Isnael delendum est
Percutiat te
Dominus amentia et caecitate ac furore mentis (Dt 28, 28).
Come già spiegato a suo tempo, Isnaele non è un refuso,
bensì il vero nome dell’entità politica che illegittimamente occupa la Terra
Santa fin dal 1948: esso significa infatti odia Dio. Coloro che l’hanno voluta
e cercano di perpetuarla, ostinandosi nel loro rifiuto di Gesù Cristo, hanno
portato tale odio fino alle estreme conseguenze: i loro servizi segreti, dopo
aver suscitato e armato un nemico per giustificare uno stato di guerra
permanente, il 7 Ottobre 2023 gli hanno permesso di violare il confine più
sorvegliato al mondo e di commettere un’orribile strage con la copertura
dell’esercito regolare, che vi ha pure pesantemente contribuito. Questo
pretesto ha dato il via al genocidio dei palestinesi di Gaza, giunto in questi
giorni al culmine con l’assedio e l’ordine di evacuazione, il quale ha
raggiunto anche i sacerdoti e le religiose, cattolici e ortodossi, che operano
in quel territorio, ma si sono rifiutati di abbandonare i fedeli (tra cui
bambini, anziani e disabili) di cui si prendono cura. Dobbiamo pregare
intensamente per la protezione dei nostri fratelli che stanno sotto le bombe,
ma anche per la fine di quella guerra insensata.
Il giudizio di Dio
Per non far prevalere i nostri sentimenti umani, però, facciamo
parlare la Sacra Scrittura e ascoltiamo come il Signore stesso giudica la
situazione. È proprio una frase della Torah: «Il Signore ti colpisca di
demenza, cecità e delirio» (Dt 28, 28). Nella serie di terribili maledizioni
che Mosè, a nome di Dio, scaglia contro il popolo d’Israele come effetto della
sua infedeltà all’Alleanza divina – maledizioni che si sono più volte avverate
nel corso della storia – questa si attaglia particolarmente bene a quanti oggi,
a torto o a ragione, si considerano discendenti di Abramo, Isacco e Giacobbe: l’accecamento
morale e il conseguente furore operativo contraddistinguono non soltanto i capi
politici e militari di quello Stato criminale, ma pure tutti coloro che, là
come in ogni parte del mondo, li appoggiano con la loro approvazione, il
sostegno economico o la semplice ignavia di chi si astiene dal dire e fare ciò
che potrebbe per fermare la carneficina che è in corso e, ora, sta coinvolgendo
anche i cristiani. Se questa maledizione si è ancora una volta compiuta, presto
si realizzeranno anche le altre, contenute nel capitolo 28 del Deuteronomio.
Uno Stato fondato sulla discriminazione e sull’ingiustizia, del resto, non può durare a lungo: prima o poi tutto si paga – e il prezzo è tanto più caro quanto più la pazienza divina ha indugiato. «Dio delle vendette è il Signore; il Dio delle vendette liberamente agisce. Innàlzati, tu che giudichi la terra: rendi ai superbi quel che si meritano» (Sal 93, 1-2). L’entità politica che, in base all’impostura sionista, si considera abusivamente erede delle antiche promesse si è votata all’autodistruzione: il male ricade infatti su chi lo commette; perciò invochiamo su di essa la maledizione del Cielo, in modo tale che sia annientata una volta per sempre e cessi di infliggere immani sofferenze a chi non ne ha colpa. Sulla popolazione, invece, invochiamo la grazia della conversione a Gesù Cristo: per quanto non ne sia degna a causa dell’ostinato rifiuto del vero Messia, tale grazia costituisce la sua unica possibilità di preservazione sia dalla rovina temporale che dal castigo eterno; essa rappresenta altresì l’unica via d’uscita dalla subdola schiavitù indotta dall’osservanza dei precetti rabbinici, che sono un vero e proprio sistema di controllo mentale e operativo.
