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sabato 6 agosto 2022

 

Fatti portare sulle spalle di Dio

 

 

Et reddidit iustis mercedem laborum suorum, et deduxit illos in via mirabili, et fuit illis in velamento diei, et in luce stellarum per noctem (La Sapienza rese ai giusti la ricompensa delle loro fatiche e li accompagnò in una via meravigliosa; fu per loro protezione di giorno e luce di stelle di notte; Sal 54, 17).

Il cristiano, in tempo di prova, non può fare a meno degli aiuti speciali che la Provvidenza accorda ai giusti, cioè a coloro che in ogni circostanza cercano esclusivamente di comprendere e adempiere la volontà di Dio. Certo della ricompensa che, a suo tempo, gli sarà resa per ogni singolo merito acquisito con la sua perseverante obbedienza, forte delle consolazioni che il Signore già gli concede nel vivo della lotta, umilmente fiero delle sofferenze sopportate per rimanergli fedele, egli si lascia guidare sulla mirabile via che la divina Sapienza traccia per lui, come un bambino con la mano in quella del padre o, a volte, saldamente seduto sulle sue spalle. Nella soddisfazione trionfante e piena di sicurezza che coglie nel suo sguardo, l’anima riconosce allora un’immagine del suo stato interiore e ne gioisce intimamente, colma di gratitudine e d’amore per Colui che la degna di tanta sollecitudine, coprendola d’una nube refrigerante per proteggerla dagli ardori del giorno e rischiarandone la notte con l’incanto d’un cielo stellato. Le dolcezze che lo Sposo momentaneamente le riserva nei travagli di una purificazione passiva sono tali da farli quasi rimpiangere, una volta cessati.

Come lasciarsi scuotere o agitare dalle vicissitudini esterne, quando si è profondamente uniti a un tale Amante? Come sacrificare il gaudio inattaccabile di quest’intimità alle volgari passioni di un’epoca ormai tramontata, quando lo sdegno per i peccati altrui, pur in sé giustificato, distoglieva l’io dalla propria emendazione e ne nutriva l’orgoglio, anziché ricondurlo all’umile esame dei propri errori? Come cedere ancora ai vani raggiri del nemico sconfitto, che sotto apparenza di bene istiga il cuore all’insubordinazione per i motivi più sacri, giocando così la sua ultima carta per precipitare l’anima nel baratro della perdizione? Sarebbe pura follia. Se però questo è il pericolo che ancora corre chi, per grazia, è stato elevato a un alto grado della vita mistica, figuriamoci che cosa rischia chi rimane avvinto alla volontà propria, mediante la quale il demonio lo acceca progressivamente convincendolo della santità delle sue ragioni, quand’anche siano palesemente contrarie alla volontà significata di Dio. Il Signore non si contraddice mai; perciò non può ispirare a qualcuno un comportamento che violi gravemente l’ordinamento da Lui stabilito.

Per scongiurare quest’esiziale deriva, occorre informare l’intera esistenza a quei comportamenti che consentono di acquisire la forma mentis dell’uomo di Dio, secondo quanto domandato da una mirabile orazione liturgica: Largire nobis, quaesumus, Domine, semper spiritum cogitandi quae recta sunt, propitius et agendi: ut, qui sine te esse non possumus, secundum te vivere valeamus (Concedici sempre, ti preghiamo, Signore, la disposizione di pensare ciò che è retto e, nella tua benevolenza, anche di compierlo, affinché noi, che senza di te non possiamo sussistere, siamo in grado di vivere come a te piace). Il credente cui la Chiesa dà voce, ispirandone la preghiera, è ben consapevole che il suo stesso essere dipende radicalmente dal Creatore; di conseguenza, in perfetta coerenza logica, desidera condursi in ogni cosa in modo a Lui gradito. A tal fine chiede anzitutto la grazia necessaria per ordinare rettamente il pensiero, così da poter dirigere l’azione secondo il Suo volere, sapendo che non basta aver tutto chiaro nella testa, ma che le conoscenze della fede vanno poi applicate nel concreto dell’esistenza fino a renderla cristiforme.

