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sabato 5 novembre 2022

 

Indefettibile

 

 

Nonostante sessant’anni di vaticansecondismo e cinquanta di “riforma liturgica” in perenne cantiere, l’indefettibile Chiesa di Cristo continua a sussistere in miriadi di umili – chierici e fedeli – che han conservato la fede trasmessa e, malgrado la confusione e le storture in cui sono immersi, continuano a praticarla con fedeltà e coraggio. Questa semplice costatazione, da sola, è una prova luminosa dell’origine divina della Chiesa e del carattere soprannaturale della forza che la guida e la sostiene: neppure l’attacco portato al suo interno e giunto fino ai vertici della gerarchia è riuscito a distruggerla. Essa continua a vivere ovunque nel mondo a dispetto di tutti gli inganni, che hanno certamente influenzato tantissimi cattolici, inquinandone in parte la dottrina e la prassi, ma non sono stati in grado di alterarne completamente la vita cristiana. Infatti lo Spirito Santo, anima del Corpo Mistico, ne guida i membri di retta coscienza illuminandoli circa gli errori, preservandoli dalle più pericolose deviazioni e correggendone i vizi contratti per ignoranza incolpevole, dovuta alla carenza pressoché assoluta di formazione in molteplici ambiti.

Chi si rifiuta di riconoscere questo, magari dimentico dei propri trascorsi, dimostra di non aver la vera fede, ma solo un suo surrogato nominalistico, ossia un insieme di enunciati astratti che non gli comunicano l’autentica conoscenza di Dio, la quale, per sua stessa natura, conduce ad amare Lui e il prossimo per amor Suo. L’assenza della carità è sintomo evidentissimo di gravi malattie spirituali che spingono a ergersi giudici inappellabili di ogni cosa e persona, in funzione non della resipiscenza d’altri, bensì della sua irrevocabile esclusione, in virtù di criteri del tutto arbitrari, dal consesso di “eletti” che si sono autocertificati e autocostituiti in vera Chiesa. Tale malsana tendenza, se non soppressa sul nascere, si trasforma rapidamente in una forma mentis non più sradicabile se non per miracolo; nell’escludere successivamente tutti coloro che non corrispondono perfettamente ai rigidi requisiti stabiliti dal capo che si son date da sé, queste persone si condannano a un progressivo isolamento, che le rende sempre più infelici, aggressive e pessimiste.

Molti sacerdoti son così venuti a trovarsi esposti al dilemma di evitare contrapposte “scomuniche”: da un lato, minacce di multe e sospensioni da parte di Stato e Curia; dall’altro, la prospettiva del linciaggio morale da parte degli irriducibili, qualora avessero ceduto al ricatto vaccinale per poter continuare ad esercitare il ministero. Ciò che più lascia interdetti, nel secondo caso, è l’arroganza con cui certuni, mettendosi al posto di Dio, giudicano la coscienza altrui pretendendo di metterne a nudo intenzioni nascoste e riprovevoli fini. Accuse di alto tradimento e sospetti di inconfessabili complotti si stanno altresì abbattendo su quanti si rifiutano di lasciarsi incantare dalle sirene che han preso a sibilare scisma e ribellione, come se queste fossero le nuove virtù da praticare per favorire la salute del Corpo Mistico. Tale rovesciamento di valori, paradossalmente, è operato proprio in nome di un’intransigente difesa dell’ortodossia e della conservazione della fede, quasi non fosse la fede stessa a comandarci l’obbedienza ai legittimi Pastori in ciò che è lecito.

Può così accadere che un sacerdote, dopo esser stato severamente redarguito dai superiori e, in conseguenza di ciò, ostracizzato dai confratelli, si veda pure altrettanto esecrato e aborrito dai contestatori dell’autorità, che speravano invano di tirarlo dalla loro parte. È uno splendido motivo, questo, per stare allegri e sereni: «Beati siete, qualora gli uomini vi odino e qualora vi emarginino, vi insultino e rigettino il vostro nome come malvagio a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate: ecco, davvero la vostra ricompensa è abbondante nel cielo» (Lc 6, 22-23; traduzione letterale dal greco). La ragione di tali traversie è l’amore per Gesù Cristo, che rende dolce e soave qualunque sofferenza e contrarietà sopportata per Lui; i falsi giudizi e l’ingiusto rifiuto da parte degli uomini, anzi, non fanno altro che approfondire e consolidare l’unione con Lui e con la Chiesa Sua Sposa, se accettati con cuore umile e senza risentimento. Chi ama è felice di patire per l’amato e non si abbatte per il prezzo che l’amore comporta, bensì ne è spronato ad amare con più ardore, ansioso com’è, per un’intrinseca esigenza dell’amore stesso, di consumarsi tutto.

