Iam enim securis ad radicem arborum posita est.
(Mt 3, 10)

sabato 31 ottobre 2015


Preghiera per la Chiesa

 
Dominus iudex noster, Dominus legifer noster: Dominus Rex noster, ipse salvabit nos.

Signore Gesù Cristo, non sei Tu forse nostro giudice, nostro legislatore, nostro Re, come la Tua santa Chiesa Ti acclama da sempre? Non Ti professiamo forse arbitro delle menti e dei cuori? Nonostante la turba scellerata vociferi scomposta che non vuole lasciarti regnare, noi continuiamo osannanti a proclamarti, qual sei, Re supremo di tutti gli uomini. Perché, o Principe portatore di pace, non sottometti al Tuo soavissimo impero le menti ribelli, raccogliendo in un unico ovile le genti disgregate dal peccato e quanti han deviato dal tuo amore? Perché non sentenzi e legiferi più, a salvezza dei mortali dannati in eterno dalla loro stessa disobbedienza, per bocca di colui che dovrebbe sedere quale roccia di certa dottrina e pascere le Tue pecorelle nei pascoli salubri dei Tuoi comandamenti? Perché lasci che chi ha il compito di guidarci sconcerti continuamente chi ancora conserva la fede e al contempo trascini nel baratro quanti, pur credendo di averla, in realtà non la conoscono più? Perché, Immagine vivente dell’Altissimo, Luce da Luce, Dio, permetti che sia coperta e vituperata l’eterna verità che salva riunendo gli uomini nella pace della Tua signoria?

Eppure proprio per questo hai voluto pendere, le braccia distese, dal legno insanguinato; proprio per questo, facendolo aprire dalla lancia, hai mostrato il cuore, ardente d’una fiamma d’amore; proprio per questo Ti nascondi, sull’altare, sotto l’apparenza del pane e del vino, riversando sui figli, dal Tuo petto squarciato, la loro eterna salvezza! Quando sarai di nuovo esaltato con pubblico onore, com’è giusto, dai governanti delle nazioni, obbedito da giudici e maestri, espresso dalle leggi e dalle arti, Verbo divino che reggi l’universo? Quando stenderai di nuovo il Tuo mite scettro sulla nostra patria e su ogni casa, liberandoci dagli orrendi flagelli abbattutisi su questa società pervertita che ha rigettato la Tua signoria e, con essa, ogni forma di bene, di onestà e di giustizia? Quando svelerai l’enorme inganno dei cosiddetti diritti umani, mutevoli e cangianti ad ogni tiro di vento, diabolico pretesto per distruggere l’essenza dell’uomo creato a Tua immagine? Quando smaschererai la sottile menzogna del bene fatto per il bene anziché in nome di Dio, che è il sommo Bene, in ottemperanza a fragilissimi imperativi categorici che non trovano il proprio fondamento in Te, ma nella coscienza individuale offuscata dal peccato originale?

Tu non puoi abbandonarci. Certo, noi scorgiamo ancora le Tue tracce in ogni sorriso, in ogni gesto gentile, in ogni azione caritatevole di cui pur sono ancora capaci le Tue creature rinate dall’acqua e dallo Spirito, per quanto in buona parte private dello stato di grazia dai loro peccati. Molte di esse sono ancora toccate dal passaggio di uomini e donne a Te consacrati in verità, il cui sguardo e parola può ancora risuscitare, come brace coperta dalla cenere, la fiammella della grazia seppellita nei loro cuori. L’immane plagio collettivo esercitato dai mezzi di comunicazione non li ha ancora resi completamente ciechi e insensibili alla Tua presenza e alla Tua tenerezza; forse attendono soltanto un cenno credibile che non rinnovi ulteriormente la delusione provocata da chi, anziché assecondare i richiami della loro coscienza, li ha abbandonati in balia del peccato, rifiutandosi di somministrare loro la cura necessaria… Perché allora li lasci vagare lontano da Te? Come puoi permettere che siano ulteriormente ingannati con una falsa idea di misericordia, anziché ricondotti ad ascoltare la Tua voce, dolce e severa ad un tempo, che li chiama a conversione per la loro felicità presente e futura? Perché non ci mandi qualcuno che parli davvero in Tuo nome per riaffermare la vivificante Verità immutabile che sei Tu stesso?

