Il trionfo della Croce
Non è l’Esaltazione della Santa Croce, ma una ricorrenza di quasi
pari importanza, quella del suo ritrovamento da parte di sant’Elena (Inventio Sanctae Crucis), che si celebra il 3 Maggio. La riforma di papa Giovanni XXIII la
soppresse completamente, così come tutta una serie di altre festività o di
vigilie e di ottave di feste non sopprimibili, ma rimaste, da allora in poi, eventi
isolati. Ancor prima del totale rifacimento del culto operato da Paolo VI, dunque,
il calendario liturgico aveva già subìto un primo stravolgimento, con una
pesante riduzione, per giunta, degli uffici dei Santi, in gran parte declassati.
Evidentemente si trattava soltanto di una tappa nella realizzazione del
processo portato avanti dai novatori in modo dissimulato, a partire da quel
fatto epocale che fu la modifica dei riti della Settimana Santa,
inspiegabilmente approvata da Pio XII.
Una sorte un po’ diversa, sotto quest’ultimo, aveva conosciuto la
solennità del Patrocinio di San Giuseppe, sostituita da quella di San Giuseppe
Artigiano come contraltare alla festa civile del 1° Maggio, pubblicizzata come
una sorta di Pasqua comunista. Quella di contrastare la diffusione della
propaganda marxista fra i lavoratori era indubbiamente una necessità molto
urgente; tuttavia ci si può domandare se sia lecito utilizzare la Sacra
Liturgia a tale scopo, a spese, oltretutto, di una festa degli Apostoli
risalente al VII secolo. I testi scelti per la nuova festa esaltano il lavoro
umano in chiave cristiana nell’intento di mostrare la superiorità della visione
cattolica: la dura necessità di una pena comminata per il peccato originale è
stata riscattata dalla santità con cui l’hanno vissuta il Carpentiere di
Nazareth e Colui che ne fu ritenuto il Figlio. L’impressione complessiva, però,
è che le realtà eterne rischino di esser messe a servizio di quelle temporali.
La necessità dell’espiazione, nesso tra Croce e lavoro
L’inversione di traiettoria verso l’immanenza, sulla quale ci siamo
ripetutamente soffermati, non poteva non comportare il rifiuto della Croce, il
cui ricordo richiama inevitabilmente il dramma del peccato e la necessità della
sofferenza espiatrice. Tutto ciò era semplicemente intollerabile per chi mirava
a deviare il cristianesimo in senso massonico trasformandolo in culto dell’uomo,
il quale, considerato nativamente buono, non poteva più esser sminuito nella
propria dignità da vecchie idee come quelle di peccato originale, redenzione,
riparazione e così via; al contrario, bisognava incantarlo con miraggi di un
futuro radioso e con menzogne di diritti privi di fondamento. Il boom
economico arrivò a fagiolo a inaugurare un’epoca di “felicità”, che la
cosiddetta riforma liturgica, di lì a poco, consacrò con la nuova Messa,
la cena garantita dai frutti del lavoro dell’uomo. Certo, in
Africa si soffriva ancora la fame, ma il problema sarebbe stato presto risolto
dalle Nazioni Unite.
A livello psicologico e spirituale, il pensiero della Passione e le
pratiche di penitenza furono oggetto di una completa rimozione: era finalmente giunta
l’ora di riscoprire la Risurrezione, caduta in oblio nei lunghi secoli del
Medioevo e della Controriforma, epoche buie di terrore inquisitorio e di
sublimato autolesionismo. Festa diventò la parola d’ordine di scialbi
riti che avevano un disperato bisogno di essere animati con canti
gioiosi, adatti a riunioni tra amici che dovevan per forza riuscire allegre e
spensierate. Così, senza avvedersene, si assunse l’atteggiamento di chi tutto
pretende da Dio come fosse dovuto, anziché prostrarsi al Suo cospetto in
adorazione, compreso di pentimento e gratitudine per il fatto di non esser
stato ancora dannato all’Inferno, nonostante le innumerevoli disobbedienze e
l’ostinata sordità ad ogni richiamo.