La preghiera dei cristiani
Nessuno di noi, d’altra parte, ha meritato la grazia prima, quella
che gli ha consentito di convertirsi e di cambiare vita; sappiamo bene che il
Signore può concederla a chiunque, purché sia disposto ad accoglierla. Finché
ciò non avviene, è del tutto lecito – come insegna san Tommaso d’Aquino – chiedere
a Dio di colpire un empio in vista di un bene (per esempio, perché diventi
migliore e smetta di nuocere ad altri). I testi della Missa contra paganos sono quanto mai illuminanti: propriamente pagani sono coloro che,
nelle società segrete, rendono culto a Lucifero e hanno elaborato l’infame
progetto sionista, causa dell’attuale genocidio. La Colletta supplica
l’Onnipotente, nelle cui mani sono le potestà e i diritti di ogni regno sulla terra,
di volgersi in aiuto dei cristiani affinché le genti pagane, che confidano
nella propria ferocia, siano schiacciate dalla potenza della Sua destra. Questa
non è una questione meramente politica: a chiunque abbia gli occhi aperti è ormai
chiaro che si tratta di un momento cruciale nel millenario scontro tra la
Chiesa di Cristo e la Sinagoga di Satana, tra il Regno di Dio e la tirannia del
diavolo.
Per questo, immensamente riconoscenti dell’impagabile grazia di essere
stati ammessi nel campo del vero Re e sotto il Suo stendardo, usiamo le armi
che ci ha consegnato, la preghiera e la penitenza, con la fiducia insegnata da
Gesù stesso nel Vangelo: «Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate
e vi sarà aperto» (Lc 11, 9). Come consacrati a Maria, afferriamo la corona per
affidare a Lei i nostri fratelli che soffrono in Terra Santa e rischiano di
essere assassinati. Come membri del vero Israele, facciamo nostra, a nome loro,
l’accorata supplica di Mardocheo (Est 13, 8-17). Con incrollabile fede ripetiamo le parole dei Salmi: «Sorgi! Perché dormi, Signore? Sorgi e non
respingerci per sempre! Perché distogli il tuo volto, dimentichi la nostra
miseria e tribolazione? L’anima nostra è prostrata nella polvere, il nostro
ventre è incollato a terra. Sorgi, Signore, aiutaci e liberaci per amore del
tuo nome (Sal 43, 23-26). Tu salverai il popolo umile e abbasserai gli occhi
dei superbi, poiché chi è Dio oltre a te, Signore? (cf. Sal 17, 28.32). Mio
Dio, rendili come turbine e come paglia di fronte al vento (Sal 82, 14)».
Con queste disposizioni ispirate dalla Sacra Scrittura, recitiamo
il Santo Rosario sapendo di avere in mano un’arma formidabile per ottenere
grazie e arrestare il male. Chiediamo al Signore di riversare il Suo amore
onnipotente e la Sua infinita tenerezza sui nostri fratelli che stanno
soffrendo, sapendo che tutto ciò che Dio permette è per il bene di chi soffre,
ma anche di quanti rischiano di dannarsi. Con questa fiducia, chiediamogli
perciò di salvare tante anime grazie ai patimenti dei cristiani e degli altri uomini
retti che in questo momento stanno lottando per sopravvivere; chiediamogli la
grazia di trasformare quelle sofferenze in conversioni e benefici celesti, così
che i loro aguzzini possano scoprire il Suo volto e, anziché incorrere nei Suoi
terribili castighi per la propria durezza di cuore, si lascino riconciliare con
Lui. Questo è il segreto dell’ammirabile fecondità della Croce, alla quale il
Salvatore si degna di associare i Suoi servi fedeli per estendere nel mondo gli
effetti della Redenzione e procurare loro un più alto grado di gloria in
Paradiso. Il Signore ripagherà al centuplo le nostre suppliche, che al momento
attuale sono l’unico modo in cui possiamo aiutarli, ma anche il più efficace.
Il vero scopo della guerra e l’ipocrisia di tutti gli attori
coinvolti:
https://tg24.sky.it/mondo/approfondimenti/trump-gaza-riviera
https://tg24.sky.it/mondo/2025/08/31/piano-usa-gaza-riviera
https://tg24.sky.it/mondo/2025/09/04/papa-leone-isaac-herzog-incontro
FLORILEGIO DI CITAZIONI DEL TALMUD
RispondiElimina1. Sanhedrin 59a: "Uccidere Goyim è come uccidere un animale selvatico".
2. Abodah Zara 26b: "Anche il migliore dei Gentili dovrebbe essere ucciso".
3. Sanhedrin 59a: "Un goy (Gentile) che curiosa nella Legge (Talmud) è colpevole di morte".
4. Libbre David 37: "Comunicare qualsiasi cosa a un Goy riguardo alle nostre relazioni religiose equivarrebbe all'uccisione di tutti gli ebrei, perché se i Goyim sapessero cosa insegniamo su di loro, ci ucciderebbero apertamente".