No, al contrario Tu stai lasciando che la barca di Pietro vada alla deriva, che la Tua vigna diletta sia devastata dalle bestie selvatiche, che il Tuo gregge, acquistato a prezzo del Tuo sangue, sia sviato da falsi Pastori che Ti hanno tradito, che la Tua Sposa amatissima si prostituisca con il mondo incredulo, governato da Satana e dai suoi miserabili sgherri… Ti pare che il peccato mortale di adulterio, per giunta continuato, possa esser valutato caso per caso ed eventualmente legittimato? Puoi forse ammettere che persone in stato di adulterio permanente svolgano funzioni nelle comunità cristiane, smentendo così, nei fatti, ogni insegnamento o dottrina in qualsiasi ambito? Lascerai che innumerevoli peccatori, riabilitati senza emendarsi dal “discernimento” improvvisato di un chierico qualunque o fittiziamente sciolti dal sacro vincolo del matrimonio, mangino e bevano ripetutamente la propria condanna? La loro coscienza oscurata e ingannata basterà forse a scusarli, salvandoli così dal fuoco eterno? Non li hai forse richiamati innumerevoli volte con infinita pazienza per trattenerli dalla loro funesta decisione o per riportarli sulla retta via? E per quanto tempo ancora i Tuoi ministri fedeli, che si battono ogni giorno per la salvezza delle anime, dovranno sentirsi insultare come farisei duri di cuore, doganieri attaccati alle formule astratte, controllori insensibili ai drammi del prossimo e senza pietà per le sue sventure, di cui è generalmente responsabile?

Sì, sappiamo bene che hai tolto la siepe alla Tua vigna perché non ha portato i frutti che attendevi, nonostante le Tue ininterrotte e straordinarie cure. Con i torrenti di grazia che per due millenni hai riversato su di essa e le moltitudini di santi che vi hai suscitato, dovrebbe oggi brillare tutta di santità eccelsa, tale da attirare irresistibilmente a sé tutti gli uomini che ancora non credono in Te: ebrei, musulmani, induisti, buddhisti, scintoisti, animisti… tutti sarebbero liberati, chi dalle catene della sua disobbedienza, chi dalle tenebre delle sue credenze, tutti dal dominio del diavolo, sotto il quale soggiace chi non è rinato da Dio e dalla Vergine, venendo così incorporato a Te. Dobbiamo confessarlo: non abbiamo ascoltato i Tuoi profeti, per questo ora taci; non Ti abbiamo dato l’onore che Ti spettava, per questo ci hai messi in mano ai nostri nemici; non abbiamo reso testimonianza alla luce, per questo siamo avvolti dalle tenebre. La nostra tranquilla indolenza ha lasciato fare ai Tuoi avversari senza opporre sufficiente resistenza nella società civile; la nostra pia sottomissione ha ingoiato tutte le eresie e accondisceso a tutti gli abusi perpetrati nella Chiesa: e adesso abbiamo il coraggio di lamentarci?

Ma, poiché Tu sei e sarai sempre il nostro Salvatore, abbiamo ancora l’ardire di gridare a Te per ottenere perdono e implorare il Tuo intervento. Se non vuoi ascoltare noi, che troppo Ti abbiamo offeso e disgustato, porgi l’orecchio – Te ne supplichiamo – alla voce della purissima Madre Tua e nostra, che da sempre ci fa da avvocata e ci raccoglie sotto il manto castificante della Sua verginità, guarendo le nostre reiterate infedeltà. Ricorda l’amore ineguagliabile con il quale Ti ha messo al mondo come Capo del Corpo che noi formiamo. Ricorda i Suoi inenarrabili dolori, sopportati per noi sul Calvario nell’atto di offrirti al Padre, formando con Te un’unica ostia, per la nostra rigenerazione. Ricorda le ardentissime preghiere con cui, quale Figlia di Sion, ha ottenuto per noi l’effusione dello Spirito promesso, che ha adornato la Tua santa Sposa di doni svariati e mirabili carismi per la conversione dei pagani. Ricorda le inesauribili grazie da Te elargite attraverso di Lei a questi figli ingrati, per i quali pur continui a sanguinare negli innumerevoli martiri del nostro tempo, portando ancora la croce flagellato le membra e il capo coronato di spine. Ricorda – Te ne scongiuriamo – la perseverante preghiera del Tuo servo nascosto e silente, che ha fatto quanto ha potuto per allontanare la nave dagli scogli, prima di esser messo in condizione di dover lasciare il timone.

La nostra fiducia è più viva che mai, o nostro Maestro, Sacerdote e Signore: abbiamo Te prigioniero nel candore del Tabernacolo; abbiamo la candida Madre della Chiesa; donaci ancora un bianco Padre che salvi il vascello dirigendolo tra le due colonne alle quali deve ancorarlo per sempre. Noi non smetteremo di importunarti finché non sarai intervenuto.

P.S.: in vista dell’8 dicembre, data dell’entrata in vigore del motu proprio sulle cause di nullità matrimoniale e inizio del giubileo della misericordia, propongo di recitare quotidianamente questa preghiera per trentatré giorni a partire dal 5 novembre prossimo. Gridiamo al cielo con la certezza di essere esauditi, in un modo o in un altro.
 

sabato 24 ottobre 2015


Dagli amici mi guardi Dio

 
I nemici di un uomo saranno quelli della sua casa (Mt 10, 36).

