Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

domenica 27 dicembre 2015


Dopo tre giorni lo ritrovarono


Figlio, perché ci hai fatto così? (Lc 2, 48).
Gioia e dolore si intrecciano inestricabili nel Cuore immacolato di Maria. Il Figlio dell’Altissimo, da Lei partorito nella natura umana, viene al mondo in un ricovero di bestie da soma, poiché per Lui non c’è altro posto (cf. Lc 2, 7). Portato al Tempio per esservi circonciso e offerto al Padre, viene profeticamente indicato come oggetto di rifiuto e di opposizione, al punto che l’anima della Madre ne sarà trafitta come il costato di Lui lo sarà dalla lancia del soldato romano (cf. Lc 2, 34-35; Gv 19, 34). Condotto per la prima volta in pellegrinaggio a Gerusalemme per la Pasqua ebraica, vi sparisce per tre giorni, come a significare la durata della sepoltura e ad annunciare il nuovo e definitivo Passaggio (cf. Lc 2, 46; 9, 22). Ritrovato fra i dottori della Legge, dichiara di dover stare in ciò che appartiene a Colui del quale è Figlio (cf. Lc 2, 49).
Sapeva bene chi era il Suo vero padre, il Fanciullo nato per ottenergli innumerevoli figli rinati dall’acqua e dallo Spirito Santo (cf. Gv 3, 5) e diventare così primogenito di una moltitudine di fratelli (cf. Rm 8, 29). È il Verbo creatore che si è fatto carne per far rinascere da Dio tutti coloro che Lo accolgono, i quali sono molto più numerosi di quelli che Lo rifiutano. Se il mondo, che pure è stato fatto per mezzo di Lui, non Lo riconosce e i Suoi, che pure formavano la Sua eredità, non L’hanno ricevuto (cf. Gv 1, 3.10-14), non si è arrestato il disegno della misericordia paterna. Il Messia avrebbe pagato l’insolvibile debito di giustizia contratto dall’umanità peccatrice scontando al posto dei colpevoli la pena da loro meritata, onde sollevarne chi avrebbe acconsentito con fede operosa a questa inestimabile grazia per essere liberato dall’Inferno.
«Figlio, perché ci hai fatto così?»… La domanda della Vergine Madre avrebbe manifestato una portata ben più vasta e dolorosa, ma avrebbe pure avuto una risposta infinitamente al di là delle più alte aspirazioni umane. La redenzione dell’uomo e la sua elevazione alla vita divina erano state certo oscuramente profetizzate con l’annuncio della nuova ed eterna alleanza (cf. Ger 31, 31; Ez 37, 26), ma solo lo Spirito Santo, che La aveva inabitata fin dal concepimento, poteva svelarle, nel Suo incessante meditare le cose custodite nel cuore (cf. Lc 2, 19.51), il senso e il valore di ciò che il Figlio avrebbe patito in indissolubile unione con Lei. Incarnazione redentrice: la bella Agnella ha generato l’Agnello che deve essere ucciso, secondo la stupenda espressione di Melitone di Sardi, vescovo in Asia Minore nel II secolo, ripresa poi dalla liturgia bizantina.
Agnello di Dio – ti domandiamo però a nostra volta –, perché ci hai fatto così? Perché Ti sei nascosto agli occhi di chi crede sinceramente in Te e cerca ansiosamente i segni della Tua presenza, in questo mondo tenebroso che si inebria di peccato facendo festa per la Tua nascita, ma non per Te? Perché non c’è posto per Te nemmeno in questo popolo, un giorno a Te appartenuto, che occulta i segni della fede per non urtare chi con arroganza Ti nega finanche sul nostro suolo, reso sacro dal martirio dei Tuoi Apostoli e da stuoli di Santi che Ti hanno dato gloria? Perché ci hai dato Pastori che, anziché difendere il gregge dai lupi, alzano bandiera bianca e si inchinano ai Tuoi avversari? Perché ci hai fatto così? Perché ci hai fatto così?… Sì, Agnello dominatore del mondo, riconosciamo la nostra tiepidezza, la nostra codardia, la nostra imbelle e tutt’altro che santa rassegnazione… Nonostante la follia dilaghi da cinquant’anni nella società e nella Chiesa, non abbiamo difeso la verità come avremmo potuto e dovuto né Ti abbiamo dato l’onore che Ti spetta, finché la situazione non è precipitata…
Forse vuoi proprio che Ti cerchiamo con rinnovato ardore per meritare di nuovo di trovarti là dove sei veramente – nella casa del Padre Tuo – piuttosto che là dove i Tuoi rappresentanti vorrebbero farti trovare da noi – nella casa dei Tuoi nemici. Forse vuoi spronarci, con questa apparente assenza, a praticare quelle virtù evangeliche che, sulla bocca di tanti Tuoi ministri, non sono più che vuote parole e triti ritornelli continuamente smentiti dai fatti o che, nelle loro attività, non sono altro che impegno sociale e umanitario. Forse vuoi che professiamo la Tua verità senza falsi riguardi per chi non crede in Te, ma solo in Te può trovare salvezza dalla sua violenza o dal suo nichilismo. Forse aspetti che ritroviamo la gioia e la fierezza di dichiararci cristiani ovunque e di fronte a chiunque, costi quel che costi. Forse ci stai costringendo a ridiventare Tuoi veri discepoli, ritti ai piedi della Croce con Maria, Tua e nostra comune Madre.

