti sono disposti ad ascoltarla! «Ecco, verranno giorni – dice il Signore Dio – in cui manderò la fame nel paese, non fame di pane né sete di acqua, ma di ascoltare la parola del Signore» (Am 8, 11). Non ci obietti, per favore, che le Sue parole rimproverano i duri di cuore e riprovano i potenti del mondo, perché sono talmente vaghe che ognuno può considerarle rivolte a qualcun altro, mentre quanti hanno potere vanno quasi sempre d’amore e d’accordo con Lei; ci sarà pure un motivo. Non ci incantano affatto le condanne generiche dell’aborto o delle colonizzazioni ideologiche, sistematicamente contraddette dalle Sue azioni. Questa volta non si può imputare ai giornalisti di travisare le intenzioni del Papa o di deformarne l’insegnamento: essi non fanno altro che esplicitare quanto da Lei suggerito in modo inequivocabile; se poi non c’è mai una smentita…

Si potrebbe continuare a lungo, ma la sostanza è che, onestamente, non possiamo riconoscere la voce di Cristo nella Sua. La santa Chiesa non Le appartiene, Illustrissimo, e nessuno è autorizzato a trasformarla in qualcos’altro. Ci permettiamo perciò di avanzare un’ipotesi da Lei stesso formulata: che possa esserci più di un papa emerito. Sarebbe un bene per tutta la Chiesa, qualora il Signore ci concedesse un Pastore degno di questo nome, ma sicuramente lo sarebbe per l’eterna salvezza dell’anima Sua. Il tempo della misericordia non si può prolungare a piacimento: arriva il giorno in cui dovremo presentarci al Giudizio. In occasione del Suo ottantesimo genetliaco, pertanto, prendendo a modello la parrhesía di sant’Atanasio d’Alessandria, san Bernardo di Chiaravalle e santa Caterina da Siena, osiamo rivolgerLe questo appello nel nome di Gesù Cristo: si dimetta.
 

sabato 3 dicembre 2016


Strastoterpzy


In Ucraina orientale, le persone sono pronte a battersi e a morire sfidando il regime corrotto installatosi dopo un rovesciamento governativo pianificato dagli Stati Uniti, così come i russi erano pronti a combattere e ad immolarsi durante la Seconda Guerra Mondiale, che ne ha visti perire trenta milioni: le loro case bombardate, le famiglie distrutte e le donne violentate. Ecco ciò che emerge: il popolo è pronto a morire. E voi lo siete? O tutto questo fa parte della vostra realtà hollywoodiana…? (Vladimir Putin).

Ecco il dramma insospettato della guerra globale che, fino a poche settimane fa, si stava profilando: per noi, da settant’anni, la guerra è una realtà cinematografica, un divertimento da videogiochi, un soggetto di fantasia… Non lo diciamo perché – come siamo stati stigmatizzati da un giornalista di regime – adoriamo il presidente russo, ma semplicemente perché è vero. Putin non ha fatto altro che aiutarci a prendere coscienza di una realtà che preferiamo non vedere: il precedente governo americano si era lanciato, dall’Europa dell’Est al Medio Oriente, in un pericolosissimo gioco di provocazioni, probabilmente aizzato dai suoi finanziatori circoncisi. Ora, dopo l’inattesa vittoria di Donald Trump, questi ultimi sembrano aver optato per un lavorio di captatio benevolentiae, visto come alcuni influenti rabbini d’Israele si sono dati ad esaltarlo quale improbabile figura messianica scelta da Dio per la ricostruzione del Tempio. Prima dell’elezione, invece, un’importante rivista statunitense specializzata in diritto, di proprietà di un magnate ebreo, aveva pubblicato uno studio sulla procedura da seguire nel caso in cui un presidente eletto si fosse improvvisamente trovato nell’impossibilità di assumere le sue funzioni: quanto meno curioso…