In un tempo non troppo lontano la parola del sacerdote era sufficiente a dirimere qualsiasi controversia: una cosa si doveva o non si doveva fare semplicemente perché così aveva detto il parroco. Oggi, al contrario, gli si dà ordini perfino su ciò che deve fare in chiesa o nella Messa, anche senza arrivare agli assurdi eccessi di certi Paesi, nelle cui parrocchie “assistenti pastorali” mentalmente deformate dalla perniciosa “teologia” che hanno studiato dettano legge su tutto. In questo caso tuttavia, per una volta, non stiamo indossando i panni dei laudatores temporis acti: l’esperienza storica insegna infatti che, venuti meno gli obblighi esterni, la pratica religiosa è miseramente crollata e, con essa, si è dileguata pure la fede. In effetti non basta che i fedeli facciano o non facciano qualcosa «perché l’ha detto il prete» oppure «perché si è sempre fatto così». Per resistere ai mutamenti sociali e culturali, gli impegni spirituali (che per loro stessa natura esigono una libera adesione interiore) hanno bisogno di motivazioni profonde, che solo una paziente e prolungata educazione può trasmettere.

Certo, ai bambini piccoli si possono impartire indicazioni basate sulla semplice ragione che così vuole papà o mamma; dal punto di vista pedagogico, anzi, questo è molto più congruo ed efficace che non l’imbottire loro la testa di spiegazioni complicate che non sono ancora in grado di capire, come spesso si fa attualmente in mancanza di vigilanza e di affetto. I fedeli della Chiesa, però, non sono infanti che debbano rimanere tali per tutta la vita – senza nulla togliere al fatto che il Regno di Dio appartiene a chi è come i bambini (cf. Mc 10,14). Una buona formazione dottrinale e morale è pertanto necessaria per fornire la propria vita di fede di un solido fondamento, nonché per riconoscere le trappole e gli errori di cui è disseminata l’odierna realtà ecclesiale. Fino a pochi anni fa si poteva ancora andare in parrocchia con la legittima aspettativa – sebbene spesso frustrata – di essere rinfrancati e nutriti nella vita di grazia; oggi bisogna spesso andarci muniti di adeguate protezioni spirituali, nonché di efficaci tappi auricolari.

Sembra incredibile, ma per i cristiani autentici la Chiesa è diventata un ambiente inospitale, se non ostile, in cui vengono guardati con sospetto e diffidenza, quando non son cacciati fuori o minacciati di scomunica… All’epoca del “cristianesimo adulto”, paradossalmente, l’unico motivo accampato è il fatto che dissentono da papa Francesco. La parola del parroco o del vescovo conta poco o nulla, ma qualunque affermazione esca dalla sua bocca è assolutamente indiscutibile, proprio come una volta: una cosa è vera e giusta semplicemente perché l’ha proferita il Papa. Il fatto è che, un tempo, il Papa era certamente tale e quanto dichiarava era sicuro; anche una cieca fiducia nei suoi confronti era quindi ben riposta: le parole e i gesti del Vicario di Cristo non lasciavano adito a dubbi. La stessa cosa, ahimé, non può certo dirsi oggi; al contrario, chiunque abbia una fede solida e retta (al posto di quel miscuglio melenso di buonismo e luoghi comuni attualmente somministrato a bambini e ragazzi che poi, giustamente, si dileguano dalla parrocchia il prima possibile) si sente spesso, se non quotidianamente, scosso da quelli del Vescovo di Roma.
 
È quanto mai curioso, oltretutto, che simile esaltazione dell’autorità petrina sia congiunta ad un ossessivo richiamo alla collegialità episcopale e all’autonomia del Popolo di Dio. Se però si rileggono con attenzione i testi pubblicati a destra nei Documenti, la situazione paradossale in cui viviamo si illumina di colpo. «Conferite al Papa (= antipapa) il massimo potere di scegliere i propri successori. […] Dichiarate falsi i dogmi precedenti, tranne quello dell’infallibilità pontificia. […] Soltanto l’antipapa eletto deve essere obbedito. Dite alla gente che dovrà inchinarsi quando verrà pronunciato il suo nome. Ordinate a tutti i sudditi del Papa di combattere in sante crociate per estendere l’unica religione mondiale». Sono i piani della massoneria relativi alla Chiesa Cattolica – o meglio alla sua distruzione –, già portati a compimento al novanta per cento. Dopo aver dilatato in modo indebito il ruolo di vescovi, sacerdoti e laici a scapito dell’autorità dottrinale e disciplinare dei veri Papi (che si era di fatto liberi di ingiuriare e disattendere a proprio piacimento), ora lo si è spazzato via con un colpo solo mediante un’asfissiante campagna pontificia contro il cattivo clero e i cattolici tradizionali, in modo da lasciare in piedi unicamente il potere perverso e pervertitore di un falso pontefice che sta demolendo la Chiesa dall’interno.
 