Forse vuoi che Ti stringiamo con fede retta e nuda là dove pur sei realmente, in quel Pane del cielo che possiamo ancora adorare e di cui ancora possiamo nutrirci. Tu sei nato a Betlemme, Casa del pane, proprio per essere nostro cibo di vita imperitura. Non mancheranno mai sacerdoti che lo consacrino sull’altare o – quando non fosse più possibile – anche in segreto, come nelle catacombe, nei boschi della Vandea o nelle cantine russe e messicane. Non mancheranno mai eroici fedeli che resistano impavidi ai tribunali del popolo e ai linciaggi mediatici. Non mancheranno mai anime che, a testimonianza profetica del mondo a venire, si consacrino a Te per puro amore e vivano, per Tua grazia, effettivamente caste, povere e obbedienti. Non mancherà mai la luce del santo Vangelo e della perenne Tradizione a chi vuol vederla e lasciarsene guidare. Non mancherà mai il fuoco dello Spirito Santo a chi purifica il cuore e la mente da ciò che Lo contrista e Lo scaccia. Puoi ben nasconderti agli occhi del nostro cuore, ma sappiamo fin troppo bene che non mancherai mai alle anime che ti amano e corrono al profumo della Tua unzione. Quand’anche un giorno durasse un anno, alla fine Ti farai ritrovare.

sabato 19 dicembre 2015


Benedetto chi crede


Beata colei che ha creduto che quanto a lei detto da parte del Signore avrà compimento (Lc 1, 45).

Sì, beata l’anima che dà credito a ciò che Dio le comunica nella Rivelazione trasmessaci dalla santa Chiesa mediante la Sacra Scrittura e la Tradizione, fedelmente interpretate dal Magistero autentico, che è immutabile e perennemente valido. Beata l’anima che sulla roccia di quelle divine parole edifica la propria casa conformando ad esse le sue scelte e i suoi comportamenti; essa resisterà a tutte le tempeste e i cataclismi che stanno per abbattersi sull’umanità disobbediente (cf. Mt 7, 24-25). Beata l’anima che si rispecchia continuamente nell’Ancella del Signore ripetendo in ogni circostanza, lieta o avversa: «Ecce ancilla Domini: fiat, fiat, fiat mihi secundum verbum tuum!» (Lc 1, 38). Beata l’anima che, libera dalle zavorre dell’orgoglio e degli attaccamenti carnali, resa leggera dall’umiltà, dalla carità e dalla fiducia, mette le ali ai piedi e vola come Lei a portare a chi Lo attende quel Gesù che in essa vive e che da essa irradia il Suo Spirito di gioia e di pace.

