Qui non si demorde
Pare proprio che negli inferi recessi non sia gradita l’obbedienza
ai superiori nelle cose lecite né tanto meno la preghiera elevata per la
salvezza eterna del più alto in grado. Nel bel mezzo delle Quarant’Ore, offerte
da chi scrive per questa precisa intenzione, è giunta la notizia di
un’ulteriore decisione restrittiva nei confronti dei sacerdoti e fedeli legati
alla Tradizione. Questo nuovo giro di vite si fa occasione di una forte
tentazione di ritrattare l’impegno del silenzio di recente assunto e di
raffreddare l’intensità dell’intercessione, la quale, benché stimolata da puri
motivi soprannaturali, è stata oltretutto causa di tante critiche. Se però la
carità si lasciasse regolare da fatti contingenti o dal gradimento altrui, essa
non sarebbe più tale; perciò respingiamo la tentazione in modo ben deciso, pur
non potendoci esimere da qualche considerazione in proposito, mossi soprattutto
dal desiderio di recare conforto a quanti fossero esposti allo scoraggiamento.
Scherzi di Carnevale?
Se ci è consentito celiare, la nostra attenzione è anzitutto
attirata dalla data di pubblicazione del rescritto papale, responso emesso su
istanza di un richiedente per dirimere una questione di diritto. Il Martedì
Grasso è forse particolarmente congeniale a coloro che han fatto della liturgia
un’allegra carnevalata e della vita cristiana, più in generale, una scialba
farsa in maschera in cui lo sforzo di raggiungere la santità è sostituito da
fiumi di chiacchiere inconcludenti. La Commedia dell’Arte era cosa più seria,
mirando a stigmatizzare in modo divertente vizi e difetti della società coeva;
nella Chiesa odierna, invece, le variopinte pezze di Arlecchino servono a
nasconderli dietro lo schermo di incontri, esibizioni e raduni tanto ipocriti
quanto inefficaci. Se questi sono i frutti della rivoluzione liturgica,
vien da domandarsi se l’intento dei cospiratori non fosse proprio questo
svuotamento di ogni reale portata della sequela evangelica, a sconfessione
della Sposa di Cristo.
Venendo al pratico, non ci sfugge lo slittamento terminologico
dall’autorizzazione alla dispensa. Se la prima è un atto con cui si
permette l’esercizio di un diritto o di una facoltà, la seconda è un atto con
cui, in deroga alle norme vigenti, si esonera un soggetto dall’osservanza di un
obbligo o di un divieto. Ci sembra dunque fuori luogo parlare di mera
applicazione del Traditionis Custodes, dato che la variazione lessicale
fa pensare a una nuova disposizione; quel che è più grave, si direbbe che la
Messa fosse vietata, visto che, per celebrarla, bisogna esser dispensati.
Tuttavia dovrebbe ormai essere abbastanza chiaro – perfino ai luminari
dell’Aventino – che nessuno può proibire l’uso del Messale promulgato da san
Pio V, che lo ha concesso in perpetuo ad ogni sacerdote cattolico. I
suoi avversari, a ben vedere, han limitato l’uso di quello riveduto da Giovanni
XXIII, che ne costituisce già un radicale rifacimento; a rigore, perciò, nulla
si oppone all’uso di un’edizione precedente.
Per la gioia dei ribelli
Questo nuovo provvedimento va a colpire i figli obbedienti e
devoti, mentre dà ragione a coloro che, o di recente o da decenni, si son posti
fuori della Chiesa, se non de iure, almeno de facto. Si può pure
dottamente disquisire sulla nozione di scisma, ma nella realtà, al netto delle
acrobazie della sofistica, non c’è differenza tra il negare la giurisdizione
del Papa e il sottrarsi ad essa con l’erigere una gerarchia parallela. C’è poi
chi, nel lodevole intento di superare la confusione, ha pensato bene di
aumentarla mettendosi a ordinare preti illecitamente e organizzando un
seminario clandestino.
Tutto ciò, viceversa, dà ragione ai prelati vaticani ostili alla Tradizione,
fornendo loro un facile pretesto per esecrare e punire senza distinzione tutti
coloro che la seguono, benché innocenti. Inutile dire quanto siamo grati a
queste frange ribelli che, in nome della fede, non tengono in alcun conto quel
che fan pagare agli altri.