5. Libbre David 37: "Se un ebreo fosse chiamato a spiegare qualsiasi parte dei libri rabbinici, dovrebbe dare solo una falsa spiegazione. Chiunque violerà quest'ordine sarà messo a morte."
6. Yebhamoth 11b: "Il rapporto sessuale con una bambina è consentito se ha tre anni".
7. Schabouth Hag. 6d: "Gli ebrei possono giurare il falso ricorrendo a sotterfugi".
8. Hilkkoth Akum X1: "Non salvare i Goyim in pericolo di morte".
9. Hilkkoth Akum X1: "Non mostrare pietà ai Goyim".
10. Choschen Hamm 388, 15: "Se si può dimostrare che qualcuno ha dato il denaro degli Israeliti ai Goyim, bisogna trovare il modo, dopo prudente considerazione, di cancellarlo dalla faccia della terra".
11. Choschen Hamm 266,1: "Un Ebreo può tenere tutto ciò che trova che appartiene agli Akum (Gentile). Perché colui che restituisce la proprietà smarrita (ai Gentili) pecca contro la Legge aumentando il potere dei trasgressori della Legge. È lodevole, tuttavia, la restituzione degli oggetti smarriti se lo si fa per onorare il nome di Dio, cioè se così facendo i cristiani loderanno gli ebrei e li considereranno persone onorevoli".
12. Szaaloth-Utszabot, Il Libro di Jore Dia 17: "Un Ebreo dovrebbe e deve fare un falso giuramento quando i Goyim chiedono se i nostri libri contengono qualcosa contro di loro".
13. Baba Necia 114,6: "Gli ebrei sono esseri umani, ma le nazioni del mondo non sono esseri umani ma bestie".
14. Simeon Haddarsen, fol. 56-D: "Quando verrà il Messia ogni ebreo avrà 2800 schiavi".
15. Nidrasch Talpioth, p. 225-L: "Geova creò il non ebreo in forma umana affinché l'ebreo non dovesse essere servito dalle bestie. Il non ebreo è quindi un animale in forma umana, e condannato a servire l'ebreo giorno e notte".
16. Aboda Sarah 37a: "Una ragazza gentile di tre anni può essere violentata".
17. Dio. Shas. 2:2: "Un ebreo può violentare ma non sposare una ragazza non ebrea".
18. Tosefta. Aboda Zara B, 5: "Se un goy uccide un goy o un ebreo, è responsabile; ma se un ebreo uccide un goy, NON è responsabile".
19. Schulchan Aruch, Choszen Hamiszpat 388: "È consentito uccidere un denunciatore ebreo ovunque. È consentito ucciderlo anche prima che denunci".
20. Schulchan Aruch, Choszen Hamiszpat 348: "Tutte le proprietà delle altre nazioni appartengono alla nazione ebraica, che, di conseguenza, ha il diritto di impossessarsene senza alcun scrupolo".
21. Tosefta, Abda Zara VIII, 5: "Come interpretare la parola 'rapina'. A un goy è proibito rubare, derubare o prendere schiave, ecc., da un goy o da un ebreo. Ma a un ebreo NON è proibito fare tutto questo a un goy".
22. Seph. Gp., 92,1: "Dio ha dato ai Giudei potere sui beni e sul sangue di tutte le nazioni".
23. Schulchan Aruch, Choszen Hamiszpat 156: "Quando un ebreo ha un gentile tra le sue grinfie, un altro ebreo può andare dallo stesso gentile, prestargli del denaro e in cambio ingannarlo, così che il gentile sarà rovinato. Per la proprietà di un Gentile, secondo la nostra legge, non appartiene a nessuno, e il primo Ebreo che passa ha pieno diritto di impossessarsene".
24. Schulchan Aruch, Johre Deah, 122: "A un ebreo è proibito bere da un bicchiere di vino che un gentile ha toccato, perché il tocco ha reso il vino impuro".
25. Nedarim 23b: "Colui che desidera che nessuno dei suoi voti fatti durante l'anno sia valido, si presenti all'inizio dell'anno e dichiari: 'Ogni voto che potrò fare in futuro sarà nullo'. I suoi voti non sono quindi validi".
FLORILEGIO DI DICHIARAZIONI POLITICHE / 1
RispondiElimina«Noi dichiariamo apertamente che gli arabi non hanno alcun diritto di abitare neanche in un centimetro di Eretz Israel… Capiscono solo la forza. Noi useremo la forza senza limiti finché i palestinesi non vengano strisciando a noi» (#RafaelEitan, capo dello stato maggiore IDF, citato da Gad Becker in «Yedioth Ahronot», 13 aprile 1983).