Ma non conviene creare un altro martire alla Kennedy; per ora – dato che non mancano certo gli appigli – continuano perciò ad usare armi più comuni (come i ricatti giudiziari e la manipolazione dell’opinione pubblica) per costringerlo a circondarsi di collaboratori giudei. Ad analoga tattica sleale e proditoria, d’altronde, si era prestato, qualche mese prima, nientemeno che il capo della Chiesa Cattolica Romana con due parole al volo, in senso proprio e figurato. Schierarsi così platealmente per la concorrente abortista e bombarola, promotrice di califfati, primavere arabe e rivoluzioni colorate, potrebbe sembrare come minimo fuori luogo, se non altro per il bon ton della diplomazia vaticana; ma una sbirciatina nei misteriosi intrecci dell’alta finanza internazionale potrebbe fornire un abbozzo di spiegazione degli aspetti più inquietanti della realtà nascosta di quest’anomalo pontificato. La “Chiesa dei poveri” sognata da Francesco sembra più che altro consegnata agli speculatori delle grandi banche mondiali – e non è mica colpa nostra se esse appartengono a membri di un’etnia ben precisa.

Risulta sempre più chiaro che la degenerazione dottrinale e morale della Chiesa, cui Bergoglio ha impresso una vertiginosa accelerazione, è inscindibile da fattori di ordine finanziario e geopolitico. In una recente intervista, un anonimo funzionario di Curia rivela retroscena estremamente complessi, capaci però di gettare qualche luce sugli eventi degli ultimi quattro anni. Nei nove mesi di “sede vacante” dello IOR seguiti alla cacciata dell’uomo scelto da Benedetto XVI (ancora regnante!) per il risanamento delle finanze vaticane, la maggior parte dei capitali è stata trasferita in altre banche, per lo più controllate dalla Goldman & Sachs e dalla J.P. Morgan. Oggi lo IOR è in regola con le norme internazionali di trasparenza e di lotta al riciclaggio, ma l’organismo che amministra il patrimonio più ingente è un altro, l’APSA, che non pubblica bilanci e non può quindi essere controllato dall’esterno. Guarda caso, il suo responsabile, il bertoniano cardinal Calcagno, è l’unico che resista ai tentativi, messi in opera dal sovrano, di centralizzare la gestione finanziaria della Santa Sede mediante la creazione di nuovi dicasteri: il Consiglio per l’Economia, presieduto dal fidato braccio destro tedesco, il cardinal Marx (un nome, un programma), e la Segreteria per l’Economia, guidata dall’australiano cardinal Pell (molto indebolito, tuttavia, dalla pretestuosa inchiesta su casi di pedofilia verificatisi nella sua diocesi quando egli non era ancora nemmeno vescovo).

L’indiretto controllo sull’immenso patrimonio dell’APSA, valutabile in centinaia di miliardi, può spiegare come mai l’ex-Segretario di Stato, anziché finire defenestrato chissà dove come altri cardinali sgraditi, continui a dormire sonni tranquilli nel suo smisurato attico all’interno delle mura leonine, in stridente contrasto con lo stile ostentato dal Pontefice. Ma questo non è affar nostro, bensì di Chi gli chiederà conto di questa e di tante altre singolarità, come le sue amicizie a livelli politici altissimi. Il tesoro dell’APSA, in ogni caso, dovrebbe trovarsi in buona parte depositato… a Cuba e a Francoforte. Che la riconciliazione con il líder maximo, testè defunto, abbia avuto moventi collaterali molto prosaici? Si può ben accettare che il Venerdì Santo sia civilmente giorno festivo perfino nella patria della revolución, se dal Vaticano arriva un fiume di denaro da investire. Ad ogni modo, le ricchissime e ultraprogressiste diocesi tedesche (con a capo il summenzionato Marx) sono vere e proprie holding finanziarie che da decenni foraggiano l’America Latina – oltre all’Africa che, nonostante gli accorati appelli dei vescovi locali a non partire, sta perdendo la migliore gioventù in nome dell’accoglienza, un valore per il quale qualcuno è pur disposto a pagare il viaggio a decine di migliaia di “migranti” indotti…