È di tali anime che è composta la Chiesa viva, quella che conosce, ama e serve il Dio uno e trino, che nella Persona del Figlio si è incarnato per nascere come uomo, portarci la luce vivendo fra noi e rigenerarci alla Sua vita divina con la Sua morte e risurrezione. Questa Chiesa, ad immagine della Vergine Madre, è santa e immacolata non perché senza peccatori, ma perché esente da peccato nella sua essenza. I peccati che commettiamo non le appartengono, ma sono totalmente roba nostra, di cui dobbiamo sbarazzarci nel modo più rapido e completo possibile perché nulla di noi le resti estraneo e, di conseguenza, sia esterno a Cristo. Chi è in peccato mortale non può esserne membro vivo: essa è il Corpo di Cristo, e non può esserci alcun rapporto tra la giustizia e l’iniquità, tra la luce e le tenebre, tra Cristo e Beliar (cf. 2 Cor 6, 14-15).

Abbiamo dunque bisogno di Pastori che, quali profeti coraggiosi, annuncino a tutti il vero Vangelo e mostrino agli uomini i loro peccati perché possano abbandonarli ed essere salvati; ma «non ci sono più profeti e fra di noi nessuno sa fino a quando…» (Sal 73, 9). Anzi, dopo aver svuotato la fede cristiana e reso irrilevante l’appartenenza alla Chiesa, ora i sedicenti Pastori si lambiccano perplessi domandandosi come mai nessuno creda più in niente né si senta vincolato dalla Legge divina. Visto che perfino gli psicologi e i sociologi cui da decenni si affidano hanno esaurito le loro ricette rigorosamente atee, hanno pensato bene di indire una grande svendita di fine stagione per regalare in offerta speciale il perdono di Dio a chi non si considera colpevole di nulla, mettendo ai saldi quella misericordia di cui, in fin dei conti, non c’è più bisogno.

Non ti curar di lor, ma guarda e passa… Fissa lo sguardo su Maria, guarda la Stella; come Lei, credi e obbedisci. Tappa le orecchie alle stucchevoli voci di tanti pseudobiblisti, pseudoteologi e pseudopastori che, come un vecchio e rigato disco in vinile, sembrano essersi inceppati e ripetono invariabilmente gli stessi ritornelli. Ricrea in te stesso il silenzio abissale del Suo Cuore immacolato, in cui il Verbo divino risuonò sovrano per esservi concepito nello spirito prima ancora che nel grembo. Accogli in te la Parola che non passa, perché, prendendo carne dalla tua carne, possa essere vista, udita e toccata da coloro che ti incontrano: è il Verbo della vita, che era fin dal principio ed è venuto ad abitare fra noi (cf. Gv 1,1.14; 1 Gv 1,1). Ricevilo da Maria e sussulta di gioia per la grazia dello Spirito Santo, che da Lei si irradia e inabita anche te: làsciati introdurre da Lei nel meraviglioso mondo di quel Dio-Amore di cui è figlia, sposa e madre.

«Gesù, che si trovava nell’utero di Lei, aveva fretta di santificare Giovanni ancora posto nel ventre della madre. Quindi, prima che Maria arrivasse e salutasse Elisabetta, non esultò il bambino nel grembo; ma non appena Maria ebbe pronunciato la parola che il Figlio di Dio nel ventre della madre le aveva suggerito, il bambino esultò di gioia e allora, per la prima volta, Gesù rese profeta il Suo precursore». Così Origene; e sant’Ambrogio: «Subito si manifestano i benefici dell’arrivo di Maria e della presenza del Signore […]. Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni sentì per primo la grazia: lei udì nell’ordine della natura, lui esultò a motivo del mistero; lei sentì l’arrivo di Maria, lui quello del Signore, la donna l’arrivo della donna e il bambino l’arrivo del bambino. Esse esprimono la grazia, essi la operano all’interno e avviano il mistero della pietà a vantaggio delle madri, le quali, per un duplice miracolo, profetizzano con lo Spirito dei piccoli».