Non è necessario che egli sia formalmente affiliato alla massoneria: è sufficiente che sia l’uomo da loro voluto, funzionale ai loro piani e compiacente alle loro direttive. Non a caso, all’indomani della sua elezione, si sono moltiplicate entusiastiche dichiarazioni di favore da parte dei vari Grandi Orienti. Lo «stato di scisma e di apostasia, ancora latente ma già reale», da loro asseverato nel 1995 sta per manifestarsi apertamente per effetto delle continue provocazioni di tale personaggio e del suo entourage. È sintomatico che egli abbia fatto l’unico, intimidatorio riferimento all’autorità che i sacri canoni gli riconoscono per sopire il violento conflitto scoppiato al Sinodo dei Vescovi dell’anno scorso. Quello che però egli esercita – in realtà – non è altro che un autoritarismo grezzo e arbitrario, regolato unicamente dagli scopi che si prefigge. Nulla potrà mai annullare, in ogni caso, le promesse di Dio: concederci di servirlo senza timore, una volta liberati dalle mani dei nostri nemici, in santità e giustizia, al Suo cospetto, per tutti i nostri giorni (Lc 1, 74-75). Fiduciosi nella profezia dettata dallo Spirito dell’unico vero Oriens ex alto, non ci saremmo mai aspettati, tuttavia, di trovarci quei nemici in casa nostra.
 

domenica 18 ottobre 2015


La vera posta in gioco


In un bollettino della massoneria giudaica dei primi anni del secolo scorso si afferma che la Chiesa Cattolica deve essere aiutata a cambiare. A quanto pare sopravvivono ancora dei figli di Caifa che, poveretti, continuano a illudersi di poter chiudere i conti col Nazareno. Visto che l’odio distruttivo scatenato a più riprese contro la Sua Sposa per interposta persona, nelle varie epoche della storia cristiana, non è valso ad eliminarla dalla scena, han pensato bene di infiltrarsi nel suo corpo direttivo per adulterarne la natura (ignorando ovviamente, per carenza di cognizioni adeguate in materia, che ciò non è possibile). Sta di fatto che, almeno da un certo punto di vista, sono riusciti nel loro perfido intento: a un secolo di distanza si stenta a riconoscere, della Chiesa terrena, lo stesso volto visibile di allora – o meglio non lo si riconosce più.

Simile cambiamento, dai cattolici “aggiornati”, era in realtà considerato un enorme progresso: fino a cinquant’anni fa non si era capito praticamente nulla del Vangelo, che si sarebbe cominciato a comprendere e a vivere soltanto con il Vaticano II. Oggi, però, essi appaiono ormai surclassati: di quel Concilio che fino a pochi anni orsono era tenuto per verità assoluta e indiscutibile, stranamente non si parla più, così come di qualsiasi altra cosa risalga a una data precedente a quel fatidico 13 marzo 2013, che ha segnato l’inizio di una nuova èra. È nata la Chiesa di papa Francesco, con una nuova dottrina, una nuova prassi e una nuova morale. In conferenze, omelie e interventi vari, vescovi, cardinali o semplici sacerdoti lo acclamano anzi salvatore della Chiesa, profondendosi in elogi entusiastici e scomunicando senza appello – in nome della misericordia – chi non fosse dello stesso parere…

Indubbiamente è un’altra religione, non quella che abbiamo ricevuto da bambini. Abbiamo sempre creduto in Cristo quale unico salvatore, nella Sua parola come verità immutabile, nel Suo sacrificio come redenzione universale e nella Sua grazia come indispensabile mezzo di salvezza. Ora questi signori vorrebbero farci credere che tutto questo sia superato: nessuno di loro, ovviamente, osa affermarlo in termini espliciti, ma il succo del discorso è quello. Basta essere buoni (ognuno a modo suo), rispettare la legge (umana) e fare la raccolta differenziata dei rifiuti… In termini tecnici, è ciò che si chiama giustificazione mediante le opere; in parole povere, un regresso del cristianesimo al giudaismo, in nome di quel Gesù che non sarebbe altro che un ebreo vissuto nel I secolo (dopo Cristo, per l’appunto). Forse non tutti sanno, tuttavia, che il giudaismo di oggi non è il medesimo della sua epoca, ma piuttosto una continuazione di quel rabbinismo con cui il Figlio di Dio non andava molto d’accordo: «Guai a voi, scribi e farisei ipocriti…». Ricordate?