«E’ dovere dei leader israeliani spiegare all’opinione pubblica, con chiarezza e coraggio, alcuni fatti che col tempo sono stati dimenticati. Il primo è: non c’è sionismo, colonizzazione o stato ebraico senza l’espulsione degli arabi e la confisca delle loro terre» (#ArielSharon, allora ministro degli esteri, a un discorso tenuto davanti ai militanti del partito di estrema destra Tsomet – Agence France Presse, 15 novembre 1998).
«Tutti devono muoversi, correre e prendere quante più cime di colline (palestinesi) possibile in modo da allargare gli insediamenti (ebraici) perché tutto quello che prenderemo ora sarà nostro… Tutto quello che non prenderemo andrà a loro.» (#ArielSharon, Ministro degli esteri d’Israele, aprendo un incontro del partito Tsomet, Agence France Presse, 15 novembre 1998)
«Israele ha il diritto di processare altri, ma nessuno ha il diritto di mettere sotto processo il popolo ebraico e lo Stato di Israele» (#ArielSharon, primo ministro, 25 marzo 2001, BBC Online).
«Quando avremo colonizzato il paese, tutto quello che agli arabi resterà da fare è darsi alla fuga come scarafaggi drogati in una bottiglia» (#RafaelEitan, Capo di Stato Maggiore delle forze armate israeliane, “New York Times”, 14/4/1983).
«Noi possediamo varie centinaia di #TestateAtomiche e missili, e siamo in grado di lanciarli in ogni direzione, magari anche su Roma. La maggior parte delle #CapitaliEuropee sono bersagli per la nostra forza aerea» (febbraio 2003, #MartinVanCreveld, docente di storia militare all’Università Ebraica di Gerusalemme)
«C’è bisogno di una reazione brutale. Se accusiamo una famiglia, dobbiamo straziarli senza pietà, donne e bambini inclusi. Durante l’operazione non c’è bisogno di distinguere fra colpevoli e innocenti». (#BenGurion, il “padre” di Israele, 1967)
«I villaggi ebraici sono stati costruiti al posto dei villaggi arabi. Voi non li conoscete neanche i nomi di questi villaggi arabi, e io non vi biasimo perché i libri di geografia non esistono più. Non soltanto non esistono i libri, ma neanche i villaggi arabi non ci sono più. Nahlal è sorto al posto di Mahlul, il kibbutz di Gvat al posto di Jibta; il kibbutz Sarid al posto di Huneifis; e Kefar Yehushua al posto di Tal al-Shuman. Non c’è un solo posto costruito in questo paese che non avesse prima una popolazione araba.» (David #BenGurion, citato in The Jewish Paradox, di Nahum Goldmann, Weidenfeld and Nicolson, 1978, p. 99)
«Tra di noi non possiamo ignorare la verità … politicamente noi siamo gli aggressori e loro si difendono … Il paese è loro, perché essi lo abitavano, dato che noi siamo voluti venire e stabilirci qui, e dal loro punto di vista li vogliamo cacciare dal loro paese.» (David #BenGurion, riportato a pp 91-2 di Fateful Triangle di Chomsky, che apparve in “Zionism and the Palestinians pp 141-2 di Simha Flapan che citava un discorso del 1938)
«Questo paese esiste come il compimento della promessa fatta da Dio stesso. Sarebbe ridicolo chiedere conto della sua legittimità.» (#GoldaMeir, Le Monde, 15 ottobre 1971
«Ogni volta che facciamo qualcosa tu mi dici che l’America farà questo o quello… devo dirti qualcosa molto chiaramente: Non preoccuparti della pressione americana su Israele. Noi, il popolo ebraico, controlliamo l’America, e gli americani lo sanno.» (#ArielSharon, Primo Ministro d’Israele, 31 ottobre 2001, risposta a Shimon Peres, come riportato in un programma della radio Kol Yisrael.)