Ciò che più ferisce il cuore di chi ama è il vedere come l’amato, a
proprio danno, ignori e calpesti quell’amore che lo renderebbe davvero felice e
si rinchiuda invece nel reclamare futili benefici in base ai propri insensati
capricci. Il ricordo della Croce, al contrario, ravviva il salutare orrore del
peccato e spinge a detestare le proprie colpe in modo più profondo, così che le
si possa bandire del tutto con maggior determinazione. La liturgia
tradizionale, commemorandola anche nel Tempo di Pasqua, ci impedisce di
dimenticare che la felice condizione del cristiano è frutto delle spaventose
sofferenze sopportate dal Redentore per amore suo; la consapevolezza delle
mancanze commesse contro l’immensa Sua carità fa scoppiare in pianto il cuore
indurito dalla disobbedienza, il quale, non potendo capacitarsi di essere
oggetto di tali cure in luogo della meritata condanna, arde del desiderio di
riparare con ogni mezzo a tanta indifferenza e ingratitudine.
La chiave di tutto: l’amore
Questa è la sorgente della vera gioia, ben diversa da quella,
artificiale, di chi usa tutto – comprese le realtà più sacre – per sentirsi
bene in modo facile e immediato. Solo l’amore di Dio può appagare il cuore
umano, colmandolo al di là di ogni limite e aspettativa; ma l’amore attende il
contraccambio: non certo qualcosa che possa compensarlo, infinito com’è, bensì
una risposta senza condizioni, senza riserve, senza restrizioni. Essa non potrà
essere perfetta se non al culmine di una lenta purificazione interiore, ma
l’importante è imboccare la strada nel giusto senso di marcia, così da non
allontanarsi sempre più dalla mèta piuttosto che avvicinarvisi. A tal fine è
indispensabile un ritorno alle fonti genuine e sicure, a cominciare dalla
liturgia che ci è stata trasmessa e che non abbiamo inventato noi, adattandola
oltretutto ai gusti di un pubblico mutevole e volubile; al tempo stesso occorre
riscoprire i veri maestri della vita morale e spirituale.
Nella tradizione cattolica, la meditazione della Passione e la
memoria della Croce mirano a rendere il cristiano consapevole dello straordinario
amore di cui è oggetto per suscitare in lui una reazione di irrevocabile
dedizione all’Amante divino. Il loro autentico senso, tolte le tare di certe
deformazioni del passato, è proprio questo: la volontà di non trascurare più la
massima prova di carità da parte del Redentore e di corrispondervi nel modo più
pieno possibile, con tutto l’essere e con la vita restante. Con cuore al
contempo contrito e gioioso, il discepolo del Crocifisso se Lo tiene davanti
agli occhi in ogni tempo, compreso quello pasquale, e si sforza in tutto di
conformarsi a Lui, dato che la sua nuova vita nella grazia, scaturente dalla
Risurrezione, richiede necessariamente la mortificazione dei desideri e delle
tendenze propri della vecchia vita nel peccato. Nulla comunica una pace e una
forza maggiori di quelle donate a chi vive ormai unicamente per rispondere
all’Amore.
Questa gioconda letizia non si affievolisce, anzi si accresce nelle
avversità e nelle persecuzioni, che diventano occasioni di dimostrare al
Salvatore attaccamento e gratitudine. Come sant’Elena, allora, ascendiamo il
Calvario, seppure in spirito, e abbattuto l’idolo della sensualità e della
concupiscenza, ivi collocato dai pagani per impedire ai cristiani di pregare
sul luogo della Redenzione, abbracciamo la Santa Croce, baciamola e stringiamola
al petto. Con quanto rinnovato vigore, dopo questo semplice esercizio,
riprenderemo i nostri compiti e la nostra lotta! Quante grazie, palesi o
nascoste, otterremo ogni volta onde far divampare la nostra carità per Dio e
per il prossimo! Quale invincibile protezione ce ne verrà contro gli assalti
del maligno e le macchinazioni di coloro che lo servono! Dovunque ci troviamo,
portiamo la Croce nel cuore e sulla persona quale testimonianza di amore
indefettibile e appello alla salvezza per tutti gli uomini dalla coscienza
retta e pura.
Salva nos,
Christe Salvator, per virtutem Crucis: qui salvasti Petrum in mari, miserere
nobis (dall’Ufficio Divino).