Come minimo, pare trattarsi di una lotta tra squali che si stanno spartendo l’enorme torta delle finanze vaticane. Se lo strapotere di Bertone e soci, nel 2012, sembrava ormai consolidato in modo irreversibile, ecco che le dimissioni di Benedetto XVI e l’elezione di Francesco hanno riaperto il gioco. Non per nulla, evidentemente, un altro maneggione di prim’ordine, di cui il buon Tarcisio si era sbarazzato spedendolo nunzio a Washington (scelta quanto meno imprudente), si è alacremente adoperato con i cardinali nord- e sudamericani per convincerli a eleggere Bergoglio come salvatore della Chiesa dalla dilagante corruzione romana. Anche in questo caso, non sta a noi ringraziarlo, giacché se ne occuperà qualcun Altro; ma già da prima le occulte manovre di monsignor Carlo Maria Viganò erano ben note per la fuga di documenti riservati di cui fu materiale artefice un povero cameriere pontificio. Lo scandalo successivo (finito poi in una bolla di sapone), imputato a un monsignorino poco moralista e a una rampante ragazzetta in affari inserita da Francesco stesso in un ganglio vitale del suo sistema di controllo, dev’essere stato voluto, viceversa, per squalificare l’ambiente curiale impiantato da Bertone onde far spazio agli scagnozzi del nuovo uomo forte. Si vocifera che la cosiddetta banda dei maltesi, lanciatasi all’assalto dell’ultima fortezza, sia stata imposta proprio da oltreoceano, da colei che aveva preso a programma il “ridimensionamento” delle religioni.

In soldoni, ci sono incalcolabili somme di denaro gestite, da una parte e dall’altra, da ecclesiastici traditori che sono probabilmente, a loro volta, burattini manovrati dall’alta finanza ebraica e da chissà chi altri. Da questi fondi si è attinto per sostenere la campagna elettorale della Clinton e forse – Dio non voglia – anche i suoi interventi bellici in Medio Oriente (in altre parole, gli orrori dei tagliagole che stanno facendo strage di cristiani e distruggendo i loro venerandi monumenti). Perché Bergoglio, tolte le chiacchiere, non interviene efficacemente in quella tragedia? Perché ha fermato “con la preghiera” un intervento diretto dell’Occidente in Siria? Conviene di più appoggiare sotto banco gli estremisti islamici in una guerra che si sta trascinando all’infinito? Non voglio farvi perdere la fede: Gesù ha promesso che non prevarranno, ma questa è l’ora in cui i nemici di Dio, una volta penetrati nel Santuario, ne hanno preso il controllo; unico inconveniente per loro, a quanto pare, è che la questione si gioca tra due opposte fazioni. Niente di nuovo sotto il sole: il diavolo divide anche quelli che lo servono per accrescere i danni e la confusione, oltre che per spingerli infine a divorarsi a vicenda, quando non gli serviranno più.

Che c’entrano, in tutto questo, Putin e Trump? Forse – e sottolineo: forse – sono l’inizio di un cambiamento di scena; la Provvidenza sceglie chi vuole. L’uno, però, è alla guida di uno Stato massonico asservito al sionismo che da un secolo e mezzo non sperimenta guerre sul proprio territorio, ma le provoca altrove; l’altro di un popolo la cui fede sta rinascendo dopo una prova apocalittica ed è abituato a soffrire l’inverosimile fin dall’inizio della sua storia. Non so a che cosa andiamo incontro in questo 2017 che sta per iniziare. Se Trump sarà succube del ricchissimo genero ebreo e lo accontenterà nelle nomine, la guerra potrebbe essere solo momentaneamente rimandata: il Piano Kivunim, all’attuazione del quale si sono ugualmente prestate amministrazioni americane di opposte sponde, prevede infatti la destabilizzazione e lo smembramento di una serie di Stati arabi che circondano Israele, ai quali manca solo l’Iran, legato alla Russia. In Siria le truppe di Assad, grazie al potente alleato, hanno quasi ripreso Aleppo; gli altri staranno a guardare?

Fra i santi russi più amati, c’è una categoria caratteristica della loro spiritualità: gli strastoterpzy (approssimativamente: imitatori della Passione), ossia coloro che si sono resi somiglianti a Cristo crocifisso mediante l’accettazione pacifica, per amore di Dio e del prossimo, della violenza loro inferta; i più recenti sono le vittime della persecuzione comunista recentemente canonizzate dal Patriarcato di Mosca. Familiarizzarsi con loro ci farebbe spiritualmente bene. Dobbiamo essere pronti a soffrire, non solo per fedeltà alla verità che salva, ma anche per l’intervento purificatore che potrebbe giungere, per la società e per la Chiesa, da dove meno ce l’aspettiamo. Chi non l’abbia ancora fatto, si consacri al Cuore immacolato di Maria e preghi perché ciò si realizzi anche per la Russia, in un modo o in un altro. Le promesse del Cielo non deludono, ma bisogna pur ascoltarlo.