Se vuoi udire la voce di Maria e sentire la presenza di Gesù, onde esultare come Giovanni Battista per l’azione dello Spirito Santo, rinchiuditi nel grembo della Chiesa – quella di sempre – e persegui quella dotta ignoranza che rese sapiente san Benedetto, scienter nescius et sapienter indoctus. Non ingolfarti di notizie e discussioni sulle vicende del mondo e sui misfatti dei traditori di Cristo; cerca di sapere quanto basta per esserne avvisato e poterti difendere, ma non lasciarti avvelenare da ciò che, pur detestandolo, rischi di assorbire insensibilmente. Come la Vergine santa, riempi le tue viscere della divina Parola; gustala interiormente, ripetendola spesso, per assimilarla quale vero cibo dell’anima, fatta ad immagine del Verbo. Così, a lungo andare, potrai restituirla nel tuo parlare da Lui trasformato in parola di vita, proprio come il Pane del cielo, con i tuoi sforzi di santificazione, ti trasmuta a poco a poco in se stesso e ti cristifica. Beata, beata l’anima che crede al compimento di quanto il Signore in essa dice e realizza per renderla Sua figlia, sposa e madre: «Nel tabernacolo del grembo di Maria Cristo dimorò nove mesi; nel tabernacolo della fede della Chiesa dimorerà fino alla consumazione del mondo, nella conoscenza e nell’amore dell’anima fedele nei secoli dei secoli» (beato Isacco della Stella). Amen.

sabato 12 dicembre 2015


Fate frutti degni della conversione


Razza di vipere, chi vi ha suggerito di sfuggire all’ira imminente? (Lc 3, 7).

La “nuova Chiesa” che ha riscoperto la Parola ha rigorosamente omesso questo versetto nella sua nuova Liturgia, trasformata da sacrificio in culto protestante incentrato sul sermone. Come già Lutero aveva escluso dal suo canone biblico alcuni libri dell’Antico Testamento e guardato con sospetto quelli del Nuovo che smentivano le sue tesi eretiche, così i suoi criptodiscepoli di oggi usano espungere dal santo Vangelo ciò che non fa comodo alle loro teorie. Il cristiano moderno, postosi al di sopra del Verbo divino, lo giudica con sufficiente arroganza in base alle sue intoccabili idee. Quando è più istruito, cestina certi passi del testo sacro attribuendoli all’autore umano; quando lo è meno, sentenzia senza appello che il Dio che vi parla è ingiusto o cattivo…

L’ira di cui parla la Bibbia, ben diversa dall’ira del peccatore, è la giusta retribuzione per chi ha calpestato l’impensabile amore del Padre e trascurato la salvezza immeritata che la Sua inaudita misericordia gli ha concesso in Suo Figlio incarnato, crocifisso e risorto per lui. Non si tratta però di un mutevole atteggiamento da parte di Dio, come se potesse rabbuiarsi all’improvviso o guardare benevolo i giusti e corrucciato i reprobi. Siamo tutti peccatori in via di conversione, oppure, se la Provvidenza ci ha preservato da peccati gravi, persone a cui è stata riservata una grazia speciale, a beneficio loro e di tanti altri. Anche nell’eternità Dio sarà lo stesso per i beati come per i dannati, ma – ci insegna san Leone Magno – «ciò che sarà letizia per le anime pure, sarà pena per quelle macchiate» (che a causa del loro rifiuto, ormai definitivo, percepiranno soggettivamente l’amore come causa di tormento anziché di beatitudine).