La posta in gioco è così alta che la Chiesa, al sopraggiungere delle tenebre, invoca lo Sposo fra le lacrime affinché non permetta che «l’anima, oppressa dal peccato, rimanga esclusa dal dono della vita, mentre non pensa nulla di eterno e si impiglia nelle colpe» (Breviario Romano, Inno dei Vespri della Domenica). Quanta antica saggezza in queste essenziali parole, così efficaci nella loro lapidaria pregnanza! A poco a poco, senza avvedersene, ci si può lasciar andare per la china – anche nel trattare le cose di Dio! – di una considerazione puramente terrena e per niente soprannaturale di problemi e sfide contingenti, perdendo di vista l’orizzonte dell’eternità, che pure è sempre all’opera nel tempo mediante la Provvidenza. Così ci si affida a soluzioni umane immediate che non corrispondono affatto al volere divino, malgrado le ragioni teologiche accampate, ineccepibili solo in apparenza. Si asserisce, per esempio, che la regolarità canonica, essendo soltanto un mezzo, può in certi casi esser posposta alla salvezza dell’anima, che ne rappresenta il fine, senza accorgersi che il fine non può esser raggiunto senza i mezzi necessari e che tale alternativa non è affatto inevitabile.

Audiam quid loquatur in me Dominus Deus (Ascolterò che cosa dice in me il Signore Dio; Sal 84, 9): chi si è abituato a riconoscere e obbedire alla voce divina nell’intimità di un dialogo costante e amoroso riceve indicazioni sul da farsi con mirabile puntualità, anche quando gli par di trovarsi in una situazione senza via d’uscita. Piuttosto che arrampicarsi sui vetri con sofismi di un razionalismo troppo affine a quello dei modernisti, si sforza di tendere l’orecchio ai sussurri dello Spirito Santo, badando di non mollare la mano del Padre celeste. Il Verbo lo istruisce interiormente, non per mezzo di giochi intellettuali orditi con termini ridotti a puri nomi, bensì mediante un’adesione sempre più stretta a Lui, che gradualmente conforma l’anima a Sé. Ciò presuppone evidentemente una lunga purificazione del cuore e dello spirito attraverso ripetute e prolungate notti interiori, una spremitura dolorosa nel torchio della mistica rigenerazione tesa a separare l’olio della santa unzione dalla morchia dei vizi e delle passioni, quell’olio che, consacrato l’intelletto, discende poi dal capo sulla veste di Aronne, impregnando così tutte le membra di fragranza celeste.

A parte i singoli atti di contemplazione propriamente detta, che ordinariamente non possono durare se non pochi istanti, l’anima può conseguire uno stato abituale di contemplazione che determina in essa «il formarsi quasi di una nuova facoltà interiore attraverso la quale si vedono e si giudicano tutte le cose. […] Si tratta […] di districare la propria anima dal ginepraio degli interessi, dei gusti, delle valutazioni puramente terrene e, in questa libertà riconquistata, di mettersi docilmente sotto il magistero del dono di scienza, che ci insegnerà a vedere, a gustare, ad amare ogni creatura nella pura luce di Dio, in una semplicità di spirito che sembrava ricchezza per sempre perduta, dopo il peccato, e che rifiorisce per un miracolo di carità» (M. Ildegarde Cabitza osb, Studium orationis, Rosano 1977, 26-27). Il mezzo principale per ottenere questo risultato è, alla scuola dei Padri del deserto, la frequente lettura e meditazione della Sacra Scrittura, che innalza la mente al ricordo delle realtà spirituali, tenendo fuori dell’anima i cattivi pensieri che la inquinano e accendendo in essa il desiderio e la speranza della beatitudine futura (cf. ibid., 31).

C’è però un altro motivo, più sostanziale, che ci incoraggia in tal senso: «Le Scritture contengono la Parola di Dio rivestita di segni, di parole umane destinate a renderle intelligibili attraverso la forma sensibile; grazie ad esse noi ci stabiliamo in comunione col Verbo, assimiliamo e facciamo nostri i suoi pensieri, i suoi sentimenti, la sua volontà. Attraverso espressioni e formule in apparenza uguali per tutti, lo Spirito infonde vita ad ogni parola e dispone il colloquio intimo in cui l’anima percepisce ineffabili realtà, è tutta protesa in ascolto, raccolta in questo dialogo che si svolge nelle profondità del suo essere» (ibid. 31-32). Così l’orante ascolta realmente – senza pericolo di illusione (purché il suo cuore sia davvero puro e la sua vita effettivamente ordinata secondo la legge divina) – ciò che il Signore Dio dice in lui; in tal modo si dispiega in lui un’energia inesauribile, tale da renderlo capace di sopportare qualunque avversità: «Coloro che sperano nel Signore rinnovano la forza, mettono ali come d’aquila; correranno e non si stancheranno, cammineranno e non verranno meno» (Is 40, 31). Ciò garantisce la fede viva che trasfigura l’essere mediante la carità, non un intellettualismo basato su meri asserti dottrinali incisi su cuori di pietra.