A proposito di devozione alla s.Croce, di nuovo rilancio e raccomando un fioretto, la preghiera "Ti adoro o Croce santa", per liberare le anime del purgatorio. Da pregare ogni Venerdì. In rete il testo completo
RispondiEliminaMeravigliosa riflessione! Grazie mille P.Elia.
RispondiEliminaTra l'altro, grazie alla festa liturgica, abbiamo anche gli affreschi meravigliosi di Piero della Francesca ad Arezzo sul ritrovamento della S. Croce; opere uniche, che il mondo ci invidia.
RispondiEliminaCarissimo don Elia, la pace che viene dall'amore ha un prezzo che non si può pagare: infatti è sottratta all'economia.
RispondiEliminaNon si può ottenere attraverso qualsivoglia calcolo e infatti non può venire dal mondo.
Nemmeno quando il mondo si applica con dedizione al riconoscimento dei diritti, alla tutela dei deboli e dei poveri, alla stesura ed applicazione di leggi e di regolamenti.
Nemmeno quando secondo il mondo "non c'è bisogno della fede per fare il bene". Invece della fede (in Cristo, nel Dio fatto uomo, crocifisso e risorto) c'è assoluto bisogno per giungere all'umiltà che è il recipiente della grazia.
Ogni orgoglio o vanità mondana la sgretola fino a dissolverla.
La croce è il segno scelto per testimoniare Cristo: avrebbero potuto sceglierne un altro, invece è proprio questo, anche se poi Gesù è risorto.
Nella croce non c'è diritto, la porti e basta. Non ci fu giustizia, nè dei religiosi del sinedrio e della legge, nè dell'occupato Erode, nè degli occupanti Romani. Senza diritto e senza giustizia restò la carità di pochi. Bastò quella, anche per uno dei due ladroni crocefissi con il Signore che diede a Giovanni la Madre e alla Madre Giovanni, proprio da lì, dalla croce. Recitando con un soffio di voce il Salmo che non è dell'abbandono di Dio, ma di chi sapendosi tutt'altro che solo inizia con l'ipotesi del non credente per salire alle vette della fede. Nell'amen "tutto è compiuto".
Nessun calcolo, nessuna economia: chi come me è portato ai conti è continuamente riportato alla loro scarsa importanza, dato che il meglio è rivelato ai piccoli, ai bambini, ancora disabituati a soppesare, valutare, confrontare, economizzare.
Concordo pienamente. Grazie per questa perla.
EliminaI novatori hanno fatto tabula rasa di tutta questa spiritualità e ritualità, e non si trovano sacerdoti che ripropongono la retta dottrina e liturgia, a meno di non cercare con il lumicino e percorrere km su km per celebrare in modo degno il sacrificio del Signore, ma pochi se lo possono permettere. Cari sacerdoti tocca principalmente a voi il compito di correggere le imposture del vat.II con tutto lo squallore che ha generato.
RispondiEliminaNoi che, per pura grazia, abbiamo aperto gli occhi, ci stiamo dando da fare. Pregate per noi e per quelli che potrebbero ancora aprire gli occhi.
Elimina"Il boom economico arrivò a fagiolo a inaugurare un’epoca di “felicità”, che la cosiddetta riforma liturgica, di lì a poco, consacrò con la nuova Messa, la cena garantita dai frutti del lavoro dell’uomo. Certo, in Africa si soffriva ancora la fame, ma il problema sarebbe stato presto risolto dalle Nazioni Unite". Quanto hai ragione, Reverendo Padre...
RispondiEliminaTempi di Maria.....
RispondiEliminaUn Dios Prohibido (italian subtitles) | Il film sui martiri di Barbastro
Estate 1936, inizio della guerra civile spagnola. Il film racconta il martirio di 51 membri della Comunità Clarettiana di Barbastro (Huesca), fermandosi all'aspetto umani e religiosi delle persone che hanno partecipato a questo evento storico e mettendo in evidenza il dimensione universale del trionfo dell'amore sulla morte
https://www.youtube.com/watch?v=TVRcUPYgIVU
N.B. Purtroppo nei sottotitoli italiani c'e' qualche insopportabile parolaccia di troppo.