Rimbocchiamoci dunque le maniche, perché al momento del Giudizio (particolare e universale) non servirà a nulla reclamarsi cattolici di nome: bisognerà dimostrare di esserlo stati di fatto. A questo fine, dobbiamo vivere in ogni momento come se fossimo sul punto di rendere conto della nostra vita e di ogni singolo atto, pensiero e parola: «Già la scure è posta alla radice degli alberi; ogni albero che non porta frutto buono è tagliato e gettato nel fuoco» (Lc 3, 9). Anticipa oggi il tuo giudizio e non avrai nulla da temere quel giorno; accetta ora spontaneamente la sentenza che i Comandamenti emettono sui tuoi comportamenti e non dovrai subirla al momento della morte; giùdicati subito da te stesso per non essere condannato allora. Non renderti nemico il tuo Salvatore, mentre sei per via con Lui, perché non debba trasformarsi nel tuo Giudice (cf. Mt 5, 25-26). Egli userà lo strumento che ha già in mano per ventilare il grano e purificare la Sua aia, quella su cui deve sorgere il nuovo Tempio della Sua gloria perché cessino i flagelli (cf. Lc 3, 17; 2 Sam 24, 16-25).

Gli apostati, al contrario, stanno profanando anche i luoghi consacrati, a cominciare da uno dei più cari alla cristianità, noncuranti dei sentimenti dei fedeli e sensibili unicamente ai soldi dei massoni che governano il mondo e, ora, dominano anche l’apparato terreno della Chiesa nell’intento di porlo al servizio di una religione neo-pagana, un grottesco culto della natura dietro il quale si nasconde l’adorazione della Bestia. Ci manca solo che si manifesti l’Anticristo; tutto è pronto, anche gli stuoli osannanti di pseudocattolici plagiati dai mass-media e incantati dal falso profeta fino al punto di reagire violentemente non appena qualcuno osi proferir parola che non ripeta pappagallescamente i suoi versi, ma ribadisca semplicemente la dottrina cattolica (quella che Gesù ha sancito con la morte di croce e tantissimi cristiani dimenticati, proprio in questo momento, attestano con il proprio eroico martirio, eseguito con crudeltà disumane in un orrore indescrivibile).

Ma tu, fratello mio, sorella mia, non appartieni a quella squallida struttura di potere; finché ti mantieni in stato di grazia, sei un membro vivo del Corpo di Cristo, che con tutti gli altri forma la Sposa da Lui infinitamente amata. Allora non soffermare lo sguardo sulla caotica fiera della falsa misericordia, ma raccogliti in te stesso per prepararti ad accogliere il Messia. Ascolta la voce in cui risuona la Parola vera, che illumina ogni uomo e che ancora viene in questo mondo; ascolta san Giovanni Battista, che non ebbe timore di rimproverare nemmeno i potenti e rese credibile la sua predicazione con lo stile di vita e con la stessa morte. Sii povero di cuore e, se la tua condizione e i tuoi doveri te lo consentono, anche di fatto. Ascolta: «Chi ha due tuniche ne dia una a chi non ne ha e chi ha da mangiare faccia altrettanto» (Lc 3, 11). Se hai responsabilità pubbliche, non ne approfittare a tuo vantaggio, ma mettiti al servizio del prossimo, per quanto ciò sia reso arduo da una legislazione assurda e dal malcostume diffuso. Se sei obbligato a una prestazione, non farla pesare e non vantartene, ma fanne una segreta immolazione che darà gioia agli altri e ti farà pregustare la beatitudine eterna: «Gaudete in Domino semper» (Fil 4, 4).

«Giovanni […] anche oggi grida in mezzo a noi e la sua voce, come tuono, scuote il deserto dei nostri peccati. Egli si è addormentato nella morte santa del martirio, ma la sua voce è ancora viva. […] Giovanni ci ripete oggi lo stesso grido e ci comanda di preparare la via al Signore. Questa via non è tracciata sul terreno, ma sta nella purezza della fede. Il Signore non vuole aprirsi una via sui sentieri della terra, ma nell’intimo dell’anima. Vediamo che via ha aperto al Salvatore Giovanni stesso, lui che dice a noi di preparare al Signore la strada! Egli ha disposto e diretto tutto il percorso della sua via in ordine a Cristo che veniva: lunghi digiuni, umiltà, povertà, verginità. […] Quale umiltà più grande nel Profeta che l’andar coperto di ruvido pelo, disprezzando le morbide vesti? Quale fedeltà più devota che l’esser sempre pronto, coi fianchi cinti, a rendere qualsiasi servizio? C’è astinenza più ammirevole del non tenere in nessun conto le comodità della vita accontentandosi di locuste e miele selvatico?» (san Massimo di Torino).