La fede autentica si perfeziona nella carità: chi realmente conosce Dio non può non amarlo. Tale intima disposizione non rimane però racchiusa nel cuore, ma si esprime in una dedizione totale e incondizionata al Suo volere, la quale permane immutata anche a costo di gravi svantaggi umani. Per fedeltà al Signore, ci si può venire a trovare nella necessità di negare l’obbedienza ad ordini palesemente contrari alla Sua legge, pur senza per questo sconfessare i legittimi superiori né pretendere di giudicarli in foro esterno. Come non si può obbedire a chi comandi di peccare o di violare il diritto ecclesiastico, è altrettanto lecito, anzi doveroso rifiutare l’adesione interiore ad affermazioni che mostrino un’evidente discontinuità con il deposito di verità che Gesù Cristo ha consegnato agli Apostoli ed essi han trasmesso alla Chiesa; ciò non autorizza tuttavia a rigettare l’autorità in toto né a considerarla cessata, se tale non è stata dichiarata da un’istanza più alta. In poche parole, la giusta resistenza deve concentrarsi su singoli atti o pronunciamenti, senza cioè generalizzarsi né assolutizzarsi.

Un rifiuto globale dell’autorità spinge inevitabilmente a separarsi dal Corpo Mistico, a suo danno e a propria rovina. Invece «la filiale, devota, rispettosa resistenza non conduce all’abbandono della Chiesa, ma moltiplica l’amore per la Chiesa, per Dio, per la Sua Verità, poiché Dio è il fondamento di ogni autorità e di ogni atto di obbedienza» (monsignor Athanasius Schneider). Ciò che nasce dall’amore non può che intensificare l’amore stesso, il quale non tollera che i mezzi siano utilizzati per un fine contrario a quello per cui sono stati istituiti. Nella Chiesa, l’autorità e l’obbedienza sono ordinati all’adempimento della volontà divina e, in virtù di esso, alla salvezza delle anime; se il loro esercizio ottiene il risultato opposto, cioè la perdizione degli uomini, viene meno il fine che le legittima. Da tale giudizio della coscienza, che in determinate circostanze la libera dall’obbligo di sottomettersi, non è però lecito saltare a un giudizio di carattere esecutivo, che può essere emesso soltanto da chi ne detiene la facoltà; se ciò non causa ulteriori danni per lo scandalo, ci si potrà semmai dissociare pubblicamente, seppure con il dovuto rispetto e nelle forme consentite.

A quanti pretendono che, al punto in cui si è arrivati, non sarebbe più opportuno attenersi a questi limiti, occorre rispondere che non si risolvono i mali della Chiesa attentando alla sua costituzione divina. Chi giustamente osserva che il Papa gode di un’autorità non assoluta, ma vicaria (e, per ciò stesso, ben delimitata) non è da ciò autorizzato a considerarla meramente accessoria. Chi ricorda che il Papa e i Vescovi son tenuti a obbedire a Gesù Cristo più di chiunque altri non può, qualora non lo facciano, considerarsi indipendente da coloro che Lo rappresentano. Se il Magistero di un singolo Pastore, pur essendo di per se stesso norma prossima della fede e della morale, si discosta accidentalmente da quanto costantemente insegnato dalla Chiesa di tutti i tempi, esso si riduce a opinione privata e non è affatto vincolante; ciò, tuttavia, non fa automaticamente decadere il prelato senza una sentenza dell’autorità superiore. Chi, per giustificare la propria insubordinazione, condanna l’intera gerarchia in blocco, falsifica la visione della realtà in nome di un pessimismo assoluto che chiude volontariamente gli occhi sul grande bene esistente malgrado tutto.

Tale atteggiamento, come osservato in apertura, fa dubitare dell’autenticità della fede, il cui difetto è denunciato non soltanto dalla mancanza di carità, ma anche dalla connessa assenza di speranza. I ribelli, in definitiva, non attendono la salvezza da Dio, bensì pretendono di procurarsela da sé, come gli scismatici e gli eretici di ogni tempo. Non riconoscendo – se non a parole – l’incessante azione dello Spirito Santo nel Corpo Mistico, essi pensano di dovervi supplire col proprio attivismo di carattere tendenzialmente settario, quasi Egli avesse abbandonato la Chiesa o assistesse ormai soltanto piccoli gruppi sparsi di fanatici che peccano ostinatamente contro di Lui, quando invece non ha mai smesso di operare nell’anima di ogni battezzato in buona fede, per quanto smarrito o fuorviato, per ricondurlo sulla retta via. Proprio questo ha sperimentato gran parte di quanti abbiamo ricevuto la grazia immensa di riscoprire la Tradizione cattolica: l’essere ripescati dal fango in cui, con la scusa di ridonarci il cristianesimo originale, ci avevano immersi o lasciati sprofondare. Se poi qualcuno minaccia di privarcene di nuovo, sappiate che non sono nient’altro che gli ultimi rantoli di quella falsa religione che han provato ad imporci, ma che sta inesorabilmente morendo.