Ma che c’entrano gli Ebrei con papa Francesco? C’entrano eccome: sono amici per la pelle. Già da arcivescovo di Buenos Aires, il buon Bergoglio ha “concelebrato” con i rappresentanti della più potente loggia giudaica (la Bᵉnè Bᵉrith) raccolti con lui intorno all’altare; poi, trasferitosi a Roma, li ha solennemente ricevuti in Vaticano. Uscendo da un lungo colloquio con lui, Shimon Perez ha dichiarato che è finalmente giunto il momento di unire tutte le religioni – eliminando evidentemente tutto ciò che possa distinguerle. Al Congresso degli Stati Uniti e nel Palazzo di Vetro, il pontefice uscito da un ambiente ecclesiale fieramente antiglobal e antiamericano è stato acclamato come un profeta da centinaia di delegati rapiti in estasi. Eppure si presenta come il papa dei poveri, degli ultimi, dei diseredati… Come fa a piacere tanto a chi li opprime e li affama dettando ai governi dei Paesi sottosviluppati scelte, programmi e politiche?

C’è qualcosa che non torna… a meno che non si ammetta – come suggerito da qualcuno – che questo papa sia stato voluto proprio da loro. Ultimamente si è tornati a parlare delle dimissioni di Benedetto XVI, annunciate in circostanze quanto meno inquietanti: proprio in quei giorni lo Stato della Città del Vaticano era stato escluso dalla rete SWIFT, sorta di camera di compensazione finanziaria che consente le transazioni di denaro a livello mondiale; ciò significa che qualsiasi operazione economica da parte del Vaticano (fosse pure un semplice prelievo o acquisto con carta di credito) era stata bloccata, con conseguenze a dir poco catastrofiche. Pare che, appena avvenuto l’annuncio delle dimissioni (redatto oltretutto in un latino piuttosto improbabile), il collegamento sia stato ripristinato. Certamente non sarà stata questa l’unica causa scatenante, ma in una situazione che, dopo lo scandalo Vatileaks, si era rivelata ingovernabile, questo potrebbe essere stato l’ultimo scossone per convincere l’odiatissimo ottuagenario a mollare la barra della barca di Pietro. In fin dei conti era il solo che ancora si opponeva ai progetti perversi dei nemici di Dio (gender, mondialismo, relativismo assoluto…), la cui realizzazione, proprio a partire da quel momento, ha conosciuto un’accelerazione impressionante.

Ci sarà senz’altro chi, come al solito, griderà al complottismo… Il fatto è che il sistema SWIFT è controllato dagli Stati Uniti, le cui finanze, a loro volta, sono controllate dalla massoneria giudaica. I conti cominciano a quadrare, soprattutto se si sommano gli intrighi del cosiddetto gruppo di San Gallo, composto di quei cardinali che, per esplicita ammissione di uno di loro, fin dall’inizio del pontificato di papa Ratzinger hanno tramato per boicottarlo (o forse ne hanno addirittura favorito l’elezione con il proposito di approfittarne per esasperare la tensione all’interno della Chiesa e nei suoi rapporti con il mondo) e preparato poi l’elezione successiva. Luciferina astuzia dei Giuda che in ogni epoca, per misteriosa permissione della Provvidenza, si mescolano agli Apostoli e ai loro successori… Con le buone o con le cattive, insomma, bisognava togliere di mezzo chi tratteneva (il katéchōn di paolina memoria) quel cambiamento radicale della Chiesa che i suoi avversari avevano di mira, sostituendolo con qualcuno che fosse invece d’accordo con loro.

Il fatto è che secondo san Paolo – ciò che chiunque può leggere nella Bibbia, loro compresi – questo momentaneo trionfo del mysterium iniquitatis prelude al ritorno glorioso di Cristo sulla terra (cf. 2 Ts 2, 1-12). Per noi, che pur gemiamo nella prova, questo è un eccezionale motivo di consolazione; per quelli, al contrario, dovrebbe esserlo di preoccupazione, se credessero nel carattere ispirato della Sacra Scrittura. In ogni caso, il diavolo sa per certo che gli rimane poco tempo; forse non lo sanno i suoi adepti, che stanno manovrando il Sinodo dei Vescovi – checché ne dicano, a livello ufficiale, i pinocchi dal chilometrico naso – per far definitivamente trionfare le loro idee perverse. A questo punto, se i Pastori fedeli non alzano la voce, grideranno le pietre… Quanto più abbiamo il diritto e il dovere di farlo noi, che avemmo un giorno un cuore di pietra, certo, ma abbiamo ricevuto da Maria immacolata la grazia di vedercelo cambiare dal Suo primogenito in cuore di carne, un cuore da figli plasmato da quella Parola che non passerà mai, a differenza di cielo e terra.
 

sabato 10 ottobre 2015


Dall’abisso alla gloria

 
Corruptio optimi pessima.