Certamente non elimineremo completamente la povertà né faremo cessare le guerre dalla faccia della terra; nessuno, del resto, ci ha chiesto di realizzare un’utopia. Non arresteremo di certo i cambiamenti climatici né salveremo qualche specie animale; non tocca a noi, d’altronde, riparare i danni provocati a bella posta dai poteri occulti che vogliono drasticamente ridurre la popolazione mondiale con la scusa dell’inquinamento di cui sono essi stessi responsabili, né aspiriamo a vivere per sempre su questa terra come se fosse la nostra definitiva dimora e dovessimo consacrare la nostra vita a migliorare un’abitazione provvisoria, pretendendo di mettere il Creatore al servizio della Sua opera. Ma se, con la tenerezza del cuore purissimo della Madonna, avremo fatto sorridere un bambino o riacceso lo sguardo di un anziano solo, sfamato un povero (vero) o aiutato una donna a portare a termine la sua gravidanza, il mondo non sarà più lo stesso e il Salvatore, nel Suo ultimo avvento, lo troverà migliore, Lui che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen.
 

sabato 5 dicembre 2015


A tanta grazia, altrettanto zelo

 
Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri (Lc 3, 4).

Dio ci guardi dal pensare di poterlo costringere a venire a noi per le nostre strade tortuose. Certo, la Provvidenza scrive diritto sulle nostre righe storte, come si ripete proverbialmente, ma solo perché, nella Sua infinita condiscendenza, non ci lascia andare in malora a causa dei nostri molteplici errori e peccati. Certo, la Sapienza divina è capace di trarre un bene persino dalle nostre colpe, ma questo non significa che le approvi o le trascuri, visto che ci fanno rischiare la dannazione eterna. Certo, la Sua misericordia è pronta a coprire qualsiasi delitto, ma non è un abbonamento gratuito e senza scadenza: essa esige infatti con urgenza un pentimento sincero e una ferma determinazione di non più peccare, dato che ignoriamo il momento in cui dovremo rendere conto della nostra vita. Il buon Pastore è sì disceso nel burrone in cui la pecorella smarrita era precipitata, ma per tirarla fuori.

Se vogliamo veramente incontrare il Giudice clemente, tocca a noi raddrizzare ciò che è storto. Se questo ci sembra impossibile, è per insufficiente fede in Lui: «Tutto è possibile a chi crede» (Mc 9, 23), con l’aiuto della grazia divina. Anche un’anima spiritualmente morta in seguito a un peccato mortale è assistita dalla grazia preveniente, senza la quale non potrebbe mai pentirsi né sperare il perdono onde poter essere ristabilita, con la Confessione, nella grazia santificante. Anche chi è caduto in fondo al baratro dei peccati più turpi e ignominiosi non deve far altro che lanciare un grido verso il Cielo con la volontà di cambiare vita, e schiere di angeli scendono a confortarlo, raccogliendo la sua preghiera per presentarla al trono dell’Altissimo, perfezionata e impreziosita dall’intercessione della Madre di Dio.

Potrebbe esserci misericordia più grande e sollecita? Il Paradiso intero si muove per la conversione di un peccatore: «C’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte…» (Lc 15, 10). Ma quest’ultimo deve necessariamente riconoscere i propri peccati e, con l’aiuto di Dio, correggersi. Non cambia nulla illuderlo che i suoi atti non siano poi così deprecabili o che siano meno gravi di altri, come se un ammalato potesse consolarsi per il fatto che sta morendo di epatite piuttosto che di leucemia… Perdere la vita dell’anima per un’ingiustizia sociale non è più grave che perderla per un peccato sessuale; l’impurità contro natura grida vendetta verso Dio tanto quanto frodare il salario agli operai. La crescita della carità, oltretutto, è impossibile soltanto in un settore e non in un altro; le diverse virtù, a cominciare dalla castità, devono crescere di pari passo.