Tu exsurgens misereberis Sion, quia tempus miserendi eius, quia venit tempus […]. Respexit in orationem humilium et non sprevit precem eorum (Tu, sorgendo, avrai pietà di Sion, poiché è tempo di averne pietà, perché è giunto il tempo. Ha volto lo sguardo alla preghiera degli umili e non ha disprezzato la loro supplica; Sal 101, 14.18).


17 commenti:

  1. Altro brano stupendo e pieno di amore per la vera Chiesa, e per quanti soffrono in essa. Prima di tutto i sacerdoti fedeli. Come sempre, ostinatamente, invito almeno in questo mese a moltiplicare Rosari, fioretti, digiuni e atti di carità a favore delle anime del purgatorio. A Don Elia ho inviato tempo fa il "decalogo" sull'uso dei mass media. Spero torni a trattare questo tema.

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  2. Caro don Elia la ringrazio di cuore per questi suoi preziosi articoli e per gli edificanti spunti di riflessione per il nostro rafforzamento spirituale ed il corretto discernimento di noi fedeli, storditi e disorientati da quanto sta accadendo in questi ultimi due anni. Lei è un faro per tutto noi, la ricordo sempre nelle mie preghiere. Il Signore la benedica!

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  3. Non pastori ma guardiani

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  4. buongiorno Don Elia,
    la contatto per chiederle due cose :
    1. non sono un grande esperto di vita monastica e mi ha incuriosito sapere che una suora di clausura ha mandato una mail ad un Monsignore tramite il blog di un giornalista cattolico.
    Il che implica che la suddetta suora accede ad internet o a qualche altro mezzo multimediale con una certa frequenza.
    Secondo lei è possibile ciò? Le uniche suore di clausura che ho
    conosciuto non avevano la possibilità di utilizzare cellulari o altri mezzi tecnologici.
    2. La riposta alla suora sembra contenere dei passaggio abbastanza "scivolosi" e che paiono vicini ad una visione sedevacantista.
    Lei cosa ne pensa? Può dirci qualcosa in merito?

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    1. Per accedere ai mezzi di comunicazione, le monache di clausura devono avere il permesso della superiora; qualora sia stato concesso, non devono comunque abusarne, pena il vanificare la separazione dal mondo, cardine della loro vocazione, e il raccoglimento indispensabile a viverla.
      La risposta del Monsignore, a mio avviso, va molto più lontano del sedevacantismo, poiché non solo emette un giudizio sulla "prima sedes" (che nessuno sulla terra può giudicare), ma dichiara pure apertamente che la Chiesa visibile non sussisterebbe più, visto che la Chiesa di Cristo, a suo dire, sopravvivrebbe solo nel "piccolo resto". Questo è l'esito inevitabile di tutte le ribellioni contro l'autorità ecclesiastica: anche Lutero rigettò la Chiesa istituzionale in nome di una "Chiesa spirituale" che coincideva, manco a dirlo, con il suo movimento eretico e scismatico.

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    2. Purtroppo in molti monasteri il cellulare ad uso privato delle monache è diventato la normalità. La cosa è incoraggiata per salvaguardare la privacy e secondo lo spirito della "chiesa in uscita" e della modernità (volutamente minuscolo).

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    3. Ne deduco che sia molto rischioso sceglierlo come punto di riferimento spirituale principale..come purtroppo ho sentito fare da parte di alcuni miei conoscenti. Spero che il Signore apra loro gli occhi, almeno sulle evidenti criticità...Grazie, in generale, don Elia per avermi aperto gli occhi su alcune situazioni ecclesiali!