19 commenti:

  1. Caro Padre, Lei e' la nostra gioia, la nostra consolazione; quanta saggezza nelle Sue parole! Grazie per questo "diario dell'anima". Ave Maria!

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  2. Le domando in quale epoca della bimillenaria storia della Chiesa, la gerarchia ha perseguitato chi vuole andare alla Messa di tradizione apostolica, chi vuole ricevere la comunione in bocca, chi vuole ricevere una formazione autenticamente sacerdotale. Non è una questione di contingenze storiche che qui non c’entra niente, ma bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini e resistere all’aggressore e a chi vuole, non sono in grado di dire quanto consapevolmente, indebolire la fede dei semplici. Se la gerarchia propone mezzi depotenziati come l’imposizione della comunione in mano o impedire di celebrare la messa di tradizione apostolica e io sono pienamente consapevole dell’inadeguatezza dei mezzi, ho non solo il diritto ma il dovere di rigettare quei mezzi quand'anche fossero indicati in documenti del magistero ordinario. Non siamo nella situazione in cui si trovava san Francesco d’Assisi, san Domenico o sant’Ignazio di Loyola. Qui siamo in una situazione mai accaduta ed è inutile mettere toppe vecchie su vestiti vecchi.

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    1. Non si può parlare della gerarchia come se fosse un monolite perfettamente unanime nel perseguitare i cattolici fedeli; perciò non la si può rigettare in blocco, ma bisogna cercare con pazienza, fiduciosi nell'aiuto della Provvidenza, singoli sacerdoti e vescovi degni a cui rivolgersi.

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    2. Al tempo di S.Ilario contro gli ariani la situazione era molto simile

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    3. "Se la gerarchia propone mezzi depotenziati come l’imposizione della comunione in mano o impedire di celebrare la messa di tradizione apostolica e io sono pienamente consapevole dell’inadeguatezza dei mezzi, ho non solo il diritto ma il dovere di rigettare quei mezzi quand'anche fossero indicati in documenti del magistero ordinario."

      Non sono assolutamente convinto che a Dio sia piu'gradita una messa VO dai sedevacantisti (pur oggettivamente piu'perfetta) di una NO celebrata correttamente. Sulla comunione in mano invece hai ragione perche'cosa da ritenere non gradita a Dio - pero'anche in quel caso ci sono alternative al "fai da te".

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  3. Caro padre Elia, secondo lei dopo che Paolo VI ebbe proibito l'uso della messa in latino nel 1969, padre Antonio Coccia ofm di santa memoria che celebrava col messale del 1962 nella chiesa di san Gerolamo alla Carità alla presenza di pochi fedeli tra i quali il cardinale Alfredo Ottaviani ex Prefetto del Sant'Uffizio, faceva bene o faceva male?

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    1. Paolo VI non aveva facoltà di proibire l'uso del Messale di san Pio V, il quale, nel promulgarlo, asserì in modo inequivocabile quanto segue: "In virtù dell'Autorità Apostolica, Noi concediamo a tutti i sacerdoti, a tenore della presente, l'Indulto perpetuo di poter seguire, in modo generale, in qualunque Chiesa, senza scrupolo veruno di coscienza o pericolo di incorrere in alcuna pena, giudizio o censura, questo stesso Messale, di cui dunque avranno la piena facoltà di servirsi liberamente e lecitamente".
      Pertanto l'uso di quel Messale è e rimane del tutto lecito.

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  4. Un pezzo da rileggere con calma, come si sorseggia una bevanda fresca e sana in tempo di calura estiva. Questi sono, a mio modesto parere, i brani più illuminanti di padre Elia, quando non è preso sulle questioni viccanal-pandemiche. Spero seguano in futuro anche consigli di lettura, magari sui Padri del deserto.