Vien da pensare che certi ambienti tradizionalisti facciano ogni
sforzo o per provocare ritorsioni o per farsi ostracizzare, come se scomuniche
e sanzioni fossero medaglie al valore. Ci par proprio di udirli mentre,
gongolanti di piacere, si danno reciproca conferma: «Se avessero fatto come
noi, ora non si troverebbero in questa situazione; invece si sono illusi di
poter scendere a patti col nemico, che adesso li spazzerà via con una bella
zampata». Tali atteggiamenti, in realtà, dimostrano che quei sedicenti
cattolici, nell’ottusa ostinazione della loro rivolta, pensano e operano con lo
spirito tipico dei protestanti, cioè mossi da una mentalità confessionale e
settaria o – per dirla nei termini della “democrazia” moderna, che del
protestantesimo è figlia sul piano politico – partitica e faziosa. Sì, quei
tradizionalisti hanno un’anima luterana e modernista, cosa che li pone fuori
del Corpo Mistico e rende sacrileghe, di conseguenza, tutte le loro Messe e comunioni.
Tradizione e romanitas:
non solo rubriche…
… ma pure inventiva e capacità di districarsi senza fare drammi.
Chi ha ricevuto la grazia non solo di appartenere al rito romano, ma anche di
esser nato a Roma, volente o nolente ha assorbito una disposizione interiore che,
benché disprezzata nella sua versione volgare, è una saggezza distillata da due
millenni di storia cristiana in cui, nella Città Eterna, s’è visto davvero di
tutto. Sotto la scorza di una scanzonata ironia che spesso dissimula profonde
sofferenze, infatti, si cela la bonomia di chi, essendo sopravvissuto a tanti
regimi, non si lascia scuotere eccessivamente da alcuna evenienza, ma sa
rassicurare il prossimo suggerendogli che c’è sempre una via per aggirare gli
effetti di gride ed editti sfavorevoli: Vabbè, dije de sì, poi trovamo er
modo. Non sottovalutiamo di certo i problemi cui vanno incontro soprattutto
i giovani che desiderano essere ordinati e celebrare in rito antico, ma non
dimentichiamo neppure che molte difficoltà sono risolte dalle inesorabili leggi
di natura.
I fedeli laici, intanto, sono esortati a portarsi
avanti col predisporre o ripristinare piccole catacombe domestiche, già
collaudate con successo tre anni fa. È vero che ogni prova ha un termine, ma
nel frattempo, se non dovesse finire domani, ci teniamo pronti ad ogni
eventualità. Chi può fermare i credenti sinceri che hanno dato a Dio il primo
posto? Qualora qualcuno vi istighi ad agire alla luce del sole perseguendo
l’aperta disobbedienza, nondimeno, rispondete che non intendete uscire dalla
Chiesa per finire in una setta di neodonatisti, ma che vi limitate ad eludere una
legge ingiusta non vincolante per la vostra coscienza, senza però infrangere i
vincoli della comunione visibile. Sottile, sì, forse troppo sottile per i
manichei della Tradizione, ma anche
questo è sana romanitas: l’equilibrio di chi, vivendo di autentica fede
piuttosto che di ideologici garbugli, rifiuta gli estremismi, che sian di un
colore o di quello opposto.
La prima urgenza
Nella Sua impagabile benevolenza, il Signore ci elargisce ogni volta, con stupefacente puntualità, le indicazioni spirituali di cui abbiamo bisogno. Nelle lettere di fra’ Lorenzo della Risurrezione (1614-1691), carmelitano scalzo converso vissuto nella Parigi del Re Sole, troviamo una lapidaria quanto pregnante confessione dello stato interiore prodotto dall’esercizio da lui stesso praticato e insegnato: «Non so cosa Dio mi riserva; sono in una tranquillità così grande che non temo nulla. Che potrei temere quando sono con lui? Io mi ci mantengo il più possibile: sia benedetto di tutto. Amen» (Laurent de la Résurrection, Maximes spirituelles fort utiles aux âmes pieuses, pour acquérir la présence de Dieu, Paris 1692). Rimanete quanto potete alla santa presenza del Signore, o davanti al tabernacolo o nell’intimo del vostro cuore, lasciando a Lui la cura di ciò che supera le vostre possibilità; ogni cosa, a partire da questa dolce intimità, cambierà sicuramente aspetto.
Buongiorno Padre, volevo sapere se ha letto il libro “la vera obbedienza nella Chiesa” di Peter Kwasniewski. Se si cosa ne pensa, se no la invito a leggerlo (un piccolo testo che si legge in mezz’ora) per poter poi dare un parere in merito. Grazie
RispondiEliminaNon l'ho letto e dovrei procurarmelo; non garantisco di riuscire a trovare il tempo. In questo campo, comunque, bisogna attenersi all'insegnamento dei grandi teologi.
EliminaMi scusi padre, ma se non possiamo disobbedire come lei dice, ne consegue che non potremmo più partecipare alle Messe in rito antico, vista la chiara volontà in tal senso.
RispondiEliminaTrovo però una contraddizione, visto che tale divieto, alla luce di ciò che san Pio V ha concesso in perpetuo, è assolutamente illegittimo. Oltretutto anche Benedetto XVI ha chiarito che non si può abolire ciò che è buono e conforme alla Tradizione. Non basta essere papa perché tutto sia legittimo.