«Un milione di Arabi non valgono nemmeno l’unghia di un ebreo.» (Rabbi #Yaacov Perrin, https://www.latimes.com/archives/la-xpm-1994-02-28-mn-28250-story.html )
FLORILEGIO DI DICHIARAZIONI POLITICHE / 2
RispondiElimina"La nostra razza è la Razza dei maestri. Siamo dei divini su questo pianeta. Noi siamo tanto diversi dagli esseri umani inferiori che restano degli insetti. Infatti, rispetto alla nostra razza, le altre razze sono bestie, animali, bovini al massimo. Le altre razze sono escrementi umani. Il nostro destino è quello di governare queste razze inferiori. Il nostro regno terreno sarà governato dal nostro leader con una verga di ferro. Le masse leccheranno i nostri piedi e ci serviranno come schiavi." (#MenachemBegin, Premio #Nobel per la #Pace 1978)
David #BenGurion, durante la guerra: «Se io sapessi che è possibile salvare tutti i figli (ebrei) di Germania trasferendoli in Inghilterra, e solo metà di loro trasferendoli nella terra di Israele, sceglierei la seconda possibilità; perché di fronte a noi non abbiamo solo il numero di questi figli, ma il progetto storico del popolo di Israele» (Shabtai Teveth, «Ben Gurion», 1988,).
«Dobbiamo usare il terrore, l’assassinio, l’ntimidazione, la confisca dei terreni e il taglio di tutti i servizi sociali per liberare la Galilea dalla sua popolazione araba» (David #BenGurion, maggio 1948, to the General Staff. Da «Ben-Gurion, A Biography», di Michael Ben-Zohar, Delacorte, New York 1978).
«Dobbiamo espellere gli arabi e prendere i loro posti» –(David #BenGurion, 1937, «Ben Gurion and the Palestine Arabs» Shabtai Teveth, Oxford University Press, 1985).
«Non esiste qualcosa come un popolo palestinese. Non è che siamo venuti, li abbiamo buttati fuori e abbiamo preso il loro paese. Essi non esistevano» (#GoldaMeir, dichiarazione al The Sunday Times, 15 giugno 1969).
«Come possiamo restituire I territori occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli» (#GoldaMeir, marzo, 1969).
«…Uscimmo fuori, e Ben Gurion ci accompagnò sulla porta. Allon ripeté la sua domanda: cosa si deve fare con la popolazione palestinese? #BenGurion scosse la mano con un gesto che diceva: cacciarli fuori». (#YitzhakRabin, è un passo censurato delle memorie di Rabin, rivelato dal New York Times, 23 ottobrer 1979)
«Saranno create, nel corso dei 10 o 20 anni prossimi, condizioni tali da attrarre la naturale e volontaria emigrazione dei rifugiati da Gaza e dalla Cisgiordania verso la Giordania. Per ottenere questo dobbiamo accordarci con re Hussein e non con Yasser Arafat». (#YitzhakRabin, citato da David Shipler sul New York Times, 04/04/1983)
«I palestinesi sono bestie con due zampe» (#MenachemBegin, primo ministro di Israele 1977-83, davanti alla Knesset, citato da Amnon Kapeliouk, “Begin and the Beasts”, New Statesman, June 25, 1982)
«La spartizione della Palestina è illegale. Non sarà mai riconosciuta… Gerusalemme fu e sarà per sempre la nostra capitale. Eretz Israel sarà restaurato per il popolo d’Israele; tutto e per sempre» (#MenachemBegin, il giorno dopo il voto all’Onu per la partizione della Palestina).
«I palestinesi saranno schiacciati come cavallette… le teste spaccate contro le rocce e i muri» (#YitzhakShamir, primo ministro in carica, in un discorso ai «coloni» ebraici, New York Times 1 aprile, 1988).
«Israele doveva sfruttare la repressione delle dimostrazioni in Cina (nei giorni di Tienanmen, ndr.) quando l’attenzione del mondo era concentrata su quel paese, per procedere alle espulsioni di massa degli arabi dei territori (occupati)» (#BenyaminNetanyahu, all’epoca vice-ministro degli esteri, già primo ministro, davanti agli studenti della T Bar Ilan University; citazione tratta dal giornale isrealiano Hotam, 24 novembre 1989).
«Se pensassimo che anziché 200 morti palestinesi, 2 mila morti ponessero fine alla guerriglia in un colpo solo, useremmo molto più forza…» (#EhudBarak, primo ministro, citato dalla Associated Press, 16 novembre 2000).
«Mi sarei arruolato in una organizzazione terroristica»: (risposta di #EhudBarak a Gideon Levy, il noto giornalista di Ha’aretz che gli aveva domandato cosa avrebbe fatto se fosse nato palestinese)
MAI FIDARSI DEI PERFIDI GIUDEI
RispondiEliminaIMBOSCATA di Israele per LEONE XIV
di Francesco Agnoli
L’operazione di falsificazione del presidente di Israele Herzog, per fiancheggiare il criminale Netanyahu, è stata da manuale.