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  5. Carissimo Don Elia, grazie per questo bellissimo articolo....preciso, puntuale, incisivo come sempre. Soprattutto molto toccanti le parole sulla " spremitura" messa in atto da NS Signore per poter essere in comunione con Lui in modo profondo , vero e duraturo. E anche molto belle le parole dove dice che il Signore nel mezzo della prova consola e dà forza. Io, sono anni che mi trovo nella spremitura e ancora non è finita, sono stata colpita in quello che ho di più caro: mio figlio. Ho capito gli errori che ho fatto, ho capito che ho mancato e manco di umiltà. Ma ancora non ho capito come agire in certe situazioni che sono diaboliche, come essere umili nelle situazioni, vista la malvagità che mi ritrovo ad affrontare per difendere mio figlio. Molte volte mi sembra di avere una forza immensa per combattere e cercare di sradicare certe situazioni create ad arte e in modo compatto da certe persone che sembrano demoni incarnati, però poi divento piena di ira e di rabbia perché non riesco a scardinare certe situazioni, anzi mi si ritorcono contro. Non so che fare! L'unica preghiera che mi dà pace è quando dico "Sia fatta la tua Volontà, Signore. Solo allora trovo pace , nonostante l'angoscia e l'amarezza. Sono stremata da questa grande prova e non riesco a comprenderne il motivo....vorrei capire cosa vuole da me il Signore provando così profondamente. Per favore preghi per me, perché è molto dura. Spero che lo Spirito Santo la ispiri per potermi illuminare. Grazie.

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    1. Per aiutarti non posso risponderti qui, ma è meglio che tu mi scriva in privato: parrocchiavirtuale.slmgm@gmail.com
      Intanto ti assicuro il ricordo nella preghiera e ti benedico.

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  6. radicatinellafede rnf
    7940 iscritti

    IX Domenica dopo Pentecoste in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB).
    Omelia di don Alberto Secci: Abbiamo dimenticato il pianto del Signore.
    Domenica 7 Agosto 2022
    https://www.youtube.com/watch?v=1nC3uqNwqyE&t=16s

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  7. Wednesday 10th August 2022: St. Lawrence
    Sacred Heart Church - Limerick - ICKSP
    https://www.youtube.com/watch?v=SY59QSp9oZ8
    Carissimo Don Elìa, il Suo invito e' arrivato fino a Limerick tanto che
    al termine della Messa, dopo le preghiere Leonine, si e' invocato e terminato con le litanìe a S.Giuseppe..
    Dio vi benedica tutti.Ave Maria!

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  8. Benedetto XVI Non conformatevi al mondo
    https://gloria.tv/post/wS2BdWgSuWoN1gESqcd7S8oSy
    In linea con l' argomento trattato.

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  9. 11 agosto S. Filomena12 agosto 2022 alle ore 02:17

    Santa Filomena, Vergine e Martire, prega per noi!

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  10. Eccellente documentario sul sacerdozio
    Il sito gallese SaintAnt.com ha pubblicato il 15 giugno un documentario sul sacerdozio, con preti come don John Saward e don Lawrence Lew OP, entrambi amici del Rito Romano.

    "Sono ciò che faccio e faccio ciò che sono," dice nel documentario don Hugh Allan, O.Praem., "sono la mia vita da prete", aggiungendo che il sacerdozio non è un lavoro ordinario da svolgere in orario d'ufficio: "E' tutto il tuo essere".

    L'eccellente vescovo di Shrewsbury, Mark Davies, 63, dice che ogni prete si sente chiedere: "Perché hai voluto diventare prete?" La risposta è difficile: "Un prete ha ricevuto la vocazione, una chiamata da tutta l'eternità, con limiti e debolezze, che lo porta a condividere nel ministero sacerdotale Cristo stesso."

    Il film si può acquistare su Vimeo.com o su DVD. Il vescovo Athanasius Schneider lo consiglia caldamente.

    https://gloria.tv/post/CcFWkSiWJ39Q2G84KoLmAhwiP

    Grazie!