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  5. Reverendo don Elia, la ringrazio molto per questi illuminanti articoli sulle tentazioni che attanagliano una parte del mondo cattolico, anche con una certa cultura. Lei mi ha chiarito il concetto che non è sufficiente l'adesione alla dottrina di sempre per essere uniti alla Chiesa Cattolica, e neanche la preferenza della liturgia di sempre, ma è necessaria anche l'unità con la legittima gerarchia eccelsiastica (nonostante i difetti umani). Purtroppo, anche tra amici che si vantano della preferenza della liturgia di sempre, sento affermazioni preoccupanti del tipo "basta aderire al magistero di sempre e non c'è alcun problema di scisma o eresia". Mi preoccupa, in particolare, il fatto che alcune guide scelte da una parte di cattolici predichino concetti che inducono indirettamente ad atteggiamenti quasi scimastici o sedevacantisti. Immagino che non ci sia assolutamente l'intenzione, ma è un percorso pericoloso perchè potrebbe indurre "fuori strada", anche se per ragioni corrette, almeno in partenza. Ho provato a ripetere semplicemente ciò che ho letto sul suo blog per indurre ad una maggiore prudenza, ma le risposte sono state sempre le stesse, vanno tutte nella direzione del non riconoscimento dell'autorità legittima oppure della non importanza del diritto canonico. Adesso evito questi discorsi, è totalmente inutile. Prego e spero che il Signore, per carità, intervenga al più presto a dissipare le tante nubi.

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    1. Dopo qualche tentativo infruttuoso, bisogna effettivamente evitare il discorso, visto il muro di chiusura eretto dalla presunzione di chi pone le proprie opinioni al di sopra della verità dogmatica, che pur pensa di difendere. Misconoscere l'autorità in nome della dottrina di sempre è semplicemente un non-senso.

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  6. "ll problema è che la rivoluzione conciliare ha strappato il vincolo di identità tra Chiesa di Cristo e Gerarchia cattolica"...Ho letto questa espressione da una lettera pubblica e sono rimasto perplesso perché si evincerebbe che la Chiesa visibile sia venuta meno, da oltre 50 anni. E la successione apostolica non sarebbe a rischio?

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  7. Caro Don Elia,
    Grazie sempre per il Suo apostolato e per le Sue chiarissime spiegazioni, che sono come acqua nel deserto in questi tempi difficili.
    Mi permetto di sottoporLe una domanda fuori tema (ma non troppo), alla quale mi pare Lei abbia già dato risposta in passato, ma non riesco a ritrovarla. Ultimamente alcuni gruppi di fedeli stanno promuovendo la celebrazione di SS. Messe in rito romano antico all'interno di abitazioni private, e ciò non solo nei giorni feriali, ma anche la domenica. A naso la cosa mi lascia molto perplesso, per diversi motivi (contaminazione fra sacro e profano, assenza di suppellettili liturgiche adeguate, rischio di crearsi una chiesa a propria immagine e somiglianza, staccata dal Corpo Mistico) e, nel caso di celebrazioni domenicali, temo ci sia anche il pericolo che il precetto festivo risulti non assolto. Un simile atteggiamento mi pare tanto piú temerario alla luce dell'attuale contesto ecclesiale, nel quale, tutto sommato, è possibile, pur con grande sacrificio, trovare delle oasi per lo spirito. Cosa ne pensa? Grazie. Le assicuro la mia costante preghiera.

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    1. Il precetto festivo è assolto, ma di norma non si assiste alla Messa festiva in case private, se non in casi eccezionali o per motivi di forza maggiore, come la chiusura delle chiese nella primavera del 2020. Se diventa un fatto regolare, ciò non favorisce di certo il senso di appartenenza alla Chiesa e rischia di ingenerare una mentalità settaria. Oltretutto la celebrazione della Messa viene privata della solennità e del decoro che solo una chiesa garantisce, cosa che si può tollerare solo per grave necessità.

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  8. Sarebbe da stampare e affiggere in tutte le parrocchie. Grazie.

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  9. Reverendo don Elia, conosco un sacerdote che celebra la S. Messa in unione con Benedetto (a bassa voce) perché lo reputa il Papa. Secondo lei, non ci sono problemi ad andare a quella Messa o a confessarsi da lui? Non conosco le ragioni di questa scelta (ad esempio teoria dell'una cum, teoria della sede impedita, teoria del pontefice decaduto, etc.). Io personalmente mi sottometto all'autorità legittima della Chiesa, per cui riconosco quello che c'è. Mi benedica.

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    1. Non si ponga alcun problema: se il sacerdote non manifesta pubblicamente la sua opinione, non sussiste alcun motivo di preoccupazione.

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  10. La correzione fraterna è un atto di carità, così come il mettere in guardia il prossimo dagli errori e dalle deviazioni, purché lo si faccia con umiltà e nelle forme consentite dallo stato di ognuno.

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