Vediamo come è andata. Herzog sa che per Bergoglio quello che si sta compiendo è un “genocidio”. Sostanzialmente identica la posizione del patriarca Pizzaballa, che pure è, dottrinalmente ed ecclesialmente parlando, uomo diversissimo dal pontefice defunto (un conservatore a tutto tondo, per intenderci). Medesimo il sentire di Padre Patton, custode della Terra Santa e di tutti i cristiani che vi abitano. Questa compattezza del mondo cattolico e cristiano è pericolosa per la narrativa di Israele, che vuole presentare lo scontro in atto, non per quello che è (lotta per un territorio), ma come una sorta di guerra religiosa tra i buoni sionisti (per lo più atei, ma questo di solito non si sa) e i cattivi islamici.
Bisogna incastrare il papa, basta poco: un incontro, una foto insieme da far girare in tutto il mondo. Così si potrà separare la posizione di Leone da quella di Pizzaballa, secondo una retorica già in atto.
Herzog chiede l’incontro al papa, che forse lo concede, come si può immaginare, controvoglia: non può dire di no, ma quello che doveva dire su Gaza lo ha già detto molte volte. Che ci sia spazio per il dialogo?
Nessuno. Herzog detta subito, prima dell’incontro, la linea ai giornali di tutto il mondo: è il papa che gli ha chiesto l’incontro, per parlare degli ostaggi e dell’antisemitismo nel mondo. Detta così è mettere il carro davanti ai buoi. E’ come dire: parleremo di quanto noi israeliani siamo, ancora una volta, le vittime. Dopo l’incontro, Herzog detta ancora la linea: "Ringrazio il pontefice per l'accoglienza calorosa. Israele vuole la pace e sta facendo il possibile per restituire tutti gli ostaggi tenuti nella crudele prigionia da Hamas".
(continua)
(riprende)
RispondiEliminaA questo punto il papa e il Vaticano reagiscono, smentendo tutto: a chiedere l’incontro è stato il Herzog, non il papa! E già questo non è poco. Inoltre non si è parlato solo degli ostaggi, ma, così recita il comunicato ufficiale, “è stata affrontata la situazione politica e sociale del Medio Oriente, dove persistono numerosi conflitti, con particolare attenzione alla tragica situazione a Gaza. Si è auspicata una pronta ripresa dei negoziati affinché, con disponibilità e decisioni coraggiose, nonché con il sostegno della comunità internazionale, si possa ottenere la liberazione di tutti gli ostaggi, raggiungere con urgenza un cessate-il-fuoco permanente, facilitare l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari nelle zone più colpite e garantire il pieno rispetto del diritto umanitario, come pure le legittime aspirazioni dei due popoli. Si è parlato di come garantire un futuro al popolo palestinese e della pace e stabilità della Regione, ribadendo da parte della Santa Sede la soluzione dei due Stati, come unica via d’uscita dalla guerra in corso. Non è mancato un riferimento a quanto accade in Cisgiordania e all’importante questione della Città di Gerusalemme”.
Dunque Leone non ha affatto parlato dell’antisemitismo nel mondo, dal momento che la critica al governo israeliano non ha nulla a che vedere con l’antisemitismo; ha messo a tema anzitutto la situazione di Gaza, poi, oltre ovviamente agli ostaggi (le cui famiglie, va ricordato, spingono per una soluzione negoziale e avversano la guerra di Netanyahu), ha toccato almeno altri 5 punti dolenti per Israele: 1) la ripresa dei neogoziati che Netanyahu continua a rifiutare, nonostante le pressioni di buona parte della sua opinione pubblica e di molti militari; 2)l’ingresso sicuro degli aiuti umanitari (la Santa Sede ha fatto capire più volte di non credere alla narrazione secondo cui la morte per fame dei gazawi è responsabilità di altri, o, addirittura, un falso); 3) “il futuro del popolo palestinese” e i due stati; 4) la questione della Cisgiordania, sotto attacco nonostante non vi sia Hamas, e con attacchi violenti anche ai cristiani; 5) la questione di Gerusalemme, che per la santa Sede, dai tempi di pio XII, dovrebbe essere a statuto internazionale e non possesso degli israeliani.