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  11. http://www.fedecultura.com/i-pastori-non-devono-pascere-se-stessi

    I cattivi pastori si riconoscono perché ammazzano le pecore più forti del gregge per invidia o per stoltezza, e così facendo lasciano le pecore più deboli in balia dei lupi, dei mercenari e delle loro mutevoli voglie.

    Commento del Prof Giovanni Zenone al bellissimo dialogo di Sant'Agostino sui pastori.

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  12. Video registrato durante il viaggio Apostolico a Madrid (Spagna), in occasione della XXVI Giornata Mondiale della Gioventù, durante la Santa Messa con i seminaristi nella Cattedrale di Santa María la Real de la Almudena (Madrid, 20 agosto 2011).
    https://gloria.tv/post/rc7ExJQ2naPA2P6zzLeMjPgPo
    20 Agosto 2022 San Bernardo di Chiaravalle
    Jesu, Dulcis Memoria

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  13. Dalle «Istruzioni» di san Colombano, abate
    *Dio è tutto per noi*
    Ascoltiamo, o fratelli, l'invito, con cui la Vita stessa, che è sorgente non solo di acqua viva, ma anche fonte di vita eterna e di luce, ci chiama a sé. Da lui infatti provengono la sapienza, la vita, la luce eterna. L'autore della vita è sorgente della vita, il creatore della luce, la fonte stessa della luce. Non curiamoci delle cose che ci circondano, ma puntiamo lo sguardo verso l'alto, verso la sorgente della luce, della vita e dell'acqua viva. Facciamo come fanno i pesci che emergono nel mare attratti dalla fonte luminosa. Eleviamoci per bere alla sorgente d'acqua viva che zampilla per la vita eterna (cfr. Gv 4, 14).
    Oh, se tu, o Dio misericordioso e Signore pietoso, ti degnassi di chiamarmi a questa sorgente, perché anch'io, insieme con tutti quelli che hanno sete di te, potessi bere dell'acqua viva che scaturisce da te, viva sorgente! Potessi inebriarmi della tua ineffabile dolcezza senza staccarmi mai più da te, tanto da dire: Quanto è dolce la sorgente dell'acqua viva; la sua acqua che zampilla per la vita eterna non viene mai a mancare!
    O Signore, tu stesso sei questa fonte eternamente desiderabile, di cui continuamente dobbiamo dissetarci e di cui sempre avremo sete. Dacci sempre, o Cristo Signore, quest'acqua perché si trasformi anche in noi in sorgente di acqua viva che zampilli per la vita eterna!
    Domando certo una grande cosa; chi non lo sa? Ma tu, o re della gloria, sai donare cose grandi e cose grandi hai promesso. Nulla è più grande di te: ma tu ti sei donato a noi e ti sei immolato per noi.
    Per questo ti preghiamo di farci conoscere quello che amiamo, poiché nulla cerchiamo di avere all'infuori di te. Tu sei tutto per noi: la nostra vita, la nostra luce, la nostra salvezza, il nostro cibo, la nostra bevanda, il nostro Dio. Ti prego, o Gesù nostro, d'ispirare i nostri cuori col soffio del tuo Spirito e di trafiggere col tuo amore le nostre anime perché ciascuno di noi possa dire con tutta verità: Fammi conoscere colui che l'anima mia ama (cfr. Ct 1, 6 volg.); sono infatti ferito dal tuo amore.
    Desidero che quelle ferite siano impresse in me, o Signore. Beata l'anima trafitta dalla carità! Essa cercherà la sorgente, ne berrà. Bevendone, ne avrà sempre sete. Dissetandosi, bramerà con ardore colui di cui ha sempre sete, pur bevendone continuamente. In questo modo per l'anima l'amore è sete che cerca con brama, è ferita che risana. Il Dio e Signore nostro Gesù Cristo, medico pietoso, si degni di piagare con questa salutare ferita l'intimo della mia anima, egli che insieme col Padre e con lo Spirito Santo è un solo Dio nei secoli dei secoli. Amen.

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  14. La Chiesa della Presenza e dello Stupore
    XII Domenica dopo Pentecoste in rito tradizionale a Vocogno in Val Vigezzo (VB).
    Omelia di don Alberto Secci: la Chiesa della Presenza e dello Stupore.
    Domenica 28 Agosto 2022
    Sito WEB: www.radicatinellafede.com

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