Proprio perché quel divieto è illegittimo, è lecito celebrare la Messa tradizionale e assistervi, evitando però la disobbedienza aperta, che può facilmente causare la separazione dalla Chiesa visibile.
EliminaCaro Padre, aggiungo per tutti i Sacerdoti e quindi anche per il Papa, questa antica preghiera, affinché possiate raggiungere il più alto grado di santità, al quale siete particolarmente chiamati. San Pietro martire (domenicano di Verona, fin dalla sua prima Messa cominciò a chiedere la grazia di poter vivere e morire per il Signore.
RispondiEliminaPrima di ricevere la palma del martirio esercitò la mitezza e l’umiltà fino all’eroismo, accettando gravissime calunnie e venendo addirittura confinato nelle Marche per castigo.
C’era pertanto in lui un martirio quotidiano nelle piccole e nelle grandi cose).
In un libretto di preghiere per i novizi domenicani si trovava la seguente preghiera, che risalirebbe ad un anonimo del 1180: “Ti prego, Signore: l’infuocata e dolce forza del tuo amore assorba la mia mente e il mio cuore e lo ritragga da tutte le cose che sono nel mondo; perché io muoia per amore del tuo amore, tu che hai voluto morire per amore del mio amore”.
In latino: “Absorbeat, quaeso, Domine, mentem meam et cor meum ignita et melliflua vis amoris Tui ab omnibus quae in mundo sunt; ut amore amoris Tui moriar, Qui pro amore amoris mei dignatus es mori. Amen”.
Grazie!
EliminaCaro Padre Elia,
RispondiEliminaIn questo caso devo rileggere e meditare prima di essere d'accordo, perche'in questo caso l'ordine ingiusto appare - a differenza di quelli sanitari - quantomeno legittimo.
Se veramente cosi'fosse, di fronte a problemi insormontabili di coscienza nel celebrare o frequentare il rito nuovo, l'unica soluzione sarebbe non andare o celebrare la Santa Messa.
Padre Pio e Don Dolindo non hanno disubbidito di nascosto.
Pero'ripeto ci devo ancora meditare sopra prima di giungere a una conclusione definitiva.
Grazie
Secondo lei la "Quaresima green" è propria della Chiesa cattolica?
RispondiEliminaOvviamente no; è solo l'ennesima prova di ipocrisia. Fate un salto in Vaticano a verificare se stanno al freddo per non consumare gas.
EliminaHo verificato che fa un caldo da schiattare...
EliminaCondivido tutto, comprese le virgole.
RispondiEliminaGrazie don Elia.
Evitiamo deliberatamente di pubblicare commenti che dimostrano una completa incomprensione di quanto scritto e rendono superflua ogni replica.
RispondiEliminaSpero di non essere offensiva "don Elia", ma lei evita di pubblicare i commenti che dicono la verità, non quelli che dimostrano "completa incomprensione". Mentre pubblica solo chi la loda o fa critiche superficiali. Questo blog da punto di riferimento contro gli eretici è divenuto luogo di insulto gratuito contro le brave persone e i bravi pastori. Ma per fortuna molti si stanno allontanando.
RispondiEliminaSulle persone non si porta alcun giudizio, dato che esso spetta a Dio, che solo vede nelle coscienze. Sugli atti e sulle scelte, invece, è doveroso esprimere una valutazione, specie se spingono i fedeli cattolici a separarsi dalla Chiesa visibile. Ciò non comporta che si insulti chicchessia; chi si sente offeso dovrebbe riesaminare la propria coscienza.
EliminaLa verità non è un'ideologia elaborata "ad hoc", ma l'evidenza della realtà conosciuta, che si impone da sé all'intelletto.
Per giudicare come scismatiche le consacrazioni fatte da Mons. Lefebvre lei ha citato il co-fondatore della FSSP, un istituto nato proprio da un fuoriuscito della fsspx, che ha trovato un accordo con Roma, tradendo la battaglia di chi gli aveva dato il sacerdozio. Tra vili vi riconoscete vedo. Ma noi la messa e la dottrina di sempre continuiamo ad averla grazie all'opera di mons. Lefebvre, non certo grazie ai conigli.
RispondiEliminaCon commenti simili vi squalificate da soli: come "argomenti" vi rimangono solo gli insulti.
EliminaA parte questo, non ho citato il cofondatore della Fraternità Sacerdotale San Pietro per giudicare scismatiche le ordinazioni effettuate da monsignor Lefebvre (in quanto, in forza del diritto canonico, lo sono in modo incontrovertibile), bensì per confutare le pseudoargomentazioni con cui un sedicente teologo si sforza di farle ingannevolmente passare per lecite. Detto questo: satis!