Quanto infine alla “calorosa accoglienza” dichiarata da Herzog e rilanciata da giornali come il Foglio, adusi alla falsificazione, bastino le immagini delle foto ufficiali: Leone tiene sempre un volto scuro e una distanza di sicurezza. Non apprezza affatto né le menzogne né l’imboscata. Davanti alle telecamere, di solito si sorride: Leone non lo ha fatto neppure una volta.
Per trattare con quei demoni incarnati ci vorrebbero uomini, non una manica di pederasti e protettori di pederasti. Prima di accettare la richiesta di udienza di quel nazista, io avrei preteso, come precondizione, l'immediato cessate-il-fuoco.
EliminaQUESTO ERA UN PAPA (notate la perfidia con cui il tizzone d'inferno ricevuto da san Pio X osa interpretare le intenzioni di un santo deformandole in conformità alla propria superbia).
EliminaIl 26 Gennaio 1904, Theodor Herzl [fondatore del movimento sionista] ebbe un’udienza con papa Pio X in Vaticano per cercare sostegno al tentativo sionista di stabilire uno stato ebraico in Palestina. Egli registrò il racconto dell’incontro nel suo diario.
Fonte: Raphael Patai, The Complete Diaries of Theodor Herzl, translated by Harry Zohn (New York/London: Herzl Press, Thomas Yoseloff, 1960), 1601-1605.
Ieri sono stato con il Papa. La strada mi era già familiare perché l’avevo percorsa numerose volte con Lippay.
Superai i valletti svizzeri che sembravano ecclesiastici e gli ecclesiastici che sembravano valletti, i funzionari del papa e i camerlenghi.
Arrivai dieci minuti in anticipo e non dovetti nemmeno aspettare.
Fui condotto dal Papa attraverso numerose piccole sale.
Mi ricevette in piedi e mi porse la mano, che io non baciai.
Lippay mi aveva detto di farlo, ma io non lo feci.
Credo che questo gli dispiacque perché chiunque va in visita da lui si inginocchia o per lo meno gli bacia la mano.
Questo baciamano mi causò molti dispiaceri. Sono stato molto contento quando finalmente cadde in disuso.
Egli sedette su una poltrona, un trono per occasioni minori. Poi mi invitò a sedermi accanto a lui e sorrise in amichevole attesa.
Cominciai: "Ringrazio Vostra Santità per il favore di avermi accordato quest'udienza".
"È un piacere", disse con un’aria di benevola disapprovazione.
Mi scusai per il mio povero italiano, ma egli disse:
"No, parla molto bene, signor Commendatore".
Per la prima volta – su consiglio di Lippay – mi ero messo il nastro dell’ordine di Mejidiye e, di conseguenza, il Papa si rivolse a me sempre come Commendatore.
Lui è un buon rozzo prete di villaggio per il quale il cristianesimo era rimasto una cosa viva persino in Vaticano.
Gli presentai brevemente la mia richiesta. Tuttavia egli, forse infastidito dal mio rifiuto di baciargli la mano, rispose in modo duro e risoluto: "Noi non possiamo favorire questo movimento. Non potremo impedire agli Ebrei di andare a Gerusalemme — ma favorire non potremo mai. La terra di Gerusalemme, se non era sempre santa, è santificata per la vita di Jesu Christo (egli non pronunciò Gesù, ma Jesu, secondo la pronuncia veneta). Io come capo della Chiesa non posso dirle altra cosa. Gli Ebrei non hanno riconosciuto nostro Signore, perciò non possiamo riconoscere il popolo ebraico".
Perciò il conflitto tra Roma, rappresentata da lui, e Gerusalemme, rappresentata da me, si aprì ancora una volta [Herzl non rappresentava affatto Gerusalemme].
All’inizio, a dire il vero, cercai di essere conciliante. Recitai il mio piccolo pezzo sulla extraterritorialità, "res sacrae extra commercium" [luoghi santi fuori dell'accordo]. Ma questo non gli fece molta impressione. "Gerusalemme, disse, non doveva entrare nelle mani degli Ebrei".
"E il suo status attuale, Santo Padre?".
"Lo so, non è piacevole vedere che i turchi possiedono i nostri Luoghi Santi. Siamo proprio costretti a sopportarlo. Ma favorire gli Ebrei nell’ottenere i Luoghi Santi, questo non possiamo farlo".
Io dissi che il nostro punto di partenza era stato soltanto la sofferenza degli Ebrei e che noi desideravamo evitare problemi di natura religiosa.