Già l’antica saggezza latina aveva riconosciuto che, quando sono i migliori a guastarsi, la loro corruzione supera i limiti di quella propria di chi è abitualmente corrotto e li fa sprofondare in abissi di depravazione che sorprendono persino i disonesti. Anche al di fuori di tale decadenza, è risaputo che un’esteriorità impeccabile può ben fare da schermo al marciume: «Chi fa l’angelo fa la bestia», sentenzia il noto adagio attribuito a sant’Alfonso Maria de’ Liguori. Finora, però, le bestialità commesse dagli angeli apparenti erano consumate in segreto; oggi invece (proprio all’epoca in cui le notizie si divulgano in pochi istanti a livello planetario) esse vengono con orgoglio esibite in pubblico. È uno schiaffo al buon gusto, prima ancora che al buon senso – anche per quanti, pur vivendo lontano dalla fede, si aspettano spontaneamente dai sacerdoti una condotta per lo meno decente. Se poi il motivo del vanto è una relazione sodomitica, inevitabilmente intessuta di atti che sono fra i più disgustosi e degradanti che un essere umano possa commettere…

Come frutto delle amenità raccontate al catechismo e del vuoto spinto caratterizzante la formazione dei seminari, d’altronde, non ci si poteva aspettare molto di meglio. Ascesi e mortificazione sono state abrase dalla vita cristiana come relitti di un passato oscurantista e opprimente in cui – dicono – la gioia di vivere e l’anelito alla libertà erano sistematicamente repressi ai fini della conservazione del potere clericale. Pur non avendo esperienza diretta di quei deprecabili tempi preconciliari (termine gravido delle più sinistre risonanze), posso comunque fare appello a ricordi personali. La frequentazione di sacerdoti anziani, formati alla “vecchia maniera”, mi ha sempre fatto un gran bene nel profondo dell’anima: erano uomini buoni, sereni, saggi e radiosi che mi volevano bene in modo pulito, franco, disinteressato, diventando così fari della mia infanzia e giovinezza e favorendo in modo decisivo la mia vocazione. Il mio solo rimpianto è che non ci siano più e che io non abbia più la preziosa opportunità di imparare da loro ciò che non mi è stato insegnato.

Qualcosa, in ogni caso, dev’essere pur passato, se oggi continuo a cercarlo intorno a me e desidero offrirlo a mia volta. Di fatto, gli unici in cui ritrovo le medesime qualità sono sacerdoti bollati come “tradizionalisti” e, paradossalmente, dei giovani religiosi che si stanno formando “all’antica”: i loro volti puri, solari e vitali sono una prova evidente della bontà del cammino seguito. Sono ragazzi del nostro tempo, cresciuti nelle nostre città e nelle nostre scuole, ma miracolosamente liberi dall’orrenda schiavitù dell’impurità che soggioga la nostra gioventù infelice. Dato che la grazia suppone la natura, è ovvio che certi miracoli richiedano particolari disposizioni spirituali che non si possono assumere se non apprendendole da qualcun altro; ma la lotta contro il peccato e la cooperazione con la grazia sono discipline che si insegnano da ben duemila anni nella Chiesa: a mano a mano che le impari, ti cambiano la vita.

Da quando nei seminari e nei conventi, invece, si è abbandonata ogni pratica e disciplina per perdersi nelle chiacchiere fumose di uno spiritualismo astratto, completamente cieco di fronte alle reali condizioni di candidati provenienti da una società estremamente corrotta, essi si sono trasformati, secondo la terribile profezia della Salette, in cloache di impurità. Tale risultato, del resto, è stato studiatamente perseguito dalla massoneria, a partire almeno dagli anni ’50, mediante l’infiltrazione degli istituti ecclesiastici di studio da parte di insegnanti ad essa affiliati. Lo scopo ultimo era quello di squalificare il sacerdozio cattolico, come la Vergine predisse a Mariana de Jesús nel lontano 1610: «Il sacramento dell’Ordine sacro sarà deriso, oppresso e disprezzato, perché in questo sacramento la Chiesa di Dio e persino Dio stesso è respinto e disprezzato, poiché Egli è rappresentato dai Suoi preti. Il demonio cercherà di perseguitare i ministri del Signore in ogni modo possibile e agirà con crudele e sottile astuzia per farli deviare dallo spirito della loro vocazione corrompendo molti di loro. Questi sacerdoti corrotti, che saranno motivo di scandalo per i cattolici, faranno sì che l’odio dei cattivi cattolici e dei nemici della Chiesa cattolica, apostolica e romana ricada su tutti i sacerdoti».

Non potrò mai dimenticare le espressioni di odio con cui, nella prima metà del 2010, i romani mi piantavano gli occhi addosso, per strada e sui mezzi pubblici, ogni volta che un articolo di giornale o un programma televisivo aveva sollevato il velo sulla pedofilia nel clero. Allora mi sentivo ancora obbligato a portare quell’eclettica divisa semi-laica che è stata imposta al clero “rinnovato” e che non ho mai amato; ora che indosso sempre l’abito talare, al contrario, spesso riscuoto simpatia e gentilezza là dove meno potrei aspettarmele. All’abito si associa pur qualcosa di importante, almeno ad una certa età; i bambini e gli adolescenti, invece, sono inevitabilmente incuriositi da una figura così inconsueta. Ciò che conta, ad ogni modo, è che la veste sia un continuo richiamo – per il prete come per i fedeli – alla santità oggettiva dello stato sacerdotale, che esige parimenti una tensione ininterrotta verso la santità personale. La qualità morale dei ministri sacri, in effetti, ha una ricaduta diretta sulla vita del Popolo di Dio, in bene e in male, come ricordò Gesù stesso a Mariana nel 1634:

«Sappi che la Giustizia divina manda terribili castighi su intere nazioni non solo per i peccati della gente, ma soprattutto per i peccati dei sacerdoti e dei religiosi, perché questi ultimi sono chiamati dalla perfezione del loro stato ad essere il sale della terra, i maestri della verità, coloro che trattengono l’ira divina. Deviando dalla loro sublime missione, essi si degradano a un punto tale che agli occhi di Dio sono proprio loro ad accelerare il rigore dei castighi, perché separandosi da me finiscono per vivere solo una vita superficiale dell’anima, e mantenersi lontano da me non è degno dei miei ministri. Con la loro freddezza e mancanza di fiducia, essi agiscono come se per loro io fossi un estraneo. Ahimé! se solo sapessero, se solo fossero convinti di quanto io li ami e desideri che essi entrino nella vera profondità delle loro anime, là, senza dubbio, essi troverebbero me e vivrebbero necessariamente la vita d’amore, luce e continua unione per la quale essi non sono solo stati chiamati, ma scelti!».

Come sempre, il Signore non giudica i peccati e non minaccia castighi se non per mostrare agli uomini una via d’uscita e spronarli ad imboccarla. Chi nel clero non è ancora del tutto accecato dall’ideologia e corrotto nei costumi ritorni piangendo al Suo amore e rientri nel profondo del proprio cuore per ritrovarvelo, riprendendo la vita d’amore, luce e continua unione con Lui per la quale è fatto e in virtù della quale, soltanto, sarà in grado di riportargli le anime traviate. Chi nel popolo desidera veramente la salvezza propria e altrui, si assuma il compito che il Salvatore affidò a suor Mariana: lavorare per la santificazione di sacerdoti e religiosi offrendo preghiere, sacrifici, penitenze e ogni azione buona in unione ai Suoi meriti infiniti e a quelli dell’immacolata Madre Sua. Per incoraggiarci e sostenerci nell’impegno, ad ogni richiesta Gesù associa una promessa: «In ogni tempo, io sceglierò tali anime in modo che, unendosi a me, esse lavorino, preghino e soffrano per conseguire questo nobile fine, e una gloria speciale le attenderà in cielo».
 

sabato 3 ottobre 2015


Che cosa dobbiamo fare, fratelli?


Nulla è mai del tutto perduto, quando c’è di mezzo la grazia. Se i cittadini di Gerusalemme, dopo aver ascoltato san Pietro imputare loro la morte di Gesù, con il cuore trafitto dal pentimento ebbero speranza sufficiente per porgli questa domanda (cf. At 2, 36-37), quanto più coloro che Lo servono fedelmente e desiderano ardentemente conoscere la Sua volontà hanno il diritto di porgerla! La situazione surreale in cui, loro malgrado, si trovano rende tale questione quanto mai pressante, ma costituisce altresì un argomento stringente per reclamare un rapido esaudimento. Quando tutto sembra crollare, il Signore della storia non può abbandonare i Suoi fedeli allo smarrimento e all’incertezza; è Lui, l’unico in grado di aprirlo, che in virtù della Sua morte redentrice e della Sua risurrezione ha preso dalla destra del Padre il rotolo sette volte sigillato che contiene i Suoi insondabili decreti circa la sorte dell’umanità (cf. Ap 5, 6-7).

Se, nella storia della Chiesa, si è colpito il clero simoniaco e concubinario negandogli ogni forma di sostentamento e disertandone le celebrazioni, tanto più è doveroso farlo nei confronti di quei chierici che demoliscono la fede dei semplici con il loro insegnamento eterodosso e con la loro condotta immorale. Non frequentate più le parrocchie in cui si predicano eresie o si dà scandalo con comportamenti indegni; non fate più offerte e non chiedete più i Sacramenti in quei luoghi, ma rivolgetevi soltanto a sacerdoti affidabili, anche se fosse necessario spostarsi. È pur vero che, a norma di diritto, bisogna far riferimento alla parrocchia nel cui territorio si ha il domicilio; ma, visto che già tanti ministri e fedeli si esimono da sé dal rispetto dei canoni per motivi di preferenza o di amicizia, perché mai dovrebbero sentirsi vincolati in coscienza quelli che vogliono preservare la propria fede ed essere certi di ricevere la grazia?