«Quelli che vogliono conoscere la via del Signore cominciano anzitutto con l’abiurare l’errore profano e inveterato; altrimenti non avrebbe senso in noi la ricerca del meglio senza la rinuncia al passato. E chi era il maestro dei popoli? Chi li condusse alla conoscenza della verità e li persuase a considerare ridicole le loro credenze precedenti e ad abbracciare la fede nuova? Non era forse Dio? Egli illuminò le menti e i cuori e li condusse a dire e a credere: “Da Sion esce la legge e da Gerusalemme la parola del Signore” (cf. Is 2, 3). […] Dio, Re e Signore dell’universo, giudicherà le genti, cioè eserciterà la giustizia e il giudizio su tutti i popoli. È prevalsa l’ingiustizia, perché i popoli si distruggono a vicenda, introducendo ogni genere di ferocia e di dissolutezza. Tolte di mezzo queste cose, Dio dona la giustizia e la rettitudine».

Una vera conversione presuppone la conoscenza della verità e la sua incondizionata accoglienza, che a sua volta richiede l’abbandono dell’errore per adesione alla Legge divina. Quanti battezzati, per ignoranza di essa, sono regrediti in ridicole credenze o hanno abbracciato dottrine aberranti? La misericordia nei loro confronti impone quindi ai Pastori di istruirli in proposito, in modo che possano rendersi conto di aver preso la strada sbagliata e invertire la rotta. Per fare questo, non si può aspettare che ogni uomo al mondo abbia da mangiare e da coprirsi; così non cambierà mai nulla, anche perché il Signore – come appena ricordatoci da san Cirillo Alessandrino – concede giustizia e rettitudine a chi si decide a togliere di mezzo ferocia e dissolutezza. È la dignità stessa dell’uomo, creatura cosciente e libera, che esige questo da lui.

Chi invece lo giustifica come un essere, tutto sommato, incapace di ragionare e di volere lo riduce, di fatto, a un minus habens. Chi abbassa la salvezza – che, secondo la promessa profetica, ogni uomo vedrà (cf. Lc 3, 6) – a lavoro per tutti e armonia fra religioni tradisce Colui che per quella salvezza ha patito la morte di croce. È a Lui che bisogna spianare la strada nei cuori degli uomini, aiutandoli a raddrizzare i sentieri che stanno percorrendo, a riempire i burroni in cui spesso è franata la loro vita e ad abbassare i monti della loro presunzione. Certo, è un’impresa impegnativa; è molto più facile dispensare pacche sulle spalle e consolazioni fasulle. Ci si può perfino far odiare, specie se si urtano le orecchie dei potenti; san Giovanni Battista ci rimise la testa, ma la Parola di Dio, che, scesa su di lui, fu da lui annunciata senza rispetto umano, non rimase senza frutto: come era stato predetto dall’Angelo (cf. Lc 1, 17), grazie a lui il Messia trovò un popolo ben disposto che, mediante le Sue sofferenze redentrici, diventò la Chiesa.

In Colei che Lo concepì per opera dello Spirito Santo, il Figlio di Dio non trovò nulla da correggere: in Lei si aprì, per incarnarsi, una strada assolutamente diritta e piana. Fu così per una grazia del tutto singolare che La preservò dal peccato originale in vista dei meriti di Colui che avrebbe messo al mondo perché potesse redimere anche Lei; ma fu così anche perché Lei stessa corrispose sempre, in modo indefettibile, all’amore inconcepibile che il Padre aveva riversato su di Lei fin dal primo istante della Sua esistenza. Chiediamole di insegnarci a cooperare con la grazia per raddrizzare ciò che in noi è storto, così da poter offrire al Salvatore una via su cui possa raggiungere il nostro cuore e la nostra vita con soavità e dolcezza, prima di essere costretto a rimproverarci, nell’ultimo giorno, l’indifferenza e la chiusura all’impagabile misericordia con la quale ha dischiuso ai peccatori quella dimora gloriosa in cui vive e regna, Dio, nei secoli dei secoli. Amen.