"Sì, ma noi e Io, in quanto capo della Chiesa, non posso fare questo. Ci sono due possibilità: o che gli Ebrei stiano attaccati alla loro fede e continuino ad aspettare il Messia che, per noi, è già apparso. In questo caso essi negheranno la divinità di Gesù e noi non possiamo aiutarli. Oppure essi andranno là rinunciando ad ogni religione e allora meno che mai possiamo essere favorevoli a loro. La religione ebraica fu il fondamento della nostra, ma fu sostituita dagli insegnamenti di Cristo, e noi non possiamo riconoscerle ulteriore validità. Gli Ebrei, che avrebbero dovuto essere i primi a riconoscere Gesù Cristo, fino ad oggi non l’hanno fatto”.
(continua)
(riprende)
EliminaEro sul punto di dire: "Accade in ogni famiglia. Nessuno crede ai suoi genitori". Invece dissi: "Il terrore e le persecuzioni non furono forse il modo giusto per illuminare gli Ebrei".
Ma egli replicò e questa volta fu magnifico nella sua semplicità: "Il Nostro Signore è venuto senza potere. Era povero. È venuto in pace. Non ha perseguitato nessuno. Lui fu perseguitato. Fu abbandonato persino dai suoi Apostoli. Solo più tardi crebbe di importanza. Ci vollero tre secoli perché la Chiesa si sviluppasse. Gli Ebrei dunque ebbero il tempo di riconoscere la sua divinità senza nessuna costrizione. Ma fino ad oggi non l’hanno fatto".
"Ma, Santo Padre, gli Ebrei si trovano in terribili difficoltà. Non so se Sua Santità è al corrente della completa estensione di questa triste situazione. Abbiamo bisogno di una terra per quel popolo perseguitato."
"Deve essere proprio Gerusalemme?".
"Non chiediamo Gerusalemme, ma la Palestina – solo la terra secolare."
"Non possiamo essere a favore di questo".
"Sua Santità conosce la situazione degli Ebrei ?"
"Sì, dal tempo in cui stavo a Mantova. Gli Ebrei vivevano lì e io sono stato sempre in buoni rapporti con gli Ebrei. Solo l’altra sera due Ebrei sono venuti qui da me. Dopo tutto ci sono altri legami che quelli religiosi: cortesia e filantropia. A quegli Ebrei non neghiamo nulla. In verità, noi preghiamo anche per loro: che le loro menti siano illuminate. Proprio in questo giorno la Chiesa celebra la festa di un non credente che, sulla via di Damasco, si convertì in modo miracoloso alla vera fede. E così, se lei andrà in Palestina e il suo popolo vi si stabilirà, noi vogliamo essere pronti, chiese e preti, per battezzarvi tutti".
Il conte Lippay si era annunciato. Il Papa gli consentì di entrare. Il Conte si inginocchiò, gli baciò la mano, poi si unì alla conversazione parlando del nostro "miracoloso" incontro alla birreria Bauer a Venezia. Il miracolo consisteva nel fatto che in origine egli aveva programmato di passare la notte a Padova e fu in questa circostanza che io avevo espresso il desiderio di poter baciare il piede del Santo Padre.
A questo punto il Papa fece un viso lungo, poiché io non avevo affatto baciato la sua mano. Lippay continuò a dire che mi ero espresso in modo elogiativo sulle nobili qualità di Gesù Cristo. Il Papa ascoltò e poi prese una presa di tabacco, e starnutì in un grande fazzoletto di cotone rosso. In realtà, questi modi contadini sono ciò che mi piace di più di lui e ciò che impone il mio rispetto.
A questo punto Lippay volle spiegare la ragione per la quale mi aveva introdotto, forse per scusarla. Ma il Papa disse: "Al contrario, io sono contento che mi ha portato il signor Commendatore".
Riguardo alla vera faccenda, ripeté ciò che mi aveva già detto: "Non possumus [Non possiamo]"!
Fino a quando non ci congedò, Lippay trascorse qualche tempo in ginocchio davanti a lui e sembrava non si saziasse mai di baciargli la mano. Allora mi resi conto che al Papa piaceva questa sorta di cosa. Ma al momento di congedarmi, tutto quello che feci fu di dargli una calorosa stretta di mano e un inchino.
Durata dell’udienza: circa venticinque minuti.
Nelle Stanze di Raffaello dove io passai l’ora successiva, vidi un dipinto di un imperatore in ginocchio al quale un Papa seduto poneva la corona sul capo.
Questo è il modo con cui Roma lo vuole.