Ciò che in tempi normali è reprensibile, in circostanze eccezionali può diventare doveroso, purché si tratti, ovviamente, di questioni attinenti al diritto meramente ecclesiastico. I sacerdoti refrattari, durante il Terrore, non chiedevano certo il certificato di residenza ai fedeli che si rivolgevano a loro. Noi non siamo ancora costretti a darci alla macchia per esercitare il sacro ministero, ma a celebrare la Messa antica quasi di nascosto, sì – e per sfuggire alla mannaia non di tribunali rivoluzionari, ma di vescovi “cattolici”. La nostra coscienza può quindi rimanere in pace, quand’anche non osserviamo norme del codice del tutto relative: la salus animarum non è forse la suprema legge della Chiesa, come ci hanno ripetuto in modo martellante nella nostra “formazione”? Solo che, da quanto è dato arguire, secondo loro noi dovremmo salvare le anime autorizzando ciascuno a fare tranquillamente quello che gli pare in base alla sua nozione personale di bene e di male…

Se i vostri Pastori vi chiedono conto di ciò che fate, rispondete spiegando loro apertamente le vostre motivazioni, anche a costo di irritarli o di farvi giudicare integralisti, ma guardatevi bene dal farvi trascinare in una discussione dalla quale uscireste offesi e malconci, dato che non maneggiate quella dialettica perversa che si insegna nei seminari per sfornare preti capaci di aver ragione anche quando hanno torto in modo evidente. Dite quel che dovete dire e scappate via, lasciandoli cuocere nel loro brodo; in ogni caso, avrete compiuto nei loro confronti un atto di carità intellettuale, e chi non è completamente accecato dall’orgoglio si porrà qualche salutare domanda. In un’epoca in cui tutto è capovolto, può pure capitare che tocchi alle pecore salvare il pastore.

È ora di far sentire la propria voce dal basso, dato che quanti erano pronti a farlo dall’alto sono stati bellamente imbavagliati. L’atteso Sinodo dei Vescovi sulla famiglia, che si aprirà domattina, è già stato preventivamente blindato dalla suprema autorità, visto che in quello preparatorio dell’anno scorso ha trovato una resistenza molto più consistente e agguerrita del previsto. Secondo il nuovo regolamento, appositamente promulgato per l’occasione, i Padri sinodali non voteranno mai in assemblea generale, ma lavoreranno soprattutto in circoli linguistici e sotto stretto segreto. A quanto pare non ci sarà la consueta relazione intermedia, ma alla fine il Sommo Pontefice emanerà subito – presumibilmente senza nemmeno aver avuto il tempo di dare un’occhiata alle posizioni emerse durante il sinodo – un documento conclusivo che non potrà essere, come negli altri casi, una sintesi dei diversi contributi (cosa che richiede di solito da un anno a due di lavoro), ma sarà con ogni probabilità un testo preparato in anticipo; i bene informati sostengono in effetti che un gruppo di “esperti” sarebbe già all’opera. Una solenne perdita di tempo, insomma; una pagliacciata di regime in cui le posizioni contrarie non avranno voce – a meno che qualcuno dei buoni non infranga il regolamento…

Manco a dirlo, si fa tutto per il pueblo… che in questo caso è composto – parola di prefetto della Rota romana – di turbe di infelici che la Chiesa avrebbe condannato ingiustamente e senza appello. Se c’è qualcuno che ha il diritto di protestare, sono gli avvocati rotali, che vedranno precipitare i loro favolosi guadagni… a meno che non si crei una procedura per l’annullamento dei matrimoni omosessuali. Ebbene sì, anche di questo dovrà occuparsi il sinodo sulla famiglia – visto che non è più ben chiaro che cosa si intenda con il termine. Se il vostro Vescovo è “aperto” al riconoscimento (senza però usare la parola matrimonio!) di diritti civili per le cosiddette coppie dello stesso sesso, prendete la decisione di non firmare più per la Chiesa Cattolica nella prossima dichiarazione dei redditi e scrivetegli una lettera per esporgliene il motivo. Anche in questo caso, chissà che non si ravveda – se non altro per questioni di bilancio.

Per concludere, raccomando a tutti (anche se mi do la zappa sui piedi) di passare meno tempo a navigare sulla Rete alla ricerca di fatti e misfatti ecclesiastici su cui riversare il proprio sdegno o con cui rinfocolarlo, e un po’ più in ginocchio davanti al crocifisso o al tabernacolo. Qualsiasi cosa possiamo fare, non servirà a nulla senza la preghiera, dato che tutto dipende dalla grazia di Dio. Il nostro non è un combattimento contro le forze della carne, ma contro le potenze demoniache che manovrano il mondo incredulo e i falsi cristiani suoi alleati. Recitate l’esorcismo di Leone XIII – ma solo, ovviamente, se siete incontestabilmente in stato di grazia – e riprendete la Preghiera infuocata del Montfort, qualora l’abbiate tralasciata. Urlate al Cielo come lui, con lo stesso ardore e la stessa incrollabile fede. Presto o tardi dovrà pur esaudirci.